Una donna
La domanda è mal posta: chiedere alla natura è in generale dannoso, ma lo è ancora di più nella sfera dei sentimenti.
Meglio sarebbe interrogarsi su cosa offrirle perché si mostri benigna.
Ma “il dare” in amore è irto di ostacoli: si realizza, a pensarci bene, solo nel rapporto tra la madre ed il figlio.
E anche qui il risultato può non soddisfare. La madre non sempre otterrà dimostrazioni d’amore e può accadere che il figlio non si senta amato.
Eppure l’amore esiste, perché c’è una vita che cresce e si sviluppa a prescindere poi dalla direzione che prenderà; l’amore però cammina da sé, chi lo dona non se ne giova più di tanto; in questo senso è “un dare alla natura”.
È arduo concepire un tale tipo di sentimento tra due innamorati, a meno che non venga inteso reciprocamente: la vita allora, anche se non è sicuro, potrà fare bene ad entrambi, ma di fatto difficilmente si instaurerà un rapporto diretto.
Non a caso si dice che la più alta forma d’amore è quella del Creatore; soltanto quest’ultima si può considerare senza intermediari, ed è per questo che spesso non la si comprende; è troppo elevata per uomini che hanno l’esigenza di proiettare al di fuori i loro sentimenti e di ricevere amore dall’esterno.
Un amore diretto non ha effetti percepibili dall’esterno e non proviene dall’esterno, non deve necessariamente dipendere da una natura su cui rimbalzano i nostri desideri.
Un uomo
Se ho capito bene, per te l’amore umano non ha alcun valore e non potrà mai rendere l’uomo felice.
Una donna
Non dico che non abbia valore, ma solo che è diverso dall’amore di Dio, ma sono d’accordo con te sul fatto che non sia appagante nella maggior parte dei casi.
Un uomo
E allora perché la natura ha voluto che gli uomini si unissero tra di loro? che senso ha procreare qualcuno che sai a priori non poter trovare felicità o appagamento?
Una donna
Nell’universo nulla accade per caso, nemmeno il caso, anche se il significato sfugge.
Perciò non si dovrebbe cadere nell’errore di attribuire alla natura le giustificazioni umane; la natura non conosce motivazioni, ma solo necessità e queste si sottraggono alle motivazioni anche come concetto logico: la necessità è ragione di sé stessa, è significato e significante.
La vita è a sua volta necessità e non ha senso attribuirle un fine ed una motivazione, e tanto meno il fine e la motivazione che gradiremmo noi.
Ancor peggio poi è interromperla, abortire in base alle nostre personali valutazioni; una morte ne comporta sempre almeno due, anche se si resta in vita.
L’esistenza continua “di necessità”, ma quanta angoscia può contenere il cuore di chi ha negato la vita; è un pozzo senza fondo che si autoalimenta di rimorsi ed oscurità.
A tratti si ritrova la speranza, ma è qualcosa che sta fuori, a cui non si riesce pienamente a partecipare e allora si diventa a poco a poco fatalisti e rassegnati.
Ci si butta sul lavoro magari con tenacia e ferocia, ma il vuoto della vita negata resta sempre lì come una fessura; col tempo può diventare uno spiffero da cui però continua ad entrare un vento freddo, impetuoso e desolante.
Anche questa è vita, una vita più rarefatta, forse paragonabile all’acqua ossigenata su una ferita profonda: disinfetta ma non cicatrizza, brucia e lascia il cuore infiammato.
Un uomo
Ma tu come fai a descrivere queste sensazioni con tanta precisione? le hai forse vissute? allora la vita non è stata poi benevola come mi hai fatto credere…
Una donna
E chi ha mai detto il contrario? Comunque una delle cose fondamentali che ho imparato è certamente ad ascoltare.
Non ti puoi aprire alla vita se ascolti solo te stesso, per il semplice fatto che devi ancora vivere.
Certo che ho sofferto, ma ho anche ascoltato con attenzione, ed è soprattutto per questo che conosco il dolore di negare la vita.
A volte per capire è sufficiente percepire il silenzio, la freddezza che scende nell’animo di chi ha compiuto un passo irrevocabile, la disillusione di chi non trova più illusioni da disilludere, perdona il gioco di parole, ma credo sia purtroppo così.
Ci sono esperienze che fanno riflettere ed allo stesso tempo incutono timore, anche se sono state vissute dagli altri: basta possedere un pizzico di sensibilità per farle proprie; se ti rendi conto che non le devi necessariamente provare, che comunque puoi intravedere gli elementi essenziali per trarre un insegnamento, allora puoi raggiungere almeno la consapevolezza delle ferite altrui.
E già per il fatto di non esserne coinvolto direttamente puoi gioire e consolarti e nello stesso tempo trovare la forza di convincere chi incontri a non andare contro natura.
Un uomo
Non sono d’accordo. In questi anni mi sono persuaso che l’uomo non è assolutamente in grado di fare tesoro delle esperienze degli altri; è pacifico che abbiamo imparato poco o niente dalla storia e gli errori si ripetono ciclicamente ed instancabilmente.
Una donna
Non mi sono spiegata: non volevo sostenere che l’esperienza delle persone può farti evitare gli sbagli; sarebbe auspicabile, ma nei fatti non accade quasi mai.
Desideravo soltanto parlarti dell’ascolto, perché con esso è possibile imparare e consolare, ma non è detto che dopo aver ascoltato ed imparato si diventi immune dall’esperienza; se fosse così probabilmente la vita sarebbe ben più breve di quello che già risulta.
C’è chi soffre, chi fa un certo cammino senza comprendere il cammino e le sofferenze altrui né le proprie e c’è chi se ne rende conto e riesce a lasciare la propria strada per accompagnare qualcuno, senza peraltro abbandonarla definitivamente.
(continua)