La discesa agli inferi è un toposletterario sia nel panorama greco che in quello latino. Tra i viaggi più celebri ricordiamo il viaggio di Persefone, figlia di Demetra, rapita da Ade e trattenuta negli Inferi, dove venne costretta a vivere come Signora delle tenebre. Senza ritorno fu invece il viaggio di Euridice, l’amata sposa di Orfeo, che il poeta invano tentò di riportare in vita, voltandosi indietro per rassicurarsi sulle condizioni di salute dell’adorata moglie.
Nell’Ade scendono Teseo, Eracle e persino Dioniso si cala nell’Oltretomba per ritrovare la propria identità divina.
Di certo la più celebre catabasi rimane quella omerica di Odisseo, narrata nel libro XI dell’Odissea, che ci ricorda a sua volta la discesa di Enea tra i morti. Questo avviene non soltanto per il fatto che Virgilio ha sempre costantemente uno sguardo sul modello omerico, ma anche per le evidenti affinità narrative tra la catabasi omerica e quella virgiliana.
Ulisse scende nell’Ade per apprendere quale destino lo aspetta: vuol sapere quando terminerà il suo viaggio e quando giungerà finalmente a Itaca. Tiresia, l’indovino cieco, gli spiega che il suo viaggio alla volta della patria sarà ancora lungo e faticoso, che una volta giunto in patria dovrà combattere contro alcuni usurpatori e che infine, dopo aver riportato la pace sulla sua isola, dovrà nuovamente ripartire per un altro viaggio. Proprio questo spazio macabro ed inospitale diventa per Odisseo, e in seguito per Enea, il palcoscenico per importanti incontri con gli affetti più cari: la madre Anticlea, la cui ombra invano tenta di abbracciare; i compagni con cui aveva condiviso anni di guerra…. Agamennone, Aiace e Achille, che gli confessa che preferirebbe essere un bovaro, ma vivo, piuttosto che giacere come una vana ombra nell’Ade. Grazie a questi incontri Ulisse ha la possibilità di fare il punto della situazione, di guardare al suo passato con serenità, con altrettanta serenità guardare al futuro, consapevole della dolorosa realtà della morte.
La discesa agli inferi di Enea ricorda moltissimo quella omerica, ma l’architettura d’insieme è più complessa. Enea vuole entrare nel regno di Dite per inseguire il desiderio di rivedere e riabbracciare il padre Anchise. Enea incontra Didone, che lo guarda muta accanto all’ombra di Sicheo e incontra anche Anchise che lo guida attraversa le anime dei morti e gli mostra le anime di coloro che ancora devono nascere: Enea ha ora dinanzi a sé una schiera infinita di uomini e donne che rappresentano il futuro dell’eroe e non il suo passato. Proprio qui sta la differenza tra Odisseo e Enea: il primo si era mosso spinto dal desiderio di conoscere il destino personale ed aveva incontrato le anime di quanti già aveva conosciuto, il secondo invece cerca risposte che riguardino non solo il cammino futuro, ma le ragioni stesse del suo peregrinare. Vuol sapere cosa ci sarà dopo Troia, vuol sapere perché ha dovuto abbandonare Didone, perché ha perso tanti compagni e persino il suo amato padre. E l’ombra di Anchise è lì a rispondergli. Enea si trova dinanzi non solo il suo destino, ma a quello di tutta la sua stirpe. E questo altro non è che il destino di Roma, sino ai tempi di Virgilio!
Giulia Del Giudice
Buona Natale a tutti i lettori da Carlo Calcagno e Giulia Del Giudice
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