Notizie sparse su Arenzano dalle origini all’Ottocento

15 Arenzano

Arenzano, il paese dove sono nato, ha di sicuro radici preromane.

I Liguri secondo alcuno furono addirittura i primi abitatori della penisola italica (i primi insediamenti ritrovati a Ventimiglia risalgono a 300.000 anni fa) e le popolazioni antiche non furono altro che il felice esito delle loro migrazioni.

Secondo altri furono originati da una popolazione celtica (Ceilt = abitante delle foreste) proveniente dalla Gallia e lo stesso termine Liguria deriverebbe dal’unione di due vocaboli celtici: Lly-gour (gente stabilita presso il mare) e Lly-gor (gente stabilita presso la montagna): ipotesi questa assai suggestiva e rispondente alla nostra condizione in fondo.

Secondo altri la derivazione fu greca o asiatica.

Comunque sia tra le popolazioni liguri quella arenzanese dovrebbe rientrare tra i Genuates (nome latino) che appunto dimoravano nel golfo di Genova: i Genuates abitavano la costa sino a Vado.

In età romana Arenzano era detto fundus Arentianum: si trattava di una città non fortificata.

Il nome di Arentianum traversò tutto il Medioevo. Si pensi che ancora nell’epoca di Mezzo Varazze era detta Vicus Virginis, Voltri Vulturium, Sestri Segesta.

Queste sono le frammentarie notizie che ho raccolto sulla vita degli Arentianenses dal Medioevo in poi.

Nel 1241 i Ghibellini pisani che si erano schierati con Federico II contro papa Innocenzo IV incendiarono sia Cogoleto, sia Arenzano. Genova reagì ed in tre giorni armò 80 galee che misero in fuga le armate imperiali e quelle di Pisa. Lo stemma del Grifone (simbolo della Repubblica genovese) il quale preme un’Aquila (stemma dell’Impero) ed un Lupa (emblema dei Pisani) nacque a seguito di questa vicenda.

Nel 1376 fu costruito un ponte tra Arenzano e Cogoleto per permettere a santa Caterina da Siena di andare a Varazze.

Nel 1400 Orlando Fregoso attaccò Arenzano con un grande esercito e fu battuto dal generale Bartolomeo Grimaldi.

Nel 1667 Capitan Francesco Grondona di Arenzano muore insieme a 400 uomini in una tempesta mentre cercava di attraversare lo stretto di Cadice.

Nel 1611 fu fondato in Arenzano un convento dei Cappuccini. Nel 1833 se ne ha ancora notizia, probabilmente stava davanti al mare perché le navi attraccavano a poca distanza dalla porta di entrata.

Ho inoltre conoscenza dell’uso della dizione moderna “Arenzano” almeno a partire dal 1659.

Nel 1703 venne fondata la Chiesa parrocchiale, intitolata a ss. Martiri Nazario e Celso. Aveva una forma ottangolare, sorretta dai soli pilastri laterali, ed aveva una grande capacità. Era ornata da lavori a stucco e dorature ed aveva (almeno nel 1833) una cappella magnifica tutta incrostata di marmo, dedicata a San Giovanni Battista

Nel 1740 Arenzano viene definita da un testo dei Cappuccini oppidum e dunque all’epoca era città fortificata; l’appellativo di civitas era riservato invece alle sole Savona e Sarzana, Genova veniva invece nominata con l’appellativo di Respublica.

Nel 1748 Arenzano fu bombardato da una nave da guerra inglese: non ci furono però danni a persone o cose (all’epoca la nostra cittadina era difesa dai Francesi).

Nel 1798 Arenzano, possedeva circa 2000 anime, era capoluogo del “II Cantone” (uno dei 156 cantoni in cui era divisa la Liguria) ed era sottoposto alla giurisdizione della Cerusa, un torrentello di Voltri che divide ancora oggi la riviera di Ponente da quella di Levante.

Sempre nel 1798 vi era ad Arenzano un giudice di pace di seconda classe. Solo Voltri aveva un giudice di pace di prima classe (e dunque dopo due secoli ospitò la pretura). Si chiamava Giuseppe Rapallo.

Il 1° giugno 1798 il Consiglio dei Sessanta deliberò d’urgenza la legge sull’”Organizzazione del Potere Giudiziario, e Amministrativo[1]. Nel 1798 si vennero a trovare dunque in Liguria più di 200 Giudici di Pace[2] che venivano appunto eletti unitamente ai loro assessori[3] dall’assemblea cantonale[4] convocata dal “commissario di governo per ordine del direttorio esecutivo[5].

Il giudice di pace doveva dunque avere trent’anni e durava in carico un anno, ma poteva essere rieletto[6] e risiedeva nel comune capo-cantone[7].

Poteva appartenere alla prima o alla seconda classe: tale appartenenza ne determinava la competenza che era più ristretta nella seconda classe e consisteva nel presiedere il tribunale di famiglia in relazione agli incapaci, nel giudicare senza formalità inappellabilmente tutte le controversie sino a 50 lire (tra le 50 e le 300 il giudizio era appellabile) e le cause da danni campestri

I giudici di pace “provvedevano ad impiegare la loro mediazione, ed ufficio per la conciliazione di tutte le controversie eccedenti la loro competenza; e vertenti fra cittadini, dei quali almeno il reo è domiciliato nella rispettiva loro giurisdizione[8]; quindi si trattava di conciliazione preventiva obbligatoria.

Erano di seconda classe i giudici di pace del luogo ove risiedeva il tribunale che però era itinerante e quindi si passava facilmente da un classe all’altra[9].

I giudici di pace di prima classe invece avevano una competenza giurisdizionale sino a lire 1000, ma i giudizi erano appellabili, esercitavano la volontaria giurisdizione e la giurisdizione del lavoro sino a qualsiasi somma e si occupavano anche dei procedimenti possessori, delle apposizioni di termine, degli attentati ai corsi d’acqua dei mulini e all’agricoltura. Avevano una competenza penale per i delitti sino ad otto giorni di carcere o a 15 di “arresto in casa[10].

Nelle cause di competenza del giudice di pace, potremmo dire, che non vi era un confine netto tra processo e conciliazione: <<fa egli citare la parte; forma un processo verbale, sommario di quanto le parti hanno a lui esposto; riceve anche il giuramento decisorio, che una parte a delazione dell’altra avesse accettato; descrive distintamente i punti, su de’ quali si è tra le parti convenuto>>[11].

Il processo verbale di conciliazione veniva sottoscritto dal giudice e dalle parti che sapessero scrivere o da loro testimoni che però partecipavano alla sola lettura del “convegno”[12].

Cosa curiosa è che la legge non prevedeva un totale fallimento della conciliazione anche se l’effetto dedotto era poi il medesimo di una completa disfatta; si prevedeva dunque che “Se non riesce a conciliare interamente le parti, trasmette al Tribunale della giurisdizione copia autentica del sopraddetto verbale con un certificato testificante, che la parte è stata inutilmente chiamata all’Ufficio di pace[13].

Se una parte veniva citata due volte e non si presentava al tentativo il giudice di pace redigeva altro certificato testante, “che la parte è stata inutilmente chiamata all’Ufficio di pace[14].

Senza questi certificati che andavano allegati alla petizione, il tribunale non poteva ricevere alcuna causa.

Non si ammetteva in giudizio la presenza di “Curiali o Avvocati”, a meno che non avessero questa qualità le stesse parti in causa; in tal ultimo caso se una parte non aveva tale qualità poteva dotarsi di “Curiale od Avvocato[15].

Vi erano poi diverse questioni dispensate dal tentativo: gli affari che interessavano la Nazione, i Comuni, l’ordine pubblico, quelli ove si ricorreva all’esecuzione parata[16] o che dipendevano da titoli di credito ed altri affari giudicati dal tribunale di commercio, gli affari per cui non era data la facoltà di transigere.

Nel 1800 Arenzano fu teatro della guerra tra Francesi ed Austriaci: il generale Massena rischio qui di perdere la vita.

Nel 1823 si attesta la mancanza un ponte di collegamento sul torrente Lerone: gli abitanti che volessero arrivare ad Arenzano via terra dovevano passare dei monti e lo stesso accadeva per andare a Voltri visto che la strada era assai ammalorata.

Nel 1824 una nave di Livorno chiamata Concordia fece naufragio e il suo equipaggio fu salvato dai cittadini arenzanesi.

Nel 1833 la popolazione era di 3250 anime.   Si dà notizia, oltre a quello dei Cappuccini, di un antico convento dei padri somaschi di cui si conservava solo una villa lungo il mare della strada provinciale ed una chiesa dedicata S. Maria Maddalena. A quella data c’erano inoltre due piccole chiese di confraternite ed alcune cappelle rurali. Tra i palazzi l’unico ragguardevole era Villa Pallavicini.

Vi era poi un piccolo forte in zona Pizzo che però non aveva una grande importanza strategica.

Sempre nel 1833 vi erano un filatoio di seta e alcune cartiere che davano lavoro a ben 250 operai.

In quest’anno i due confini del Paese erano costituiti torrente Lerone e dal rivo Lorea. Nel paese scorrevano il torrentello S. Martino ed il Cantarena. Il primo ponte fu costruito sul S. Martino nel 1832.

Nel 1837 vi fu una brutta epidemia di colera.

Nel 1844 il marchese Pallavicini di Genova dichiara di aver stabilito in Arenzano uno stabilimento metallurgico. Del resto Arenzano possedeva cave di pietra e miniere di rame.

Arenzano era raggiungibile solo a cavallo, e ancora nel 1854 ci voleva circa un’ora e 15 minuti da Voltri (oggi questo è il tempo a piedi).

Nel 1857 la stazione di posta di Arenzano non era utilizzabile e così fu spostata a Voltri. Per anni dai resoconti parlamentari si evince che sarebbe stato necessario collegare Genova ad Arenzano attraverso una rete viaria importante, ma ci furono diverse resistenze dei parlamentari (del resto i lavori imponenti iniziarono soltanto nel 1977…).

Nel 1858 la popolazione di Arenzano era di 3334 abitanti (1616 maschi e 1718 femmine); nel 1862 si registrò un incremento a 3491 abitanti (1715 machi e 1776 femmine): c’era dunque una densità di 141.10 abitanti a km quadrato; e dunque dal 1833 non vi furono poi incrementi significativi.

Nel 1863 si attesta che gli elettori del comune erano 71, ma dovevano andare a votare a Voltri.

Nel 1863 Arenzano aveva un proprio ufficio postale ed un telegrafo.

Nel 1867 le attività più fiorenti erano quella della seta, della carta e dei tessuti di cotone. Chi non si occupava di queste attività si dedicava all’agricoltura: grano, patate, mais, legumi, ulivi, limoni, melarance.

Sempre nel 1867 viene citato un ospedale per gli infermi. Il giardino della Villa Pallavicini era considerato delizioso.

Arenzano 1916

Sempre in quest’anno vi era una guarnigione di soldati (Guardia nazionale) di 73 soldati attivi e 200 riservisti; poteva mobilitare 111 militi.

Nel 1870 Arenzano, secondo la tariffa del dazio sul consumo, era di quinta classe perché aveva una popolazione inferiore agli 8000 abitanti; il che significa che le bevande e le carni avevano un’aliquota più bassa (la metà di quelli di 1° classe). Questa tassazione favorevole permetteva ai cittadini di Arenzano di poter costruire bastimenti di qualità ad un prezzo inferiore a Varazze che già nel 1859 era comune di quarta classe con oltre 8137 anime. Così almeno riferisce un resoconto del 1865.

Si consideri che tra il 1816 ed il 1862 si costruirono ben 249 bastimenti; tra il 1862 ed il 1871 i bastimenti furono 68.

Nel 1865 vengono citate poi diverse fabbriche di carta che venivano alimentati dal ruscello Leirone e dal Cantarano.

Nel 1867 Arenzano aveva una superficie di 2474 ettari (24,74 km quadrati) e dunque era leggermente più estesa di oggi (24,6 km quadrati)

Arenzano 1907

Tra i cognomi arenzanesi uno notissimo già nel 1500 e dunque dal Rinascimento era Robello. Tal Pellegrina Robello sposò Bernardo un nipote di Cristoforo Colombo il cui padre era peraltro di Cogoleto (ci sono atti notarili che attestano tutto ciò).

Il cognome Calcagno invece viene richiamato con riferimento ai proprietari di cartiere in Voltri ed Arenzano già nell’Ottocento[17].

Ecomuseo 1

[1] Cfr. RACCOLTA DELLE LEGGI ED ATTI DEL CORPO LEGISLATIVO DELLA REPUBBLICA LIGURE DA’17. GENNAIO 1798. ANNO PRIMO DELLA LIGURE LIBERTÀ, Volume I, Stamperia Padre e Figlio Franchelli, Genova, 1798, p. 208 ess.

[2] Sotto il governo provvisorio esistevano anche gli Ispettori di pace che formavano un comitato autorizzato “a decidere le differenze civili, che non eccedevano la somma di lire venti” colla facoltà di far eseguire le loro deliberazioni, mediante esecuzione forzata. Questi Ispettori che erano sostanzialmente degli arbitri erano pure autorizzati a punire con la pena correzionale di tre giorni d’arresto “le mancanze leggiere contro il buon ordine”. Cfr. il Supplemento alla Gazzetta Nazionale Genovese n. 26 del 9 dicembre 1797 in http://iccu01e.caspur.it/ms/internetCulturale.php?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ATO00184798_41157&teca=MagTeca+-+ICCU

[3] Ossi agli esperti di diritto che lo consigliavano e lo sostituivano in caso di morte od incapacità provvisoria. Il loro consiglio non era vincolante, poteva sollecitarlo il giudice od anche le parti (art. 41 legge 1° giugno 1798 , n. 111) .

[4] Essa riuniva i rappresentanti di più comuni in cui era diviso il cantone ed era presieduta dal giudice di pace.

[5] Art. 23 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[6] Art. 28  legge 1° giugno 1798, n. 111.

[7] Art. 35 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[8] Art. 31 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[9] Art.  33 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[10] Art. 32 legge 1° giugno 1798,  n. 111.

[11] Art. 44 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[12] Art. 45 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[13] Art. 47 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[14] Art. 47 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[15] Art. 51 legge 1° giugno 1798, n. 111.

[16] Riguardava le cambiali.

[17] Bibliografia

Petro, Bizaro Sentinati, Senatus Populique Genuensi, 1579, Christophori Plantini

Della storia di Genova dal trattato di Worms fino alla Pace di Aquisgrana, Libri quattro, Leida 1750.

Storia generale e ragionata della Repubblica di Genova dalla sua origini sino a noi, Tomo III, Genova, 1795, Franchelli.

Bullarium Capucinorum, tomus primus, Roma, 1760, Tipografia Giovanni Zempel.

Jacopo Durandi, il Piemonte cispadano antico, Torino, 1774, Stamperia Giambatista Fontana

RACCOLTA DELLE LEGGI, ED ATTI DEL CORPO LEGISLATIVO DELLA REPUBBLICA LIGURE DAL 17 GENNAIO 1978, ANNO PRIMO DELLA LIGURE LIBERTÀ, VOLUME I, Franchelli Padre e Figlio, 1798.

RACCOLTA DELLE LEGGI, ED ATTI DEL CORPO LEGISLATIVO DELLA REPUBBLICA LIGURE DAL PRIMO LUGLIO 1978, ANNO SECONDO DELLA LIGURE LIBERTÀ, VOLUME II, Franchelli Padre e Figlio, 1798.

Costituzione del Popolo Ligure del 1798, Anno seconda della Repubblica Ligure, Genova, Stamperia francese e Italiana.

Collezione di proclami, avvisi, editti dal 28 aprile 1799, tomo terzo, 1799, Milano, Pirotti e Maspero tipografi e librai.

Vieusseux, Antologia, Aprile-Maggio-Giugno 1823, tomo decimo, 1833, Firenze, Tipografia di Luigi Pezzati

Gazzetta di Milano del 1824.

Giacomo Navone, Passeggiata per la Liguria occidentale fatta nell’anno 1827 dal signor Giacomo Navone, Carlo Puppo Stampator Vescovile, 1832.

Dizionario geografico-storico-statistico commerciale degli Stati di S.M. di Sardegna, volume I, 1833. Maspero libraio.

Giacomo Serra, La storia dell’antica Liguria e di Genova, tomo I, 1835, capolago, Tipografia Elvetica.

Guida del navigante nel littorale della Liguria, Genova, 1855.

Giovambatista Adriani, Monumenti Storici-Diplomatici, 1858, Torino, Ribotta.

C. Marmocchi, Dizionario di geografia universale, contenente gli articoli più necessari della geografia fisica secondo le idee nuove, 1862, S. Franco.

Carlo Borda, Manuale dizionario di amministrazione municipale, provinciale e delle opere pie, volume II, 1866, Torino, Sebastiano franco e figli Editori.

Dizionario corografico, volume primo, 1867, Milano, Vallardi.

Giornale degli studiosi di lettere scienze, arte e mestieri, Anno III, 1° semestre, 1871.

Alberto Errara, L’Italia industriale: studi. Con particolare riguardo all’Adriatico Superiore (regno d’Italia e Impero Austro-Ungarico). Industrie marittime, 1873, E. Loescher.

Alessandro Garelli, I salarj e la classe operaia italiana, Torino, 1874, Libreria Angelo Penato.

 

Viviamo nell’amore. Elisabetta della Trinità di Giorgio Pernigotti

Nel ricco epistolario della Beata Elisabetta della Trinità, vorrei cogliere una breve lettera inviata alla sorella Guite e redatta nell’aprile del 1906.

            Elisabetta sente la debolezza, è consapevole che la malattia, sia pure tra alternanze e schiarite, la sta consumando.

            Si preoccupa di salutare, di consolare, di suggerire. Lo ha sempre fatto, non ha mai lesinato esortazioni sia a familiari sia a persone affettivamente più lontane. Lo farà sino all’ultimo giorno del suo cammino in terra.

            Ogni commento al testo sarebbe superfluo e, almeno per chi scrive, troppo ambizioso.

            Solo una notazione.

            Lo snodo, quale espressione della mistica trinitaria di Elisabetta, dell’azione congiunta e ad un tempo distinta delle tre Persone: la protezione del Padre, il sigillo del Figlio, il tocco trasformante dello Spirito.

            Una pagina di elevatissima teologia, espressa con dolcezza e semplicità.

            Leggiamola, teniamola accanto per poterla meditare quando siamo tristi o nella prova, nella malattia, nella gioia, per vivere l’amore in questo anno straordinario di grazia, voluto dal Santo Padre.

            [Aprile, 1906]

Cara sorellina, non so se è venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre mio perché sto assai meglio e la santina di Beaune sembra volermi guarire; ma vedi, talvolta mi pare che l’Aquila divina voglia piombare sulla sua piccola preda per trasportarla là dove è lui: nella luce abbagliante!

Ti sei sempre saputa dimenticare per la felicità della tua Elisabetta e sono sicura che se me ne volassi via sapresti rallegrarti del mio primo incontro con la divina bellezza. Quando il velo cadrà, con quale gioia mi inabisserò fin nel segreto del suo volto! È qui che passerò la mia eternità. Nel seno di questa Trinità che già fu la mia dimora quaggiù sulla terra; pensa, Guite, poter contemplare nella sua luce gli splendori dell’essere divino, scrutare le profondità del suo mistero, essere fusi con colui che si ama, cantare senza tregua la sua gloria e il suo amore, essere simili a lui perché lo si vede come gli è…

Sarei felice, sorellina, d’andare lassù per essere il tuo angelo. Come sarei gelosa della bellezza della tua anima già tanto amata sulla terra! Ti lascio la mia devozione per i Tre (all’amore!).

Vivi al di dentro con essi. Il Padre ti coprirà della sua ombra, mettendo come una nube fra te e le cose della terra, per conservarti tutta sua, ti comunicherà la sua potenza perché lo ami con un amore forte come la morte. Il Verbo imprimerà nella tua anima come in un cristallo l’immagine della sua propria bellezza, perché tu sia pura della sua purezza, luminosa della sua luce. Lo Spirito Santo ti trasformerà in una lira misteriosa che nel silenzio, sotto il suo tocco divino, produrrà un cantico magnifico all’amore. Allora sarai <<la lode della sua gloria>>. È quello che io avevo sognato di essere sulla terra. Tu mi sostituirai. Sarò invece <<laudem gloriae>> davanti al trono dell’Agnello e tu <<laudem gloriae>> nel centro della tua anima. Questo, sorellina, sarà sempre <<l’uno>> tra di noi. Credi sempre all’amore. Se hai da soffrire, pensa che sei più amata ancora e canta sempre <<grazie>>. È così geloso della bellezza della tua anima! Non guarda che a questo.

Insegna alle piccole a vivere sotto lo sguardo del Maestro. Vorrei che Elisabettina avesse la mia devozione ai Tre. Sarò alla loro prima Comunione, t’aiuterò a prepararle. Tu pregherai per me: ho offeso il mio Maestro più che tu non creda, ma soprattutto digli grazie per me, un Gloria tutti giorni. Perdono, ti ho dato spesso il cattivo esempio.

Addio, quanto ti amo, sorellina! Forse andrò presto a perdermi nel focolare dell’amore. In cielo o in terra, che importa? Viviamo nell’amore e per glorificare l’amore!”

Alla lettera manca la firma, come in altre. Invero, Elisabetta non usava firmarsi in modo costante ed uniforme, bensì secondo le circostanze e con riguardo ai destinatari.

Oso pensare, in questo contesto, come la mancanza di segno sia a motivo di quell’unione che ha legato e legherà le due sorelle per l’eternità: se la firma è separazione, tra due anime unite da un celeste patto, richiamato (anche) in questo documento, non vi sarebbe stato nulla di più stonato (soprattutto per una premiata pianista)!

Giorgio Pernigotti

La conciliazione in Perù

Nel paese si parla di conciliazione, ma in realtà si tratta oggi di mediazione secondo i nostri canoni, dato che il conciliatore può fare “eventualmente” una proposta ed utilizza le stesse tecniche negoziali del mediatore nostrano.
A livello storico il primo documento che la riguarda attiene alla Constitución de Cádiz del 1812[1]: si trattava di una conciliazione obbligatoria operata dall’Alcalde.
Da ultimo se ne occupa la Ley de Conciliación N° 26872 del 12 novembre 1997[2] che è stata modificata da ultimo il 5 giugno 2012 dalla Ley Nº 29.876[3].
Vi sono poi da considerare tre regolamenti la cui lettura è importante per capire pienamente il sistema:
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 004-2005-JUS )[4];
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 014-2008-JUS)[5];
  • Modifican el Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 006-2010-JUS)[6].
La conciliazione extragiudiziale è in Perù obbligatoria da oltre 200 anni.
E’ volontaria con riferimento all’accordo, ma non alla partecipazione.
Inizialmente era condizione di procedibilità per tutte le materie inerenti i diritti disponibili.
Il regolamento del 2005 recita che le parti possono disporre dei loro diritti in conciliazione fino a quando ciò non influisce su norme imperative o quando gli accordi sono contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
I diritti disponibili possono essere o meno suscettibili di valutazione economica.
Tra il 1999 ed il 2001 si sono specificati alcuni casi di volontarietà: chiamato con domicilio all’estero, quando fossero coinvolte le garanzie costituzionali o ancora per i processi cautelari[7]. Nel 2001 di sono aggiunti i casi in cui siano coinvolti beni degli incapaci, di violenza familiare e i giudizi nei quali lo Stato è parte.
Dal giugno 2012 si sono enucleati altri casi in cui essa è solo volontaria:
1) nel processo di esecuzione;
2) nella opposizione di terzo;
3) nella usucapione: questa indicazione è interessante e forse dovrebbe essere presa a modello anche dal nostro legislatore;
4) nel processo che investe i diritti di prelazione dei comproprietari;
5) impugnazione di convocazioni di assemblea generale da parte di soci od associati;
6) impugnazione delle delibere assembleari delle società;
7) nel processo contenzioso amministrativo:
8) nel processo inerente pensioni alimentari e rapporti di famiglia ove i diritti siano disponibili: anche quella che noi definiamo mediazione familiare è dunque volontaria (i conciliatori specializzati in materia di famiglia sono 315[8]);
9) per il risarcimento dei danni in caso di reati o contravvenzioni ambientali.
Evidentemente la pratica ha portato a circoscrivere l’obbligatorietà. Al momento è esclusa dall’obbligo la materia del lavoro che potrà andare in conciliazione solo sui diritti disponibili.
I delitti e le contravvenzioni penali non sono conciliabili a meno che non si tratti del semplice risarcimento per cui però non si deve aver azionato il procedimento giudiziale.
Per il resto è necessario sedersi attorno al tavolo[9].
La conciliazione viene nel paese condotta dai Giudici pace o dai Centri di conciliazione.
In realtà in Perù si distingue tra giudici di pace non giuristi (Juzgados de Paz) e giudici di pace avvocato (Juzgados de Paz Letrados).
I primi non giudicano secondo diritto, ma secondo giustizia ed equità e sono dislocati nelle zone difficili da raggiungere; hanno una competenza residua rispetto ai Juzgados de Paz Letrados e i loro provvedimenti sono impugnati davanti a questi ultimi.
Si parla in Perù di conciliazione strutturata e dunque non si può fare il conciliatore (se non si è giudice di pace) se non si è accreditati presso un Centro di conciliazione.
Il Centro di conciliazione (pubblico o privato)[10] può essere costituito da una persona fisica o da una giuridica, deve essere senza scopo di lucro e deve avere come finalità la conciliazione.
Il Centro di conciliazione deve essere accreditato al Ministero della giustizia[11].
E’ previsto anche un registro dei conciliatori, ma non è allo stato raggiungibile via internet.
La conciliazione è gratuita ed onerosa, quando è onerosa viene pagata dal chiamante a meno che a verbale non si stabilisca una ripartizione diversa dei costi. Davanti ai giudici di pace è condotta a seguito del pagamento di tassa amministrativa.
La conciliazione deve tenersi entro trenta giorni dalla domanda, ma il termine è prorogabile su richiesta delle parti.
L’accettazione del conciliatore avviene nelle 24 ore dal deposito ed è a suo carico la convocazione delle parti per la sessione.
La prescrizione e la decadenza sono sospese dalla domanda.
La partecipazione alla sessione è personale, salvo che la legge non preveda l’obbligo di rappresentanza legale (i casi sono quelli della persona giuridica e del domiciliato all’estero: la procura è in queste ipotesi notarile).
Interessante è che la conciliazione si chiude se entrambi le parti non partecipano a due sessioni consecutive; se una sola parte non partecipa ad una sessione sussiste un obbligo di seconda convocazione.
Particolare è la sottoscrizione del verbale che viene effettuata non solo con la firma, ma pure con l’impronta digitale e quando le parti non sanno firmare soltanto con l’impronta digitale.
L’accordo ha efficacia esecutiva e viene parificato alla sentenza.
La formazione dei conciliatori è a carico della Scuola Nazionale di Conciliazione presso il Ministero della Giustizia e dei Centri per l’Istruzione e la formazione di facilitatori debitamente autorizzati dal Ministero della Giustizia (alla fine del 2015 erano 37[12]).
I conciliatori devono ricevere una formazione sulle tecniche di negoziazione e sui mezzi alternativi (generale e specializzata) e sono soggetti ad un periodo di affiancamento[13].
Quelli che non sono giuristi devono partecipare ad un modulo supplementare di diritto che è generale e non riguarda la sola conciliazione.
I formatori possiedono particolari caratteristiche perché devono partecipare a corsi di formazione (anche continua), avere una esperienza almeno di un anno nella formazione degli adulti, essere conciliatori ed aver condotto almeno 12 conciliazioni con esito positivo.
Il Ministero vigila sui centri di conciliazione: il sistema è dunque simile a quello italiano e i Centri di conciliazione hanno obblighi analoghi a quelli dei nostri organismi, anche con riferimento alla statistica.
Ogni Centro di conciliazione deve avere nel suo organico un avvocato che supervisioni la legalità degli accordi. Anche il conciliatore se è avvocato può svolgere un duplice ruolo, ma il Ministero ne deve essere informato.
[1] F. Martín PINEDO Aubián, EVOLUCIÓN HISTÓRICA Y NORMATIVA DE LA CONCILIACIÓN EN EL PERÚ in
[7] Qui la conciliazione può avvenire solo se il deposito della domanda viene eseguito nel termine di 5 giorni dalla richiesta della misura.
[9] Una splendida monografia sul lavoro del conciliatore peruviano si può trovare inhttp://www.monografias.com/trabajos27/conciliacion-peru/conciliacion-peru.shtml

Angelo Poliziano

poliziano
Re- L. Simoni. L’invenzione letteraria. Volume primo. Carlo Signorelli editore. Milano. 2001
Luperini-P. Cataldi-L. Marchiani-F. Marchese. La scrittura e l’interpretazione. Dalle origini al manierismo. Volume primo. Palumbo editore. Firenze. 2000.
VV., La letteratura italiana in Cd-Rom, G. D’Anna editore- La repubblica Edizioni. Milano. 1999.
Guglielmino-H. Grosser. Il Sistema Letterario. Duecento e Trecento. Giuseppe Principato editore. Milano. 1994
Gioanola, Storia della Letteratura italiana. Dalle origini ai giorni nostri. Librex editore, Milano, 1992
Momigliano, Antologia della letteratura italiana. Volume primo. Dalle origini al Quattrocento, Giuseppe Principato editore. Messina-Milano, 1937.

Come il Petrarca anche Poliziano, che pure ripropone con le Stanze e l’Orfeo le possibilità poetiche del volgare inaugurando la ripresa della poesia italiana dopo un secolo di relativa povertà, affida la sua rinomanza più alle composizioni in latino e agli studi filologici che all’opera in volgare, destinata invece, a dargli un nome di prestigio nella storia letteraria.

Col Poliziano il volgare, debitamente modellato sui modelli classici, ridiventa stabilmente la lingua della poesia, mentre Petrarca viene individuato come punto di riferimento per ogni operazione lirica.

Figlio del grande Umanesimo fiorentino, Poliziano realizza in poesia, ciò che gli altri ingegni artistici del suo tempo realiz­za­rono in altri campi, Botticelli e Michelangelo nella pittura, Donatello nella scultura, Alberti nell’architettura.

Angelo Ambrogini nacque il 14 luglio del 1454 a Montepulciano e dal nome del paese d’origine, debitamente latinizzato, si fece chiamare Poliziano.

Era figlio di un notaio filomediceo e all’età di dieci anni perse il padre, assassinato per motivi politici; ma, dotato di ingegno vivacissimo, P. volle in ogni caso compiere studi adegua­ti alla sua intelligenza e alle sue inclinazioni, trasferendosi a Firenze appena quindicenne.

Qui cominciò a frequentare il celebre Studio e l’Accademia platonica, avendo come maestri Giovanni Argiropulo, Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, dai quali apprese le lingue classiche la filosofia platonica.

Nel 1470, a soli sedici anni, cominciò a tradurre in versi latini l’Iliade (libro II e IV[1]), con la speranza di ottenere la protezione di Lorenzo de’ Medici (cui dedica il II e III libro), che infatti non gli fece mancare qualche sovvenzione e nel 1473 lo accolse presso di sé nel palazzo di Via Larga, mentre la traduzio­ne del libro omerico non andava oltre il quinto libro.

Quando Angelo ebbe vent’anni Lorenzo gli affidò l’incarico di “cancelliere” e l’educazione del figlio Piero[2] e da quale momento il poeta iniziò propriamente a far parte della famiglia del suo protet­tore ed amico. Compose in questo periodo la Sylva in Scabiem[3].

Quando il 29 gennaio del 1475 Giuliano, fratello di Lorenzo, vinse un torneo cavalleresco[4], Poliziano iniziò la composizione del poemetto in ottave Stanze per la giostra che rimarrà interrotto al secondo libro[5], per la morte del dedicatario non ancora ventiduenne nella congiura dei Pazzi[6] del 26 aprile 1478 di cui il  poeta è testimone.

Tra il 1473 e il 1478 si colloca la composizione di un primo gruppo di epigrammi, odi ed elegie, il tutto raccolto dopo la morte dell’autore sotto il titolo Liber epigrammaton (Libro degli epigrammi).

Ne emergono doti straordinarie di erudizione e virtuosismo linguistico, alle quali l’autore aggiunge la capacità di assimilare la tradizione lirica classica, e di rielaborarla in forma elegante e chiara, attraverso un’attenta e raffinata opera di selezione del lessico. I temi tradizionali dell’elegia latina e greca si arricchiscono però anche di richiami alla lirica volgare, di echi stilnovistici e petrarcheschi.

Nel 1477 P. stende per il Magnifico l’Epistola proemiale alla Raccolta aragonese[7] ed ottiene il priorato di San Paolo.

Nell’Epistola proemiale alla Raccolta Aragonese, il Poliziano, per bocca di Lorenzo il Magnifico, difende con serrate argomentazioni il volgare illustre, e in particolare il toscano.

Le tesi sono analoghe a quelle che poi sosterrà per il latino: ogni testo va prima considerato nell’ambito storico in cui è stato prodotto, poi messo in relazione con altri testi, in modo da raggiungere sia la conoscenza approfondita di ogni singolo autore sia una visione complessiva della produzione letteraria nelle varie epoche.

Il Poliziano assegna una posizione di netta superiorità ai due “soli”, Dante e il Petrarca, dei quali “meglio essere giudico tacere che poco dirne”, ma cita altri “infiniti e chiarissimi esempli” di poesia in volgare e formula acuti giudizi su molti scrittori, non solo toscani, ma provenzali e siciliani.

Un contrasto con donna Clarice, moglie di Lorenzo, e poi con lo stesso protettore indusse il P. nel 1479 a lasciare Firenze.

Si reca così a Padova, Verona e Venezia e successivamente accoglie l’invito dei Gonzaga di Mantova: presso Federigo Gonzaga compone, in soli due giorni,  forse nel 1480, per una festa di corte (probabilmente un duplice matrimo­nio), la favola pastorale Orfeo, capostipite di un genere desti­nato a prosperi sviluppi fino al Settecento.

Ma il poeta non sa vivere fuori da Firenze e quindi scrive a Lorenzo per essere richiamato in patria e questi gli concesse volentieri il permesso di rientrare.

Anteriormente al 1480 si situa la composizione delle Rime in volgare[8].

Esse comprendono una trentina di canzoni a ballo, nove rispetti[9] continuati e circa un centinaio di rispetti spicciolati, oltre ad alcune canzoni e sonetti.

Nelle Canzoni a ballo il Poliziano riprende, in parte, argomenti propri del gusto contemporaneo, che si ritrovano anche nella poesia del Magnifico.

Vi predomina un’esaltazione vitalistica della bellezza e dell’amore, cui s’accompagna l’invito a godere i piaceri della giovinezza, che ben presto sfiorisce.

Il tema della precarietà dell’esistenza si sviluppa attraverso un lessico e una sintassi semplici, in toni delicati e leggeri, che ricordano, appunto, i facili ritmi di certa poesia popolare.

Ma l’autore si avvale di tutta la sua cultura classica: dotti sono, ad esempio, gli echi di quella lunga tradizione che fin dalla più remota antichità si è fermata a riflettere sull’inesorabile scorrere del tempo, sulla caducità della vita, sul rapido declino della gioventù e sulla fragilità delle gioie riservate all’uomo.

Anche nello stile, il Poliziano spazia entro una vasta gamma di registri, frutto della sua raffinata cultura.

La descrizione nitida e vivamente coloristica della natura si sviluppa con armonia ed equilibrio; il ritmo è musicale, le molte figure retoriche, tra le quali la similitudine e la metafora, sono usate con misura e proprietà.

Le reminiscenze colte, di poeti come il latino Orazio, ma anche dei lirici italiani del Duecento e del Trecento, si traducono così in immagini fresche e spontanee, scorrevoli, di rara eleganza e raffinatezza.

Nei Rispetti, il Poliziano si ispira a vicende mitologiche celebri, tratte da autori greci e latini.

Anche qui, come nelle ballate, i riferimenti cólti vengono rielaborati con grande abilità e forza stilistica, e le citazioni erudite si liberano da ogni freddezza e vibrano di una fresca vivacità, che coinvolge il lettore.

Tra le altre opere in volgare, si trovano i Detti piacevoli, facezie e detti brevi, che appartengono, come sappiamo, a un genere assai praticato in questo periodo.

Tuttavia, anche in questo caso i contenuti e certe particolarità di stile si discostano dalla regola del genere. Un costante atteggiamento riflessivo mitiga il tono divertente e trasforma episodi apparentemente marginali in lezioni di moralità di valore universale.

Spesso, poi, i motti sono affidati a personaggi storici e questo aggiunge loro un tocco di verità. Lo stile si distingue per la stringatezza dei periodi, mentre il linguaggio fiorentino, con venature dialettali, si presta, grazie alla particolare espressività, a rendere i concetti in modo sintetico ed efficace.

Nei suoi ultimi anni, il Poliziano compone anche tre Sermoni per una confraternita di religiosi fiorentini e una Lauda a Maria Vergine.

Sempre nel 1480 il poeta, che tre anni prima si era fatto chierico ed aveva ottenuto un beneficio ecclesiastico, ebbe un posto di docente allo Studio fiorentino: il suo insegnamento di lettere latine e greche ottenne grande successo e la sua fama uscì addirittura dai confini italiani (lo stesso Michelangelo fu tra i suoi allievi).

Dopo questa data Angelo scrisse esclusivamente in latino, o addi­rit­tura in greco, come negli Epigrammi, componendo le Sylvae, che sono introduzioni poetiche ai suoi corsi universitari: bisogna ricordare Manto (Mantova) che ha per tema la poesia di Virgilio; il Rusticus (il contadino) per gli efficaci toni agresti e naturali­stici; Ambra (Ambra, dal nome di una villa medicea) tratta della poesia di Omero e Nutricia (il baliatico), dove compie l’elogio della poesia.

In tutte le Sylvae è ravvisabile uno degli elementi essenziali della poetica del Poliziano, e cioè la sua ferma convinzione che la poesia svolga un compito insostituibile, poiché sviluppa nell’umanità il gusto del bello e quindi favorisce il passaggio dalla barbarie alla civiltà.

Inoltre, la poesia è eterna, poiché vince la distruzione del tempo e conserva inalterata la memoria delle più nobili gesta dell’uomo.

Anche le prolusioni in prosa (Praelectiones) hanno un notevole interesse. In esse, e soprattutto nella prima dedicata a Stazio e Quintiliano, lo scrittore espone le sue teorie letterarie: sottolinea l’indiscutibile valore dell’uso del latino, ma accetta, insieme agli esemplari “aurei” come Cicerone, modelli di altri periodi ingiustamente trascurati, quali quelli offerti da Quintiliano e Stazio.

Infine ribadisce, come altri umanisti, la profonda convinzione che lo studio dei classici abbia un preciso valore civile e morale, poiché esalta la virtù e offre esempi di nobili azioni e sentimenti.

In latino P. compose pure alcune Elegiae, mentre affida ai Miscellanea la sua ricerca erudita allargata ai temi della filosofia, della medici­na, delle scienze naturali. In tal’ultima opera include una serie di osservazioni critiche sugli autori antichi, che influenzarono profondamente gli studiosi successivi.

Il Poliziano vi sostiene, prima di tutto, la necessità che l’imitazione sia creativa, ovvero che non si limiti a copiare passivamente gli esempi antichi.

La produzione umanistica definisce tale posizione docta varietas, intendendo con questa espressione la capacità di rendere più vivace l’erudizione e più originale l’uso delle fonti.

In seguito il Poliziano enuncia il suo punto di vista sull’uso dei modelli linguistici: ogni scrittore deve scegliere quello da imitare in base ai propri gusti e interessi.

Egli rifiuta perciò la teoria dell’ottimo modello, propugnata tra l’altro dall’amico Paolo Cortese, e si mostra favorevole ad adottare tutte quelle soluzioni di lingua, di sintassi e di stile che meglio corrispondono alla sua inclinazione letteraria.

I Miscellanea rivelano inoltre il fine intuito filologico del Poliziano, che, lavorando sui documenti con una conoscenza davvero non comune del mondo antico, scava nella parola, la analizza e la inquadra nell’epoca e nel contesto in cui è stata usata.

La polemica con il Cortese si ritrova anche in una delle Epistole, raccolte in dodici volumi proprio nell’anno della morte.

Ancora in latino è il breve Pactianae coniurationis commentarium sulla congiura dei Pazzi, poi volgarizzato da un anonimo del Cinquecento: un’operetta in cui il rigore storico cede alle forzature di un dichiarato sostegno ai Medici.

L’autore si ispira, per concezione e stile, al racconto della congiura di Catilina di Sallustio, e ne riprende i toni cupi e il gusto per la descrizione di figure animate da una torva grandezza.

Sono da ricordare infine anche alcune traduzioni:  dal greco al latino traduce il Manuale di Epitteto (che in italiano poi tradurrà Leopardi); il Carmide di Platone, la Storia dell’impero dopo Marc’Aurelio di Erodiano.

Nel 1484 P. si reca a Roma, con un’ambasceria fiorentina, presso il neoeletto pontefice Innocenzo VIII.

Nel 1491 P. viaggia in Emilia e nel Veneto per ricercare ed acquistare codici per la biblioteca medicea della quale è divenu­to procuratore dei libri e curatore.

Nel 1492 muore Lorenzo de’ Medici. Il P. cerca di conseguenza di trovare una sistemazione a Roma, dapprima come bibliotecario.

Vanamente Angelo sperò dal papa Alessandro IV la nomina a cardina­le, per la raccomandazione del suo allievo Piero de’ Medici e la morte lo colse appena quarantenne nel 1494.

Ne Le Stanze per la giostra Angelo P. eleva idealisticamente l’evento “sportivo” ed il tema dell’amore di Giuliano per Simonetta Cattaneo, nell’atmosfera fuori del tempo del mito classico, in cui il giovane fratello di Lorenzo diventa Iulio, la cerva (Simonetta) che sfugge alla sua caccia si trasforma in bellissima fanciulla, l’amore nasce per intervento di Cupido inviato dalla madre Venere, a riscaldare il cuore del giovane troppo devoto alla casta Diana .

Nella vicenda di Iulio è adombrato un itinerario di ascesi dall’amore sensuale rappresentato dall’inseguimento della cerva, simbolo della bellezza corporea, all’amore spirituale (quello per Simonetta, immagine della bellezza divina).

Le Stanze mostrano perciò di ispirarsi alla dottrina neoplatonica dell’amore, secondo la quale l’amore è la forza che attrae l’uomo verso Dio, con un percorso che, dalla brama sensuale, si eleva al desiderio spirituale, fino al più alto grado di intellezione di Dio.

Descrivendo allegoricamente il processo di maturazione che grazie a Simonetta si compie in Iulio, Poliziano ne sancisce l’ingresso nell’età adulta. È un processo nel quale il poeta prefigura anche la destinazione di Giuliano alla vita politica: Iulio – suo alter ego dalla contemplazione del Bello e del Bene divini esce fortificato, determinato a praticare nella vita terrena le virtù civili ossia le quattro virtù cardinali, (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) su cui si fonda l’attività politica.

L’ambientazione classica-mitologica è poi quella che permette la realizzazione del sogno umanistico di un mondo perfetto, armonizzato, privo di drammatiche lacerazioni, sottratto alle vicende reali e temporali.

Nei pulitissimi versi della Giostra, insomma, si realizza perfettamente quel mito dell’Eden che è fondamentale della cultura umanistica, nella descrizione di un mondo perennemente primaverile, non toccato dalle intemperie, lontano dalle incom¬benze del lavoro e perciò aperto all’accoglienza dei sentimenti sublimi della gioia e dell’amore.

Per questo il P. rievoca quella versione pagana dell’Eden che è l”età dell’oro”, quando non c’era ancora l’avidità delle ricchezze e, soprattutto l’impero della lussuria (“quel furore/che la meschina gente chiama amore”): infatti, è l’eros e la possibilità della sua sublimazione il motore del mito edenico, nell’illusione di un’innocenza che si costituisce non per ascetica rinuncia ma per spontanea ignoranza del peccato.

Nel Le Stanze, Poliziano dà prova del suo profondo legame con gli autori greci e latini (Omero, di cui aveva tradotto in latino, come abbiamo già detto più sopra parte dell’lliade, gli elegiaci, i bucolici ed i tragici greci , Virgilio, Ovidio, Stazio e Claudiano), ma anche con Dante, Petrarca, Boccaccio e gli stilnovisti accolti nella Raccolta aragonese dal Magnifico (non ricusa nemmeno i temi, i modi e la varietà del lessico propri della tradizione popolare).

Egli compie quella che, in linguaggio tecnico, si definisce “contaminazione”, ossia la fusione tra vari generi letterari all’interno di un’unica opera.

In altre parole il ricorso alle fonti è sistematico e si può anche affermare che il testo polizianeo è il risultato di un fine lavoro di intarsio di imitazioni e di topoi; la maestria di Poliziano consiste nel saper rivitalizzare le forme antiche anche cambiandone i significati originari, secondo un principio di imitazione che alcuni anni più tardi, come già detto, difenderà in polemica con la teoria dell’Ottimo modello dell’umanista Paolo Cortese: «imitazione» deve essere una reinterpretazione personale, mai pedissequa, di più modelli, scelti liberamente e liberamente assimilati (si parla come già accennato di doctas gravitas).

Già i personaggi rivelano la commistione. Gli antenati di Julio, ad esempio, sono i tanti personaggi insensibili all’amore dei quali è ricca la tragedia greca, ma sono anche gli eroi del Boccaccio, come Troilo; Simonetta potrebbe essere una dea o una ninfa della mitologia classica, ma a comporre la sua immagine concorrono anche elementi stilnovistici e petrarcheschi, come rivelano numerose “spie” stilistiche e lessicali. Anche la trovata della cerva risale ai tempi lontani: già in epoca omerica, Ifigenia, figlia di Agamennone, viene trasformata in cerva dalla dea Artemide, e l’artificio è più volte adoperato nei romanzi del ciclo bretone.

Così, nella descrizione del giardino di Venere confluiscono il ricordo biblico dell’Eden, il mito classico dell’età dell’oro, e quello del “giardino delle delizie”, come sono il Paradiso terrestre in Dante e il giardino d’Amore descritto nei Trionfi del Petrarca.

Anche l’impianto complessivo dell’opera è frutto di una contaminazione. Da un lato esso riporta al cosiddetto encomio, ovvero al poemetto celebrativo che ebbe la più larga diffusione nella tarda latinità; dall’altro, riflette il gusto tipicamente volgare per i racconti di tornei e feste, dei quali è ricca la letteratura popolare.

Nel suo lavoro poetico, Poliziano si concentra soprattutto sulle singole immagini, di cui ricerca l’eleganza e la nitidezza, qualità, queste, consonanti con la pittura di Botticelli, che mira a esaltare la Bellezza ideale e che accoglie, per la Primavera e la Nascita di Venere, le visualizzazioni polizianee .

Apparentemente lontana da questa condizione edenica sembra la Favola di Orfeo , per il tema tragico (ripreso da Ovidio e dal IV libro delle Georgiche ) del protagonista che muore non essendo riuscito a liberare dall’Ade l’amata Euridice, ma il P. fa prevalere largamente sulla drammaticità della favola i toni idillici, ambientando la situazione entro un mondo pastorale allietato dalla dolcezza di un tempo sempre primaverile e dalla melodia dei canti, così che l’eden si riproduce anche in questo che è il primo dramma profano della nostra letteratura.

Fino a quel tempo infatti il teatro conosceva soltanto le sacre rappresentazioni, di carattere religioso .

Di esse il Poliziano riprende struttura scenica e movenze, cioè la frammentarietà e semplicità, teatralmente ingenua, di costru¬zio¬ne, l’uso della ottava (mescolata però ad altri metri come la terzina dantesca, la canzone a ballo o ballata, la canzone e persino ad un carme in latino, cantato da Orfeo in lode dei Gonzaga), e certo andamento popolaresco nel linguaggio.

Tale andamento nasce da una consapevole e raffinata scelta stilistica, in quanto P. intende riprendere i modi dell’elegia bucolica e pastorale (di cui sono rappresentanti Catullo, Ovidio, Properzio e Tibullo) , un genere letterario che dalla antichità era stato scritto in stile umile, perché concepito come canto di semplici e rozzi pastori; tuttavia accanto al realismo vi sono passi di elegante letteratura e l’idealizzazione della figura di Euridice, rappresentata con toni tenui, dolci e sfumati.

L’opera è suddivisa in due parti, e la struttura metrica, come già accennato, è varia: prevale l’ottava, ma ad essa si alternano la terza rima e la ballata, oltre ad una serie di versi latini in strofa saffica, che Orfeo canta al suo ingresso in scena.

Il mito di Orfeo, uno dei più noti dell’antichità, è liberamente rielaborato dal Poliziano attraverso le versioni, come già detto, che ne offrono Virgilio nel IV libro delle Georgiche e Ovidio nelle Metamorfosi.

La prima parte si svolge in Tracia e ci presenta il pastore Aristeo che confida ad un altro pastore,  Mopso, il suo amore per  Euridice, moglie del poeta Orfeo: mentre questa fugge inseguita da Aristeo, viene morsa da un serpente e muore.

Nella seconda parte, Orfeo, l’eccelso cantore, capace di affascinare con le sue melodie persino le pietre, scende nel regno dei morti per tentare di farsi restituire la moglie, e con la dolcezza del suo canto riesce a commuovere il dio degli Inferi, Plutone.

Ottiene così che Euridice gli venga resa, a patto che egli, durante il cammino di ritorno, non si volti mai a guardarla.

Ma nel viaggio, temendo che Euridice non lo segua, Orfeo guarda dietro di sé, così la donna amata gli viene strappata di nuovo, e stavolta per sempre.

Orfeo, disperato e inconsolabile, vaga per terre lontane rifiutando ogni nuovo amore, finché le Baccanti, sacerdotesse di Dioniso, infuriate per il suo spregio delle donne, lo uccidono e ne lacerano il corpo.

Anche nella Fabula di Orfeo, il Poliziano conferma l’ispirazione prevalentemente classica della sua poesia e il virtuosismo tecnico del letterato che impugna con ferma sicurezza gli strumenti espressivi.

Come ne Le Stanze per la giostra, egli ricorre alla contaminazione tra generi diversi, pur assegnando una funzione centrale al modello del dramma pastorale.

Anche nell’uso dello stile, sono rispettati con piena coerenza i principi dell’Umanesimo erudito, e i modelli latini vi hanno un peso ancor più forte.

Le frequenti citazioni rimandano soprattutto a Virgilio e a Ovidio; il lessico è prezioso, variegato, ricco di sfumature.

L’autore prosegue nella sua consapevole opera di congiunzione tra classicismo e modernità, e riproduce in forme nuove l’antico, pur restando fedele all’essenza.

Rispetto alla produzione precedente, tuttavia, la Fabula di Orfeo appare più movimentata: talora il ritmo è incalzante e compaiono sorprendenti motivi di modernità, come l’irrompere di un lessico popolare ai limiti del dialetto nell’impressionante coro finale delle Baccanti che inneggiano al loro dio, dopo aver lacerato il corpo di Orfeo.

La scelta del mito di Orfeo, d’altra parte, riporta alla visione del mondo già espressa, o almeno sottintesa, nelle Stanze per la giostra.

Orfeo, in tutti i tempi, è l’emblema della poesia, la cui potenza vince tutte le esperienze umane, e supera persino la morte.

Canta Orfeo, sceso agli Inferi: “Posa Cerbero, posa il tuo furore; / ché, quando intenderai tutti e mie’ mali, / non solamente tu piangerai meco / ma qualunque è qua giù nel mondo ceco” (vv. 218-221).

È un inno all’amore, che lo ha condotto nel buio regno dei morti, ma soprattutto alla poesia, cui egli affida il compito di piegare l’inflessibile durezza degli abitatori infernali.

Tuttavia, il Poliziano finisce con l’ammettere che anche la poesia è destinata a soccombere: le leggi che regolano la vita degli uomini e li destinano alla morte sono più forti dei sentimenti e della poesia stessa, perché se l’amore e il canto rendono Euridice a Orfeo, non possono impedire che, volgendosi indietro, egli la perda definitivamente.

 Il Poliziano è, per più motivi, una delle personalità di maggior rilievo nell’ambito dell’Umanesimo letterario. La sua attività filologica e critica, come si è detto, è condotta scrupolosamente attraverso l’analisi e il confronto tra i testi, e si accompagna alla consapevolezza che ogni problema linguistico deve essere collocato nella giusta prospettiva storica: ciò ne fa il caposcuola della ricerca filologica moderna. La sua teoria dell’imitazione è uno dei cardini sui quali si impernia un dibattito che coinvolgerà molti studiosi e scrittori del secolo successivo. La Fabula di Orfeo, inoltre, apre la strada al recupero completo del teatro, che si avrà nel Cinquecento con l’apporto fondamentale dell’Ariosto e del Machiavelli

[1] Poliziano prosegue l’opera che Carlo Marsuppini aveva cominciato nel 1454 fermandosi però dopo il primo libro.

[2] Piero de’ Medici (Firenze 1472 – Garigliano 1503), signore di Firenze dal 1492 al 1494; si attirò l’opposizione dell’aristocrazia fiorentina che lo accusò di volere instaurare un dominio personale. Al momento della discesa in Italia del re francese Carlo VIII, nel 1494, fu cacciato dalla città con l’accusa di essersi piegato ai francesi; a Firenze venne instaurata la repubblica sotto la pressione di un movimento popolare guidato da Girolamo Savonarola. Piero si ritirò a Roma, senza più riuscire a tornare a Firenze. Morì in battaglia, combattendo per il re di Francia Luigi XII.

[3] Poemetto composto nel 1475, è un testo tutto particolare: l’autore vi descrive minuziosamente la malattia della scabbia, il suo decorso e i possibili rimedi, con un gusto che sfiora talvolta il raccapricciante: è un vero e proprio esercizio letterario, in stile comico-grottesco, che conferma il consapevole e a volte compiaciuto virtuosismo del Poliziano.

[4] Organizzato per celebrare pubblicamente la stipulazione dell’alleanza tra Milano, Venezia e Firenze.

[5] Alla qurantaseiesima stanza, mentre il primo libro ne ha  centoventicinque.

[6] Complotto messo in atto il 26 aprile 1478 dalla famiglia fiorentina dei Pazzi contro quella dei Medici, allo scopo di ottenere la supremazia politica nella città. La congiura, che ebbe l’appoggio del papa Sisto IV, costò appunto la vita a Giuliano de’ Medici, ma non ebbe successo perché scatenò una reazione popolare conclusa con atti di giustizia sommaria. L’episodio finì anzi per consolidare la signoria medicea.

[7] Una ricca silloge di 449 componimenti in volgare  dal Duecento al Quattrocento (dove prevalenti sono i testi dello stilnovo e di Dante) offerta dal Magnifico a Federigo D’aragona. L’importanza della Raccolta Aragonese coincide con la fortuna quattrocentesca dello Stilnovo, dal quale i due compilatori d’eccezione, Lorenzo il Magnifico e Angelo Poliziano, muovevano per tornare alle origini dei poeti siciliani e siculo-toscani. Il complesso lavoro di scelta, selezione e collazione dei testi che precedette la realizzazione di questa straordinaria antologia testimonia il ricco retroterra filologico della Firenze laurenziana, la grande disponibilità di raccolte di rime, di codici antichi o trascritti in tempi più recenti. La raccolta si apriva con appunto una Epistola di M. Angelo Politiano al sig. Federico insieme col raccolto volgare mandatogli dal Magnifico Lorenzo; quindi seguivano la Vita di Dante del Boccaccio, preferita a quella di Leonardo Bruni, e la Vita nuova. L’ordinamento della silloge corrispondeva di fatto ad una sistemazione storico-letteraria assolutamente gerarchica e qualitativa: dopo le rime di Dante si collocavano quelle di Guinizzelli, di Guittone, di Cavalcanti e di Cino, per giungere a ritroso sui poeti della corte federiciana e sui toscani minori, chiudendosi definitivamente, secondo un’ideale percorso, proprio sulla produzione di Lorenzo il Magnifico.

[8] Anche se la critica più recente ritiene che almeno una parte sia stata composta in seguito.

[9] Componimento poetico di origine popolare confuso molto spesso con lo strambotto. (Il suo schema strofico constava di una quartina di endecasillabi a rima alternata [ABAB], seguita da uno o due distici di endecasillabi a rima baciata o da un ottava con metro: ABABABCC).

LEON BATTISTA ALBERTI

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Re- L. Simoni. L’invenzione letteraria. Volume primo. Carlo Signorelli editore. Milano. 2001
Luperini-P. Cataldi-L. Marchiani-F. Marchese. La scrittura e l’interpretazione. Dalle origini al manierismo. Volume primo. Palumbo editore. Firenze. 2000.
VV., La letteratura italiana in Cd-Rom, G. D’Anna editore- La repubblica Edizioni. Milano. 1999.
Guglielmino-H. Grosser. Il Sistema Letterario. Duecento e Trecento. Giuseppe Principato editore. Milano. 1994
Gioanola, Storia della Letteratura italiana. Dalle origini ai giorni nostri. Librex editore, Milano, 1992
Momigliano, Antologia della letteratura italiana. Volume primo. Dalle origini al Quattrocento, Giuseppe Principato editore. Messina-Milano, 1937.

Con l’Alberti si attua la saldatura tra cultura umanistica e lingua volgare, per l’esigenza che egli sentì molto viva di divulgare i nuovi valori (in particolar modo la virtù[1]) fuori dalla stretta cerchia dei dotti e per la parallela convinzione della perfetta adeguatezza di questo mezzo, debitamente perfezionato, all’impegnativo compito.

Leon Battista Alberti, della nobile famiglia degli Alberti, nacque a Genova nel 1404, essendo il padre esule in quella repubblica: alla precoce morte di lui, l’Alberti si trovò in gravi ristrettezze economiche e tutta la sua giovinezza fu segnata da tale bisogno, che gli rese arduo il conseguimento della laurea in diritto canonico all’università di Bologna, dopo la quale, resosi chierico entrò nella curia romana.

Per periodi non brevi fu a Firenze, soprattutto in occasione del Concilio che stabilì l’unione tra cattolici e ortodossi e qui strinse amicizia feconda con il Brunelleschi, che lo sollecitò ad approfondire gli studi di architettura, nei quali emerse sia come teorico che come progettista (si ricordi almeno il classico Tempio malatestiano di Rimini).

Le opere principali nel campo dell’arte sono Della pittura e De re aedificatoria, destinata la prima alla teorizzazione della nuova prospettiva pittorica, con l’invito allo studio della natura e al rispetto delle sue leggi, la seconda intesa a fornire i criteri per la nuova architettura di tipo classicheggiante e a proporre l’immagine dell’architetto ideale, che doveva  essere un uomo probo e possessore di una cultura enciclopedica, nel sogno di una città ideale, costruita secondo le leggi dell’armonia e affidata platonicamente al potere dei dotti (per parte sua Pio II tentò di realizzarlo con l’edificazione della città di Pienza).

Nella sua apertura a tutti i campi del sapere l’Alberti si occupò anche di letteratura sia teoricamente, nel De litterarum commodis atque incommodis, sia nella pratica concreta dei dialo­ghi lucianei delle Intercoenales (12 libri di dialoghi), dove vengono discussi i temi principali della cultura umanistica, e del romanzo storico Momus.

Ma l’opera principale di quest’uomo che non ebbe una famiglia propria fu il trattato Della famiglia, nato da intenti pedagogici e dedicato a questa istitu­zio­ne che la civiltà borghese aveva fortemente valorizzato e che la cultura umanistica proponeva come centro ideale della forma­zione dell’uomo nell’espansione della sua vita sentimentale, nel conforto dell’abitazione e degli arredi, nella costituzione e nella cura del patrimonio, nella cura dei figli.

La trama concerne l’incontro di alcuni parenti presso il capezzale del padre morente dell’Alberti:  essi dialogano sul matrimonio, sull’educazione dei figli, sul modo di accrescere  e far prosperare la casa ed il podere ed infine l’amicizia.

Il terzo dei quattro libri che compongono quest’opera, Oeconomicus è forse il capolavoro dell’Alberti, per la commossa adesione ai temi del­la at­tività umana nella mercatura e nell’agricoltura, nell’esalta­zione del lavoro umano come modificatore della realtà e strumento validissimo contro l’abbandono alla fatalità.

Nell’opera “Della tranquillità dell’animo” l’Alberti introduce l’elogio dell’uomo nella figura del dotto, che le occupazioni congeniali elevano al disopra dei turbamenti e delle sventure, con la figura finale di Archimede che affronta serenamente la morte avendo fino all’ultimo atteso ai suoi studi prediletti.

I tre libri del De iciarchia (<<Il governo della casa>>) chiudono nel 1470, a due anni dalla morte, l’attività dello scrittore, che ancora una volta torna sul tema del “governo della casa” a conferma della sua predilezione per quel luogo autentico dell’uomo che è la fami­glia (superiore anche allo Stato per l’autore), dentro quell’e­terno ideale di “grazia e gravità”, insomma di armonia, che domina tutta la sua opera.

Dell’Alberti ricordo infine una raccolta di apologhi (Apologhi centum), spesso di oscuro significato, scritti a Bologna nel dicembre del 1437 e considerati dall’autore come un momento di pausa, di evasione dalla trattazione di opere più impegnative.

Gli apologhi sono in generale raccontini da cui si ricava un insegnamento morale: Esopo ne è stato il migliore creatore; essi avevano per protagonisti per lo più animali (forniti però di virtù, vizi e sentimenti umani) e talora dei, uomini e piante, e di cui si chiariva il significato, allegorico e moraleggiante, in una breve spiegazione finale (epimitio).

Nell’Alberti l’epimitio viene soppresso come del resto accadeva nei modelli greci pre-esopici: ciò serve ad evitare la divisione tra narrazione e riflessione e a dare così al lettore un po’ di responsabilità nel ricavare l’insegnamento.

Il tessuto narrativo si contrae poi fino a divenire sentenza o motto di spirito.

Vizi e virtù vengono rappresentati attraverso categorie essenzialmente laiche ed i valori non sono determinati in base a finalità metafisiche; animali e piante non hanno strabilianti qualità come nei bestiari od erbari medioevali, ma attitudini squisitamente umane.

Il verdetto del moralista valuta l’uso dei beni ed il tempo di tale uso lo scandisce impietosamente; spesso il riso è visto come castigo sociale o come mezzo per smascherare le apparenze, per ridere su chi vive solo attraverso le apparenze (ad es. il fungo, il roseto ecc. ).

[1]Le giuste leggi, e’ virtuosi principi, e’ prudenti consigli, e’ forti e constanti fatti, l’amore verso la patria, la fede, la diligenza, le gastigatissime e lodatissime osservanze de’ cittadini sempre poterono o senza fortuna guadagnare e apprendere fama, o colla fortuna molto estendersi e propagarsi a gloria, a se stessi molto commendarsi alla posterità e alla immortalità”. I libri della famiglia, p. 5.

Diritto alla felicità

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Quando a scuola studiai la storia dell’indipendenza americana mi fecero presente che nella Dichiarazione del 4 luglio 1776 si parlava di diritto alla felicità.
Esattamente il testo recita: “Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità;…”.
Già da una attenta lettura del testo peraltro si evince che non è proprio così perché non sta scritto che gli uomini hanno il diritto alla felicità, ma che hanno il diritto al perseguimento della felicità.
Questo ” diritto al perseguimento” sta alla base del principio liberale e del sogno americano, ma non solo.
Lo stesso motto repubblicano “Liberté, Égalité, Fraternité” non ci consegna uno status di libertà; la libertà è sempre stata intesa nel senso che il ricco rimaneva ricco e che il povero, se intraprendente, poteva sulla carta diventare ricco.
Così ci raccontava peraltro a suo tempo anche Norberto Bobbio.
Io non sapevo all’epoca che il termine “perseguimento” venne ispirato ai compilatori della Dichiarazione di indipendenza dal filosofo tedesco Christian Wolff che usa spesso appunto il verbo latino “promovere“.
Officia humanitatis sunt officia erga alios, quibus eorum perfectio, consequenter felicitas promovetur (I doveri degli uomini si esplicano nei confronti degli altri e dal loro raggiungimento consegue la promozione della felicità).
Come si può agevolmente capire il pensiero di Wolff era un po’ diverso dai suoi sviluppi: la felicità era vista come una naturale conseguenza delle nostre azioni virtuose, ma non come il fine.
Costitutivi del diritto naturale sono per Wolff i doveri degli uomini. Non esiste un diritto alla felicità come diritto naturale, ma un dovere di rendere felici gli altri e da questo dovere discende la nostra felicità.
E chi promuove la felicità altrui, promuove anche la perfezione altrui (Quoniam qui aliorum felicitatem promovet, eorundem perfectionem promovet).
Wolff ha chiaro il concetto che gli uomini sono felici quando sono destinatari dei beni materiali e di quelli che dispensa il caso (Bona corporis et fortunae ad felicitatem hominis quid conferunt), ma avverte pure che se non sono uniti alla virtù non valgono alcunché (Bona corporis et fortunae non parunt existimationem, honorem ac laudem, nisi quatenus concursu virtutum…).

Cfr. https://books.google.it/books?id=axhu71zryDwC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=felicitas&f=false

Tecniche di costellazioni familiari in mediazione

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Seminario di “Tecniche di  Costellazioni Familiari in Mediazione”   tenuto dalla Professoressa Luhe Palma Coordinadora Académica del Área de Mediación y de Justicia Restaurativa del Instituto Andaluz Interuniversitario de Criminología Facultad de Derecho Universidad de Sevilla

Appunti di Carlo Alberto Calcagno

In tedesco il termine costellazioni significa configurazione, ossia immagine

In inglese ci si riferisce al sistema stellare

In spagnolo si usano due termini, configuration per immagini e constellation per sistema stellare.

Il termine che a noi interessa è configurazione, ossia immagine.

Ogni persona costituisce immagine di un sistema più grande. Così ci insegna Burt Hellinger di cui ho avuto l’onore di essere allieva.

Egli aggiunge che negli individui esistono problemi che arrivano da generazioni precedenti e che spesso la persona soffre senza nemmeno sapere il perché.

Con la costellazione familiare si può capire dove sta il problema.

Hellinger ha scoperto l’ordine sistemico che ha chiamato ordine dell’amore e scoprì anche come l’amore può scorrere.

Nel sistema tutto è incluso, non è contemplata l’esclusione: i morti e i vivi sono presenti così come è presente la vittima e l’aggressore. Diversamente ad esempio non si capirebbe come famiglie di ebrei abbiano partorito figli nazisti.

Questo aspetto ad esempio ci aiuta a capire i meccanismi di una malattia come la schizofrenia.

In tutte le famiglie ci sono dei disordini e per disordine si intende esempi di amore cieco.

Se ad esempio io soffro di attacchi di panico ed ho paura di morire, posso essere vittima di amore cieco per  qualche familiare. Può essere che un mio familiare stia per morire e che io non voglia accettarlo e che con la mia continua preoccupazione creda di poterlo aiutare. Ma in realtà questo non può accadere, perché nella famiglia i miei genitori sono le radici ed io un ramo; un ramo non può fare nulla per le radici, mentre sono le radici a poter fare per il ramo; e dunque a me non resta che ringraziare chi muore per tutto ciò che mi ha dato, per avermi donato la vita (io non posso fare altrettanto per lui, sono solo un ramo) ed accettare il mio posto di ramo ancora lasciato per un poco nel mondo.

I figli non possono morire per i genitori, ma sono i genitori che muoiono per i figli.

Noi sentiamo di crescere perché i nostri genitori ci alimentano. Se un figlio non ha genitori o chi li può sostituire alla fine muore. Ma al contrario se muore un figlio il genitore può sopravvivergli.

L’uomo che mette incinta una donna la mette a rischio di morte e di vita nello stesso tempo.

Esistono solo due categorie: la vita e la morte; il buono ed il cattivo e gli altri aggettivi che noi usiamo sono soltanto sciocchezze.

In questo senso l’aborto è una cosa terribile: i figli continuano a vivere nel cuore dei genitori anche se questi ultimi non lo sanno.

Quando in una stessa famiglia ad un neonato si dà il nome di un bambino in precedenza defunto, c’è il rischio di condurlo verso la morte perché gli si fa occupare un posto non suo.

In altre parole se il bambino non fosse morto, colui che prende il suo nome non sarebbe nato; la madre è rimasta incinta per superare il dolore della morte. Da ciò deriva che chi vive si senta inadeguato. Capita questa cosa l’inadeguatezza sparisce e si può vivere con gioia.

Noi siamo qui perché molti sono morti, camminiamo sopra i morti e non lo sappiamo, ma l’anima del sistema non lo dimentica .

Il sistema è come un sole ed i raggi sono gli individui: i raggi del sole non si possono rompere; è l’amore che unisce i raggi del sistema.

La stessa commissione dei delitti può spesso essere dovuta ad un atto di amore..

Per uscire da un sistema ed entrare in un altro bisogna fare qualcosa.

Ogni sistema è unico, non ci sono sistemi generali, ed in ogni sistema ci sono ordini e nessuno può essere escluso dall’amore che è sopra tutto; poi c’è l’ordine della gerarchia: coloro che sono più in alto gerarchicamente hanno maggiori diritti; se si cambia posto il sistema si destabilizza e le persone soffrono.

Noi cambiamo sovente la gerarchia e per questo soffriamo: se ad es. una donna si separa dal marito e considera il figlio migliore del padre e lo loda considerandolo perfetto, il figlio sostituisce il padre, ed in seguito accadrà che  comandi la madre e la faccia soffrire.

Ciò procura un disordine che fa venire fuori molti problemi.

O ancora se in un liceo arriva un professore ed afferma che sino a quel momento tutto quello che è stato fatto non va bene, gli altri professori si arrabbiano e fanno sì che il nuovo venuto non faccia alcunché; se invece il professore arriva e dice “che buon lavoro avete fatto, posso dare anche il mio contributo?” allora gli altri acconsentono; questo significa rispettare la gerarchia.

Se un figlio minore si colloca davanti al maggiore occupa un posto che non gli compete.

Ogni sistema va configurato, ma lo si deve fare con molto rispetto, con il consenso dell’altro.

Una mancanza enorme di rispetto è entrare in un sistema senza permesso; così come non si può entrare in un sistema per mera curiosità; il terapista deve sempre assicurarsi che il suo intervento sia o meno sufficiente chiedendolo al paziente; se il paziente dice che può bastare, l’indagine del terapista deve fermarsi.

Se una coppia con figlio si scioglie ed un coniuge si fa una nuova famiglia con un altro figlio c’è una gerarchia da rispettare se si vuol vivere serenamente: la seconda moglie deve rispettare la prima ed il secondo figlio deve rispettare il primo. Non importa che cosa pensi la prima moglie della seconda, perché ciò non impedirà al secondo nucleo che rispetti la gerarchia di trovare la serenità.

Costellazione in definitiva significa mantener il proprio posto.

Ci può aiutare a capire la teoria dei frattali: gli individui sono terminali di un enorme pc e di una enorme energia e tutti abbiamo accesso ad una informazione a livello incosciente. Non importa vivere o morire, separarsi o divorziare: il legame tra gli individui che sono e che furono non si rompe.

Il sistema ha dei vincoli che ci aiutano nel trovare il posto giusto

Il movimento della vita è come entrare in una piscina. Se non sappiamo nuotare affoghiamo. E quindi abbiamo anche bisogno di imparare tecniche per non affogare. Ma non basta perché è come se uno portasse una pietra attaccata al collo: e dunque saper nuotare non mi impedisce di andare a fondo; per nuotare liberamente bisogna anche che io sappia eliminare la pietra. Per eliminare la pietra devo conoscere quale è la mia posizione nella piscina, ossia nel sistema. Prima devo configurare il sistema e scoprire dove sono e siccome noi possiamo occupare un solo posto e non un altro, devo capire quale è il mio; io non sono né peggiore né migliore degli altri, ma sono unico ed unico è il mio posto.

A volte pensiamo che siamo migliori degli altri, ma la vita non richiede questo, la vita vuole che occupiamo il nostro posto ed allora siamo sereni e serena è anche la relazione con gli altri. E non dobbiamo pensare che cambiare di posto riguardi soltanto noi: ogni cambiamento si ripercuote nel sistema ed il sistema non si ferma ai vivi, può riguardare anche quattro generazioni.

Tutte le relazioni poi sono basate sul principio di compensazione.

Quando in una relazione faccio qualcosa che piace a lui provoco una decompensazione perché lui si sente in debito e vuole a sua volta compensare il suo debito facendo qualche cosa che piaccia a me; così la relazione cresce e si fa qualcosa che va a coprire la decompensazione.

Anche se diciamo ad esempio che siamo disinteressati se facciamo tre doni e non ne riceviamo alcuno ci arrabbiamo.

la vita però non possiamo compensarla, non possiamo compensare i nostri genitori che ci hanno dato la vita; questo grande debito possiamo compensarlo solo restituendo a qualcun altro la vita e allora abbiamo bisogno di fare qualcosa di buono per la società.

Ci facciamo frati, suore, adottiamo un figlio. Non è importante avere un figlio fisicamente, ma è pressante la necessità di dimostrare creatività agli altri.

Tutto ciò è dovuto alla nostra necessità di compensazione.

Ciò che accade nel bene, accade anche nel male.

Quando uno subisce un danno desidera che quello che lo ha provocato soffra a sua volta; il nostro sistema penale prevede che si restituisca meno dolore; così il reo si sente sempre debitore verso la vittima.

Ma nelle relazioni individuali e familiari chi attacca riceve un attacco ancora più forte  che viene compensato con un attacco sempre più pesante in una escalation senza fine.

La sentenza del giudice in generale non forma il meccanismo di decompensazione. e allora la compensazione sta nel pretendere una somma di denaro od i figli in affido.

Chi si occupa di conflitti deve preoccuparsi di guardare sempre dove sta la decompensazione. Bisogna indagare la necessità dell’uno e quella dell’altro.

La decompensazione e la compensazione creano molto problemi; anche il nostro fisico che si decompensa alla lunga si ammala.

Per questo in mediazione familiare quando una parte non accetta di partecipare, va sostituito con un attore  ( ad es. un allievo della scuola) che reciti quella data parte in modo da individuare in ogni caso gli elementi di decompensazione e compensazione nel coniuge presente.

Gli Ebrei ed il Regno di Napoli dal Rinascimento all’Età dei Lumi

Ercolano (112)

A Napoli sotto il Regno di Ferdinando III il Cattolico[1] si stabilì[2] che i maschi ebrei e le femmine dai dieci anni in su, portassero in petto un panno rosso[3].

“10 Considerando quanto sia appartato il Santo Battesimo dalla pravità Giudaica, e quanto sia conveniente che i Giudei così come sono appartati nelle opere dalla vera fede Cattolica da’ Cristiani, così etiam sieno divisi da loro, e conosciuti per Giudei: per evitare ogni inconveniente che ne potesse succedere, per tanto ordiniamo espressamente, che da ora in avanti tutt’i Giudei commoranti[4] in qualsivoglia Città, Terra, Castello, e luogo di questo Regno, tanto maschi, come femmine da dieci anni in su, debbano portare il segno di panno rosso in petto, acciocchè sieno conosciuti per Giudei, e così tenuti, e reputati, e non altrimenti, sotto pena di un’oncia d’oro per ogni volta, che alcuno si trovasse senza detto segno”.  

Il 10 novembre 1539 l’Imperatore Carlo V istituì in Napoli il ghetto[5], come luogo provvisorio dove dimorare prima della cacciata,  e dunque la separazione degli Ebrei dai Cristiani fu sancita sedici anni prima che a Roma[6]. Nello stesso anno Carlo V prescrisse agli uomini di indossare un cappello giallo o rosso e una fascia di tela gialla o rossa alle donne[7].

“11. E perché la conversazione, e il mescolamento de’ perfidi Giudei co’ Cristiani è pericoloso, e produce per lo più fatti indecenti, essendo inconveniente che uno non si distingua dall’altro; Perciò, per servigio di Dio, e del ben pubblico, comandiamo che si scaccino gli Ebrei dal regno di Napoli, e fino a che si esegua il comando, si assegni a’ medesimi tanto in Napoli, che nel Regno ove dimorino, un luogo, e piazza separati, in cui possano abitare segregati da’ Cristiani; ed acciocchè possano facilmente discernersi, si obblighino i maschi a portare in testa cappello, o berretta di colore giallo o rosso, e le donne una fascia del medesimo colore, sotto pena della confiscazione de’ loro beni. E per la esatta osservanza ne incarichiamo l’esecuzione al Nostro Luogotenente generale del Regno”.

Lo stesso Carlo V condannò “i cessionari dell’iniquità degli Ebrei”, a perdere i loro crediti.

Questa prescrizione legata e alla presunzione di pravità dell’Ebreo, ma anche al fatto che i Cristiani non potevano esercitare l’arte feneratizia, verrà meno solo nell’Ottocento quando l’usura verrà vietata a tutti.

Il 17 luglio del 1572 sotto il regno di Filippo II si stabilì che se i Giudei volevano partecipare a pubbliche fiere dovevano indossare una berretta di panno giallo[8].

Per i molt’inconvenienti, scandali e mali esempj che danno i Giudei, i quali praticano co’ Cristiani uomini e donne, in disservizio del Nostro Signore Iddio, e di S.M, per non sapersi se sono Giudei o Cristiani. Volendo sopra ciò provevdere per quello conviene alla Religione Cristiana, e al buon governo, comandiamo, che in avanti non sianvi Giudei, che vengan in questo regno nelle Fiere, che si fanno, nelle quali è lecito poter venire, se non vengano, o stiano per lo tempo, che ci possono stare, con berretta di panno giallo, e non altrimente, acciò sieno conosciuti da tutti per Giudei, come sono, sotto pena di cinque anni di galea, o altra pena corporale a nostro arbitrio riservata”.

Premesse queste tristi notizie sui segni distintivi vorrei parlare ora dei patti che si stipulavano tra la Nazione ebraica ed i regnanti nel Regno di Napoli.

Si tenga conto che dall’antica Roma i rapporti tra i Giudei ed il governo dovevano essere  regolati sulla scorta di condotte o capitolazioni: si trattava di patti temporanei in base ai quali si fissavano i diritti e gli ulteriori doveri[9]  degli Israeliti; allo spirare del termine gli Ebrei presentavano dei memoriali suddivisi in capitoli che riassumevano la sostanza ed il divenire delle relazioni; tali capitoli potevano essere rinnovati parzialmente od interamente ovvero modificati ed arbitrio del governo.

Per capire che cosa contenesse in concreto una condotta e come venisse considerata dai reggitori di un dato territorio, trascriviamo qui  il testo di un  prammatica relativa al regno di Napoli del 3 febbraio 1740[10] di Carlo I Borbone infante di Spagna[11]; il documento che in modo non usuale attesta le buone intenzioni del Sovrano nei rapporti con la Nazione ebraica, è importante per comprendere come dopo tanti secoli si continuasse a concedere ai Giudei stanziamenti temporanei.

15. Per le felici esperienze fatte da altri Cristiani e Cattolici Principi negli Stati loro, si è potuto da ognuno chiaramente discernere, che la Nazione Ebrea, la quale unicamente, e totalmente è intesa al Commercio, sia un istromento assai proprio per far apprendere a’ Popoli, malamente istrutti, le veraci arti, colle quali si dà moto alla Navigazione, e si estende da una Regione all’altra, quantunque rimota.

Per tal cagione, seguendo l’esempio, e le vestigia d’altri saggi e pii Principi, Cattolici, abbiamo determinato introdurre ed ammettere la Nazione Ebrea ne’ nostri Regni e Stati.

Quindi per ampliare il Commercio ne’ nostri Dominj, permettiamo agli Ebrei commoranti[12] così nel ponente, come nel Levante, o in qualsivoglia altro Paese, in virtù delle nostre lettere patenti, di potersi stabilire quando vorranno, o a fissare il domicilio, o a trafficare ne’ nostri Regni per anni cinquanta, accordando loro grazie, privilegj, franchigie, immunità, esenzioni, e prerogative, con poter esercitare la lor Legge, e dare a’ medesimi un Giudice delegato; proibendo però a tutti essi l’esercizio delle usure manifeste, e palliate[13], o in qualsivoglia modo coperte, e denominate.

Concediamo loro il godimento, riguardo al traffico, de’ stessi privilegj, franchigie, ed immunità che godono gli stessi cittadini, e son goduti dalle Nazioni straniere più favorite negli Stati nostri.

Che tutt’i lor arnesi, masserizie di casa, ed ogn’altra roba, che servirà per loro uso, e delle loro famiglie, sieno franche da ogni pagamento di gabella, di dogana e di passo.

Se mai alcuno Ebreo si mescolasse con Cristiano, o Cristiana, Turco, o Turca, Moro, o Mora, sino privativamente processati innanzi al loro Delegato, e da lui gastigati secondo la qualità del delitto.

Se alcuno Ebreo fosse a torto querelato, o accusato, sia tenuto il calunniatore a soddisfare ogni spesa, e danno, che l’innocente querelato avesse patito.

Se alcuni di essi fallisse, le mercanzie de’ loro corrispondenti non si debbano sequestrare per detta causa, purché si provi l’identità delle medesime.

Le doti delle loro mogli, se a lor non piace che ne’ nostri Regni godano que’ stessi privilegj, che son godute dalle doti delle donne Nazionali, debbono goderli siccome gli godono negli Stati da donde hanno trasferito il domicilio ne’ nostri Dominj.

Tutti coloro, i quali ottengono sequestro sopra le mercanzie degli Ebrei debbano nel termine di un mese giustificare la leggitima cagione del sequestro  col metter in chiaro il credito loro, altrimenti, trascorso detto tempo, rimangano ipso jure nulli.

Qualsivoglia sicurtà, o pleggeria[14], che dovessero essi dare, debba essere ricevuta dal Corpo de’ Massari[15] di qualunque Città, o luogo esistente ne’ Nostri Regni. Concediamo a’ suddetti facoltà di tener libri d’ogni sorta e stampati o a penna in qualunque lingua, purché siano riveduti da’ loro Delegati.

Vogliamo che i Medici, o Cerusici[16] Ebrei, possano medicare qualsiasi persona, con condizione, che debbano prestar giuramento a’ Delegati della Nazione; e nel caso che veggano un infermo Cristiano in pericolo di morte, debbano avvertirlo, acciò provegga a’ bisogni della coscienza.

Permettiamo ch’essi possano dottorarsi nelle facultà mediche, ma che la funzione si faccia a porte chiuse, e senza pompa, e fare quel giuramento, chiamato comunemente d’Ippocrate.

In oltre sia ad essi permesso aprire le loro Scuole, a guisa d’Orti, o di Giardini circondati da muri, e senz’alcuna esteriore magnifica pompa.

Che possano testare e lasciare i loro beni a chi ad essi piacerà, e morendo senza fare testamento, e senza leggitimo erede, vogliamo che le loro facoltà appartengano alla scuola[17], e che i Massari abbiano autorità di disporne secondo le leggi, e costumi.

I contratti che faranno ne’ nostri Stati non s’intendano conclusi, se prima non saranno sottoscritti in un foglio del Compratore, e Venditore, ed autenticati da un Notaio, o da Testimonj; salvi però i contratti ordinarj, e minuti, che si faranno nelle Fiere, ne’ Fondachi, nelle Piazze, e nelle Case, i quali senza tali formalità avranno vigore.

A libri mercantili degli Ebrei, segnati, e tenuti secondo l’ordine, e l’uso degli altri Mercatanti, si dia quella piena fede, che si dà a’ libri di altri Mercatanti.

Che i giorni del Sabato, ed altri giorni festivi ebraici sieno in riguardo degli Ebrei feriati; a condizione però, che nel principio di ogni anno, debbano i Massai Ebrei formare il calendario in lingua italiana, che si dovrà affiggere nelle Dogane, e negli altri luoghi opportuni[18]. Che i Massari delle Scuole ebree abbiano autorità di decidere colla imposizione di pena, secondo il rito, e modo ebraico, in tutte le differenze, e liti civili, e criminali fra un Ebreo, e l’altro; ma che dette pene non oltrepassino oltra del termine dell’esilio, e relegazione. Niuno ardisca di togliere agli Ebrei alcuno della loro famiglia maschio, o femmina sotto titolo , che voglia farsi Cristiano, se non passano l’età di anni tredici; ma se alcuno Ebreo vorrà abbracciare la Sagrosanta Religione Cattolica; non potrà esigere la leggitima da’ loro genitori ancora vivi, nondimeno non potranno privarnelo. Concediamo agli Ebrei di tenere della servitù de’ loro Schiavi, purché non sieno Cristiani; e se alcun Turco, o Moro, o Schiavo di essi, si faccia Cristiano, debba porsi in libertà, quando a’ loro padroni sarà pagato il leggitimo prezzo. Proibiamo ai macellai di alterare i prezzi soliti fra’ Cristiani; e concediamo agli Ebrei, che possano aprire, e tenere un macello per uso proprio.

Si possano dagli Ebrei fare tutte le arti, ed esercitare mercanzie d’ogni sorta; non possano però andare in giro per la Città, gridando, per comprare le robe vecchie: ma sarà ad essi lecito comprarle e venderle nelle altrui case private, e nelle proprie, e botteghe, e non sieno obbligati a portare alcun segno differente dagli altri: che possano comprare beni stabili, eccettuati i Feudi, o altre specie di diritti autorevoli, e giurisdizionali su de’ Cristiani. Concediamo licenza agli Ebrei così trafficanti, come domicilianti, di portare tutte le armi lecite, colla dovuta licenza di coloro, a quali spetta.

In occasione de’ litigi pagheranno que’ diritti, conforme si pagano dagli altri nostri Sudditi.

Comandiamo a’ Capitani, e Soldati di campagna, che debbano eseguire così gli ordini de’ Delegati degli Ebrei, come de’ Massari, quando si tratta di affari da Ebreo ad Ebreo.

Che possano comprare ove terranno il loro domicilio, uno, o più Campi di terra per seppellire i loro morti, chiusi però da muri.

Soddisfacendo a tutte le Dogane, e Dazj, le loro mercanzie, e le loro persone, sieno franche, sicure.

Non siano tenuti, o  aggravati da veruno alloggiamento di Soldati.

Niuno ardisca di dare agli Ebrei alcun fastidio, o molestia sotto pena rigorose.

Nelle loro occorrenze possano dotarsi di Balie Cristiane per nutrire i loro figlioli, purché queste non abitino nelle case degli Ebrei, e nel caso di necessità si ottenga la licenza degli Ordinarj dei luoghi.

Possano gli Ebrei tenere servitori Cristiani, con condizione che se sono maschi, debbono avere l’età d’anni 25 in su[19], e le femmine  35 in sù, purché non abitino in casa di essi, senza licenza dell’Ordinario.

Concediamo agli Ebrei nelle Dogane l’uso dei magazzini senza pagare pigione alcuna; e non essendo sufficienti per tutte le loro mercanzie, possano prendere fuori altri in affitto, a proprie spese; ed in quelli sotto le chiavi de’ Doganieri godere i privilegj de’ Porti, e Scale franche, come se fossero rinchiuse nelle Dogane stesse.

Finalmente permettiamo che le loro famiglie debbano comporre il loro consiglio,  da esse eleggere il Corpo dei Massari.

A conferma di quanto fosse arbitrario il potere dei Governi diciamo che questa concessione fu revocata dopo solo sette anni il 30 luglio del 1747[20].

16. La dispreggievole condotta degli Ebrei è stata sempre l’origine della istabilità della lor fortuna, è il motivo della varietà delle leggi de’ Sovrani ora a favore, ora a danno di una Nazione, che troppo pertinace sulle sue superstizioni non può lungamente vivere senza pregiudizio della istessa umana Società. Gli esempi domestici delle storie di questi Dominj ci mettono in vista ora i reclami di questi Sudditi per l’espulsione degli Ebrei, ora le loro suppliche per la permanenza de’ medesimi.

Un prudente consiglio richiedendo adunque di proporzionare le provvidenze alle vicende, e alle circostanze delle cose, e de’ tempi, perciò sotto il 18 del passato Settembre, in considerazione de’ notorj inconvenienti della perniciosa dimora degli Ebrei al commercio, al buon ordine, alla nostra SS Religione, alla quieta, e all’edificazione dei Cittadini, rivocammo, ed annullammo tutte le grazie, per privilegj, le immunità, le franchigie, ed ogni altra esenzione, accordati alla Nazione Ebrea, e contenuti nel precedente nostro Real Editto de’ 3 Febbraio 1740; ordinando a tutti e singoli Ebrei di qualunque sesso, età, e condizione, di dovere fra lo spazio di nove mesi uscire da’ nostri regni; ed a tutt’i  nostri Sudditi di non insultargli, offendergli, o inferir loro ingiuria, o molestia sotto rigorose pene. Ed essendo già decorso l’accennato tempo da Noi prescritto, affinché resti in tutto puntualmente eseguito il nostro Real Ordinamento del 18 Settembre dell’anno prossimo passato, e sia ugualmente manifesto a tutti i nostri Sudditi, vogliamo, e comandiamo, che esso sia esattamente adempiuto, e che si pubblichi nell’uno e nell’altro di questi nostri Regni”.

Aggiungo che l’accusa decisiva contro gli Ebrei fu il fatto che la regina, Maria Amalia non riusciva ad aver figli né sani né maschi; il 24 novembre 1745 nacque la quinta figlia femmina.

Ricordo per completezza che gli Ebrei erano stati già cacciati dal Regno di Napoli il 29 aprile del 1702 sotto il regno di Filippo V.

“13 Essendosi considerato da Noi, che non conviene trattenersi più tempo in questa Città e Regno alcuni negozianti Ebrei, che son venuti, benché con licenza, per alcuni negozj; a causa che tal sorta di gente ha proccurata sempre d’imbrattare questo regno per l’odio che ave della Religione della nostra Santa Sede; ci è paruto fare il presente bando, col quale ordiniamo a detti Ebrei, che sotto pena della confiscazione di tutt’i loro beni, ed averi, ed anche di carcerazione a nostro arbitrio riservata, debbano uscire dal Regno dentro il termine di giorni 15”.

Stessa sorte accadde loro il 13 marzo 1708 sotto il Regno di Carlo VI [21].

[1] Il papa Giulio II, che temeva che gli appetiti territoriali di Ferdinando lo portassero a conquistare parte degli stati pontifici, gli confermò il titolo di Re Cattolico, esteso anche alla moglie Isabella.

[2] Il 12 gennaio 1509 da parte de El Conde Lungartienente general.

[3] Considerat pr. I. t. 73 De expulsione Hebraeorum sive Judaeorum. Cfr. A. DE SARIIS, Codice delle legge del Regno di op. cit.., 1796, p. 6.

[4] Dimoranti.

[5] Et quia pr. 2. D.t.

[6] Con la bolla Cum nimis absurdum che è del 12 luglio 1555.

[7] Simile a quello delle meretrici che però era di colore bianco.

[8] Philippus pr. 3 d.t. Cfr. A. DE SARIIS, Codice delle legge del Regno di Napoli, op. cit., p. 7.

[9] Derivante dallo jus singolare che alla loro categoria non assegnava privilegi, ma svantaggi.

[10] A. DE SARIIS, Codice delle legge del Regno di Napoli, op. cit., p. 9 e ss.

[11] Non meno pr. 6. D. t.  Cfr. A. DE SARIIS, Codice delle legge del Regno di Napoli, op. cit., p. 9 e ss.

[12] Dimoranti.

[13] Mascherate.

[14] Garanzia.

[15] Amministratori.

[16] Chirurghi.

[17] Si tratta probabilmente della scuola del ghetto.

[18] Ancora oggi le Feste ebraiche si pubblicano sulla Gazzetta Ufficiale. Il calendario delle festivita’ ebraiche è pubblicato  anche  sul sito del Ministero dell’Interno. Le festività  ebraiche relative all’anno 2014 sono state le seguenti:

      Tutti i sabati

      Lunedì’ 14 aprile – Vigilia Pesach (Pasqua)

      Martedì’ 15 e Mercoledi’ 16 aprile – Pesach (Pasqua)

      Lunedì’ 21 e Martedi’ 22 aprile – Pesach (Pasqua)

      Mercoledi’ 4 e giovedi’ 5 giugno – Shavuoth (Pentecoste)

      Martedì’ 5 agosto – Digiugno del 9 di Av

      Giovedì’ 25 e Venerdi’ 26 settembre – Rosh Hashana’ (Capodanno)

      Venerdì 3 ottobre – Vig. Kippur (Vigilia di espiazione)

      Sabato 4 ottobre – Kippur (Digiuno di espiazione)

      Giovedì’ 9 e Venerdi’ 10 ottobre – Sukkot (Festa delle Capanne)

      Mercoledì’ 15 e Giovedi’  16  ottobre  –  Sukkot  (Festa  delle Capanne)

      Venerdi’ 17 ottobre – Simchat Tora’ (Festa della legge)

[19] All’epoca le aspettative di vita non superavano di molto questa soglia.

[20] Bisogna perà dire che Carlo D’Aragona fu deposto agli inizi di giugno del 1746,  in base a una decisione presa circa un anno prima: fu sostituito dal modestissimo Giovanni Fogliani d’Aragona, sostenuto dal partito della regina, e amico dell’arcivescovo di Napoli, Giuseppe Spinelli.

[21] Cfr. A. DE SARIIS, Codice delle legge del Regno di Napoli, op. cit., p. 7 e 8.

Psicoterapia della violenza tra figli e genitori – Tra segreto e vergogna

Psicoterapia della violenza tra figli e genitori – Tra segreto e vergogna

Dottor Roberto Pereira, psichiatra e psicoterapeuta

Convegno internazionale della Scuola Genovese Sistemica

27 settembre 2014

 

I nostri ragazzi amano il lusso, ridono dell’autorità, non si alzano in piedi davanti ad un anziano…”

SOCRATE

 

Una delle forma di violenza di cui si parla meno è quella filo parentale, ossia quella che esercitano i figli nei confronti dei genitori.

Il fenomeno violento assume il significato di una presa di distanza da un determinato modello.

In Spagna sino al 2005 il fenomeno era praticamente ignorato e si applicava semplicemente la legge sulla violenza domestica sia che ci si riferisse ad un adulto o ad un minore.

E quindi si provvedeva ad allontanare il minore violento dai genitori per un certo periodo che poteva andare da sei mesi ad un anno; il problema era che non c’erano centri per minori, ma solo per adulti violenti con le conseguenze che si possono immaginare.

E dunque gli psichiatri e psicoterapeuti hanno fondato dei centri per minori ove durante il periodo di allontanamento portano avanti delle mediazioni di tipo sistemico, ossia con tutte le famiglie.

Per violenza si intende qualsiasi azione od omissione intenzionale che, diretta ad una persona, tende a causarle un danno fisico, psicologico, sessuale, economico.

E dunque non c’è violenza ove non ci sia intenzionalità: spesso anche da noi si dimentica questo particolare.

La violenza non ha confine, si esplica nelle comunità, in politica, nel sociale, neri luoghi di lavoro ed a noi interessa soprattutto quella intrafamiliare.

La violenza può consistere in maltrattamenti fisici, psicologici che lasciano più segni, oppure semplicemente nella trascuratezza, in un abuso sessuale, economico o in forme di vandalismo.

La violenza fisica non è accettata in molti paesi europei; nel Regno Unito è invece ammessa quando non lascia segni fisici. In Spagna ed in Italia non è mai ammessa.

In Spagna accade spesso che un minore citi in giudizio i suoi genitori perché non gli danno la “paghetta” o per vedere ampliato l’orario di rientro. la novità è che prima il fenomeno rimaneva nel privato, oggi il giudice si pronuncia e può accogliere o rigettare le pretese. Accade altresì spesso che i genitori denuncino i loro figli magari dopo svariati maltrattamenti: dal 2000 al 2010 le denunce sono aumentate del 40%. Di norma si considera che sussista violenza laddove vi siano almeno sei manifestazioni di violenza fisica o psichica in un anno.

La connotazione violenta dipende molto dal contesto in cui il comportamento viene espletato: se ad esempio in una partita di rugby i giocatori se le danno di santa ragione il comportamento violento è irrilevante, se invece un’ora dopo la partita scoppia una rissa tra tifosi in un bar allora siamo in presenza di una violenza effettiva. Possiamo vedere poi famiglie in cui la punizione fisica non solo è consentita, ma costituisce una forma di educazione nel loro paese; da noi in Italia o in Spagna non è permesso e dunque queste famiglie non comprendono i nostri usi e si sentono disorientate.

La violenza può avere un basso grado di minaccia quando si traduce in un episodio singolo che porta ad una semplice dissonanza cognitiva, quando ci porta all’attacco o alla fuga, ma può avere un’alto grado di minaccia quando veniamo inondati, paralizzati dalla paura. A livello sociale diventa pericolosa quando è ripetuta, e porta ad un lavaggio del cervello, all’ottundimento e alla sottomissione.

Ci sono donne in Spagna che prendono cognizione di essere state aggredite soltanto quando qualcuno glielo fa notare e dunque sono in condizione di ottundimento permanente.

La violenza è vissuta in altre parole come un modo di convivenza e non come una aggressione.

Di fronte a questa situazione occorre far comprendere che: 1) la violenza va affrontata legalmente 2) va compresa tecnicamente, ossia bisogna far intendere il suo carattere circolare: nella interazione i ruoli di vittima e carnefice si alternano.

In mediazione gli argomenti che spesso sono trattati con figli violenti sono la paghetta e l’orario di rientro in casa.

Spesso si assiste ad una vera e propria tirannia dei figli che è senza legittimazione.

I figli non hanno diritto di esercitare poteri legittimamente in famiglia e allora ricorrono alla violenza che è l’unico modo per esercitare un potere illegittimo.

E’ stato condotto uno studio che è durato quattro anni su un campione di 2700 minori tra i 13 ed i 18 anni e si è scoperto che il 10,8% dei ragazzi fanno violenza psicologica sul padre ed il 12,1% sulla madre; la violenza fisica è esercitata dall’8,3% dei ragazzi sulla madre, e del 6,7% sul padre.

Le ragazze hanno maggiore propensione alla violenza psicologica, i ragazzi a quella fisica.

Quali sono le cause di tutto questo?

L’uso di stupefacenti per quanto diffuso in Spagna per il 58,6% dei giovani è solo una concausa.

Il motivi principali sono i seguenti.

Si è passati da un modulo educativo autoritario ad uno assai permissivo, sia a scuola sia a casa.

Si è prodotta inoltre una grande distanza tra casa e scuola: si è passati da un’alleanza dei genitori con gli insegnanti contro i figli ad una alleanza dei genitori con il figlio contro il professore.

In Spagna ultimamente ci sono stati due casi emblematici: un madre ha picchiato la maestra perché il bambino andava male a scuola ed in un altro caso il padre è venuto a scuola con l’avvocato per chiedere al professore perché limitava l’intervallo del figlio.

I genitori sono convinti che la scuola abbia funzione di educazione e la famiglia di allevamento. Ciò porta a grandi distorsioni dei ruoli.

Viviamo in un società che fa meno figli e dunque il figlio assume un valore superiore che appunto gli dà “il diritto” di essere violento.

La nostra società è più permissiva nei confronti della violenza dei figli rispetto a quella dei padri.

I genitori non hanno compreso che l’educazione è una fenomeno progressivo che non dà necessariamente effetti immediati; il non voler attendere porta a comportamenti violenti che sono ricambiati dai figli.

I genitori sono spesso amici dei figli; in Spagna c’è un detto: “Se sei amico di tuo figlio lo lasci orfano”.

Non bisogna poi dimenticare che all’origine della violenza filiale c’è una sorta di innamoramento del genitore maltrattato; è più facile che sia maltrattato il genitore innamorato rispetto a quello che non lo è.

Favorisce inoltra la violenza l’atteggiamento di alcuni genitori che vorrebbero che i figli facessero quello che desiderano.

La violenza scatta inoltre nei confronti di genitori iperprotettivi.

Il disaccordo o la debolezza dei genitori nella educazione dei figli è portatrice di violenza filiale.

Così lo è la violenza arbitraria del genitore che punisce in un caso e nell’altro no.

Ancora porta alla violenza l’eccessiva intransigenza o l’esagerato atteggiamento critico.

C’è poi un problema di gerarchia: si sviluppa violenza quando i genitori rinunciano al loro ruolo o rifiutano di stabilirne uno o ancora si rifiutano di imporre norme.

Ancora il conflitto intenso tra i genitori e le ripetute squalifiche tra i genitori generano inevitabilmente la triangolazione.

La relazione “passionale” con un figlio genera violenza.

Si è ancora rilevato che i genitori maltrattati di solito a) possiedono una solida formazione culturale (avvocati, medici, ingegneri ecc.) b) in virtù di questa formazione hanno deciso di dare al proprio figlio una educazione “democratica”.

Gli adolescenti maltrattanti in genere non hanno subito una separazione dei genitori.

Infine i genitori maltrattanti che hanno dei genitori che li maltrattavano e che hanno voluto dare ai loro figli una educazione non autoritaria, sono spesso vittime di violenza filiale.

Guida per i diritti umani degli utenti internet

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                                                                                                           San Isidoro di Siviglia, patrono di Internet

Quando i provider internet minacciano di mettere offline i loro clienti dovrebbero sapere  che il 14 aprile 2014 il Consiglio d’Europa ha adottato la Raccomandazione CM / Rec (2014) 6[1] cui è allegata una guida per i diritti umani degli utenti internet.

Da questa raccomandazione si ricava che:

– La disconnessione dalla rete può avvenire soltanto con un provvedimento del tribunale o comunque come extrema ratio.

– Il reddito basso o la dimora in luoghi disagiati non dovrebbe essere causa che impedisca l’accesso alla rete.

– Uno stato che non riconosca formalmente un sito web non può impedire agli utenti di riunirsi tramite i suoi servizi.

– Un sito web può essere usato anche per formare sindacati ed aderirvi.

– La protesta tramite internet è un diritto quando non si traduca in una interruzione del servizio o nel procurare danni.

– La rete deve consentire la piena esplicazione della libertà politica.

– La sorveglianza e l’intercettazione di un internauta può avvenire solo in casi eccezionali: ade es.  per ragioni penali.

– La corrispondenza e le comunicazioni del lavoratore non possono essere violate dal datore di lavoro che è obbligato a rendere noto qualora disponga di strumenti di monitoraggio e di sorveglianza.

– Si dovrebbe essere in grado di accedere liberamente a lavori finanziati con fondi pubblici  e di dominio pubblico su Internet, in quanto disponibili.

– Gli utenti hanno diritto all’istruzione digitale per comprendere i servizi che la rete mette a disposizione

– I bambini e giovani hanno il diritto di essere formati dai propri insegnanti, educatori e genitori o tutori circa l’uso sicuro di Internet, ed in particolare su come preservare la propria privacy

– Su richiesta dei bambini e giovani le informazioni inserite in rete dovrebbero essere rimosse o cancellata entro un termine ragionevolmente breve.

– Per i bambini ed i giovani dovrebbe essere concessa una protezione speciale dalle interferenze con il benessere fisico, mentale e morale, in particolare per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale e gli abusi su Internet e altre forme di criminalità informatica. In particolare si possiede un diritto all’istruzione per proteggersi da tali minacce.

– Per la lesione dei diritti e delle libertà fondamentali  le strade per la ricerca dei rimedi dovrebbero essere disponibili, note, accessibili, convenienti e in grado di fornire un adeguato risarcimento. E ciò a prescindere da un’azione legale

– Le autorità nazionali hanno l’obbligo di proteggere l’utente da un’attività criminosa o da reati commessi o l’uso di Internet, in particolare quando si tratta di accesso illegale, interferenza, falsificazione o altra manipolazione fraudolenta della propria identità digitale, del computer e dei dati in esso contenuti. Le autorità di polizia competenti hanno l’obbligo di indagare e prendere i provvedimenti opportuni, comprese sanzioni, se si lamentano danni o interferenze con l’identità personale e la  proprietà online.

Ma vi sono anche altri principi di somma importanza che attengono alla navigazione sulla rete. Traduco interamente la guida qui di seguito:

Libertà di espressione e di informazione

1. L’accesso a Internet è un mezzo importante per esercitare i diritti e le libertà e per partecipare alla democrazia. Non si dovrebbe quindi essere disconnesso da Internet contro la propria volontà, tranne quando viene deciso da un tribunale. In alcuni casi, gli accordi contrattuali possono anche portare alla interruzione del servizio, ma questo dovrebbe essere un provvedimento di ultima risorsa.

2. L’accesso deve essere accessibile e non discriminatorio. Si dovrebbe avere il più ampio accesso possibile ai contenuti Internet, applicazioni e servizi che utilizzano i dispositivi che si scelgono.

3. Ci si dovrebbe attendere che le autorità pubbliche compiano sforzi ragionevoli per adottare misure specifiche per agevolare l’accesso a Internet se si vive in zone rurali e geograficamente remote, si gode di un reddito basso e/o si hanno esigenze speciali o di disabilità.

4. Nelle interazioni con le autorità pubbliche, con i fornitori di servizi Internet e i fornitori di contenuti e servizi online, o con altri utenti o gruppi di utenti, è necessario non essere discriminato per alcun motivo, quali sesso, razza, colore, lingua, religione o credo, opinione politica o di altro genere, origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la proprietà, la nascita o altro status, tra cui l’etnia, l’età o l’orientamento sessuale.

Riunione, associazione e partecipazione

Si possiede il diritto di riunione pacifica e di associazione con altri tramite Internet. In pratica, questo significa:

1. Si ha la libertà di scegliere qualsiasi sito Web, applicazione o altro servizio per formare, unire, mobilitarsi e partecipare a gruppi sociali e assemblee anche se non sono formalmente riconosciuti dalle autorità pubbliche. Si dovrebbe anche essere in grado di utilizzare internet per esercitare il diritto di formare sindacati e di aderirvi;

2. Si possiede il diritto di protestare pacificamente online. Tuttavia, si deve essere consapevoli che, qualora la protesta on-line porti a blocchi, interruzione di servizi e/o danni alla proprietà altrui, si possono affrontare conseguenze legali;

3. Sussiste la libertà di usare strumenti online a disposizione per partecipare a dibattiti politici pubblici locali, nazionali e globali, iniziative legislative e di controllo pubblico dei processi decisionali, compreso il diritto di firmare petizioni e di partecipare al processo decisionale relativo al modo in cui il Internet è governato.

Privacy e protezione dei dati

Si possiede il diritto alla vita privata e familiare su Internet, che comprende la tutela dei dati personali e il rispetto della riservatezza della corrispondenza e delle comunicazioni. Questo significa che:

1. Si deve essere consapevoli che, nell’uso di Internet i propri dati personali sono regolarmente processati. Questo accade quando si utilizzano servizi come browser, e-mail, messaggi istantanei, voice-over protocolli Internet, social network e motori di ricerca e servizi di cloud storage dei dati;

2 Gli enti pubblici e le aziende private hanno l’obbligo di rispettare le norme e le procedure specifiche quando si trattano i dati personali;

3. I propri dati personali devono essere trattati solo se previsto dalla legge o quando si acconsente a ciò. Si dovrebbe essere informato circa i dati personali trattati e/o trasferiti a terzi, quando, da chi e per quale scopo. In generale, si dovrebbe essere in grado di esercitare il controllo sui propri dati personali (verificarne l’esattezza, richiedere una correzione, una cancellazione o che i dati personali siano conservati per non più del necessario);

4. Non si deve essere sottoposti a misure generali di sorveglianza e di intercettazione. In circostanze eccezionali, che sono prescritti per legge, la privacy per quanto riguarda i propri dati personali potrà essere lesa, come per un’indagine penale. Accessibilità, informazioni chiare e precise sulla legge pertinente o sulla politica e sui propri diritti in proposito deve essere resa disponibile nei confronti degli utenti;

5. La privacy deve essere rispettata anche nei luoghi di lavoro. Ciò include la riservatezza della corrispondenza on-line privata e delle comunicazioni. Il datore di lavoro deve informare di qualsiasi tipo di sorveglianza e/o monitoraggio effettuato;

6. Si può essere assistiti dalle autorità di protezione dei dati, che esistono in una vasta maggioranza dei paesi europei, al fine di garantire che le leggi ed i principi di protezione dei dati siano rispettati.

Istruzione e alfabetizzazione

Sussiste il diritto all’istruzione, compreso l’accesso alla conoscenza. Questo significa che:

1. Si dovrebbe avere accesso online all’istruzione e culturale, scientifica, accademica e altri contenuti nelle lingue ufficiali. Condizioni potrebbero applicarsi a tale accesso, al fine di remunerare i detentori dei diritti per il loro lavoro. Si dovrebbe anche essere in grado di accedere liberamente a lavori finanziati con fondi pubblici  e di dominio pubblico su Internet, in quanto disponibili;

2. Nell’ambito di Internet e dell’alfabetizzazione mediatica si dovrebbe avere accesso all’istruzione digitale e conoscere in conseguenza come esercitare i diritti e le libertà su Internet. Ciò include le competenze per comprendere, utilizzare e lavorare con una vasta gamma di strumenti Internet. Ciò dovrebbe consentire di analizzare criticamente la precisione e l’affidabilità di contenuti, delle applicazioni e dei servizi a cui si accede o desidera accedere.

Bambini e giovani

Un bambino o giovane, devono avere tutti i diritti e le libertà descritte in questa guida. In particolare, a causa dell’età, ha diritto a una protezione speciale e ad una guida durante l’utilizzo di Internet. Questo significa che:

1. Si ha il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni e di partecipare alla vita sociale, di essere ascoltati e di contribuire al processo decisionale su questioni che riguardano i bambini. Alle opinioni deve essere dato il giusto peso in conformità con l’età e la maturità e senza discriminazioni;

2. Ci si può attendere di ricevere informazioni in una lingua appropriata per la propria età ed una formazione dai propri insegnanti, educatori e genitori o tutori circa l’uso sicuro di Internet, ed in particolare come preservare la propria privacy;

3. Si deve essere consapevoli che i contenuti che si creano su Internet o i contenuti creati da altri utenti Internet potrebbero essere accessibile in tutto il mondo e potrebbe compromettere la dignità, la sicurezza e la riservatezza o essere altrimenti dannosi per i bambini o per i loro diritti o per la fase successiva nella loro vita in società. Su richiesta i dai dovrebbero essere rimossi o cancellati entro un termine ragionevolmente breve;

4. Ci si può aspettare informazioni chiare sul contenuto e il comportamento che è illegale (per esempio le molestie on-line), così come la possibilità di segnalare presunti contenuti illegali online. Queste informazioni dovrebbero essere adattata alla età e circostanze e si dovrebbe essere forniti di consulenza e sostegno con il dovuto rispetto per la riservatezza e l’anonimato;

5. Dovrebbe essere concessa una protezione speciale dalle interferenze con il benessere fisico, mentale e morale, in particolare per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale e gli abusi su internet e altre forme di criminalità informatica. In particolare si possiede un diritto all’istruzione per proteggersi da tali minacce.

Rimedi

Avete il diritto ad un ricorso effettivo quando i diritti umani e le libertà fondamentali sono limitati o violati. Per ottenere un rimedio, non si deve necessariamente intraprendere subito un’azione legale. Le strade per la ricerca di rimedi dovrebbero essere disponibili, note, accessibili, convenienti e in grado di fornire un adeguato risarcimento. Rimedi efficaci possono essere ottenuti direttamente dai fornitori di servizi Internet, le autorità pubbliche e/o istituzioni nazionali per i diritti umani. Rimedi efficaci possono – a seconda della violazione in questione – includere un’inchiesta, una spiegazione, una risposta, una correzione, le scuse, la reintegrazione, la riconnessione e la compensazione. In pratica, questo significa:

1.1. il provider di servizi Internet, i fornitori di accesso a contenuti e servizi online, od altra società e/o l’autorità pubblica dovrebbe informarvi sui vostri diritti, le libertà e i possibili rimedi e come ottenerli. Ciò include informazioni facilmente accessibili su come segnalare e lamentare interferenze circa i propri diritti e su come chiedere un risarcimento;

1.2. ulteriori informazioni e orientamenti dovrebbero essere messi a disposizione dalle autorità pubbliche, dalle istituzioni nazionali per i diritti umani (come i difensori civici), dalle autorità di protezione dei dati, dagli uffici di consulenza ai cittadini, dei diritti umani o dalle associazioni per i diritti digitali o dalle organizzazioni dei consumatori;

1.3. Le autorità nazionali hanno l’obbligo di proteggere l’utente da un’attività criminosa o da reati commessi o l’uso di Internet, in particolare quando si tratta di accesso illegale, interferenza, falsificazione o altra manipolazione fraudolenta della propria identità digitale, del computer e dei dati in esso contenuti. Le autorità di polizia competenti hanno l’obbligo di indagare e prendere i provvedimenti opportuni, comprese sanzioni, se si lamentano danni o interferenze con l’identità personale e la  proprietà online.

2 Nella determinazione dei propri diritti e doveri o di ogni accusa penale contro di voi per quanto riguarda Internet.:

2.1. avete il diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale;

2.2. avete il diritto ad un ricorso individuale alla Corte europea dei diritti dell’uomo dopo aver esaurito tutti i ricorsi interni disponibili.

Questa guida fa parte di una raccomandazione adottata dal Comitato dei Ministri del 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Informazioni più dettagliate spiegando la guida può essere trovata nella motivazione della raccomandazione.

[1] https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=2184807&Site=CM&BackColorInternet=C3C3C3&BackColorIntranet=EDB021&BackColorLogged=F5D383

Sugli scaffali della mia libreria

P1110216

Ci sono molte pietre preziose. La polvere non deve prevalere nemmeno per un secondo e dunque ho deciso di sfogliarli insieme a voi…

Di labile materia fui costruito, di misterioso tempo.
E’ in me forse la fonte.
Forse dalla mia ombra
nascono i giorni, fatali ed illusori

J. L. BORGES, Elogio dell’ombra

Dunque il poeta scrive, popola la sua fantasia, arreda di parole le stanze vuote della sua attesa. Lei è assente, e non potrebbe essere in altra maniera. Oltretutto se lei fosse vicina il poeta non scriverebbe – per cui in un certo senso lei deve essere lontana. La letteratura, ovverosia la vocazione all’amore letterario, lo esige.

M. BETTINI, Il ritratto dell’amante, Einaudi, 1992 p. 8

Amore, amore, assai lungi volasti
Dal petto mio, che fu sì caldo un giorno,
Anzi rovente.

G. LEOPARDI

Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,
che fa tremare di chiaritate l’are
e mena seco Amor, sì che parlare
null’omo pote, ma ciascun sospira?

G. GUINIZZELLI

Ma quale non fu la mia sorpresa quando, sul finir del giorno, vuotai per terra la mia bisaccia e trovai nello scarso mucchietto un granellino d’oro! Piansi amaramente di non aver avuto cuore di darti tutto quello che possedevo.

TAGORE

Il tempo, si sa, è irreversibile. Eppure, come la fatale discesa dei fiumi consente qua e là dei rigurgiti, dei gorghi, delle controonde che potrebbero quasi far supporre eccezioni alla legge di gravità, così, nella smisurata trama del tempo, di quando in quando si determinano piccole crepe, intoppi, smagliature, che per brevi istanti ci lasciano sospesi in una dimensione arcana, agli estremi confini dell’esistenza.

D. BUZZATI

L’uomo superiore non premia in base alle parole, ma non respinge un argomento a causa di chi lo sostiene.
CONFUCIO

Sembra che la sensibilità si comporti come un fluido la cui quantità complessiva risulta prestabilita e che, ogni qualvolta si riversa in maggior abbondanza in uno dei suoi canali, diminuisce proporzionalmente negli altri.

STENDHAL, Via di Mozart

Infatti, un uomo posseduto dall’Amore non ha affatto bisogno di Ares per combattere i nemici, ma avendo con lui il suo dio è pronto a superare il fuoco, il mare e i soffi del vento in difesa dell’amato, là dove lui lo chiami.

PLUTARCO

Scusate. E’ una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.

G. CAPRONI

Mi piaci. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.

G. GOZZANO

Che cosa comunico, se non comunico più,
se, tutto sommato non ho mai comunicato
altro che il piacere di essere ciò che sono?

P. PASOLINI

La morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi

P. PASOLINI

Dichiarazione d’amore

Mai sono stato così folle da far impazzire la
mia penna… sarà merito delle tue labbra e
dei tuoi denti taglienti… oppure di quegli
occhi e di quello sguardo infuocato.
No la verità è un’altra: perché ti amo.
Non te lo dico.
Lo vuoi sapere? Scoprilo da te.

UNIONE PAZZI ITALIANI, Mermaid editore, p. 43

Valgo poco se mi valuto, molto se mi confronto.

UNIONE PAZZI ITALIANI, Mermaid editore, p. 4

La nostra pazzia è intesa come graduale processo di purificazione dai pregiudizi, dagli egoismi, dai pettegolezzi, dalle gelosie meschine, dalle invidie; è intesa come liberazione dai complessi psichici che appesantiscono la nostra mente; è intesa come alambicco che distilla i nostri pensieri e le nostre passioni permettendoci di arrivare alla verità di tutte le cose, all’ultima ratio della nostra esistenza. La Pazzia è una meta da raggiungere, è l’elevazione dello spirito verso una verità superiore.

UNIONE PAZZI ITALIANI, Mermaid editore, p. 27

I tuoi occhi, che nulla rivelano di dolce o d’amaro, sono due gioielli in cui l’oro si unisce al ferro.

BAUDELAIRE

Ciò che non si sa, bell’amico caro, lo può imparare colui che vuole sforzarsi. Ogni mestiere richiede sforzo, coraggio, perseveranza. Quando queste virtù sono riunite non c’è più nulla di cui non si possa diventare maestri.

CHRETIEN DE TROYES (1160-1190 d.C.)

La morte non è male: perché libera l’uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desiderii. La vecchiezza è male sommo: perché priva l’uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza.

LEOPARDI, Pensieri, IV

Voi avete, quanto alla conscienzia, a pigliare questa generalità, che dove è un bene certo ed un male incerto, non si debbe mai lasciare quel bene per paura di quel male.

MACHIAVELLI, Mandragola

E’ mia salda convinzione che nessun uomo perda la sua libertà se non attraverso al sua stessa debolezza.

GANDHI

Napoli, Palermo, Sicilia, Siracusa.
Nuovi tiranni, folgori fuoco celeste:
forza di Londra, Gand, Bruxelles e Susa
grande sterminio, trionfo, far feste.

NOSTRADAMUS, 16a quartina

Non vedo altro che favoritismi.

E. BIAGI, La Stampa 5 giugno 1998

Non c’è dunque nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono, perché esse ci portano non dove dobbiamo arrivare, ma dove vanno tutti. Questa è la prima cosa da evitare.

SENECA

La vittoria alimenta inimicizia, perché chi è vinto giace dolente. Chi ha abbandonato vittoria e sconfitta, costui ristà tranquillo e felice.

BUDDHA

Gli elementi della realtà hanno la mente come principio, hanno la mente come elemento essenziale e sono costituiti di mente. Chi parli o comunque operi con mente serena, lui segue la felicità come l’ombra che non si diparte.

BUDDHA

Quelli che abitualmente finiamo per considerare amici e amicizie in effetti sono soltanto conoscenze e buoni rapporti annodati da qualche circostanza e beneficio: sono questi che hanno collegato anime diverse. Nella vera amicizia, quella che intendo io, le anime si mescolano, si intrecciano, si confondono l’una con l’altra in un legame così stretto da annullare e far dimenticare la connessione che le ha unite. Se qualcuno volesse farmi dire perché volevo bene ad un amico sento che potrei rispondere:”Perché era lui, perché ero io”.

MONTAIGNE

Nessuno sta male per molto tempo se non per colpa sua.

MONTAIGNE

Il canto del mare termina sulla riva o nei cuori di chi lo ascolta?

K. GIBRAN

Ascolta la donna quando ti guarda, non quando ti parla.

K. GIBRAN

Quando ho piantato il mio dolore nel campo della pazienza, esso mi ha dato il frutto della felicità.

K. GIBRAN

I sudditi sono quelli che più bramano avere informazioni sui re.

K. GIBRAN

Per capire il cuore e la mente di una persona non guardare ciò che ha raggiunto, ma ciò a cui aspira.

K. GIBRAN

Amleto
Io sono pazzo solo a nord-nord-ovest. Quando il vento spira da sud, so distinguere un airone da un falco.

W. SHAKESPEARE

Nasciamo una sola volta, due non è concesso; tu, che non sei padrone del tuo domani, rinvii l’occasione di oggi; così la vita se ne va nell’attesa, e ciascuno di noi giunge alla morte senza pace.

EPICURO

Messo di fronte alla necessità della vita, il saggio sa dare piuttosto che ricevere; bastare a se stesso è il suo tesoro.

EPICURO

Che tipo di ragazza desidero per me, mi domandate?
Ma io
l’ho già come la desidero, cioè, mi pare, con poco ho molto.
Andavo in riva al mare, a caccia di conchiglie, e in una trovai
una piccola perla: da allora è custodita qui, sul mio cuore.

J. W. GOETHE

Delli asini
Le molte fatiche saran remunerate di fame, di sete, di disagio e di mazzate e di punture.

L. DA VINCI

Vi è una differenza tra erotica spirituale e terrestre. Finora ho cercato di sviluppare in Cordelia la spirituale. Ma a cominciare da adesso i miei rapporti con Cordelia dovranno mutarsi: la mia presenza non dovrà più servirle da accompagnamento, ma indurla in tentazione.

S. KIERKEGAARD

Accontentarsi degli uomini, tener aperta la casa del proprio cuore è liberale, ma è soltanto liberale. I cuori capaci di una nobile ospitalità li si riconosce dalle molte finestre con le tende abbassate e le imposte chiuse: essi tengono vuote le loro stanze migliori. Perché? – Perché aspettano ospiti dei quali non ci si “accontenti”…

F. W. NIETZSCHE

Se nella gerarchia delle menzogne la vita occupa il primo posto, subito dopo viene l’amore, menzogna nella menzogna. Espressione della nostra posizione ibrida, l’amore ci circonda di un apparato di beatitudini e di tormenti grazie ai quali troviamo un altro sostituto di noi stessi. In virtù di quale frode due occhi riescono a distrarci dalla nostra solitudine? C’è fallimento più umiliante per lo spirito? L’amore assopisce la conoscenza; la conoscenza ridestata uccide l’amore. L’irrealtà non può trionfare indefinitamente, nemmeno sotto le spoglie della più esaltante menzogna. E chi, del resto, potrebbe avere un’illusione così salda da trovare nell’altro ciò che inutilmente ha cercato in sé? Un calore dei visceri ci offrirebbe dunque ciò che l’intero universo non ha saputo offrirci? Eppure è proprio questo il fondamento dell’anomalia corrente, e soprannaturale dell’amore: risolvere in due – o piuttosto sospendere – tutti gli enigmi; grazie ad un’impostura, dimenticare la finzione in cui è calata la vita; colmare, tubando insieme, la vacuità generale; e infine – parodia dell’estasi – annegare nel sudore di una complice qualsiasi.

E.M. CIORAN, 1949

Ho abbandonato il mondo ed ho cercato la solitudine perché mi sono stancato di rendere omaggio alle moltitudini che credono che l’umiltà sia una sorta di debolezza, e la compassione una specie di viltà, e lo snobismo una specie di forza.

K. GIBRAN

Oh, mia anima senza compagnia,
nella tua fame tu divori te stessa,
e con le tue proprie lacrime vorresti placare la tua sete

K. GIBRAN

Siamo veramente lontani, vale a dire che è lei è molto più avanti di me. Lei già comincia a costruire, mentre io sto ancora demolendo e creando dello spazio. Sinora non ho imparato se non a diffidare e ad analizzare, e ancora non so se potrò fare altro.

H. HESSE

Non sono niente
Non sarò mai niente
Non posso volere d’essere niente
A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo.

F. PESSOA

Non sono nulla, non posso nulla, non perseguo nulla.
Illuso, porto il mio essere con me.
Non so di comprendere, né so
se devo essere, niente essendo, ciò che sarò.
A parte ciò, che è niente, un vacuo vento
del sud, sotto il vasto e azzurro cielo
mi desta, rabbrividendo nel verde.
Aver ragione, vincere, possedere l’amore
marcisce sul morto tronco dell’illusione.
Sognare è niente e non sapere è vano.
Dormi nell’ombra, incerto cuore.

F. PESSOA

Se scalare le altezze del monte Everest, sacrificando per raggiungerle vite preziose in cambio di qualche esile osservazione, è stata una cosa buona, se è stata una gloria immolare tante vite per piantare una bandiera nei più remoti angoli della terra, quanto più glorioso non sarà dedicare non una sola vita, non un milione di vite, ma un miliardo di vite alla ricerca della possente ed imperitura verità? Non lasciatevi smuovere, dunque, non lasciatevi trascinare lontano dalla semplicità dei vostri antenati. Verrà un tempo in cui quelli che si sono gettati nella folle corsa odierna alla moltiplicazione dei bisogni, vanamente convinti, in tal modo, di accrescere la ricchezza e la conoscenza reale del mondo, ritorneranno sui propri passi e diranno:”Che abbiamo fatto?”.

GANDHI

Commisuratamente allo svolgersi della borghesia, ossia del capitale, di pari passo si svolge il proletariato, ossia la classe degli operai moderni, i quali intanto vivono in quanto trovan lavoro, e intanto trovan lavoro in quanto il lavoro loro accresce il capitale

MARX-ENGELS, Manifesto del partito comunista.

Mediatori

Sorgeranno negli Stati,
riferiranno su Natura, leggi, fisiologia, felicità,
illustreranno la Democrazia e il cosmo,
saranno nutritivi, amatori e ricettivi,
saranno donne e uomini completi, agili e muscolosi nelle
pose loro, la lor bevanda acqua, il loro sangue limpido e mondo,
si alleneranno per uscire in pubblico, per diventare oratori, oratrici,
lingue robusti e dolci, poemi e materiali di poemi verrà
derivato dalle lor vite, saranno creatori ed inventori

W. WHITMAN (1819-1892)

Io nulla so, non so se Chi mi ha creato
M’ha fatto per il Cielo o mi ha destinato all’Inferno.
Ma una coppa e una bella fanciulla e un liuto sul lembo del prato
Per me son monete sonanti: a te la Cambiale del Cielo!

O. KHAYYAM (V secolo d. C.)

Grazie alle donne
belle e infedeli
per tutto ciò che è durato un istante,
per quell’addio!
che non è un arrivederci!
perché, fiere come regine nella loro menzogna,
ci regalano delle dolci sofferenze
e i magnifici frutti della solitudine.

E. A. EVTUSENKO, 1959

Volevi l’amore:
quello vero,
non falso,
e, anche se ora
vuoi mentire nell’anima tua,
lo volevi felice
ma se questo fosse troppo complicato,
venisse pure un amore infelice,
ma che fosse
amore…

E. A. EVTUSENKO

I muri

Senza riguardo senza pietà senza pudore
mi drizzarono contro grossi muri.

Adesso sono qua che mi dispero
Non penso ad altro: una sorte tormentosa;

con tante cose da sbrigare fuori!
Mi alzavano muri, e non vi feci caso.

Mai un rumore una voce, però, di muratori
Murato fuori del mondo e non vi feci caso

C. KAVAFIS, 1963

Niente ci informa meglio su noi stessi che vedere di nuovo davanti a noi cose uscite da noi anni prima, per cui abbiamo la possibilità di osservarci come si osserva un oggetto.

W. GOETHE

La chiarezza richiede conoscenza, la conoscenza aumenta la tolleranza, la tolleranza è l’unica mediatrice di una pace per tutte le forze e in tutte le situazioni

W. GOETHE

Un fatto della nostra vita ha valore non perché è vero, ma perché ha significato qualcosa.

W. GOETHE

E così noi, che siam di voi più sagge,
per non contendere vi portamo in spalla,
com’anco chi ha buon piè porta chi cagge.

VERONICA FRANCO (1546-1591)

Se io discuto con te e tu hai la meglio su di me invece che io su di te, hai forse necessariamente ragione e io necessariamente torto? E se io ho la meglio su di te, ho io necessariamente ragione e tu necessariamente torto? Ha uno ragione e l’altro torto, oppure abbiamo ragione entrami o entrambi torto? Né io né te possiamo saperlo, e un terzo sarebbe nella stessa oscurità. Chi può decidere senza errore? Se interroghiamo qualcuno che che è del tuo parere, come potrà decidere, se è del tuo parere? Se è d’accordo con me, come potrà decidere, se è d’accordo con me? Lo stesso accadrà se si tratta di qualcuno che è insieme d’accordo con me e con te, o se è di un parere differente da entrambi. Allora né io, né te, né un terzo possiamo decidere. Dovremmo attendere un quarto?

ZHUANG-ZI, IV secolo a.C.

Un compagno del brigante Zhi chiese a quest’ultimo: “Anche il brigante ha la sua via?”.
“La via non esiste forse dovunque?” rispose il brigante Zhi. “Indovinare il luogo ove si trova un grosso bottino, ecco la santità; giungervi per primo, ecco il coraggio; ritirarsi per ultimo, ecco la giustizia; giudicare se il tentativo è possibile o no, ecco la prudenza; dividere il bottino in modo equo, ecco la bontà. Sono degni di essere briganti solo coloro che posseggono le cinque qualità”.

ZHUANG-ZI

Chi dunque escogitò il tormento? Amore.
Amore è il Nome non familiare
Di Chi con le sue mani tessé
L’intollerabile camicia di fuoco
Che forza umana non può levare.
E noi viviamo, noi respiriamo
Soltanto se bruciamo e bruciamo.

T. S. ELIOT

Non ti dirò mai, amor mio,
perché il fiume scorre lento.
Ma porrò sulla mia voce fioca
il cielo grigio del tuo sguardo.

F. G. LORCA

È incredibile ch’io ti cerchi in questo
o in altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un’età, la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.

M. LUZI, 1952

Stai in linea. Stai al passo. La gente
ha paura di quelli che non stanno
al passo con loro. Li fa
sembrare sciocchi a se stessi per il fatto
che loro stanno al passo. Potrebbe persino
balenargli l’idea che sono loro
a sbagliare il passo. Non correre
e non varcare i confini fissati. Se vai
troppo in là in qualsiasi direzione, ti
perderanno di vista, si sentiranno minacciati.

BOB DYLAN (1964)

Ho proprio creduto di prendere tutta la tua bellezza e non ho
avuto che il il tuo corpo
Il corpo ahimè non ha l’eternità
il corpo ha la funzione di godere ma non ha l’amore
E invano adesso tento di stringere il tuo spirito
Fugge mi sfugge da tutte le parti come un groviglio di serpi che
si liberi
E le tue belle braccia sull’orizzonte lontano sono serpenti
color dell’aurora che si avviluppano in segno d’addio

APOLLINAIRE

Menippo
…Dimmi dunque in nome degli dei, quale delle due vite hai trovato di maggior piacere nella tua esperienza, quando sei stato uomo? O era meglio la vita da donna?

Tiresia
Molto meglio quella da donna. Menippo, meno rogne. Le donne comandano gli uomini e non sono costrette a combattere, a stare sugli spalti, a litigare in assemblea, a fare i giudici nei tribunali.

LUCIANO DI SAMOSATA, Dialoghi, 160 d.C.

Benché solo pochi siano in grado di dar vita ad una politica, siamo però tutti capaci di giudicarla.

PERICLE (secondo Tucidide)

La parola democrazia che significa governo del popolo è purtroppo un pericolo. Ogni membro del popolo sa di non comandare e avverte perciò che la democrazia è un inganno. Qui sta il pericolo.

K. POPPER, 1994

Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta sì: con bastoni e pietre.

ALBERT EINSTEIN

Da ragazzo ho scoperto che l’alluce finisce sempre per fare un buco nei calzini. Quindi ho smesso di mettere i calzini.

ALBERT EINSTEIN

La saggezza non è un prodotto dell’istruzione ma del tentativo di acquisirla che dura tutta la vita.

ALBERT EINSTEIN, 22 marzo 1954

Sono anche convinto che si tragga la gioia più pura dalle cose spirituali soltanto quando non hanno a che fare col doversi guadagnare da vivere.

ALBERT EINSTEIN, 19 marzo 1954

Se vuoi una vita felice, devi dedicarla ad un obiettivo, non a delle persone o a delle cose.

ALBERT EINSTEIN

È singolare la situazione sulla terra. Ognuno di noi è qui per una breve visita: non sa il perché, ma a volte gli sembra di scorgere uno scopo.

ALBERT EINSTEIN, 1932

Il miglioramento delle condizioni in tutto il mondo non dipende in maniera essenziale dalla ricerca scientifica ma dalla realizzazione delle tradizioni e degli ideali umani.

ALBERT EINSTEIN, 1952

Agire intelligentemente nei rapporti umani è possibile soltanto se si tenta di comprendere i pensieri, i motivi e i timori dell’avversario fino al punto di riuscire a vedere il mondo attraverso i suoi occhi.

ALBERT EINSTEIN, 7 ottobre 1948

Se Dio ha creato il mondo, non possiamo dire che si sia preoccupato molto di facilitarne la comprensione.

ALBERT EINSTEIN, 10 febbraio 1954

La scuola deve formare delle persone capaci di agire e di pensare autonomamente e, insieme, di vedere nel servizio alla comunità il massimo obiettivo della propria vita.
La scuola deve far sì che un giovane ne esca con una personalità armoniosa e non ridotto a uno specialista.
Altrimenti il giovane – con quella sua specializzazione – somiglierà più che altro ad un cane ben ammaestrato.

ALBERT EINSTEIN, 5 ottobre 1952

All’epoca di Platone, e anche più tardi, ai tempi di Jefferson, era ancora possibile conciliare la democrazia con un’aristocrazia intellettuale e morale, mentre oggi la democrazia si basa su un principio diverso, e cioè che l’altro non è migliore di me… Un atteggiamento che non incoraggia affatto l’imitazione.

ALBERT EINSTEIN, 22 novembre 1954

Ogni donna esclude per natura l’altra donna; giacché a ognuna di loro si richiede tutto quello che compete all’intero sesso femminile. Non accade così con gli uomini. L’uomo cerca l’altro uomo: se non ci fosse lo creerebbe, una donna potrebbe vivere in eterno senza pensare di trovarsi delle sue simili.

W. GOETHE, Le affinità elettive, 1808

La verità è che non ho mai ingannato nessuno. A volte ho lasciato che gli uomini si ingannassero da sé. A volte non si preoccupavano di capire chi e come fossi. Invece, si creavano un’immagine. Non mi prendevo la pena di discutere con loro. Era ovvio che volevano qualcuna che non ero io, e quando se ne accorgevano mi accusavano di averli delusi e ingannati.

MARILYN MONROE
Ho spesso pensato che se non si ha niente da amare, odiare qualcosa è un buon sostituto.

BERTHA PAPPENHEIM (l’Anna O di Freud), lettera 1912
Nella natura tutto è varietà, tutto è spontaneità, e la grande bellezza risulta da accordi impercettibili i quali si fanno sentire piuttosto che vedere.

M.A. IULIENN, 1824
V’amo pazzamente, non importa che voi non m’amiate: sia pure, basta che diventiate mio marito, Non temete, non vi sarò di alcun peso, sarò un vostro mobile, sarò quel tappeto su cui voi volete mettere i piedi… Voglio amarvi in eterno, voglio salvarvi da voi stesso.

F. DOSTOEVSKIJ
Se un messaggio viene compreso, se arriva veramente a destinazione, cambia la distribuzione dell’energia nel ricevente.

E. BERNE
“…gli esseri umani non possono disperdersi isolandosi all’infinito, ma devono da ultimo rassegnarsi a incontrarsi e coesistere”

IMMANUEL KANT
Quello che mi tratta con dolcezza è mio padrone; quello che mi opprime è mio nemico.

OU – OUANG, primo imperatore cinese della terza dinastia. 1122 A.C.
Allorché si pubblicano le leggi e si prescrivono gli ordini è necessario che gli uni e gli altri siano conformi alla ragione; altrimenti oltre al pericolo di disgustare gli spiriti, si corre anche quello di dovere arrossire.

FOU-YEU contadino cinese che divenne primo ministro perché era apparso in sogno all’imperatore CAO-TSONG. 1321 A.C.
Ricordati di rinnovare te stesso ogni giorno e più volte al giorno.

CHING TANG, primo imperatore della seconda dinastia (CHANG). 1760 a. C.

Non sono io padrone assoluto? Vi sarebbe chi osasse ribellarsi! Nulla temo e sono sicuro che sarò padrone sino a che il sole continuerà ad illuminare l’universo… Io sono così fermo sul mio trono come il Sole lo è nel Cielo; quando lo vedremo precipitare, confesso, che allora avrò qualche motivo di temere.

LI-KOUÉ, ultimo imperatore della prima dinastia, così disse e comandò ancora per dieci anni e poi morì. 1766 A. C.
La sola virtù può muovere il Cielo; non vi è luogo così lontano ove essa non giunga a penetrare. L’orgoglio fa che essa soffra, ma l’umiltà la fa prosperare.

PE-Y, 2223 a. C.

La felicità e le disgrazie dell’uomo dipendono sempre dalla virtù e dal vizio come appunto l’ombra dipende dal corpo e l’eco dalla voce.

Imperatore CHUN, 2253 a. C.
Sappiate che è cosa più pericolosa chiudere la bocca al popolo che arrestare le acque di un torrente; arrestarle è un obbligarle a spandersi ed a cagionare danni maggiori di quello che avrebbero fatto se si fossero lasciate scorrere naturalmente.
Allorché si voglia impedire che un torrente faccia danno conviene scavargli un gran letto capace di contenere le acque; nella stessa maniera quelli che hanno il carico della condotta del popolo devono lasciargli la libertà di parlare. Si può dire che un Imperatore sa governare allorché egli lascia ai poeti la libertà di far versi, alla plebe quella di rappresentare commedie, agli storici quella di dire la verità, ai Ministri quella di dare consigli, ai poveri di mormorare nel pagare i tributi, agli studenti di recitare ad alta voce le loro lezioni, agli artigiani di lodare le loro manifatture, e di impegnare la gente a tenergli occupati, al popolo di parlare di ciò che ode dire, ed ai vecchi la libertà di criticare tutto. Allora gli affari camminano sul loro piede senza alcun inconveniente. La lingua del del popolo è come le montagne e i fiumi da cui escono le ricchezze e le cose necessarie alla vita.

LI-OUANG, Imperatore della Cina, 860 a. C.
Un principe che voglia ben adempiere le obbligazioni del suo stato deve avere una estrema premura che il denaro circoli tra le mani dei suoi popoli; e continuamente temere che questi cadano nella miseria perché nella medesima non precipiti lui stesso come nell’ultima delle disgrazie.

LI-OUANG, Imperatore della Cina, 860 a. C.
I prìncipi e i grandi non sono collocati nei loro posti luminosi per godere d’una fortuna che fosse gravosa al popolo; non è ad essi permesso di goderne se non quando i loro popolo è contento.

Principe imperiale KANG-OUANG, 1053 a.C.

I falsi giudizi dipendono ordinariamente da cinque sorgenti le quali impediscono che si scopra la verità. La prima è la eccessiva autorità di quelli che occupano gli impieghi; questa autorità riempie di timore gli accusati che non osano disputare contro i loro giudici. La seconda che gli stessi accusati temono di dire la verità per paura di tirarsi addosso qualche vendetta anche peggiore del male presente. La terza che si presta troppo facilmente orecchio alle donne e si ascoltano più che la ragione e la stessa giustizia. La quarta è che ci si lascia corrompere dal denaro. La quinta è finale è che mancano i lumi per distinguere il vero dal falso e non lo si vuole confessare.

MOU-OUANG , imperatore della Cina, 952 a.C.
Era Fenea di parere che si dovesse valersi di Antioco piuttosto come conciliatore di pace, come mediatore nelle cose controverse coi Romani, che come condottiero di guerra. La di lui venuta e maestà avrebbero avuto maggiore forza che le sue armi, a generare nei Romani un non so quale rispetto. Gli uomini, piuttosto che guerreggiare, cedono volentieri tante cose, che non potrebbero indursi a cedere con la forza e con le armi.

TITO LIVIO, Capito XLV della Storia Romana.
Dalle tavole dei Pontefici risulta che Tarquinio regnò trent’anni e che il suo regno finì con un assassinio. All’epoca i re erano anche giudici e soprattutto conciliatori verso chiunque si fosse rivolto alla loro autorità. Così i suoi assassini finsero di voler fare una conciliazione e lo ferirono a morte.

Storia romana di M. B. G. NIEBUHR, Volume 2, Tipografia Tizzoni, 1833, p. 48.
“agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche al tempo stesso come scopo, e mai come semplice mezzo”.

IMMANUEL KANT, Fondazione metafisica dei costumi
Ora io dico: l’uomo, e ogni essere razionale in genere, “esiste” come scopo in se stesso, e “non solo come mezzo” perché sia usato da questa o quella volontà; in tutte le sue azioni, dirette, sia verso se stesso, sia verso altri esseri razionali, esso dev’essere sempre considerato, “al tempo stesso, anche come un fine”

IMMANUEL KANT, Fondazione metafisica dei costumi

Ancora: un quarto, a cui le cose vanno bene, ma che vede altri intorno a lui lottare contro grandi difficoltà (ed egli potrebbe facilmente aiutarli) pensa: che cosa me ne importa? Sia ognuno felice tanto quanto il cielo gli concede, o quanto riesce a rendersi tale da sé: io non gli porterò via nulla e non lo invidierò; ma non ho nessuna voglia di contribuire al suo benessere o ad assisterlo nelle sue necessità. Ora, senza dubbio, se questo modo di pensare divenisse una legge universale di natura, il genere umano potrebbe benissimo sussistere; e, senza dubbio, meglio che quando ciascuno chiacchiera di partecipazione e di benevolenza, e anche mostra zelo quando se ne presenta l’occasione, ma, per contro, non appena può, mente, si lascia corrompere o infrange in ogni modo i diritti altrui. Ma, sebbene sia possibile che sussista una legge universale di natura ispirata a quella massima, è tuttavia impossibile volere che un tal principio viga in ogni caso, come legge di natura. Infatti, una volontà che volesse questo contraddirebbe se stessa, potendosi ben presentare casi in cui essa ha bisogno dell’amore e della partecipazione altrui, e in cui una legge siffatta, uscita dalla sua stessa volontà, impedirebbe a lei stessa di sperare nell’aiuto desiderato.

IMMANUEL KANT, Fondazione metafisica dei costumi
Sfortunatamente, il concetto della felicità è un concetto così indeterminato che, sebbene ogni uomo desideri giungere a essa, nessuno tuttavia è in grado di dire determinatamente e coerentemente che cosa, in verità, desideri e voglia.

IMMANUEL KANT, Fondazione metafisica dei costumi

 

 

IL CIELO SULLA TERRA (di Giorgio Pernigotti)

8 (24)

… Sarei felice, sorellina, d’andare lassù per essere il tuo angelo. Come sarei gelosa della bellezza della tua anima già tanto amata sulla terra! Ti lascio la mia devozione per i Tre  (all’amore!). Vivi al di dentro con essi. Il Padre ti coprirà della sua ombra, mettendo come una nube fra te e le cose della terra, per conservarti tutta sua, ti comunicherà la sua potenza perché lo ami con un amore forte come la morte. Il Verbo imprimerà nella tua anima come in un cristallo l’immagine della sua propria bellezza, perché tu sia pura della sua purezza, luminosa della sua luce. Lo Spirito Santo ti trasformerà in una lira misteriosa che nel silenzio, sotto il suo tocco divino, produrrà un cantico magnifico all’amore. Allora sarai <la lode della sua gloria>. È quello che io avevo sognato di essere sulla terra. Tu mi sostituirai. Sarò invece <laudem gloriae> davanti al trono dell’Agnello e tu <laudem gloriae> nel centro della tua anima. Questo, sorellina, sarà sempre <l’uno> tra di noi. Credi sempre all’amore. Se hai da soffrire, pensa che sei più  amata ancora e canta sempre <grazie>. E così geloso della bellezza della tua anima! Non guarda che a questo. Insegna alle piccole a vivere sotto lo sguardo del Maestro. Vorrei che Elizabettina avesse la mia devozione ai Tre. Sarò alla loro prima Comunione, t’aiuterò a prepararle. Tu pregherai per me: ho offeso il mio Maestro più che tu non creda, ma soprattutto digli grazie per me, un Gloria tutti i giorni. Perdono, ti ho dato spesso il cattivo esempio. Addio, quanto ti amo, sorellina! Forse andrò presto a perdermi nel focolare dell’amore. In cielo o in terra, che importa? Viviamo nell’amore e per glorificare l’amore!” (L 228, aprile 1906 – senza firma).

Nel cuore del Carmelo, quasi contemporanea di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, pulsa la spiritualità della Beata Elisabetta della Trinità. Muore, come Teresa, giovanissima, dopo un’agonia di circa nove mesi, nel 1906: ha solo 26 anni.

Ho scelto uno dei tanti brani, tratto dagli scritti che ci ha donato: lettere, poesie, biglietti, un diario, dagli stili più vari.

È il contenuto, quasi integrale, di una lettera scritta alla sorella Margherita nel 1906, una delle tante del carteggio tra Elisabetta e Guite.

Più di altre, esprime il tema dominante dell’esperienza spirituale di Elisabetta.

Come altre, esprime la sua profonda umanità e la consapevolezza del significato  dell’amore trinitario, già conosciuto, sia pure in modo velato, nell’intimo dell’anima.

È consapevole, Elisabetta, di essere al termine della propria vita terrena e desidera consegnare alla sorella una sorta di testamento, qualche consiglio e ammonimento,    rinnovarle la sua gratitudine.

Le grate del convento di Digione non hanno mai impedito ad Elisabetta di comunicare con l’esterno, di mantenere i rapporti e le amicizie della sua fanciullezza.

Il suo temperamento allegro e vivace manteneva questi legami solidi e forti, siccome essenziali alla sua esperienza mistica.

Elisabetta conserva tutta la sensibilità  espressiva di una pianista che a tredici anni ottenne un premio al Conservatorio di Digione. Senza questi legami, senza questa umanità, Elisabetta non non sarebbe quel fiore profumato nel prato della Chiesa, non avrebbe quel carisma teologico che la distingue.

Il famoso teologo Hans Urs von Balthasar ha accostato Elisabetta a Teresa in due scritti, poi riuniti in un unico volume dal titolo “Sorelle nello spirito – Teresa di Lisieux e Elisabetta di Digione”.

Si tratta di un accostamento interessante, meritevole di approfondimento, in altro contesto. Faccio suggerimento di lettura del volume, soprattutto della prefazione dove l’Autore anticipa le sue conclusioni e motiva le fonti delle sue riflessioni.

Mi piace, inoltre, ricordare la stupenda omelia di Giovanni Paolo II per la beatificazione, pronunciata nella Basilica Vaticana domenica 25 novembre 1984.

Ne riporto un frammento: “Noi osiamo oggi presentare al mondo questa religiosa claustrale che condusse una vita nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3) perché è una testimone luminosa della gioia dessere radicati e fondati nellamore (cf. Ef 3, 17). Ella celebra lo splendore di Dio, perché si sa abitata nellintimo dalla presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito nella quale ella riconosce la realtà dellamore infinitamente vivo.”

Proprio nella consapevolezza di vivere l’esperienza trinitaria consiste la specificità di Elisabetta. Si tratta di una consapevolezza che significa presenza vera e certezza di un incontro futuro, incontro che vuole comunicare alla sorella indicandole la meta suprema: l’Amore.

Un cielo che è già su questa terra, un cielo che Elisabetta racconta nell’Ultimo Ritiro e  che costituisce lo sfondo della splendida Elevazione alla Santissima Trinità.

Giorgio Pernigotti

Il Kosovo e i sistemi di risoluzione delle dispute

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1.    Introduzione

 

Il Kosovo o Cossovo è di fatto un territorio amministrato dall’ONU che ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008 e si è autoproclamato repubblica (Republikёn e Kosovёs); si tratta in particolare di una repubblica parlamentare.

È il paese più povero d’Europa[1].

Secondo un’indagine internazionale[2] la sua popolazione ritiene per il 75% che il Governo sia corrotto[3]: lo guida politicamente il partito democratico del Kosovo di cui il leader è il Primo ministro, Hashim Thaci.

Il Paese è riconosciuto dagli Stati Uniti e da 23 dei 28 membri dell’Unione Europea.

In sede ONU non viene riconosciuto che da 105 dei 193 paesi[4], in particolare non dall’India, Russia e dalla Cina, schierate al fianco della Serbia che continua a considerarlo come propria provincia ribelle (per i Serbi resta la Provincia autonoma di Kosovo e Metohija[5]) e che ha ancora sul territorio un’amministrazione parallela[6].

Da ultimo a seguito della intermediazione europea[7] il Paese ha ottenuto in esclusiva il controllo della giustizia e della polizia, anche se permangono forti tensioni[8].

Nonostante la sua piccolezza in termini geografici (10.887 km²[9]) e in termini demografici (ha una popolazione di 1.804.000 anime) riveste come vedremo, unitamente all’Albania, un ruolo importante e millenario per i sistemi di composizione dei conflitti.

Un ruolo che mi induce ad un approfondimento.

2.    La tradizione della mediazione

Il Kosovo ha per lo più vissuto situazioni di fragile pace: forse è per questo che continua a ricercare la negoziazione e nei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie.

Alla metà del 2013 nel paese c’erano sei centri di mediazione[10] con 99 mediatori che erano riusciti a comporre circa il 50% dei casi affrontati per lo più nel campo penale.

Alla fine del 2013 il Ministro della Giustizia, Hajredin Kuçi, si è detto entusiasta dell’istituto e disposto ad estenderne la portata quanto più possibile[11].

Ma la mediazione per il popolo kosovaro giunge da molto lontano.

E’ la stessa Assemblea nel preambolo della legge sulla mediazione a ricordarci le radici storiche del paese in materia[12].

Il percorso inizia sulle montagne dell’Albania che possiede dai tempi degli Illiri[13] per alcuni e per altri dal Medioevo, un diritto consuetudinario denominato Kanun[14].

La parola originariamente arriva dalla lingua sumera (gi, Rohr), passa in quella accadica (qanu, Rohr) per arrivare a quella ebraica (qane, Rohr) e alla greca (kanna, Rohr) ed il significato è “norma, standard[15].

Tali consuetudini costituiscono la tavola dei valori del popolo albanese e sono presenti anche nelKosovo, ove la popolazione per lo più albanese: secondo i dati del censimento 2011 la popolazione è per il 92% albanese, il 5,3% serba e per il 2,7% di altre etnie.

A partire dal 1444[16] e fino agli anni ’30 del secolo scorso il Kanun è stato sostanzialmente considerato come legge dello stato.

Nel 1444 venne da una parte introdotta la possibilità di perdono accanto alla vendetta[17] e si affermò d’altro canto il principio per cui la vendetta di sangue non riguarda solo il singolo assassino(come in precedenza), ma tutti i membri maschi della sua famiglia.

In un certo qual modo cade su questi ultimi “una maledizione” solo per il fatto che un’altra famiglia abbia dichiarato di “non perdonare” e senza dunque che si siano successivamente concretati atti ostili specifici[18].

Tale concezione peraltro è ancora viva ai giorni nostri[19] ed è il principale ostacolo allaammissione dell’Albania nella Comunità Europea.

Si tenga conto poi che per il Kanun non può consumarsi vendetta su donne[20] e bambini[21], né nell’ambito della stessa famiglia; negli ultimi anni si è invece assistito ad omicidi che sono andati contro la consuetudine e questo preoccupa molto il Comitato Nazionale di Riconciliazione che ritiene la mediazione e la negoziazione uniche vie per fronteggiare la cultura del sangue[22].

In ordine al Kanun ci sono diverse fonti: Kanuni i Skënderbeut, Kanuni i Malsisë së Madhe , Kanuni i Labërisë , Kanuni i Leke Dukagjinit (KLD).

La versione più completa e più diffusa è quella di Lek Dukagjini[23], che peraltro impose il principio della “vendetta familiare”.

Lek Dukagjini (1410-1481) fu uno dei due comandanti della resistenza albanese al potere ottomano.

È considerato il legislatore del Kanun. Si dice che proclamò con la sua bocca ogni parola delKanun, ma è probabilmente un mito[24] dal momento che i principi sono millenari; Lek Dukagjini viene paragonato in patria a Lorenzo De Medici perché il Kanun ha una forma letteraria.

Il Kanun è diviso in 12 libri e 1263 paragrafi[25], venne pubblicato per la prima volta nel 1933, a cura dei confratelli del padre francescano Shtjefën Gjegjovi[26] come risultato delle ricerche di quest’ultimo proprio in Kosovo, nel 1912-13.

Il Kanun è stato formalmente abrogato nel 1928 col Codice civile di Zog[27]: in oggi è comunque, come si è già sottolineato, ancora seguito nei fatti.

Ben prima della nascita di Cristo i popoli dell’Albania sostenevano che tutti gli uomini fossero eguali[28] e che andavano protetti i più deboli[29]; esprimevano i valori fondamentali del Kanun: la Besa[30], l’onore[31], l’ospitalità anche per chi non appartiene al villaggio, ovvero se è nemico[32], il sangue[33], l’uguaglianza e il legame sociale che da essi scaturiscono.

Tali princìpi hanno permesso per millenni la tolleranza tra cattolici, ortodossi ed islamici nei Balcani.

Il Kanun fu politicamente anche il simbolo della resistenza contro il dominio e la legislazione romana[34], la dominazione degli Ottomani, il Fascismo ed il Comunismo.

E vi è comunque un possibile vaglio anche “interno” delle decisioni arbitrali dei vecchi saggi predisposti ad esercitare la giustizia: se una decisione non piace al popolo lo stesso ha il diritto di non eseguirla.

In questo concezione pesa decisamente il concetto di Besa ossia di fiducia nel prossimo: dato che non si può avere nei sistemi politici e religiosi, il percorso è dunque individuale e familiare.

Se ci pensiamo bene anche la mediazione, la negoziazione si basano sulla fiducia nel prossimo. Non nei governi, nei tribunali, nei sistemi politici ed economici che sono contingenti. Insomma si fondano su un valore universale che ogni uomo ha dentro e che nessuno può eliminaresul rispetto di una “tregua” che i litiganti si danno per affrontare il problema che li vede attori. Ecco perché  probabilmente non sarà mai ben vista dal potere che si sente in un certo senso esautorato; l’uomo che concede ad un altro uomo una tregua per parlare non ha bisogno dei tribunali e delle strutture sociali che vorrebbero dettare rigidamente la scansione di ogni attività del vivere civile.

La domanda di una tregua spesso non può essere diretta ed allora viene fatta tramite il mediatore.

La concessione della Besa è fondamentale: la mancanza comporta, infatti, che si sia in balia della vendetta che può colpire in qualunque momento; e dunque il mediatore assume un ruolo centrale nella società albanese, un ruolo che è di molto superiore a quella delle istituzioni dello Stato che si occupano di assicurare la pace e la giustizia.

Il Kanun tutela in particolare la proprietà del corpo e dell’anima: il corpo può essere offeso, mutilato o soggetto a morte.

L’offesa è considerata rilevante tra gli adulti, nel senso che i bambini che vengano offesi dagli adulti si considerano semplicemente “puniti”.

L’offesa tra adulti si considera arrecata all’onore. È grave e quando scorre il sangue determina una risposta violenta da esperirsi in pubblico; quando il sangue non scorre può essere risarcita con denaro.

Quanto alla mutilazione non si distingue, ai fini della reazione, tra intenzionale o non intenzionale; per mutilazione intenzionale si intende il caso in cui una persona dirige deliberatamente un’arma verso un’altra e causa la lesione, non intenzionale può essere ad esempio la mutilazione cagionataper errore di persona. In ogni caso sorge il diritto a vendicarsi secondo il principio “ferita per ferita”.

Quando si cagiona la morte di un’altra persona può scattare la vendetta di sangue (gjakmarrja)[35], ma non è un fatto automatico.

In tanto la vendetta di sangue riguarda il diritto di vendetta per la morte dei propri parenti di sangue.

Negli altri casi il Kanun definisce la reazione come ritorsione (hakmarrja), che è di solito legata alfurto dei beni.

La vendetta di sangue scaturisce poi da un precedente omicidio o lesione dell’onore.

L’autore della vendetta deve uccidere di propria mano.

Non ci si può comunque vendicare su donne, bambini, preti e malati, anche se, come abbiamo accennato, negli ultimi anni la regola non è stata rispettata.

L’omicidio senza intenzione non è invece perseguito. L’omicida deve stare comunque per lungo tempo nascosto sino a che il “sangue è caldo” ed il caso non è stato chiarito dai mediatori(ossia da persone che si considerano ragionevoli): sono essi a dover stabilire se l’atto è stato intenzionale o meno; nel caso che si tratti di un omicidio non intenzionale si può riparare attraverso la “sanzione di sangue”.

Qualora scatti al contrario la “vendetta di sangue” l’omicida deve comunque informare dell’omicidioil pubblico e i parenti della vittima e non ha “il diritto al massacro” della vittima, nel senso che se uccide un uomo e successivamente si accanisce sul suo cadavere risponderà di duplice omicidio.

Anche la donna è tenuta alla vendetta di sangue quando non ci sono membri maschi in casa. Ma non può essere a sua volta uccisa (a parte l’ipotesi di adulterio) e chi commettesse il delitto sarebbe coperto da un grande disonore.

Chi poi commette vendetta di sangue al posto di un altro senza autorizzazione vedrà bruciata la sua casa, confiscati i suoi averi, sarà condannato a pagare una penale e all’esilio con tutta la sua famiglia[36].

Il Kanun, lo abbiamo detto, protegge anche la proprietà dell’anima dalle offese.

La protezione dell’anima si identifica con la protezione dell’onore.

La proprietà dell’anima può essere violata in tre modi: con la violenza su di una donna, con il disarmo, con l’offesa del diritto di protezione.

Questi tre comportamenti sono gravissimi per il Kanun e non può esserci perdono, prima o dopo devono essere lavati col sangue, anche se in certi casi (nel caso di disarmo) è possibile un’ammenda.

Anche la rottura di un fidanzamento da parte dell’uomo rientra nel concetto di “violenza sulla donna” perché la violazione dell’onore di una donna si identifica con la violazione dell’onore dei suoi parenti maschi.

Il Kanun identifica l’onore maschile con il fucile: il disarmo è dunque fatto intollerabile. Può essere fatto in pubblico od in segreto. La composizione di questo danno all’onore può essere evitata soltanto con la “mediazione di sangue”, di cui parleremo in seguito.

Un’ulteriore distinzione che viene operata nel diritto consuetudinario è tra onore personale (ndera vetjake) e onore pubblico (ndera shoqnore).

Circa l’onore personale si sottolinea qui che un onore non vale più che un altro (quello dell’uomo malvagio vale quanto quello del buono), ma che l’offeso (il criterio vale solo tra gli uomini) può decidere di perdonare l’offesa o di lavarla col sangue.

L’onore pubblico copre invece il diritto di ospitalità: se una persona arriva nella casa di un’altra e gli accade qualcosa, il padrone di casa è tenuto alla vendetta.

Oggi il Kanun è spesso utilizzato in modo strumentale da chi vuole estendere la propria egemonia su alcune località del paese.

Sta anche purtroppo a fondamento delle terribili guerre che si sono combattute da ultimo e che derivano in sostanza dal concetto di Nazione che per la consuetudine è basato sulla famiglia: “la famiglia si compone della persone di casa; più famiglie unite formano la fratellanza, più fratellanzeuna stirpe, più stirpi un fis, più fis una bandiera e tutte insieme avendo una stessa origine, un medesimo sangue, una stessa lingua e comuni usi e costumi, formano quella grande famiglia che si chiama Nazione[37].

Il Kanun regola espressamente la figura del mediatore (Ndermjetsija) che è disciplinata dagli articoli 667-682 del libro VIII che riguarda l’onore (NDERA).[38]

Chi voglia mediare nel contesto rurale albanese possiede molte opzioni: esiste la mediazione familiare, la mediazione del clan, la mediazione dei religiosi, in particolare dei francescani.

Sebbene il Kanun reciti che “il mediatore può essere un uomo, una donna, un ragazzo una ragazza ed anche un prete[39], i racconti che si sono trasmessi oralmente indicano come mediatori nei secoli alcuni anziani maschi (raramente è una donna a meno che non si trattati di minima contesa). Quando si tratti di un prete egli esercita il suo ministero non in nome proprio, ma in quello della Parrocchia.

Ci si è posti ultimamente in Kosovo il problema su chi possa essere mediatore e la soluzione è stata appunto trovata nel Kanun[40].

Il mediatore interviene già a partire dalle “offese a male parole” (për me da fjalët e kqia) per frenare il risentimento conseguente o i pettegolezzi che possono svilupparsi, o la vendetta (che può portare all’omicidio o, come sappiamo, ad altri rovinosi sviluppi).

Egli può avere accesso ovunque.

Una prima forma di mediazione può riguardare la richiesta di “voto di pace”.

L’omicida viene sostituito da un amico che chiede un “voto di pace” (le richieste dirette non vengono di solito esaudite): perciò è detto portatore di pace (besari).

Nel tempo della pace non si può esercitare la vendetta (nemmeno nei confronti dei familiari dell’assassino).

Può essere concessa una pace di 24 ore con cui la famiglia dell’ucciso permette all’assassino di partecipare al funerale della vittima.

Tale pace può essere estesa sino a trenta giorni con la mediazione del villaggio. Se la famiglia dell’ucciso non ha però acconsentito al “voto di pace”, l’assassino e la sua famiglia devono restare confinati, come se fossero agli “arresti domiciliari”.

Vi è poi la pace di Dio (Besa) che è un periodo di libertà e di sicurezza, che viene concesso dalla casa dell’ucciso all’autore e ai suoi familiari, al fine di evitare per un certo periodo la vendetta di sangue. Per il Kanun indica, in altre parole, la tregua accordata a chi deve sangue. La Besa può essere generale quando è posta a salvaguardia di una etnia.

Per queste concessioni il mediatore rischia in proprio in caso di fuga dell’assassino durante il tempo del “voto di pace”[41].

Quanto sopra trova delle similitudini nel diritto greco antico: per consentire al colpevole di omicidio di poter procurarsi il denaro per il pagamento che fosse accettato egli doveva  restare libero e allora interveniva un garante (εγγυητήϛ) che quindi diveniva obligatus[42].

Vi è chi (PARTSCH; WOLFF) sostiene che il colpevole dell’omicidio venisse consegnato al garante al momento in cui quest’ultimo faceva la promessa ovvero chi sostiene (MAROI) che fosse il garante ad essere consegnato agli offesi: comunque sia dalla materialità del vincolo si fa derivare l’uso sostitutivo più tardo di stringersi le mani[43] al momento dell’effettuazione della promessa[44].

Tornando al Kanun si può poi considerare la mediazione che si basa sullo “scambio di sangue” (dorzanët e gjakut ).

Il mediatore del sangue è quello che si reca a casa della vittima e adopera se stesso per una riconciliazione.

La riconciliazione può avvenire attraverso due momenti: a) in prima istanza un amico del cuore dell’uccisore si reca in casa dell’ucciso con un sacerdote, b) successivamente si provvede ad un pagamento che presso la casa dell’ucciso.

È il mediatore che stabilisce i tempi della consegna che sono improrogabili e i prezzo del sangue.

Se l’accordo si conclude l’autore del delitto si reca a casa dell’offeso; essi riempiono un bicchierino di liquore, si bucano una mano e fanno cadere una goccia di sangue nel bicchiere, poi incrociano le braccia e bevono dal bicchiere altrui. Chi beve il sangue si considera “fratello” e dunque non sono più possibili matrimoni tra le due famiglie[45].

Un principio direi quasi universale della mediazione moderna è proprio quello con cui si apre la disciplina del Kanun: “I mediatori, quando agiscono, non attribuiscono colpe o pesi[46].

Altro principio a noi familiare è quello per cui un mediatore ha più possibilità di successo se  è estraneo alla comunità (alle famiglie, ai clan, o alle tribù) ove sono richiesti i suoi servigi.

O ancora il principio che il mediatore di successo deve conoscere bene il Kanun e le tradizioni locali: tale impostazione riecheggia nelle ultime prescrizioni sulla mediazione efficace dell’ONU[47]e ci dà una spiegazione per cui in Kosovo si sono viste in parte come modelli per la legislazione più moderna le norme UNCITRAL.

Si inquadra poi nella concezione più moderna il tipo di accordo con cui si può concludere una mediazione che può essere vario: la mediazione si può concludere non solo col pagamento di una somma di denaro o la dazione di bestiame, ma ad esempio con l’allontanamento dal luogo ove i fatti sono stati commessi[48], con una prestazione lavorativa per un certo tempo ed in un certo luogo da parte della famiglia degli offensori a favore della famiglia dell’offeso.

Quanto concordato deve soddisfare l’onore perduto in tutti contendenti e dunque ciò richiama la comune credenza per cui in mediazione entrambe le parti devono essere pienamente soddisfatte, insomma il concetto che la mediazione sia a somma zero.

Si dice spesso che la mediazione ha riguardo al futuro del rapporto: il Kanun ha pensato anche a questo[49] visto che a seguito della mediazione si deve celebrare un pranzo della pace (Pane di sangue) che è servito dalla famiglia dell’assassino e a cui partecipano i mediatori (nell’occasione ricevono il compenso) ed i membri della famiglia della vittima.

Solo a seguito di tale rito e del contestuale adempimento dell’accordo si chiude la mediazione e dunque la possibilità di vendetta[50].

Interessante è ancora che per far superare il trauma della perdita di un congiunto spesso le famiglie dei mediatori albanesi invitano i parenti delle vittime presso di loro nella fase successiva all’accordo. Anche la mediazione penale più moderna, ad esempio nei paesi del Nord Europa, si occupa del resto soprattutto della fase successiva al reato in attesa del processo, perché la vittimanon deve essere lasciata sola.

Alcuni consulenti dei paesi nordici non a caso collaborano attivamente con il Komiteti i Pajtimit Mbarëkombëtar (Comitato di riconciliazione nazionale)[51] che cerca di sostituire la cultura della vendetta con quella del perdono.

3.    Il Kanun come fonte ispiratrice

Il Kanun ha ispirato la legislazione criminale teutonica[52].

Il filosofo tedesco del XVIII secolo[53]Christian Wolff (1679-1754)[54], ispiratore tra l’altro dei prìncipi della Dichiarazione di indipendenza americana, ha dato al mondo la definizione del mediatore e precetti, oggi assai noti, sulla mediazione proprio in base al diritto consuetudinario albanese[55].

Secondo questo grande “logico” dell’Età dei Lumi l’amichevole composizione, la transazione, la mediazione e l’arbitrato sono gli strumenti utilizzati per comporre le controversie giuridiche nello stato naturale[56].

In conseguenza Wolff nella sua esposizione dello ius naturale cerca in particolare di distinguere la figura del mediatore dall’amichevole compositore e dall’arbitro[57].

Con riferimento al mediatore egli assume che deve avere le seguenti caratteristiche[58]:

–          Il mediatore è colui che presta la sua opera nella composizione di una controversia tra altri, quando nella composizione il diritto si è arenato; ma l’atto la cui composizione si perfeziona tramite un un terzo o di cui si tenta la composizione tramite un terzo si definisce Mediazione[59].

–          Chiunque lo desideri può offrirsi come mediatore: ma ciò non dipende dalla volontà di una sola parte, ma dalla volontà di tutte[60]; principio questo che se applicato eliminerebbe tante sterili discussioni odierne.

–          Se vi è il consenso delle parti a fruire delle prestazioni di un mediatore, non sono del pariobbligate ad utilizzare la mediazione. A meno che alla valida promessa di una parte non subentri l’accettazione dell’altra[61].

–          Anche quando le parti hanno prestato nei confronti del mediatore un consenso certo e  si sono obbligate reciprocamente ad utilizzarlo, ciò non impedisce loro di ripensarci quando lo ritengano opportuno[62].

–          Qualora le parti richiedano le prestazioni del mediatore alla condizione che componga la lite, egli è tenuto ad effettuare suggerimenti in tal senso[63].

–          Il mediatore non dovrebbe tralasciare alcun elemento di rilievo quando compone una controversia[64].

–          Il mediatore deve pesare le argomentazioni di entrambe le parti[65].

–          Il mediatore deve prestare attenzione a tutto e non astrarsi dalla discussione[66].

–          Il mediatore deve considerare con attenzione ciò che richiede la prudenza nella composizione della controversia[67].

–          Il mediatore imparziale deve stare lontano dall’affezionarsi ad una parte[68]. Gli uomini anziani del villaggio albanese o kosovaro che amministrano la giustizia devono avere come prima caratteristica appunto l’imparzialità.

–          Le parti possono revocare il mediatore in qualsiasi momento dell’incontro lo ritengano opportuno[69].

–          Le parti possono escludere il mediatore da qualche riunione, se lo ritengono opportuno, senza danno, e senza che per questo venga meno la mediazione[70].

–          Se tra le parti sia stato espressamente convenuto che il mediatore partecipi alla riunionenon è lecito ad una parte escluderne la presenza[71].

–          Il mediatore si può ritirare se riconosce i suoi sforzi sterili e inutili. In questo caso egli può consigliare di nominare un arbitro[72].

Si tenga ancora presente che il Kanun definisce il mediatore “colui che si infrappone fra le parti contendenti per assopire le ingiurie ed impedire i litigi[73].

E siccome il Kanun si è esteso anche ad alcune località del meridione d’Italia[74] non appare peregrina l’idea che la predetta abbia ispirato la concezione di conciliazione del Regno delle Due Sicilie (1819) – progenitrice della mediazione civile e commerciale moderna – ai sensi della quale il conciliatore procurava che fossero spenti gli odi e le inimicizie degli abitanti del comune.

Un tale conciliatore peraltro lo troviamo anche in Cina qualche secolo prima. Si racconta che tra il 206 ed il 24 a.C. sia vissuto un funzionario di nome Wu Han, che era chiamato a dirimere le controversie: costui girava per le case e per le strade della sua contea per riconciliare i litiganti[75].

L’ Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch (Codice civile generale ancora vigente in Austria) che è stato promulgato nel 1811 rappresenta il prodotto finale di una secolare codificazione[76].

Nel periodo intercorrente tra il 1753 e il 1766 una commissione imperiale lavorò ad un abbozzo di codice, il Codex Theresianus, che venne compilato secondo le norme del diritto naturale così come impostato proprio da Christian Wolff. Nel 1786 Giuseppe II ne fece pubblicare una parte (il cd. Codice giuseppino). Sotto Leopoldo II il codice civile fu poi  promulgato ed entrò in vigore il 1° gennaio 1812. Nel 1816 fu esteso al Lombardo-Veneto, successivamente al Liechtenstein, alla Croazia, alla Slovenia, alla Dalmazia, alla Transilvania e alla Polonia.

E dunque i principi wolffiani arrivarono pure nella importantissima conciliazione del Lombardo Veneto, ma prima ancora il Codice Giuseppino ispirò il Codice del Principato di Trento che prevedette la mediazione obbligatoria e per primo utilizzò il vocabolo “mediatori”.

4.     La giustizia tradizionale in Kosovo

Secondo la logica del Kanun nessun uomo può essere giudice di un altro perché significherebbe riconoscere al giudice un maggiore onore e dunque la giustizia non può che passare attraverso lavolontarietà dei contendenti; sono ammessi dunque soltanto l’arbitrato e la mediazione.

Del resto l’attuale codice deontologico dei mediatori che è di osservanza obbligatoria (anche per i mediatori tradizionali) vede come principale valore di perseguimento la autodeterminazionedelle parti: “l’autodeterminazione è la capacità delle parti di raggiungere un accordo volontario che non è imposto, attraverso una libera scelta fondata sulle informazioni derivanti dal processo e dal suo esito”[77].

Ed aggiunge che “il mediatore informa le parti coinvolte in una disputa che la mediazione è più efficace quando sono presenti persone con piena autorità per prendere decisioni per le parti e quando le parti affrontano con buona volontà la possibilità di mediare[78].

Coloro che tradizionalmente si occupano di comporre le controversie vengono scelti dalle due parti tra i Vegliardi (o Vecchiardi), eletti o riconosciuti tali dalla legge sia per eredità, sia per comprovata esperienza nel campo.

Essi hanno anche il “diritto di sedare qualsiasi rissa  e  allontanare  qualsiasi  pericolo  di  danno  o  d’uccisione,  con  le buone o con la forza, servendosi in questo caso dell’aiuto del villaggio (…) dei capi e dei militi della Bandiera”[79], gli si riconosce quindi la funzione di mantenere l’ordine e la pace del villaggio, calmando le coscienze con la forza oltre che con l’ordinario lavoro di arbitro e mediatore.

Per il loro operato di arbitri sono pagati dai ricorrenti, che non possono sostituirli, in quanto offenderebbero il loro onore.

Ciò comporta un particolare sistema d’appello: non sono i querelanti a ricorrere in appello, ma qualora questi dimostrino di non volersi attenere al giudizio, il Vegliardo che ha emesso la sentenza si rivolge ad un altro Vegliardo, cui chiede di giudicare il suo operato.

Se il nuovo giudizio confermerà il primo, i querelanti dovranno pagare entrambi gli arbitri. Se al contrario la prima sentenza risulti esser stata ingiusta, sarà il Vegliardo caduto in fallo a dover pagare il suo giudice.

Vi è anche un terzo grado di riesame che scatta dopo che venga esperita per tre volte la descritta disciplina e costituisce il vero e proprio appello alla comunità di villaggio[80].

La composizione esperita del Consiglio degli anziani (plenqi), tuttavia è poco conveniente dal punto di vista economico[81]: per ogni anziano che non sia volontario presente bisogna pagare una giornata lavorativa.

Lo schema enunciato presenta delle similitudini con quello già descritto da Platone ne “Le Leggi”: “Una volta che sono state distinte le parti dell’intera città, quante e quali devono essere, e sono state stabilite per quanto possibile le leggi sulle più importanti contrattazioni, ciò che resta sarebbe necessario che fossero i processi. Il primo tribunale sarà[82] composto di giudici scelti, che l’imputato e l’accusatore abbiano scelto di comune accordo, e avranno come nome più conveniente quello di <<arbitri>> piuttosto che quello di <<giudici>.

Secondi saranno i giudici dei villaggi o delle tribù, divise nelle dodici parti, e davanti a loro, qualora non siano giudicati davanti ai primi, vadano le parti a contendere per una maggiore pena, e l’imputato qualora sia sconfitto per una seconda volta, paghi la quinta parte della multa registrata. Nel caso in cui uno incolpando i giudici voglia contendere una terza volta porti la causa davanti ai giudici scelti, e qualora sia di nuovo sconfitto paghi una volta e mezzo il valore della multa. Nel caso in cui l’accusatore, vinto dinanzi ai primi giudici, non si fermi ma vada dinanzi ai secondi, se vince riceva la quinta parte, se invece viene vinto paghi la stessa parte della multa. Qualora giungano al terzo tribunale, rifiutando di obbedire alle precedenti sentenze, l’imputato sconfitto, come si è detto, paghi una volta e mezzo il valore della pena, l’accusatore la metà[83].

5.    La più moderna legislazione del negoziato in Kosovo

Premessi questi elementi che non si potevano tralasciare nel 2008 sono state varate in Kosovo due leggi organiche, sull’arbitrato[84] e appunto sulla mediazione[85].

Ma in precedenza, nel decennio che ci ha preceduto, i mezzi alternativi di risoluzione delle dispute erano già previsti da altre leggi[86].

Ci riferiamo qui al Codice di rito processuale civile[87] che prevede dal giugno 2008l’incompatibilità del giudice a decidere nel caso in cui avesse in precedenza agito da mediatore.

Lo stesso Codice prevede una nutrita e particolare disciplina per gli ADR che possano intervenire nel processo.

Viene in primo luogo in campo la mediazione che può essere suggerita dal giudice o richiesta dalle parti[88].

 Quando poi i diritti siano disponibili[89] ed in tutto il corso del processo (di primo e di secondo grado[90]) le parti possono anche chiedere una conciliazione giudiziale operata dal giudice[91]il quale può anche sollecitarla, specie nella fase preparatoria del processo o addiritturaordinarla[92].

Se le parti si conciliano[93] di norma regolano anche le spese processuali; ma se rimangono in disaccordo possono chiedere al giudice di determinarle[94].

L’accordo può essere impugnato per nullità entro 30 giorni: è annullabile se è frutto di violenza, errore o dolo, se le parti non hanno la capacità processuale o non sono rappresentate legalmente o se non hanno l’autorizzazione a stare in giudizio da sole[95].

Abbiamo visto che la mediazione processuale è volontaria per le parti. Al contrario la mediazione penale è in Kosovo obbligatoria.

Il Codice temporaneo di procedura penale[96] precisa, infatti, che il pubblico ministero puòordinare la mediazione qualora si sia in presenza in un reato punibile con un’ammenda o con la reclusione fino a tre anni. Prima di decidere il pubblico ministero considera il tipo e la natura del reatole circostanze in cui è stato commesso, la personalità del reo e le sue condanne precedenti per lo stesso reato o per reati diversi e anche il livello di responsabilità relativo all’offesa.

Una volta emesso l’ordine da parte del pubblico ministero la mediazione è condotta da unmediatore indipendente che non può rifiutare il caso e deve garantire che il contenuto dell’accordo sia proporzionato alla gravità e alle conseguenze dell’atto[97].

Dal 2006 una mediazione può essere condotta dalle associazioni di categoria in relazione ai diritti della proprietà intellettuale e d’autore[98].

Dal 2005 le controversie agricole possono essere risolte da un mediatore esperto nel campo, ma che deve essere anche un’autorità nella comunità in cui vive[99]. Il che richiama fortemente la tradizione che abbiamo esaminato.

Dal 2004 la legge che previene e combatte le discriminazioni ricomprende la facoltà delle parti di addivenire a mediazione o conciliazione[100].

Ma la legge che ci pare più significativa in materia è quella che regola dal 2005 il diritto amministrativo[101]: di questi tempi e visti i recenti espressi intendimenti del Governo italiano questa disciplina potrebbe essere interessante anche da noi.

Si prevede il dovere del funzionario incaricato del procedimento amministrativo di promuovere laconciliazione. Un verbale di accordo è considerato atto amministrativo e la P.A. può non accettare di conciliare soltanto se la conciliazione lede gli interessi pubblici o quelli legali di una persona fisica o giuridica[102].

L’organo amministrativo, competente a prendere una decisione definitiva in un procedimento amministrativo, può decidere anche di mediare, se a suo giudizio, il difetto di intrapresa possa causare danni irreparabili agli interessi delle parti pubbliche o dei terzi interessati[103].

La decisione di mediare può provenire anche dalla Pubblica amministrazione o dalle parti interessate[104].

La decisione di mediare deve essere motivata e per un tempo specifico; anche la revoca della stessa deve essere motivata[105].

La decisione di mediare spira al momento del rilascio della decisione definitiva, alla scadenza del termine per mediare ed in mancanza di altro termine, entro 6 mesi dall’inizio delprocedimento amministrativo[106].

Il settore dell’energia[107] è affidato in Kosovo all’arbitrato, ma anche agli altri ADR, mentre quello degli accordi internazionali in materia finanziaria è invece gestito con il processo e l’arbitrato[108].

6.    La legge sulla mediazione in Kosovo

Abbiamo accennato che il paese possiede dal 15 novembre 2008 una legge organica sulla mediazione[109].

Anche l’Albania peraltro ha mostrato grande attenzione alla mediazione con ben due leggi organiche: una nel 2003 in oggi abrogata[110] ed un’altra nel 2011 che è invece vigente[111].

La legge kosovara di cui ci occupiamo principalmente definisce i principi della mediazione (articoli da 3 a 7), la procedura di mediazione (articoli 8-16), la Commissione per la mediazione (articoli 17-21), le qualifiche dei mediatori (articoli da 22 a 24), i diritti e le responsabilità dei mediatori nei confronti delle parti (articoli da 25 a 27)[112].

La LAW NO. 03/L-057 ON MEDIATION non si applica alla mediazione minorile all’arbitrato commerciale[113] per cui si prevede altra normativa[114].

Dobbiamo dire che alla predetta legge NO. 03/L-057 dal 17 settembre 2010 si è aggiunto il codice etico per i mediatori[115] che è di osservanza obbligatoria e dal 28 ottobre del 2010 anche il regolamento per la formazione dei mediatori[116].

Il dettato legislativo della legge è conciso così come lo è del resto lo stile del Kanun; sostanzialmente ricalca le regole UNCITRAL (anche se ci dobbiamo chiedere a buon diritto se qui è nato prima l’uovo o la gallina…) e dunque si impernia su una mediazione volontaria che come sappiamo è coerente con la tradizione.

È invece in linea con la tradizione il fatto che lo svolgimento della procedura sia determinato liberamente dalle parti e non sia previsto invece un criterio supletivo, presente in molte legislazioni, per cui in difetto della volontà delle parti le regole di svolgimento della procedura sono dettate dal mediatore; ciò è probabilmente dovuto al fatto che potrebbe essere “poco onorevole” per le parti se la procedura fosse stabilita da un terzo.

Nello stesso senso va la prescrizione secondo cui il mediatore fissa il tempo degli incontri ed il luogo della mediazione, a patto di aver previamente acquisito il consenso delle parti (v. art. 10.5).

Medesimo discorso vale per quella norma che autorizza il mediatore a formulare opzioni, ma non a risolvere la controversia (v. art. 11): nel modello facilitativo sono le parti che con l’aiuto del mediatore formulano le alternative; in Kosovo può farlo anche il mediatore, ma appunto non può fare una proposta di risoluzione della controversia.

La stessa legge albanese[117] del resto recita in tal senso: “I mediatori non hanno il diritto di ordinare o di costringere le parti ad accettare una proposta di risoluzione della controversia”[118].

Come nella mediazione di stampo anglo sassone, ma anche in quella spagnola, portoghese e russa, la mediazione inizia in Kosovo con la firma di un accordo per mediare.

La norma prevede in esso l’indicazione dei rappresentanti legali, ma non si comprende se ci si riferisca genericamente al rappresentante o se al contrario si indichi il legale: dal dettato ulteriore comunque non risulta alcuna attività in capo agli avvocati, nemmeno la stesura dell’accordo (ed il codice deontologico non reca alcuna indicazione al riguardo se non l’ovvio principio che un mediatore avvocato non può essere né essere stato difensore  di una parte coinvolta nella mediazione).

Appare ancora assai interessante il principio per cui le parti devono presentare le circostanze contestate nel modo più veritiero possibile (v. art. 11 c. 3).

La regola che in un mondo civile dovrebbe essere ovvia (così è ad esempio per gli anglosassoni) perlomeno alla luce del fatto che sembra poco razionale mentire davanti ad un mediatore che non attribuisce torti né ragioni, non trova, almeno nel nostro paese, grande corrispondenza nei fatti (e la legge non si è presa la briga di stabilirlo).

Ancora con la tradizione del Kanun collima il fatto che il mediatore debba possedere alte doti morali: non è una semplice enunciazione di principio poiché l’iscrizione al Registro dei mediatori può essere effettuata soltanto se si hanno due lettere accompagnatorie esprimenti le credenziali in tal senso che non siano di parenti, ma di altri soggetti che abbiano una conoscenzaalmeno triennale dell’aspirante mediatore.

Tra la mediazione moderna e quella consuetudinaria ci sono poi alcune differenze.

Risalta soprattutto il disposto dell’art. 7 della nuova legge per cui la mediazione, nella nuova concezione, ha carattere d’urgenza; la mediazione tradizionale può, infatti, durare mesi ed anni.

Secondo il Kanun, lo abbiamo detto, sono possibili la vendetta[119] ed il perdono[120], e dunque i mediatori albanesi e Kosovari conducono da secoli trattative estenuanti per evitare il peggio: abbiamo detto pure che la stessa tregua tra le famiglie in lotta viene chiesta al mediatore. La mediazione è in altre parole un processo lunghissimo, mentre quella che risulta dalla codificazione moderna di regola può durare al massimo alcuni mesi (tre mesi in kosovo, come in Italia).

In quella consuetudinaria il mediatore decide in base alle regole del Kanun, mentre il mediatorenulla decide e comunque il procedimento di mediazione è flessibile, non è regolato in modo stretto se non dalle parti.

La mediazione moderna è infine focalizzata sul futuro, mentre quella tradizionale, pur gettando le basi per i rapporti futuri, dispone e disponeva circa il passato[121].

Si dà poi nella nuova mediazione grande risalto al principio di riservatezza che inerisce anche i terzi: nei procedimenti tribali, come del resto nelle mediazioni che si conducono in Oriente (v. ad esempio quella tailandese o quella yemenita) in genere il principio non è seguito, poiché si ritiene che tutta la collettività debba conoscere e partecipare alla risoluzione del conflitto.

Vediamo ora la normativa in dettaglio.

La legge stabilisce dunque le regole della mediazione quando le persone fisiche e giuridiche controvertano su diritti reali, commercio, famiglia, lavoro, altri rapporti civili, amministrativi e penali, e nel farlo possano disporre liberamente dei propri diritti, sempre che non sussista una legge speciale che preveda una responsabilità esclusiva di un giudice o di altra autorità competente[122].

La legge albanese sulla mediazione invece ha un ambito leggermente diverso: “La mediazione viene utilizzata per risolvere tutte le controversie in materia di diritto civile, commerciale , del lavoro e della famiglia” (a patto che la mediazione sia nell’interesse del minore: questo criterio lo ritroviamo anche nella legislazione tedesca)[123]; tuttavia anche in campo penale si utilizza il procedimento se lo richiede il pubblico ministero[124].

In Kosovo le parti possono poi raggiungere un accordo attraverso la mediazione in ogni fase di una procedura giudiziaria di fronte al giudice competente[125].

L’art. 2 ci reca alcune definizioni.

Per “Mediazione” si intende un’attività extragiudiziale condotta da una terza persona(mediatore), al fine di risolvere mediante conciliazione le controversie tra parti soggette alla legge ed in conformità della stessa[126].

Per “Disputa” si fa riferimento a qualsiasi disputa tra parti soggette alla legge[127].

Il “Mediatore” è una terza parte neutrale, autorizzata a mediare tra due parti al fine di risolvere la controversia, in conformità con i principi della mediazione[128].

Per avviare il procedimento di mediazione dovrebbe sussistere la libera volontà delle parti[129].

Le parti del procedimento di mediazione sono uguali e possiedono uguali diritti e doveri in conformità con la legge[130].

Il mediatore durante la procedura è totalmente imparziale e indipendente da qualsiasi tipo di influenza[131].

La procedura di mediazione ha natura confidenziale. Le testimonianze delle parti rese nel corso della procedura non possono, senza il consenso delle stesse, essere usate come prova in qualsiasi altra procedura[132].

Il mediatore, le parti ed i loro rappresentanti legali sono obbligati a mantenere la riservatezza della procedura, a meno che le parti non si accordino diversamente[133].

Solo dopo la fine della procedura di mediazione, con il consenso delle parti, l’accordo può essere reso pubblico in conformità con le leggi applicabili[134].

Il codice deontologico reca molti precetti in merito alla riservatezza.

Il mediatore informa le parti all’inizio della mediazione sulla natura confidenziale della mediazione[135].

Il mediatore non fornisce ad alcuno che non sia parte della mediazione, informazioni o documenti ricevuti, preparati durante il corso della mediazione ad eccezione dei casi che seguono[136] quando:

  • c’è il consenso scritto delle parti[137];
  • è richiesto dalla legge, in particolare con riferimento all’approvazione dell’accordo raggiunto in mediazione da parte di un giudice[138];
  • l’informazione/la documentazione fornisce una ragionevole indicazione di una  attuale minaccia diserie lesioni o di una potenziale minaccia per la vita umana[139];
  • l’informazione/la documentazione è utilizzata per ricerca statistica, monitoraggio, valutazione o accreditamento dei programmi di mediazione, ed il suo uso è limitato a questo solo scopo, e in questo caso l’informazione/la documentazione rimane anonima[140];
  • un mediatore deve partecipare ad un’udienza disciplinare, e in quel caso la rivelazione di tale informazione/documentazione è limitata ai soli partecipanti alla procedura[141].

Se il mediatore conduce un caucus con una parte, discute del livello di conservazione della confidenzialità prima che cominci la sessione. Il mediatore mantiene riservate tutte le informazioni pertinenti i caucus che la parte non voglia comunicare[142].

Le uniche informazioni che il mediatore trattiene dopo la conclusione della mediazione riguardano un documento con l’indicazione della data di inizio della mediazione ed il nome delle parti. Tutti  i documenti e le altre registrazioni preparate dal mediatore dovrebbero essere distrutte, ed i documenti forniti dalle parti dovrebbero essere restituiti alla parte relativa per la distruzione[143].

Il mediatore non fornisce prove o testimonianze in relazione alla mediazione in alcun arbitrato, giudizio o simile procedura, con l’inclusione e non limitato[144]:

  • all’invito di un parte ad essere coinvolta in una mediazione sul presupposto che detta parte avrebbe voluto parteciparvi[145];
  • alle opinioni espresse o ai suggerimenti dati da una parte in mediazione in relazione alla possibile risoluzione della disputa[146];
  • alla dichiarazioni od ammissioni fatte da una delle parti in mediazione in relazione ad una possibile risoluzione della disputa[147];
  • alle dichiarazioni od ammissioni fatte da una delle parti in mediazione[148];
  • alle proposte fatte dal mediatore[149];
  • al fatto che una delle parti in mediazione abbia espresso la volontà di accettare una propostadi risoluzione mossa dal mediatore[150];
  • a un documento preparato con l’unico scopo della mediazione[151];

La procedura di mediazione non può essere registrata, né in audio né in video, e il mediatore non può registrare alcuna dichiarazione delle parti durante il processo di mediazione[152].

Il mediatore non serve come arbitro nella procedura di arbitrato in relazione alla stessa disputa[153].

Il mediatore garantisce che il personale coinvolto nella mediazione sia edotto e rispetti le disposizioni sulla conservazione della riservatezza[154].

Infine si prevede che sia il mediatore sia le parti debbano rispettare reciprocamente il diritto allaprivacy dei possibili terzi che siano coinvolti nel procedimento di mediazione[155].

La procedura di mediazione ha carattere di urgenza[156].

Le disposizioni della legge sulla procedura di mediazione si applicano a prescindere dal fatto che la stessa intervenga preventivamente o successivamente ad un processo civile od amministrativo[157].

La procedura di mediazione ha inizio nel momento in cui le parti si accordano per cominciarla. Possono essere parti della procedura sia le persone fisiche sia le persone giuridiche[158].

Se una parte richiede all’altra di partecipare ad una mediazione e questa ultima non risponde alla richiesta entro 15 giorni dal giorno della ricezione, ciò costituisce rifiuto di mediare[159].

Prima che inizi la procedura il mediatore è tenuto ad informare le parti circa i principi, le regole, e le spese della procedura così come degli effetti legali dell’accordo[160].

Così spiega in dettaglio il principio il codice deontologico: “il mediatore informa le parti circa il processo di mediazione includendo i costi ed il suo ruolo nella mediazione, aggiungendo il fatto che sono le persone ad avere l’autorità di decidere, e non il mediatore[161].

Quando la questione comincia o prosegue nel processo se la Corte ritenga che può essere risolta con successo con la mediazione, la suggerisce alle parti[162].

In ogni fase del procedimento giudiziario fino al completamento, il giudice può suggerire alle parti di partecipare ad una procedura di mediazione[163].

Lo sviluppo della procedura di mediazione è stabilito liberamente dalle parti[164].

La procedura di mediazione deve essere condotta da un solo mediatore, a meno che le parti non ne richiedano più d’uno[165]. Non è fissato un numero probabilmente perché nella mediazione tradizionale del Consiglio degli anziani non c’è un numero predeterminato di compositori.

La procedura inizia con la firma di un accordo per mediare[166].

Prima di addivenire a tale accordo il mediatore deve assicurarsi che le parti entrino in mediazione liberamente e che vogliano volontariamente risolvere la disputa attraverso questo strumento e che le parti comprendano il processo di mediazione ed in particolare:

  • la preservazione della confidenzialità circa le comunicazioni ed i documenti;
  • il diritto di mediare e di sospendere la mediazione;
  • il diritto di stabilire le regole della procedura;
  • le tariffe, i pagamenti ed i metodi relativi, includendo le tariffe per il caso di interruzione o di ritardo nella procedura e
  • che nessun mediatore può essere obbligato a deporre come testimone in un processo da parte delle altre parti della mediazione[167].

L’accordo per mediare conterrà: i dati delle parti, dei loro legali rappresentanti, l’oggetto della disputa, la dichiarazione di accettazione dei principi della mediazione, così come il disposto in ordine ai costi incluso in compenso per il mediatore[168].

Il codice deontologico precisa ancora che “il mediatore che pratica anche l’avvocatura non può servire in una disputa come mediatore, se è stato od è ancora rappresentante per qualche causa di una delle parti coinvolte nella mediazione”[169].

Dopo aver sottoscritto l’accordo per mediare, con il consenso delle parti, il mediatore indicherà i tempi ed i luoghi della mediazione[170].

È il mediatore che prepara l’accordo per mediare in forma scritta ed esso viene firmato dal mediatore e dalle parti, esso contiene, in aggiunta ai requisiti di legge, anche il termine per mediare, il luogo e le date delle sessioni ed altre importanti informazioni (il tutto deve essere numerato cronologicamente)[171].

Sul punto il codice deontologico sembra in contraddizione con il dettato legislativo, ma forse vuole soltanto significare che l’indicazione del termine, luogo e delle date segue sullo stesso documento alla firma delle parti.

Se pende già la causa e le parti nel frattempo decidono di mediare, sono obbligate ad informare, inviando ad essa una copia del contratto per mediare[172].

Insieme alle parti, ai legali rappresentanti e al mediatore, possono partecipare alla procedura anche i terzi, a condizione che le parti acconsentano preventivamente[173].

Il terzo che partecipa alla mediazione è tenuto a rispettare il principio di riservatezza[174].

All’inizio della procedura il mediatore informa brevemente le parti sullo scopo della mediazione, sulla procedura che sarà condotta, e sul ruolo del mediatore e delle parti[175].

Il mediatore può condurre incontri separati con ciascuna delle parti se considera che ciò sia nell’interesse della procedura, e può proporre opzioni per la risoluzione della controversia, ma non la risoluzione stessa[176].

Il Codice deontologico ci viene in aiuto per un approfondimento: “Il principale ruolo di un mediatore è assistere una volontaria risoluzione della controversia. In relazione a ciò presenta le questioni e aiuta le persone ad esplorare le soluzioni. Il mediatore deve fare in modo che le parti esplorinotutte le possibili opzioni di risoluzione della disputa. Il mediatore non offre alle parti pareri professionali o legali, ma se richiesto, può informare le parti circa l’importanza di una consulenza di altri professionisti che possano aiutarle a scegliere le opzioni in base alle informazioni ricevute”[177].

Durante la procedura il mediatore deve trattare le parti in modo paritario[178].

Le parti sono tenute a presentare l’oggetto di contestazione nella maniera più corretta e sincerapossibile[179].

Il raggiungimento dell’accordo nella procedura di mediazione dipende esclusivamente dalla volontà delle parti[180].

Il mediatore è tenuto ad assistere le parti ed a votarsi al raggiungimento dell’accordo[181].

Una volta raggiunto l’accordo nell’ambito della procedura di mediazione, il mediatore compila una convenzione scritta, che viene firmata da lui e dalle parti[182].

Tale accordo ha la forza di un documento definitivo ed esecutivo[183].

Se il caso proviene da un fascicolo processuale, l’accordo scritto dovrà essere inviato alla Corte che dopo averlo approvato ha il potere di renderlo esecutivo[184].

La procedura di mediazione può durare fino a novanta (90) giorni[185].

Il procedimento di mediazione termina:

a) con l’accordo raggiunto tra le parti;

b) con il ritiro di una delle parti in qualsiasi momento della procedura, che dichiari di non avere alcun interesse a proseguire il procedimento di mediazione;

c) con la conferma del mediatore, previa consultazione con le parti, che la prosecuzione della procedura non è ragionevole;

d) quando è spirato il termine per raggiungere l’accordo[186].

Dopo la conclusione della mediazione, il mediatore è tenuto in ogni caso a informare per iscritto il giudice o altra autorità competente circa il completamento della procedura, quando la stessa derivi da un fascicolo processuale o da altro organo competente[187] .

Il mediatore può concludere la mediazione se durante la procedura sussistano o appaiono questioni inerenti la sua imparzialità[188].

Per il popolo kosovaro l’imparzialità è la qualità più importante che il mediatore debba possedere e dunque il codice deontologico si diffonde a lungo sul concetto: apprendiamo che per imparzialità si intende il non schierarsi o favorire una parte, le sue opinioni e i suoi rappresentati nella mediazione[189]. Il mediatore dovrebbe evitare azioni che possano dare   segni di parzialità ad una delle parti. A questo proposito, il mediatore dovrebbe aiutare entrambe le parti e non solo una, nel raggiungimento di una soluzione volontaria per il loro problema[190]. Il mediatore offre il suo servizio alla sola condizione di rimaner imparziale e deve  rifiutarsi di mediare se non può condurre la mediazione in modo imparziale[191].

Il mediatore dovrebbe rimanere imparziale durante l’intero processo di mediazione. Se il mediatore si sente di essere carente di imparzialità deve informare immediatamente le parti che non può continuare la procedura, e abbandonare il caso[192].

Il mediatore dovrebbe preservare la sua imparzialità e non mostrare pregiudizi basati sulle caratteristiche delle parti in relazione alla loro origine, al loro sesso, nazionalità, linguaggio, religione, valori e credenze, o per come un persona appare in mediazione, o per altre ragioni discriminatorie[193].

Il mediatore non dà o riceve doni, favori (servizi), prestiti o altre cose di valore che possano rappresentare un problema sulla sua  reale imparzialità[194].

Il mediatore durante la procedura non permette pressioni od influenze di terze parti (persone, ufficiali delle istituzioni o di governo o di altre agenzie), che possano compromettere la sua indipendenza o imparzialità[195].

L’accordo raggiunto in mediazione ha lo stesso potere dell’accordo raggiunto in sede processuale, se è approvato dalla Corte nella prosecuzione del giudizio o dal pubblico ministero o da altra autorità competente[196] .

La Corte o il pubblico ministero possono annullare l’accordo raggiunto in mediazione quando concludono che lo stesso violi la legge, quando la volontà delle parti non lo riflette o quando i loro diritti ed interessi siano compromessi, o quando non ci sia proporzione tra compensazione e danno[197].

Nel caso in cui si verifichi un conflitto di interessi, il mediatore viene escluso dalla procedura di mediazione, a meno che le parti, dopo essere state informate dell’esistenza delle circostanze corrispondenti, decidano che continui a condurre la procedura[198].

Un conflitto di interessi viene inteso dal codice deontologico come “qualsiasi interesse personale o finanziario relativa alla controversia o qualsiasi tipo di precedente relazione diretta o indiretta di tipo finanziario, commerciale, professionale, familiare o sociale con qualsiasi delle parti, che possono influenzare la l’imparzialità del mediatore o creare l’impressione di parzialità[199].

Il codice deontologico specifica però sulla falsa linea degli standard americani in materia che “se il conflitto mette a rischio l’integrità del processo di mediazione, il mediatore si deve ritirare dalla mediazione[200]”.

Se il mediatore decide di ritrarsi deve fare in modo che le parti possano disporre di una lista di mediatori certificati tra cui scegliere il nuovo mediatore, o deve riferire le parti al Registro dei mediatori[201].

Nella procedura di mediazione le spese saranno corrisposte proporzionalmente dalle parti, a meno che le stesse non abbiano preso diversi accordi[202].

Il compenso del mediatore sarà regolato da un regolamento del Ministero della Giustizia[203].

Le tariffe adottate attualmente dalla Camera di commercio americana in Kosovo partono da un minimo di 50 € e vanno ad un massimo di 200 € a sessione, a seconda dal valore della controversia[204].

Non si sono rinvenute invece indicazioni circa l’approvazione delle tariffe come richiesto dalla legge.

Interessanti in materia di compenso sono le norme del codice deontologico.

Prima di iniziare la mediazione, il mediatore fornisce alle parti informazioni sufficienti sulle tariffe dei compensi con l’obiettivo di stabilire se siano in grado di utilizzare i servizi di mediazione. Bisogna che siano incluse informazioni anche in merito ad interruzioni o ritardi, allacompensazione delle spese e ai metodi di pagamento[205].

Gli accordi per il pagamento del mediatore devono essere in forma scritta, salvo che sia diversamente concordato tra le parti[206].

I mediatori sono tenuti a rispettare le tariffe come determinate dalla legge[207].

I mediatori che si ritirano dalla mediazione devono rimborsare le parti del denaro inerente il lavoro non concluso[208].

Il mediatore non può accettare denaro per riferire un caso ad altro mediatore o ad altra persona[209].

Concluse le norme sulla procedura la legge si occupa di disciplinare la Commissione per la mediazione.

La Commissione per la mediazione (Komisionit për Ndërmjetësim) è istituita dal Ministero della Giustizia[210].

È composta dal presidente e da quattro membri. Il Presidente deve essere civile e osservante e deve essere nominato dal Ministro della Giustizia[211].

Nella Commissione per la mediazione sono rappresentati con un membro ciascuno il Ministero della Giustizia, il Consiglio giudiziario del Kosovo, il Consiglio dei magistrati del Kosovo, la la Camera degli avvocati del Kosovo[212] e il Ministero del Lavoro e della previdenza sociale[213].

La Commissione per la Mediazione definisce le politiche inerenti alla mediazione, può emettere raccomandazioni e decisioni, redige e tiene il registro dei mediatori, si occupa della formazionedei mediatori, rende i pareri professionali in materia, dispone in tema di pubblicità della mediazione[214].

La legge si occupa poi dello status dei mediatori.

Il mediatore può essere qualsiasi persona che soddisfi le condizioni generali di legge vigente per essere impiegato[215]. Deve  però:

a)    essere in possesso di una laurea, il regolamento sulla formazione ci informa (art. 2) che la laurea può essere anche stata presa all’estero;

b)    aver superato con successo un corso di formazione in mediazione,

c)    aver mediato in supervisione per 6 sessioni; il tempo verrà peraltro conteggiato nelle 36 ore di formazione specializzata (art. 3 regolamento formazione) e potrà riguardare mediazioni simulate o reali; il supervisore deve essere a sua volta certificato e per lui come per tutti coloro che sono supervisionati vale il principio di riservatezza; alla fine della sessione il supervisore deve firmare ilverbale di supervisione (art. 10 regolamento formazione);

d)    non essere stato condannato per un reato con pena superiore ai 6 mesi di reclusione;

e)    essere in possesso di elevate qualità morali: devono essere attestate con due lettere di referenza non di familiari scritte da persone che hanno avuto una frequentazione con l’aspirante mediatore di almeno tre anni (articolo 12 regolamento formazione);

f)     essere iscritto nel Registro dei mediatori[216].

Il corso per mediatori è organizzato dal Ministero della Giustizia in collaborazione con la Commissione per la mediazione[217].

si tratta di un corso base di 40 ore e di un corso di specializzazione di 36 tenuto da un ente di formazione o da un formatore che sia certificato dalla Commissione sulla mediazione.

La formazione di base attiene alle seguenti materie: teoria della mediazione, procedura della mediazione, abilità della mediazione, deontologia e diritto della mediazione[218].

La formazione specialistica invece riguarda uno o più aspetti delle materie oggetto di mediazione (il programma può essere approvato dalla Commissione per la mediazione: art. 7 regolamento formazione) e dunque lo studio del rapporto giuridico familiare, penale, civile e amministrativo (art. 3 regolamento formazione); ogni partecipante dovrà almeno dimostrare di saper mediare per due volte durante il corso nell’ambito delle esercitazioni (articolo 5 regolamento formazione).

Coloro che superano il corso con successo ricevono un certificato rilasciato dalla Commissione per la mediazione che è necessario per l’iscrizione nel Registro dei mediatori[219].

Quella descritta più sopra è l’unica formazione che dà diritto alla certificazione della Commissione per la mediazione  e che dà modo di iscriversi al Registro dei mediatori (art. 6 regolamento formazione).

Ogni due anni i mediatori devono effettuare una formazione continua di almeno 20 ore attraverso un provider certificato (art. 8 regolamento formazione).

La Commissione per la mediazione può adottare norme per la certificazione dei formatori.

Peraltro si considerano formatori certificati quelli che provengono dai programmi SEAD- USAID, dal Progetto di gemellaggio dell’UE; dal CSSP, dall’UNDP, dall’International Finance Corporation della Banca Mondiale e dai Partners del Kosovo[220] (art. 9 regolamento formazione).

Il Ministero della Giustizia rilascia una licenza ai mediatori che abbiano raggiunto le condizioni previste dalla legge[221]; su proposta della Commissione per la mediazione il Ministero sospende o revoca la licenza del mediatore, in accordanza con la legge[222].

Ogni persona che pratica la mediazione in qualsiasi forma, destinatario di una licenza od altro (sembra richiamarsi qui la mediazione tradizionale), deve osservare il Codice deontologico(predisposto dalla Commissione per la mediazione). Ogni violazione andrà riferito alla Commissione per la mediazione[223].

Il Registro pubblico dei mediatori è tenuto dalla Commissione per la mediazione[224]. Esso contiene tutti i dati personali dei mediatori[225]. Un copia del registro va regolarmente distribuita nelle Corti,  presso il pubblico ministero e alle istituzioni competenti[226].

La Commissione per la mediazione dopo aver ricevuto una decisione definitiva dal Ministero della Giustizia elimina il mediatore dal Registro.

Il mediatore viene rimosso dal Registro su sua richiesta, per morte, per revoca della licenza, per perdita della capacità di agire e per aver svolto un compito od una funzione incompatibile con la mediazione di cui alla legge in vigore[227].

Si prevedono poi i diritti ed i doveri dei mediatori e delle parti. Essi si determinano all’inizio della procedura di mediazione. L’accordo riguarda i diritti e gli obblighi da rispettare fino alla fine del procedimento, in conformità con la normativa vigente e le norme della morale[228].

Un cittadino straniero può rivestire la qualifica di mediatore in Kosovo in singoli casi e nel rispetto della condizione di reciprocità con il previo consenso del Ministero della Giustizia[229].

Una volta diventati mediatori ciò che ha rilievo è la competenza: la legge non richiede questo requisito, ma il codice deontologico è molto chiaro sul punto.

Il mediatore medierà se possiede le necessarie competenze per aiutare le parti nella risoluzione della disputa[230]. Il mediatore medierà soltanto nei campi in cui è qualificato per esperienza e formazione. Non tenterà di mediare in un campo non familiare per cui non si possono aspettarebuoni risultati nella risoluzione della disputa[231].

Se durante la procedura il mediatore si rende conto di non avere la competenza deve discuterne con le parti se ciò è considerato praticabile e prendere le misure necessarie per affrontare la situazione, includendo, ma non limitandosi al ritiro dalla mediazione, o richiedendo appropriata assistenza o l’inclusione nella procedura di un co-mediatore certificato. Se il mediatore si ritira dalla procedura, deve mettere in contatto le parti con un mediatore certificato[232].

La competenza può essere compromessa anche dall’uso di sostanze: se l’abilità del mediatore di condurre una mediazione è sminuita per l’uso di droga, alcool o medicinali o altri prodotti similari, il mediatore deve ritirarsi dalla mediazione[233].

In generale il mediatore dovrà continuamente cercare di incrementare le sue abilità professionali con l’obiettivo di accrescere la qualità della mediazione, includendo ma non limitandosi a, una continua educazione alla mediazione[234].

La legge si chiude infine con le sanzioni a carico del mediatore. Un mediatore che, mentre esercita i suoi poteri, rivela illegalmente un segreto del suo ufficio o abusa del dovere del suo ufficio si può considerare punibile in base al Codice Penale del Kosovo[235].

Ma non può nemmeno tollerare che si commettano degli illeciti in mediazione: il mediatore – dice il codice deontologico – non può prendere parte ad un processo di mediazione se durante lo stesso viene a conoscenza di fatti disonesti, fraudolenti od indecorosi[236].

Il codice deontologico si diffonde ancora sulla pubblicità: il mediatore può promuovere i suoi servizi in modo professionale, in via riservata e dignitosa[237].

Il mediatore non garantisce ai clienti o a potenziali clienti la risoluzione della disputa e non promette che la mediazione dia certi risultati[238].

Si tratta di norme che ancora una volta si ispirano alle Model Standards of Conduct for Mediatorselaborate negli Stati Uniti.

In conclusione possiamo dire che in Kosovo si è coniugata con grande intelligenza e misura la grande tradizione con la modernità.


[1] Più del 50% della popolazione vive sotto la soglia di povertà.

[2] Secondo l’Indice di Percezione della Corruzione pubblicato recentemente da Transparency International. http://www.transparency.org/whatwedo/pub/global_corruption_barometer_2013

[3] A livello internazionale pende un’accusa di traffico di organi, droga ed omicidio. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine afferma che la corruzione è l’ostacolo principale per lo sviluppo imprenditoriale in Kosovo.

[4] Cfr. Hashim Thaci a euronews: “Il Kosovo entrerà nell’UE”,http://it.euronews.com/2014/02/13/hashim-thaci-a-euronews-il-kosovo-entrera-nell-ue/

[5] Аутономна покрајина Косово и Метохија

[6] Ricordo che 15 anni fa con la Serbia è scoppiato un conflitto sanguinoso che ha portato alla deposrtazione di un milione di Kosovari.

[7] Il negoziato si è tenuto nell’aprile del 2013.

[8] Kosovo: 6 anni fa la proclamazione unilaterale dell’indipendenza, 15 febbraio 2014.http://it.radiovaticana.va/news/2014/02/15/kosovo:_6_anni_fa_la_proclamazione_unilaterale_dellindipendenza/it1-773493. È notizia del 6 marzo che durante la partita di calcio Kosovo-Haiti è stata bruciata una bandiera serba.

[9] Corrisponde al territorio sommato assieme delle Province di Trento e di Udine.

[10] Nel 2012 sono stati aperti dei centri in Peja, Gjilan, Ferizaj, Gjakova e nel 2013 in Pristina e Mitrovica. Cfr. Ndërmjetësimi-Zgjidhja e Shpejtë e Problemeve të Vogla (TV), 6 luglio 2013,http://gazetajnk.com/?cid=1,1018,5954

[12] “The Assembly of Republic of Kosovo,

Based on Article 65, point (1) of the Constitution of Republic of Kosovo,

For the purpose of regulating, organizing, functioning and resolution of disputes in effective way through mediation;

Honoring the historic tradition of mediation in Kosovo, as well as improving justice system in Kosovo; (omissis)”

[13] Essi si stanziano nel territorio due millenni prima di Cristo, ma fondano un regno solo nel III secolo.

[14] Da non confondere con lostrumento musicale  qanun ( in arabo : قانون ), che è uno strumento a corda suonata in gran parte del Medio Oriente, Asia centrale e sud-est Europa. il nome deriva dalla parola araba Kanun.

[15] Cfr. Z. AHMETI, The criminal law in the “Kanun of Lekë Dukagjini” – The Albanian customary law -. http://www.shkoder.net/en/kanun_en.htm

[16]  Data in cui inzia la resistenza contro la dominazione ottomana con un patto di fratellanza.

[17] Un proverbio albanese dice che “è più coraggioso perdonare che uccidere” (‘ai që fal është më trim se ai që vret’). Cfr. M. MUSTAFA- A. YOUNG, Feud narratives: contemporary deployments of kanun in Shala Valley, northern Albania, 2008in http://www.drustvo-antropologov.si/AN/PDF/2008_2/Anthropological_Notebooks_XIV_2_Mustafa.pdf

[18] Questa situazione è molto stressante tanto che in Albania nel periodo 2002-2008 ci sono stati1502 suicidi per lo stress da vendetta. Circa un terzo della popolazione è emigrato fuori dell’Albania, e una parte considerevole di esso è a causa dei conflitti e inimicizie. Ogni anno ci sono 90-130 omicidi per vendetta.

[19] Negli ultimi ventanni 9800 omicidi sono stati messi in relazione con la faida.

[20] A parte il caso di adulterio.

[21] Né sui preti o sui vecchi ammalati.

[22] Cfr. GJIN MARKU KRYETAR,  Letter: In regard to the rapport for the Security Council of United Nations about the phenomenon of blood feud in Albania. Tirana il 16 aprile 2010.http://www.pajtimi.com/index.php?faqe=UKpaper

[23] KANUNI I LEKË DUGAGJINIT.

[25] KISHA

FAMILJA

MARTESA

SHPI, GJA E PRONE

PUNA

TË DHANUNAT

FJALA E GOJES

NDERA

DAMET

KANUNI KUNDRA MBRAPSHITËVET

KANUNI I PLEQNIS

SHLIRIME E PERJASHTIME.

Il Kanun si può consultare ad esempio in http://www.prishtina.de/Kanuni/12shlirime.perjashtime.htm

[26] Che lo raccolse nella rivista albanese francescana “Hylli i Dritës”.

[27] Ahmed  Zogu divenuto re nel 1928.  Cfr.  ANTONELLO  BIAGINI, Storia  dell’Albania  contemporanea, Milano,  Bompiani, 2005.

[28] In virtù del fatto che in tutti gli uomini è presente il sangue. L’articolo 124 recita: “dinanzi alla legge ogni individuo maschio che nasce, è ritenuto come buono e uno non si distingue dall’altro. Il prezzo della vita dell’uomo è uguale sia per il sano come per il difettoso. Ognuno considera se stesso buono e valoroso (…) nessuno si considera inferiore agli altri.” Peraltro il sangue di una donna “vale” di più di quello dell’uomo.

[29] Il Cristianesimo verrà poi vissuto come una contaminazione, un religione che si appropriava degli elementi già appartenenti al Kanun.

[30] Termine intraducibile nelle altre lingue che si può forse indicare in italiano con il vocabolofiducia.

[31]La violazione della Besa comporta il disonore. L’onore è un concetto che vale per l’individuo, ma anche per la famiglia e per la tribù; ogni aggregato ne ha uno suo proprio.

[32] L’osservanza della Besa comporta come corollario appunto l’ospitalità; il Kanun (capitolo XVIII) dice: ”La casa dell’albanese è di Dio e dell’ospite”.

[33] La stessa pacificazione, come vedremo, può passare attraverso lo scambio reciproco di gocce di sangue e la bevitura dello stesso.

[34] Si pensi al concetto di pater familias; lo ritroviamo anche nel Kanun ma qui il padrone di casa può essere sotituito dagli altri membri se sta conducendo la famiglia alla rovina. Inoltre per il Kanunqualsiasi maschio sposato può dividere la famiglia anche dal punto di vista economico e giuridico, cosa che era impensabile nel mondo romano. Per il Kanun è la famiglia che vota in assemblea, paga le tasse ed assolve agli obblighi militari e non il singolo individuo.

[35] La casa di  Lek Dukagjini dopo di lui cambiò il nome in Gjomarkaj e continuò a governare laMirdizia nei secoli nel suo nome.

[36] Cfr. Z. AHMETI, The criminal law in the “Kanun of Lekë Dukagjini” – The Albanian customary law -. http://www.shkoder.net/en/kanun_en.htm

[37] Cfr. art. 9 § 19: “Familjen e perbajn gjindja e shpis; si të shtohen këta, dahen në vllazni, vllaznija në gjini, gjinija në fise, fiset në flamur e të gjith zbashku permblidhen në nji Familje ma të hapët, e cila quhet Kom,  e kan nji atme, nji gjak, nji gjuhë, e doke”.

[38] NYE I NANDDHETENANDTËT. Ndermjetsija.

§.667. Ndermjetsi, si lajmtari, nuk bân faj as nuk xêhet.

§.668. Ndermjetës thirret aj, i cilli hîn per me dà fjalët e kqij a, me shmangë rragen, prej të cillave mùnd të shkaktohet vrasa a ndo ‘i rrênim tj eter.

§.669. Nderrnjetës mùnd të jét burrë a grue, djalë a vajzë a edhè Prifti.

§.670. Ndermjetës mùnd të hîjë per shpi me shpi, per katund me katund, per flamur me flamur.

§.671. Me i u pré ndermjetsija njij shpis së veçanët, vetë e kerkon mikun.

§.672. Me i u pré ndermjetsija njij kaktundi, katundisht u lypë mikun.

§.673.  Me i u pré ndermietsija njij flamuri, flamuri mbarë e lypë mikun.

§.674.  Me i u pré ndermjetsija Priftit, mikun e lypë Famullija, në të cillen gjindet, a sè flamuri e lypë, po hîni ndermjet n’emen të flamurit.

§.675.  Prifti, per me dà të keq, hîn ndermjet jo n’emen të vet, por a n’emen të Famullis a n’emen të flamurit; por vetëm atbotë, kùr mos ti pûnojë fuqija e fjalës fêtare.

§.676. Po s’u inuer para sysh fuqija e fjalës fetare, atbotë Prifti hîn ndermiet si çdo qytetas, por, tuj mos bajtë zyria e tij shpatë e litàr, po i u bâ n’asgja ndermjetsija si e çdo qytetasit, katundi a flamuri do t’a mkambin nderen e tij tuj e lypë mikun e prém.

§.677.  Me kênë të vramë njiqind vetë në njânin krah e në tietrin kurrnji, s’i të hîjë kush ndermjet, pushka do të prâjë, zjarmi do të shuhet.

§.678.  Me bâ me u qitë poshtë flala e ndermjetsit, ajo lagje, qi të fîlloëj pusken, i a pret mikun ndermjetsit. (Po s’prâni pushka e fjala e gergasa permbas ndermjetsis, perzihet lamshi per mnerë, kryqzohet pushka, e grihen aty per aty.)

§.679.  Fjalët e dokshme të ndermjetsis jânë: “Leni flalët, or juni, jam ndermjet une! -Prani pushken, burra, un jam nderrnjet mjé ké të mirremi vesht. – Prani pushken, sè katundi…, flamuri… âsht ndermj et! “

§.680.  Ndermjetsi u mêrr pêgjet të dyja lagjeve, tui u dà diten sè kùr e kû do të mblidhen në kuvend, per me u mârrë vesht.

§.681.  Po nuk muejt me i ndreqë ndermjetsi, pêgjet e të dy lagieve u lshon në dorë burrave t’urtë, e ky atbotë lirohet e del prej nderrnjetsije.

§.682.  Ndermjetsija mbaron gjithherë a me të rame diellit a me të mârrun të diellit (me të lem a me prendim të diellit). http://www.prishtina.de/Kanuni/8ndera.htm

Cfr. Z. AHMETI, The criminal law in the “Kanun of Lekë Dukagjini” – The Albanian customary law -.http://www.shkoder.net/en/kanun_en.htm

[39] §.669. Nderrnjetës mùnd të jét burrë a grue, djalë a vajzë a edhè Prifti.

[41] Z. AHMETI, The criminal law in the “Kanun of Lekë Dukagjini” – The Albanian customary law -.http://www.shkoder.net/en/kanun_en.htm

[42] Questa ipotesi nel diritto greco è considerata la prima fonte dell’obbligazione contrattuale. BISCARDI, Diritto greco antico, Giuffré, Varese, 1982, p. 164.

[43] Immagina questa utilizzata da diversi organismi di mediazione anche oggi.

[44] BISCARDI, Diritto greco antico, op. cit., p. 165.

[45] Il sangue dell’assassino ucciso a seguito della faida peraltro un tempo veniva consevato dall’uccisore, perché solo così si poteva “equiparare” la perdita del sangue della vittima.

[46] §.667. Ndermjetsi, si lajmtari, nuk bân faj as nuk xêhet.

[48] Questa soluzione è stata la più efficace per evitare gli omicidi negli ultimi anni; mentre le condanne e gli imprgionamenti della giustizia officiale non hanno ottenuto risultati sognificativi.

[49] Buka e gjakut.

§.982. Buka e giakut âsht ajo, kùr ndermjetsit e pajtimit të gjakut me disà prej gjini­jet, shokësh e dashamirësh të zot’t të glakut t’i shkoin në derë dorërasit per pajtim të giakut e të hajn buken e gjakut të paituem.

[50] §.983. Kanû âsht, ‘si të vêhet per fije pajtimi i gjakut e, ‘si të bahet buka, të hijn Dorzânët si të gjakut si edhè të të hollavet e të bahet kryqi në derë të dorërasit prej të zot’t të gjakut.

[52] Cfr. Z. AHMETI, The criminal law in the “Kanun of Lekë Dukagjini” – The Albanian customary law -. http://www.shkoder.net/en/kanun_en.htm

[53] La storia della giurisdizione penale tedesca contiene peraltro alcuni elementi comuni con il diritto consuetudinario albanese.

[54] Wolff fu il più eminente filosofo tedesco nel periodo tra Leibniz e Kant. La sua opera riguarda praticamente ogni aspetto della dottrina filosofica del suo tempo, esposta e spiegata con il suo metodo matematico dimostrativo-deduttivo che probabilmente rappresenta il picco della razionalità illuministica in Germania.

Wolff introdusse il tedesco come lingua scolastica e di ricerca, sebbene scrivesse spesso anche in latino, allo scopo di essere letto e compreso dagli studiosi internazionali. Cfr. e-Study Guide for: Societies, Networks, and Transitions, Volume 2,  aggiornamento a cursa di Craig A. Lockard, Content Technologies inc., 2014, p.

[55] Cfr. JOSEPH-VON DUSS WERDT, Homo mediator, Stuttgart 2005, p. 60. Die albanische Tradition der Vermittlung in

Veröffentlicht in: DGM-Newsletter (Deutsche Gesellschaft für Mediation e.V. ),http://www.dgm@web.de, 2/2011. In http://albanisches-institut.ch/wp-content/uploads/2011/12/albanische-Tradition.pdf

[56] “…consultum quoque esse duximus, ut gi loci sgeremus de amicabili compositione, transactione, mediatione et& arbitrio: hi enim sunt modi, quibus in statu naturali controversiae de jure componi possunt”. Cfr. Christiani Wolfii Jus naturae methodo scientifica pertractatum… Volume V, Aere Societatis Venetae, p. iv e ss. http://books.google.it/books?id=eA925c98G44C&pg=PA312&lpg=PA312&dq=,+ne+re+infecta+a+tractatibus+discedatur&source=bl&ots=EELUJfrmdl&sig=VooohpwV6jSO9Pq0bkG_OEXT1-4&hl=it&sa=X&ei=hT0PU6GIE4Sg4gStu4CwBw&ved=0CC4Q6AEwAA#v=onepage&q=%2C%20ne%20re%20infecta%20a%20tractatibus%20discedatur&f=false.

[57] Differt a judice, qui jure a superiore in ipsum translato rem controversiam decidit, quemadmodum suo loco parebit. Differt etiam ab arbitro, qui consensu partium rem controversam deciditi aut suam de ea sententiam exponit, prouti mox videbimus. Parum autem refert, utrum mediator a parte altera, vel ab utraque rogatus hoc faciat, an sponte sua non rogatus se offerat.

Arbitrator dicitur, qui eligitur, ut rem controversam componere studeat, non tamen jure eam decidendi, vel componendi in eum translato.

[58] I concetti alcuni di quelli che il mediatore civile ripete alle parti ancora oggi. Cfr. Christiani Wolfii Jus naturae methodo scientifica pertractatum op. cit. pp. 306 e ss.

[59] Mediator est,  qui ad rem controversiam inter alios componendam operam suam consert, jure eam componendi destitutus. Actus autem, quo compositio a tertio vel perficitur, vel tentatur Mediatio vocatur.

[60] Mediatorem se offerre potest, quicunque voluerit: a voluntate autem partium pendet, utrum eum admittere velint, nec ne.

[61] Qui in mediatorem consentiunt, non tamen sibi invicem obligantur ad eius mediatione utendum, nisi accesserit perfecta unius partis promissio et ab altra parte facta acceptatio

[62] Qui in mediatorem certum consentiunt, quamvis sese invicem sibi obligent ad utendum hoc mediatore; in eo tamen, quod ipsi visum fuerit, acquiescere non tenentur.

[63] Mediator de conditionibus, quae utrinque offeretur, judicium suum interponere et ut modo fiat compositio suadere debet.

[64] Mediator nihil omittere debet, quod ad rem controversiam componendam a se proficisci potest proficisci.

[65] Mediator trutinare debet rationes praetensionum partis utriusque

[66] Mediator omnem dare operam debet, ne re infecta a tractatibus discedatur

[67] Mediator in re controversia componenda probe perpendere debet, quid prudentiae conveniat.

[68] Mediator impartialis, seu a partium studio procul remotus esse debet.

[69] Partes mediatorem revocare possunt, quandocunque visum fuerit.

[70] Partes a conventu aliquo mediatorem escludere possunt, si ita visum fuerit, absque injuria, modo intersit, ne agere ferat mediator, et ne mediationem prorsus deserat.

[71] Si cum mediatore expresse ita suerit conventum, ut singulis conventibus intersit; absque injuria eum excludere ab aliquo conventum non licet

[72] Die albanische Tradition der Vermittlung in   Veröffentlicht in: DGM-Newsletter (Deutsche Gesellschaft für Mediation e.V.), http://www.dgm@web.de, 2/2011. In http://albanisches-institut.ch/wp-content/uploads/2011/12/albanische-Tradition.pdf

[74] Puglia, Basilicata, Calabria e Campania.

[75] P. CAO, The origins of mediation in traditional China, in Dispute Resolution Journal, May 1999.

[76] Con Maria Teresa d’Asburgo (1740-1780) e proseguito con i suoi figli e successori Giuseppe II (1780-1790) e Leopoldo II (1790-1792).

[77] 2. Self-determination is the ability of parties in mediation to reach a voluntary agreement which is not imposed, by making a free choice based on the information related to the process and the result. This is the main principle of mediation which should be respected and encouraged by the mediators.

[78] Art. 8 c. 2. The mediator informs the parties involved in the dispute that mediation is more effective when persons with full authority are present to take decision for the parties and when those persons are of the good will to take into consideration the possibility of a resolution.

[79] Tale diritto si riconosceva anche al conciliatore etneo prima richiamato.

[80] Cfr. DONATO ALTOBELLI, Il Kanun: etica e tradizione politica in Albania, cit. pp. 75 e ss.

[81] Il denaro a dire il vero è una incognita anche per i mediatori che se non accontentano le parti hanno difficoltà a giustificare il compenso per il loro servizio.

[82] In realtà Platone si esprime al condizionale e quindi assume che il primo tribunale “potrebbe essere composto”.

[83] Leggi, 956 c-d Platone, Le Leggi, trad. di Franco Ferrari e Silvia Poli, p.1053.

[85] LAW No. 03/L-057 ON MEDIATION 18 September 2008. Pomulgated by the Decree No. DL- 048 – 2008, dated 03.10.2008, of the President of Republic of Kosovo, Dr. Fatmir Sejdiu.http://www.gazetazyrtare.com/e-gov/index.php?option=com_content&task=view&lang=en&id=276

[86] LAW No. 03/L-006 ON CONTESTED PROCEDURE; LAW NO. 02/L-26 ON AGRICULTURAL LAND; LAW NO. 2004/45 ON COPYRIGHT AND RELATED RIGHTS; LAW NO. 02/L-28 ON THE ADMINISTRATIVE PROCEDURE;  LAW NO.2004/ 3 THE ANTI-DISCRIMINATION LAW; LAW NO. 2004/9 ON THE ENERGY REGULATOR; LAW NO.2004 / 14 ON INTERNATIONAL FINANCIAL AGREEMENTS.

[87] LAW No. 03/L-006 ON CONTESTED PROCEDURE.

EXCLUSION OF THE JUDGE FROM THE CASE

Article 67

67.1 A judge may be excluded from the legal matter:

(omissis)

d) if in the same case he or she has taken part in rendering a decision of a lower court or any other body or has taken part in mediation procedure; (omissis)

http://www.gazetazyrtare.com/e-gov/index.php?option=com_content&task=view&id=265&Itemid=28&lang=en

[88] Article 411

411.1 If the court sees it is necessary, then it will suggest in the preparatory session, based on the nature of the case and other circumstances, to resolve the issues with the intermediation based on a special law.

411.2 Intermediation can be proposed by the involved parties if they agree. Such a proposition the involved parties can do any time until the end of the main hearing session.

[89] 414.2 The parties can not reach the settlement through court if the charge has to do with the rights they do not freely poses (article 3, paragraph 3 of this law).

414.3 When the court decides there can be no court settlement between the parties then it stops proceeding until the order is decree absolute.

414.4 In the case of paragraph 2 of this article, the court will include in the minutes of the meeting the agreement between parties which can later be evaluated by the appeal court for its validity.

414.5 There is a special appeal against the order by which the agreement is refused.

[90] Article 415

415.1 As a rule the court settlement is done at the first degree court.

415.2 If the appeal is going on in the second degree court, the first degree court notifies the appeal court regarding the settlement done in this phase. After this notification the appeal court ends the appeal procedure supposing that the appeal is withdrawn.

415.3 The court settlement can be reached also in the second degree court during the hearing.

415.4 If the court settlement is done after the verdict of the second degree court, then the court annuls such a verdict by a special order. The verdict will be annulled also by a first degree court even if the settlement is reached during the procedure at the second degree court.

415.5 There is no appeal against the order from paragraph 4 of this article.

[91] Article 412

The parties can resolve their case with the court settlement any time during the trial.

[92] Article 413

413.1 The court during the entire procedure, especially in the preparatory session, tries to come to a settlement if it is fair and if the nature of the case allows it.

413.2 The court can propose to the parties how to reach the settlement to help out in the process, considering their wishes, the nature of the case, their relationship, and other circumstances.

Article 414

414.1 In court settlement can be included the entire charge or just a part of it. The court brings an order regarding legal settlement.

[93] Article 416

416.1 The settlement is included in the minutes of the meeting.

416.2 The court settlement is concluded at the moment when the parties read minutes of the meeting on settlement and sign it.

416.3 Certified copy of the minutes of the meeting, including settlement, is given to the parties.

[94] 416.4 Court settlement should consist of also an agreement of court expenses. If the parties can not agree on expenses they can ask that this decision be brought by the court of the matter.

[95] Article 417

During the entire court procedure, the court considers if it is going along side with the charges if it came to a settlement, and if it considers the charges are addressed, rejects the charges.

Article 418

418.1 Court settlement can be reached only if charges are raised.

418.2 Court settlement is annulled if it reached by flattering, deceit, or force.

418.3 Court settlement is annulled also if in it took part a party with no procedural capability, if such a party was not represented by a legal representative, or the person did not have necessary authorization to act on special procedures except when his/her actions are later approved by the party itself.

418.4 Appeal about the court settlement annulment from paragraph 2 and 3 of this article can be raised within thirty (30) days from the moment it is known about the cause of annulment, and the last time during 1 year from the day when the court settlement ended.

[96] KODI I PËRKOHSHËM I PROCEDURËS PENALE I KOSOVËS∗

KAPITULLI XXVII: PROCEDURA E NDËRMJETËSIMIT

Neni 228

(1) Prokurori publik mund ta dërgojë kallëzimin penal për një vepër penale të dënueshme me gjobë ose me burgim deri në tre vjet për ndërmjetësim. Para se të veprojë kështu, prokurori publik merr parasysh llojin dhe natyrën e veprës, rrethanat në të cilat ajo është kryer, personalitetin e kryerësit dhe dënimet e mëparshme të tij për të njëjtën vepër penale apo për vepra penale të ndryshme dhe gjithashtu edhe nivelin e përgjegjësisë penale të tij.

(2) Ndërmjetësimi bëhet nga ndërmjetësi i pavarur. Ndërmjetësi detyrohet ta pranojë çështjen e dërguar nga prokurori publik dhe të ndërmarrë masa për të siguruar se përmbajtja e marrëveshjes është në proporcion me seriozitetin dhe pasojat e veprës.

(3) Marrëveshja mund të arrihet vetëm përmes ndërmjetësimit me pëlqimin e të pandehurit dhe të dëmtuarit.

(4) Me marrjen e njoftimit për arritjen e marrëveshjes, prokurori publik e hudh kallëzimin penal. Ndërmjetësi detyrohet të informojë prokurorin publik për dështim në arritjen marrëveshjes dhe për arsyet e dështimit të tillë. Kohëzgjatja për arritje të marrëveshjes nuk mund të kalojë tre muaj.

(5) Më rastin e hudhjes së kallëzimit në pajtim me paragrafin 4 të këtij neni, i dëmtuari nuk ka të drejtë të ndërmarrë apo të vazhdojë ndjekjen sipas nenit 62, paragrafët 2 dhe 4 të këtij Kodi. Ndërmjetësi detyrohet të informojë të dëmtuarin për humbjen e kësaj të drejte para se i dëmtuari të pajtohet me marrëveshjen.

http://www.unmikonline.org/regulations/unmikgazette/03albanian/A2003regs/RA2003_26_PCPCintranet.pdf

[97] Cfr.  Agenzia americana per lo Sviluppo Internazionale (USAID), PROGRAMI SISTEMI I PËRMBARIMIT TË MARRËVESHJEVE DHE VENDIMEVE NË KOSOVË (SEAD), Kosovo, 2012.http://www.kontrata.info/repository/docs/manual_trajnimi_procedurat_e_permbarimit__9182.pdf

Manual trajnimi: Ligji për ndërmjetësimin; cfr. sulla mediazione e giustizia riparativa in Kosovohttp://www.unicef.org/albania/guidelines_for_judges_and_prosecutors.pdf

[98] LAW NO. 2004/45 ON COPYRIGHT AND RELATED RIGHTS

Article 182.

Mediation

182.1. Collective associations and representatives of users may propose, on the basis of a mediation agreement, mediation in a dispute:

a. concerning conclusion of an inclusive agreement;

b. concerning conclusion of an agreement for cable retransmission of broadcasts;

c. concerning:

i.    use for the benefit of people with a disability;

ii.    use for the purpose of teaching;

iii.   private or other internal reproduction;

iv.   performance of official proceedings; and

v.   ephemeral recordings made by broadcasters.

182.2. The mediator shall be independent, impartial and not bound by instructions.

182.3. The mediator shall ensure that parties conduct negotiations in good faith and do not hinder them without valid justification.

182.4. The mediator may submit proposal to parties concerning the settlement of the dispute. The settlement proposal shall be deemed to have been accepted if the parties conclude an inclusive agreement or agreement for retransmission within three months following the receipt of the proposal.

182.5. Confidentiality shall be ensured in the mediation procedure.

182.6. The parties shall jointly choose the mediator from the list of mediators appointed by the Office.

182.7. The Office shall provide administrative assistance to the mediator.

182.8. The parties shall remunerate the mediator for his work.

182.9. The Office shall define, in greater detail, the mediation proceeding, as well as the degree and kind of education of the mediator, and other conditions that he has to fulfill.

http://www.gazetazyrtare.com/e-gov/index.php?option=com_content&task=view&lang=en&id=62

[99] LAW NO. 02/L-26 ON AGRICULTURAL LAND

Article 37

Dispute resolution

37.1. In cases of disagreement between parties on lease of agricultural land or grazing lease, parties may set the conflict-solving mediator with the contract or joint agreement.

37.2. Mediator in the mediation process may be a natural person with knowledge in the field of agriculture, and who have authority in the community where they live.

37.3. In case that the parties have appointed a mediator by contract, they might address to the competent court for solving the disputes even when the solution of the disputes through the mediator failed.

37.4. Parties with agreement for mediation shall set the manner and amount of compensation for solving the conflict.

37.5. Mediators are obliged to act in impartial manner.

37.6. Parties are obliged to provide documents and other information required to assist solution of conflict.

http://www.assembly-kosova.org/common/docs/ligjet/2005_02-L26_en.pdf

[100] LAW NO.2004/ 3 THE ANTI-DISCRIMINATION LAW

Article 7

Procedure

(omissis)

7.4. Any mediation or conciliation procedures which are available under the applicable law may be utilized, at the option of the claimant or the claimants, in order to address violations of this Law.

7.5. The use of procedures under Article 7.4 shall not preclude the claimant from filing a claim with the appropriate administrative organ or court of competent jurisdiction at any time.

(omissis)

http://www.unmikonline.org/regulations/2004/re2004_32ale04_03.pdf

[101] LAW NO. 02/L-28 ON THE ADMINISTRATIVE PROCEDURE.

[102] LAW NO. 02/L-28 ON THE ADMINISTRATIVE PROCEDURE 22 luglio 2005

SECTION III

Article 52

Reconciliation Act

In the course of an administrative proceeding between two parties, the responsible public administration body official shall endeavor to reconcile the parties to proceeding:

1.  The Reconciliation Act between two or more parties in an administrative proceeding shall be drawn in a written form and shall enter into effect upon reading and signing by the parties. A copy of reconciliation act shall be delivered to parties.

2. The reconciliation act between two or more parties has the same effect as an administrative act.

3. The competent public administration body shall not agree to reconciliation of parties to proceeding if such reconciliation is deemed to be to the detriment of public interests or legal interests of other natural and legal persons.

[103] 74.1. The administrative body, competent to reach a final decision in an administrative proceeding, may also reach mediation decision, if in its judgment, failure to undertake some action may result in severe irreparable damage to interests of the public or interested parties.

[104] 74.2. Mediation decision may also be reached at the initiative of the administrative body or at a request of interested parties.

[105] 74.3. The decision to undertake mediation action shall be justified and of specific timeframe.

74.4. Revocation of decision to undertake mediation action shall also be duly justified.

[106] Article 75

Termination of mediation decisions

Mediation decisions issued by competent authorities of public administration during the administrative proceeding, shall terminate in following cases:

a)   upon issuance of the final decision;

b)  when the deadline of validity of mediation decision expires;

c) in the absence of deadline specified by law or administrative body conducting investigation, at the expiry of 6 months from the date of commencement of proceeding.

[107] LAW NO. 2004/9 ON THE ENERGY REGULATOR

Article 17

17.1. The Energy Regulatory Office shall establish procedures for resolving disputes in the energy sector, including complaints:

a)  by customers against licensees concerning the services provided;

b)  by licensees against other licensees related to the performance of the licensed  activity;

c)  regarding third party access to the transmission or distribution electricity or natural  gas networks and cross border transmission of electricity or natural gas.

17.2.The dispute settlement procedures may assign to an energy enterprise, an arbitration panel, or another alternative dispute resolution body the authority to handle certain complaints. The procedures may also provide that the Energy Regulatory Office shall make a decision on the dispute or issue an opinion on the dispute which contributes to the settlement of the dispute.

17.3. The procedures for the settlement of disputes shall be established by the Energy Regulatory Office in secondary legislation to the Law.

[108] Article 7

Dispute Resolution and Choice of Law

7.1. International Financial Agreements shall include provisions for the resolution of disputes arising thereunder. Such provisions may provide for international arbitration, adjudication by Kosovo courts, or adjudication by the courts of any jurisdiction to be specified.

7.2. Subject to Article 7.1 of this law, International Financial Agreements shall provide for international arbitration in accordance with internationally recognized arbitration rules, such as the Arbitration Rules of the United Nations Commission on International Trade Law (UNCITRAL) or the Arbitration Rules of the International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID).

7.3. International Financial Agreements may provide for the applicability of the laws of any jurisdiction outside of Kosovo. In the absence of a choice-of-law provision, and unless otherwise provided in the International Financial Agreement concerned, the law applicable in Kosovo at the time such International Financial Agreement becomes effective shall apply to any question arising under the Agreement.

[109] LAW NO. 03/L-057 ON MEDIATION è entrata in vigore 15 dopo della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che è avvenuta il 3 novembre 2008. http://www.gazetazyrtare.com/e-gov/index.php?option=com_content&task=view&id=276&Itemid=28

Article 29

Entry into force

This law enters into force fifteen (15) days after its publication in the Official Gazette of Republic of Kosovo.

Law No. 03/L-057

18 September 2008

Promulgated by the Decree No. DL- 048 – 2008, dated 03.10.2008, of the President of Republic of Kosovo, Dr. Fatmir Sejdiu.

[110] LIGJ Nr.9090, date 26.6.2003 PER NDERMJETESIMIN NE ZGJIDHJEN E MOSMARREVESHJEVE¸in http://mobile.ikub.al/LIGJE/Per-ndermjetesimin-ne-zgjidhjen-e-mosmarreveshjeve-306260017.aspx

[111] LIGJ Nr.10 385, datë 24.2.2011 PËR NDËRMJETËSIMIN NË ZGJIDHJEN E MOSMARRËVESHJEVE,  in http://www.mediationworld.net/albania/court_rules/full/204.html

[112] 1.1 This Law regulates the procedure of mediation in general, the establishment, organization, functioning of the Mediation Council, as well as the rights, duties and qualifications of mediators.

[113] Il 23 settembre 2014 è stata pubblicata in gazzetta ufficiale la legge sull’arbitrato (LAW NO. 02/L-75 ON ARBITRATION). Cfr. http://www.gazetazyrtare.com/e-gov/index.php?option=com_content&task=view&lang=en&id=257

[114] 28.2 This law does not regulate the mediation procedure for juveniles, and commercial arbitration. These two procedures shall be regulated by separate laws.

[115] Kodi i miresjelljes se ndermjetesve ne Republiken e Kosoves

/docs/Rregullorja%20per%20trajnim.PDF

La legge prevedeva in realtà che entro 6 mesi fossero dati i regolamenti di attuazione.

Article 28

28.1 Six months after this law enters into force, it will be followed by the enactment of sub legal acts.

[117] LIGJ Nr.10 385, datë 24.2.2011 PËR NDËRMJETËSIMIN NË ZGJIDHJEN E MOSMARRËVESHJEVE1

[118] Neni 1

Kuptimi i ndërmjetësimit

3. Ndërmjetësit nuk kanë të drejtë të urdhërojnë apo të detyrojnë palët të pranojnë zgjidhjen e mosmarrëveshjes.

[119] In Italia è apparso recentemante un film sull’argomento intitolato La faida, che è stato girato nei sobborghi di Scutari nel 2011.

[120] E ciò dal 1444 quando venne approvata la linea di uno dei due comandanti della resistenza contro gli Ottomani, Skanderbeg.

[121] Cfr. MM. ZEF AHMETI,  MES TRADITËS DHE MODERNËS DISA VLERËSIME PËRKITAZI ME LIGJIN PËR NDËRMJETËSIM I REPUBLIKËS SË KOSOVËS in http://www.mediation-beratungen.ch/media/ZA-Analiza-ndermjetesimi.pdf

[122] 1.2 This law establishes rules of mediation procedure in contested relationships, in legal-assets matters, of natural and legal persons, commercial, family, labor, other civil, administrative and criminal relationships, on which the parties can freely act with their good will, if otherwise not foreseen the exclusive responsibility of a court or other competent body with a separate law.

[123] Neni 2

Fusha e zbatimit

2. Ndërmjetësimi zbatohet për zgjidhjen e të gjitha mosmarrëveshjeve në fushën e së drejtës civile, tregtare, të punës dhe familjare.

[124] 3. Ndërmjetësimi në fushën penale zbatohet për mosmarrëveshjet që shqyrtohen nga gjykata me kërkesën e të dëmtuarit akuzues, ose me ankim të të dëmtuarit, sipas neneve 59 dhe 284 të Kodit të Procedurës Penale, si dhe në çdo rast kur ligji i veçantë e lejon atë.

[125] 1.3 This law recognizes the agreement reached between the parties, subject of law for initiation of the mediation procedure, in any phase of the legal procedure before the competent court.

[126] “Mediation” is an extra-judicial activity carried out by a third person (mediator), for the purpose of resolving by conciliation disagreements between parties subject to law in accordance with the provisions of this law.

[127] “Dispute” means any dispute between parties subject to the law.

[128] “Mediator” is the third neutral party, authorized to meditate between two parties aiming to resolve disputes, in accordance with the principles of mediation. Per un contatto più diretto coi mediatori kosovari cfr. https://www.facebook.com/ndermjetesimi.mediation

[129] Article 3

Expression of Will

To initiate the mediation procedure the free will of the parties should exist.

[130] Article 4

Equality of the Parties in Procedure

In mediation procedure parties are equal and they have equal rights and obligations in accordance with the law.

[131] Article 5

Impartiality

The mediator during the mediation procedure is fully impartial and independent of any kind of impact.

[132] Article 6

Confidentiality and Credibility

6.1 The mediation procedure is of a confidential nature. The testimonies of the parties made in the mediation procedure may not, without the approval of the parties, be used as evidence in any other procedures.

[133] 6.2 The mediator, parties and their legal representatives are obliged to keep the confidentiality of the procedure, unless the parties agree otherwise.

[134] 6.3 Only after the end of the mediation procedure, with the consent of the parties, the agreement may be made public in accordance with the applicable laws.

[135] 1. The mediator informs the parties at the beginning of mediation on the confidential nature of mediation.

[136] 2. The mediator does not provide to anyone who is not a party in the mediation, information or documents received prepared during the process of mediation except in cases specified in the following:

[137] 2.1. When there is a written consent by the parties;

[138] 2.2. When it is required by law, including the request for court approval of an agreement reached in mediation;

[139] 2.3. When information/documentation provide reasonable indication of an actual threat of serious bodily harm or potential threat to human life;

[140] 2.4. When information/documentation is used for statistical research, monitoring, evaluation or accreditation of mediation programmes, and its use is limited to only that aim, and in this case the information/documentation remains anonymous.

[141] 2.5.When a mediator undergoes a disciplinary hearing, and in that case the discovery of such information/documentation is limited only to the participants in the procedure.

The mediator holds confidential all the information from the separate meeting on which the party has declared that this information is confidential.

[142] 3. If the mediator holds private meetings (separate meetings) with one party, the mediator discusses the level of confidentiality preservation in such meeting with the party before the meeting is held.

[143] 4. The only information that the mediator retains after the conclusion of the mediation is the file with the date of initiation of the mediation and the names of the parties. All the files and other registers prepared by the mediator should be destroyed, and the documents provided by the parties should be given back to the appropriate parties or

destroyed.

[144] 5. The mediator does not provide evidence or testimony in relation to the mediation in any arbitration, court or similar proceeding, including, but not limited to:

[145] 5.1. Invitation by one of the parties to be involved in a mediation procedure or the fact that the party was willing to take part in the mediation;

[146] 5.2. Opinions expressed or suggestions given by one party in the mediation in relation to the possible resolution of the dispute;

[147] 5.3. Declarations or admissions made by one of the parties in mediation in relation to a possible resolution of the dispute;

[148] 5.4. Declarations or admissions made by one of the parties in mediation;

[149] 5.5. Proposals made by the mediator;

[150] 5.6. The fact that one of the parties in the mediation has expressed the willingness to accept a proposal for the resolution given by the mediator;

[151] 5.7. A document prepared only for the purpose of mediation.

[152] 6. The process of mediation cannot be recorded, be it with audio or video recording, and the mediator does not record any declaration of parties during the process of mediation.

[153] 7. The mediator does not serve as an arbitrator in the procedure of arbitration in relation to the same dispute.

[154] 8. The mediator ensures that the personnel brought in by the mediator is aware and respects these provisions on the preservation of confidentiality.

[155] Article 14

Confidentiality and privacy

Mediators and parties in the process of mediation shall respect the mutual right to privacy and that of other possible clients that can be incorporated in the process of mediation.

[156] Article 7

Urgency

The mediation procedure is urgent.

[157] Article 8

Mediation Procedure

Provisions of this law are applicable regardless from the fact if the mediation is conducted before or after the initiation of court or administrative procedure

[158] 9.1 Mediation procedure begins at the moment when parties agree to begin with it.

9.2 Party in the mediation procedure may be natural and legal persons.

[159] 9.3 If one party requests the other party to follow the mediation procedure and the latter one does not respond to this request within fifteen (15) days, from the day of its receipt, it is considered as refusal to begin the mediation procedure.

[160] 9.4 Before the mediation procedure starts, the mediator is obliged to inform the parties about the principles, rules, and expenses of the procedure as well as the legal effects of the agreement.

[161]  3. The mediator informs the parties on the process of mediation including on the costs of mediation and their role in mediation, including the fact that the parties have the authority to make the decision, and not the mediator. This information is given before the initiation of the mediation.

[162] 9.5 When the matter is with the court or the prosecution and if they consider that a dispute can be resolved successfully with mediation, they suggest the parties to follow the mediation procedure.

[163] 9.6 At any stage of the court procedure until its completion, the court may suggest the parties to follow the mediation procedure.

[164] Article 10

Development of the Mediation Procedure

10.1 Parties in procedure are free to decide for the development of the mediation procedure.

[165] 10.2 The mediation procedure shall be conducted by only one mediator, unless the parties agree to have more than one mediator.

[166] 10.3 The mediation starts after the parties sign the agreement on commencing the procedure of mediation.

[167] 1. Before the initiation of the mediation, mediators ensure that the parties are entering mediation freely and are willing to resolve the dispute through mediation and that the parties understand the process of mediation, including:

1.1Preservation of the confidentiality of communications and documents;

1.2.The right to mediation and the right of the parties to end or suspend the mediation;

1.3.The right of the parties to determine the procedures of mediation;

1.4.The tariffs, payments and the method of payment, including the tariffs for the discontinuation or delay of the mediation procedure, and

1.5.That no mediator can be compelled to testify as a witness in a judicial proceeding by any of the parties in mediation.

[168] 10.4 The agreement for commence of mediation shall contain: data on the parties in procedure, their legal representatives, subject of dispute, the statement of acceptance of the mediation principles, as well as the provisions on the costs of the procedure, including the mediator’s fee.

[169] Srt. 8 c. 3. The mediator who also practices the duties of a lawyer cannot serve as a mediator in a dispute if he/she was or still is a representative in any legal issue of one of the parties in that mediation.

[170] 10.5 After signing of the agreement on mediation, in agreement with the parties, the mediator shall schedule the time and the location for conducting the mediation.

[171] Art. 12 c. 2. The mediator prepares the Mediation Agreement in a written form which is signed by the mediator and the parties, which contains this information in the clause and the names of the parties and representatives which will take part in the mediation, the time, the date and location of the first mediation session, and other important information related to the mediation procedure agreed by the parties(to be numbered chronologically).

[172] 10.6 Se l’immobile è con la Corte e nel frattempo le parti con forza per risolvere la controversia attraverso la procedura di mediazione , essi sono tenuti a informare la Corte , presentando una copia del contratto sulla Initiatione della procedura di mediazione .

[173]  10.7 Beside the parties, their representatives and the mediator, the procedure may also be attended by a third party, provided that the parties give their prior consent.

[174]  10.8 The third party attending the mediation procedure is bound to respect the principle of confidentiality of the procedure.

[175] 10.9 In the beginning of the mediation procedure, the mediator shall briefly inform the parties of the goal of mediation, of the procedure to be conducted, and the role of the mediator and the parties.

[176] 11.1 The mediator may conduct separate meetings with each of the parties if he considers that it would in be on the interest of the procedure, and may propose options for resolution of the dispute, but not the resolution itself.

[177] 4. The main role of the mediator is to assist in the voluntary resolution of the dispute. In relation to this, the mediator can present the problems and assist the parties to explore solutions. The mediator should provide parties the opportunity to explore all the options for the resolution of the dispute.

5. The mediator does not offer parties legal or professional advice, but if required, the mediator can inform the parties on the importance of consulting other professionals in order to help the parties in selecting their option based on the information available.

[178] 11.2 The mediator should treat the parties in the procedure equally.

[179] 11.3 The parties in procedure are obliged to present the contested matter circumstances in the truest and correct manner.

[180] Article 12

Attainment of Agreement

12.1 Attainment of the agreement in the mediation procedure depends exclusively on the will of the parties.

[181] 12.2 The mediator is obliged to assist the parties and be committed in attaining the agreement.

[182] 12.3 Upon reaching an agreement in the mediation procedure, the mediator shall compile a written agreement, which is to be signed by the parties and the mediator.

[183] 12.4 The attained agreement referred to paragraph 3 of this article, shall have the force of a final and enforceable document.

[184] 12.5 If the case-file is with the court, the written settlement agreement should be submitted to the court, which after the approval, shall have the power of an executive document.

[185] Mediation procedure lasts up to ninety (90) days.

[186] Article 14

Completion and Termination of the Procedure

14.1 Mediation procedure is completed:

a) with the agreement between parties is reached;

b) with the withdrawal of any of the parties at any time during the procedure conduction,  declaring that there is no interest on continuing the mediation procedure;

c) with the confirmation of the mediator, after consultations with the parties, when it is deemed that the continuation of the procedure is not reasonable;

d) the legal deadline for attaining the agreement has expired.

[187] 14.2 After the completion of mediation procedure, the mediator is obliged to inform in writing the court or the other competent body regarding the completion of the procedure of mediation at any occasion, when the case-file for the mediated process is with the court or the other competent body.

[188] 14.3 The mediator may terminate the mediation procedure if during the procedure the reasons for questioning his impartiality exist or appear.

[189] 1.3.”Impartial” means non-siding or favouring and refraining from siding with one of the parties involved in the dispute, and their interests and opinions which they present on the resolution of their dispute.

[190] Article 4

Impartiality

1. The mediator should avoid actions that bring rise to signs of partiality towards one of the parties. Related to this, the mediator should assist both parties and not only one, in reaching a voluntary solution to their problem.

[191] 2. The mediator offers his/her services only on issues where he/she can remain impartial. The mediator should refuse to mediate if he/she cannot conduct it in an impartial manner.

[192]  3. The mediator should remain impartial during the whole process of mediation. If the mediator becomes aware of the lack of impartiality, he/she should immediately inform the parties that he/she cannot continue with the mediation, and withdraws from that case.

[193]  4. The mediator should preserve impartiality and show prejudice based on personal

characteristics of parties related to their origin, gender, nationality, language, religion, values and beliefs, or personal appearance in mediation, or for any other discriminatory reason.

[194] 5. The mediator does not give or receive gifts, favours (services), loans or other things of value which may represent a problem on the real impartiality of the mediator.

[195] 6. The mediator during the process of mediation does not allow pressure of influence from any third party (persons, institutions or government officials, organisations or associations of mediators, mediation service providers, or any organisation or other agency), which compromises the independence or impartiality of the mediator.

[196] 14.4 The agreement attained in the mediation procedure has the power of the court agreement, if this is approved by the court, prosecution or if it is approved by the other competent body.

[197] 14.5 The Court or the prosecution may annul the agreement attained through mediation when it concludes that it has been bound against the law in force, when the will of the parties in conflict is not reflected, or when their rights and  interests are impinged or when the compensation is in clear disproportion with the caused damage.

[198] Article 15

Conflict of Interest

In case when conflict of interest occurs, the mediator is expelled from the mediation procedure, expect if the parties, after being informed for the existence of such circumstances, agree that he conducts the procedure.

[199] 1.4. “Conflict of Interest” means any personal or financial interest related to the dispute or any kind of previous direct or indirect relation of financial, business, professional, family or social nature with any of the parties, which can influence the impartiality of the mediator or create the impression of being partial.

[200] “however if the conflict brings rise to doubts in relation to the integrity of the mediation process, the mediator withdraws form the process of mediation”. (art. 4).

[201] 3. If the mediator withdraws, he/she can provide the parties with a list of certified mediators from which the parties can select a new mediator, or refers parties to the Register of Mediators held by the Mediation Commission. (Art. 4 codice deontologico).

[202] Article 16

Mediation Procedure Expenses and the Mediator Fee

16.1 The mediation procedure expenses shall be paid proportionally by parties, except if the parties have agreed otherwise.

[203] 16.2 The fee for the mediator will be regulated by a sub legal act, issued by the Minister of Justice.

[205] Article 10

Tariffs

1.Before initiating the mediation, the mediator provides the parties with sufficient information on the tariffs of payments with the aim of establishing if they are ready to utilise the services of mediation. This needs to include information on the tariffs in the event of discontinuations or delays, compensation of expenses and methods of payment.

[206] 2. The agreements for the payment of the  mediator should be in writing, except if agreed differently by the parties.

[207] 3. The mediators should respect each regulation on tariffs determined by Law.

[208] 4. The mediators that withdraw from mediation will reimburse all payments for work not conducted.

[209] 5. The mediator does not accept payment for the referral of a case to another mediator or person.

[210] Article 17

Committee Establishment and Competencies

17.1 Mediation Committee shall be established by the Ministry of Justice.

[211] 17.2 The Committee shall consist of the Chairperson and four (4) members. The Chairperson of the Committee should be civil a servant and shall be appointed by the Ministry of Justice.

[213] Article 18

Members of the Committee

18.1 Entities represented in the Committee are:

a) Ministry of Justice;

b) Kosovo Judicial Committee;

c) Kosovo Prosecutorial Committee;

d) Kosovo Chamber of Advocates;

e) Ministry of Labor and Social Welfare;

18.2 The entities proposed in paragraph 1 of this article shall be represented each with one member.

Vi sono poi norme sulla durata dei membri.

18.4 Members of the Committee shall serve for a mandate of three (3) years with a possibility for re-election for another mandate. The first mandates will be staggered as follows: two (2) members for two (2) years, one (1) member for three (3) years, and one member for four (4) years.

18.5 Upon termination of the mandate of each Committee member, the Minister of Justice immediately requests from the entities foreseen with paragraph 1 of this article to appoint their member. The vacant place should be filled within thirty (30) days.

[214] Article 19

Duties and Responsibilities of the Committee

Duties and responsibilities of the Committee are:

a) definition of the development   policies regarding the  mediation domain;

b) issuance and oversight of the  Code of professional ethics rules for mediators;

c) issuance of decisions and recommendations to regulate the mediation field of activity;

d) issuance of the Rules of procedures for the committee;

e) drafting and keeping of the registry for mediators;

f) provision of professional opinions;

g) organization of training and mediation courses;

h) information of public for the possibilities of mediation;

i) exercise of other duties as determined by this law.

Segue poi l’esposizione dei requisiti per fare parte del Consiglio di Mediazione.

Article 20

Conditions for the Selection of the Committee Chairperson and Members

Members and the Chairperson of the Committee shall meet the following requirements:

a) adequate university degree;

b) at least three years of working experience;

c) enjoy high reputation in society;

d) not be convicted for a knowingly criminal act punishable with imprisonment over six (6) months;

E l’art. 21 si occupa della formazione della volontà all’interno del Consiglio.

Article 21

Meetings and Voting

21.1 The necessary quorum for holding the meetings of the Committee is the half of the Committee members and the Chairperson.

21.2 Decisions of the Committee are adopted with a simple majority of votes.

21.3 The overruled members are entitled to attach their dissenting opinion to the approved decision.

[215] 22.1 A mediator may be any person who meets the general conditions for employment in compliance with the laws in force.

[216] 22.2 Aside from the issues already mentioned in paragraph 1 of this article, the mediator shall also meet the following conditions:

a) posses an university diploma:

b) successfully passed the training course for mediation;

c) have mediated under supervision of a mediator at least in six (6) sessions;

d) not have been convicted for  a knowingly criminal act which is punishable with over six (6) months imprisonment.

e) possess high moral qualities;

f) be registered in the mediators’ registry.

[217] 22.3 The mediator trainings are organized by the Mediation Committee in cooperation with the Ministry of Justice.

[218] Queste sono le materie in dettaglio del corso di base:

1.1 . teoria del conflitto;

1.2 . analisi del conflitto;

1.3 . modi di risoluzione delle controversie ;

1.4 . nozione di mezzi alternativi di risoluzione delle controversie ;

1.5 . teoria della negoziazione;

1.6 . teoria del raggiungimento dell’accordo attraverso la negoziazione;

1.7 . stili negoziali;

1.8 . i ruoli esercitati nella trattativa;

1.9 . nozione di mediazione;

1.10 . principi fondamentali della mediazione;

1.11 . fase del procedimento di mediazione ;

1.12 . la differenza tra mediazione e procedimento giudiziario;

1.13 . capacità di comunicazione;

1.14 . i ruoli nella pratica di mediazione ;

1.15 . Il quadro giuridico e il modello della mediazione in Kosovo;

1.16 . attuazione pratica della mediazione in Kosovo;

1.17 . procedure e forma applicabile dai mediatori in Kosovo ;

1.18 . modello della mediazione in altri paesi;

1.19 . visualizzazione di videotape su mediazioni reali o simulate;

1.20 . l’etica e la disciplina dei mediatori.

[219] 22.4 The person who successfully completes the training for mediators shall be equipped with a certificate, which shall serve as the basis for entry in the registry of mediators.

22.5 Certification of mediators shall be conducted by the Mediation Committee.

[220] Si tratta di un ente di formazione che opera in Kosovo dal 2001. Molto interessante è il loro manuale del 2011 che si può trovare suhttp://www.partnerskosova.org/downloads/English%20Version.pdf

[221] Article 23

Certification of Mediators

23.1 The Ministry of Justice shall license the   mediators who meet the conditions foreseen with this law.

[222] 23.2 With the proposal of the Committee, the Ministry of Justice suspends or revokes the license of the mediator, in compliance with this law.

[223] Article 3

Principles of self-determination

1. Each person that practices mediation of any form, which is licensed by law or otherwise, should practice mediation in accordance to this Code of Conduct. Any violation of this Code of Conduct can be referred to the Mediation Commission.

[224] Article 24

Registry of Mediators

24.1 The Committee shall maintain a public registry of certified mediators.

[225] 24.2 The registry shall contain all personal data for each mediator.

[226] 24.3 Copies of the registry shall be distributed on a regular basis to courts, prosecution and other competent institutions.

[227] 24.4 The Committee shall delete the name of each mediator from the register, after receiving a final decision from the Ministry, in accordance with paragraph 2 of article 23 of this law.

24.5 The mediator shall be deleted from the list in case of:

a) his request;

b) death;

c) revocation of license;

d) loss of the capability to act;

e) the exercise of any other duty or function, in contradiction with the mediation or the law in force.

[228] Article 25

The Rights and Liabilities of the Mediators and Parties

The rights and liabilities of the mediator and of the parties on the other hand are determined before the beginning of mediation procedure. The Mediator and the parties agree regarding the rights and liabilities to be respected up to the end of procedure, in accordance with the applicable law and moral norms.

[229] Article 26

Recognition of Foreign Mediators

A foreign citizen may serve as a mediator in Kosovo in individual cases and under the condition of reciprocity, with the prior consent from the Ministry of Justice.

[230] 1. The mediator will mediate only when he/she has the necessary competency to assist the parties in the resolution of the dispute.

[231] 2. The mediator will mediate only in  those fields of mediation in which he/she is qualified through experience or training. The mediator should not attempt to mediate in an unfamiliar field from which good results in the resolution of the dispute cannot be expected.

[232] 3. If the mediator during the mediation decides that he/she cannot accomplish the mediation with competence, he/she discusses this decision with the parties at atime when this is considered practical and takes necessary steps to address this situation, including but not limited to withdrawal from the mediation or requests appropriate assistance or the inclusion of a competent certified co-mediator. If the mediator withdraws from the mediation process, he/she should provide the parties with the register of certified mediators in accordance to Article 5.3 of this Code Conduct.

[233] 4. If the ability of the mediator to conduct the mediation is weakened due to drug use, alcohol, medication or other similar substances, the mediator withdraws from the mediation.

[234] Art. 8 c. 4. The mediator should continuously attempt to improve his/her professional abilities with the objective of improving the quality of mediation, including but not limited to, continuous education in mediation.

[235] Article 27

Punitive Provisions

A mediator who, while exercising his duties, illegally discloses official secrets or misuses the official duty in any manner shall be held accountable in accordance with the Criminal Code of Kosovo.

[236] Article 15

Dishonesty and fraud

Mediators cannot take part in the process of mediation if during their work they have undertaken dishonest, fraudulent and deceitful actions.

[237] Art. 9 c. 1. The mediator can promote his/her services in a professional manner, with confidence and dignity.

[238] Art. 9 c. 2. The mediator does not guarantee clients or potential clients the resolution of the dispute and does not promise certain results from the mediation.

NEL CUORE DELLA CHIESA (di Giorgio Pernigotti)

P1030044

La teologia ecclesiale di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto

Senza scoraggiarmi continuai la mia lettura e questa frase mi diede sollievo: <Cercate con ardore i doni più perfetti, ma vi mostrerò una via ancora più eccellente> [1Cor 12,31]. E l’Apostolo spiega come tutti i doni più perfetti sono nulla senza l’Amore…Che la Carità è la via eccellente [1 Cor 13, 1-3] che conduce sicuramente a Dio.

Finalmente avevo trovato il riposo… Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuna delle membra descritte da S. Paolo, o piuttosto volevo riconoscermi in tutte… La Carità mi diede la chiave della mia vocazione. Compresi che la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra [1 Cor 12,14], il più necessario, il più nobile di tutte non le mancava, compresi che la Chiesa aveva un Cuore, e che questo Cuore era ardente d’Amore. Compresi che l’Amore soltanto faceva agire le membra della Chiesa, che se l’Amore venisse a spegnersi, gli Apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i Martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… Compresi che l’Amore racchiudeva tutte le vocazioni, che l’Amore era tutto, che esso abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi… In una parola che esso è Eterno!…

Allora nell’eccesso della mia gioia delirante, ho esclamato: O Gesù, Amore mio… la mia Vocazione, finalmente l’ho trovata, la mia Vocazione, è l’Amore!…

Sì ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto, o mio Dio, sei tu che l’hai dato… nel Cuore della Chiesa, mia Madre, sarò l’Amore… così sarò tutto… così il mio sogno sarà realizzato!!!…” (M 3v).

Nel brano riportato e tratto dal testo curato da Conrad De Meester che ho inteso adottare, per i motivi enunciati nel precedente post cui faccio rimando, si coglie, forse con maggiore intensità rispetto ad altri scritti, la teologia di Teresa.

Il manoscritto, comunemente indicato come B e che De Meester segnala, utilizzando le iniziali della destinataria – Maria del Sacro Cuore, sorella -, come M, è assai differente, nel contenuto, dagli altri due manoscritti e risponde alla richiesta, che Teresa accoglie, proveniente dalla destinataria: quella di spiegare la sua dottrina, la sua esperienza spirituale.

Come si noterà, i destinatari dello scritto, in verità, sono due: la richiedente Maria e Gesù.

Si dispiega in cinque fogli recto-verso, che rompono l’unità discorsiva degli altri manoscritti.

Sotto un profilo letterario, ogni classificazione, come spiega De Meester, appare inadeguata: insegnamento, lettera, testamento.

Teresa comprende l’essenza della sua vocazione muovendo dal famoso Inno alla Carità di Paolo e soddisfacendo, con la gioia di chi giunge al traguardo, il desiderio della sua ricerca.

Comprende che la sequela di Gesù esiste solo all’interno del Corpo Mistico, della Chiesa.

Si tratta di una dimensione importante, soprattutto con riguardo al contesto storico in cui si inserisce, in cui la tendenza individualista, nella sequela e nell’esperienza spirituale, è forte.

Teresa capisce che solo all’interno della Chiesa, dentro il Corpo definito da Paolo, è possibile realizzare ogni vocazione.

E la Chiesa è Amore, è un Corpo fatto da molte membra legate tra di loro.

Non vi è dunque per Teresa altra collocazione, altro luogo per la sequela, che non sia la Chiesa.

Il messaggio si rivela quanto mai attuale, e ci induce a riflettere, guidati dalla piccola Santa, sul nostro vissuto spirituale, sui nostri carismi, sulla nostra esistenza.

Si tratta, semplicemente, di una riflessione sulla realtà dell’Amore, una realtà che ci unisce al Capo del Corpo di cui siamo membra e che ci costituisce come cristiani, secondo i doni ricevuti.

Giorgio Pernigotti

La piccola via (di Giorgio Pernigotti)

deposizione

“Lei sa, Madre mia, che ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè!, ho sempre constatato quando mi sono paragonata ai santi che tra essi e me vi è la stessa differenza che esiste tra una montagna la cui cima si perde nei cieli e il granello di sabbia oscuro schiacciato sotto i piedi dei passanti; invece di scoraggiarmi, mi sono detta: Il Buon Dio non potrebbe ispirare desideri irrealizzabili, dunque io posso malgrado la mia piccolezza aspirare alla santità; farmi più grande, è impossibile, mi devo sopportare quale sono con tutte le mie imperfezioni, ma voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una piccola via molto dritta, molto corta, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo di invenzioni, ora non c’è più la fatica di salire i gradini di una / scala, a casa dei ricchi un ascensore la sostituisce con vantaggio. Anch’io vorrei trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la faticosa scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l’indicazione dell’ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole uscite dalla bocca della Sapienza eterna: Se qualcuno è piccolino venga a me. Allora sono venuta, presagendo che avevo trovato ciò che cercavo e volendo sapere, o mio Dio! ciò che voi fareste al piccolino che rispondesse alla vostra chiamata, ho continuato le mie ricerche ed ecco cosa ho trovato: – Come una madre accarezza il suo bambino, così io vi consolerò, vi porterò sul mio seno e vi cullerò sulle mie ginocchia! Ah, mai parole più tenere, più melodiose, sono venute a rallegrare la mia anima, l’ascensore che deve elevarmi fino al Cielo, sono le vostre braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario occorre che io rimanga piccola, che lo divenga sempre di più. O mio Dio, avete superato ogni mia aspettativa e io voglio cantare le vostre misericordie” (G, 2v-3r)

Chi scrive è un Dottore della Chiesa Universale, il suo nome è Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, vergine religiosa carmelitana scalza.

Il testo riportato è stato estratto dal volume di Conrad De Meester “Storia di un’anima – ristabilita secondo la disposizione originale degli autografi” nella traduzione italiana, seconda edizione, del 2009.

De Meester, volutamente, per restare il più possibile aderente ai manoscritti originali, non corregge errori o compie aggiunte: riporta quanto è uscito dalla penna di Teresa. Si possono quindi scorgere, rispetto ad altre edizioni, differenze di parole o di punteggiatura. Il significato, ovviamente, nella sostanza resta inalterato.

La citazione, tra parentesi, rispecchia la rielaborazione dei manoscritti compiuti dallo studioso e la sua classificazione, dove G corrisponde, comunemente, al manoscritto C; la barra, nel testo, segna il passaggio dal ‘verso al retto delle pagine’.

Non è mio intendimento entrare, oltre il piccolo cenno fatto, sulla questione dei testi e delle diverse redazioni, anche se si tratta di argomento di particolare interesse e non meramente lessicale o formale. Desidero solo, come ospite di questo blog, offrire uno spunto di meditazione su fondamento letterario, nulla di più.

Il passo riprodotto è assai noto, comunemente definito come una delle sintesi della teologia della Santa di Lisieux: “la piccola via”. In verità è solo un tassello del mosaico. Come ben si comprende leggendo la Lettera Apostolica del 19 ottobre 1997 con la quale Giovanni Paolo II riassume e presenta alla Chiesa il proclamando Dottore, la peculiarità della dottrina risiede nella “scienza dell’amore” donata alla piccola Teresa e da essa interpretata in modo originale.

La “piccola via” è una proposta di santità, la proposta colta da Teresa e offerta al mondo.

Si coglie, dal testo, come la “via”sia stata frutto di una ricerca e giunga come risposta ad un anelito ben definito: alla santità.

L’ascensore è l’immagine (ricordo di una esperienza vissuta con il padre) che costituisce sia il punto di partenza sia quello di arrivo di questa ricerca.

Vi sono citazioni bibliche che Teresa, molto probabilmente, attinge da un quadernetto della sorella Celina, entrata in convento dopo di lei, che conteneva la trascrizione di molti passi, non sono evangelici; Teresa non possedeva, secondo costume dell’epoca, una bibbia personale. In convento ascoltava la Parola di Dio dalla Liturgia delle Ore e dalla Celebrazione Eucaristica.

La profondità di conoscenza del Mistero che emerge dal passo riportato, è impressionante, come impressionante è la facilità di comunicarne l’esperienza.

In nessun altro scritto Teresa parlerà più della piccola via (in termini espressi), neppure nelle poesie. Resterà il messaggio, declinato via via e secondo le circostanze.

Un messaggio che ci interpella, ci scuote, non solo perché cristiani, anzitutto come persone umane, fatte di quell’umanità che Teresa ben esprime.

 Un messaggio capace, se accolto, di dare senso alla nostra esistenza, nella quotidianità, e che reca il sigillo di un Dio che viene incontro ad ogni uomo, nella gioia come nella sofferenza, si china su di lui, per trasportarlo, non senza il suo consenso, in quel Cielo che Teresa già abita.

Grazie piccola Teresa.

Giorgio Pernigotti

Dante Alighieri – Divina Commedia – Purgatorio – Canto II – Sintesi e commento

ponte vecchio

Siamo sempre sulla spiaggia dell’Antipurgatorio di cui il custode è Catone.

I personaggi descritti nel canto sono due: l’Angelo nocchiero e Casella.

Il tema principale del canto riguarda lo stato d’animo sospeso ed incerto nella ricerca della nuova via verso la salvezza.

La luce del sole[1] è di nuovo protagoni­sta del Canto con due descrizioni (vv. 1-9; vv. 55-57); D. nel Purgatorio vedrà sorgere il sole per ben quattro volte prima di arrivare alla cima: la prima descrizione occupa ben tre terzine ed è molto elaborata; noi dobbiamo gustarla semplice­mente come una raffinatez­za lette­raria[2].

Sono circa le sei del mattino all’epoca dell’equino­zio di primavera (21 marzo), sorge il sole all’orizzon­te del Purgatorio mentre sta tramontando a Gerusalemme.

Tra i due luoghi corrono quindi 12 ore (180° di longitudine); gli altri due punti estremi della terra sono Le colonne d’Ercole (Cadice) ed il fiume Gange che sono equidistanti da Gerusalemme, cioè a 90°da essa.

Già nell’Inferno Virgilio ha spiegato il rapporto tra le tenebre e la luce nei due emisferi (c. XXXIV vv. 112-115; E se’ or sotto l’emisperio giunto/ ch’è opposito a quel che la gran secca/coverchia, e sotto il cui colmo consunto/fu l’uom che nacque e visse senza pecca: e ora sei giunto sotto l’emisfero astrale/ che è opposto a quello che copre la terra emersa, e sotto il cui punto più elevato, Gerusalemme, fu ucciso Gesù Cristo, l’uomo che visse e nacque senza peccato).

Gerusalemme si trova nel centro del nostro emisfero (perché è luogo dell’uma­na redenzione) ed è antipode al Paradiso terrestre (luogo della colpa dei nostri progenitori).

Il poeta spiega che il sole era giunto all’orizzonte[3], il cui cerchio meridiano era allo zenith di Gerusalemme (cioè a Cadice dove è mezzogiorno), mentre la notte, che per la volta celeste segue un cammino opposto al sole (che è nella costellazione dell’Ariete al tempo dell’Equi­nozio di primavera) usciva fuori dal fiume Gange (nella zona delle Indie orienta­li, dove è allo zenit, cioè è mezzanotte) insieme con la costella­zione della Libra che prende la figura dal segno delle Bilance, la quale cessa di accompagnarla (le bilance cadono di mano dalla notte) nell’equi­nozio di autunno, quando diviene più lunga della durata del giorno (cioè entra il sole nella costellazione della bilancia) (vv. 1-6) in altre parole il sole stava tramontando su Gerusalemme e sorgendo nel Purgatorio[4].

Il colore dell’au­rora, prima bianco e poi rosso, con il sorgere del sole è paragonato da D. a quello giallo-arancio delle guance di ex bella donna invecchiata, mentre i due poeti pensano al loro cammino (vv. 7-12)[5].

Ed ecco apparire improvvisamente una luce sul mare: giunge da un angelo nocchiero dal volto rosso[6] e dalle ali bianche[7].

Dopo un attimo di smarrimento Virgilio spiega a D. che si tratta dell’ange­lo di Dio, lo invita a inginocchiarsi ed a pregare (come era già avvenuto con Catone nel primo Canto), aggiunge che da quel momento in poi i ministri di Dio che D. vedrà avranno le sembianze di quell’angelo; V. conclude afferman­do che l’angelo non ha bisogno dei mezzi umani per condurre la navicella affidatagli in quanto gli sono bastanti le sue <<etter­ne penne>>. D. non può sostenere la vista dell’Angelo che si avvicina e china lo sguardo (vv. 13-39).

L’angelo si trova su una piccola barca (<<vasello snelletto e leggero>> perché ripieno di soli spiriti) con le anime dei penitenti[8] che cantano tutti insieme[9] un salmo celebran­te l’u­sci­ta degli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto[10] (vv. 40-48).

Dopo un segno di croce dell’angelo[11] le anime discendo­no sulla spiaggia e l’angelo torna indietro (vv. 49-52).

Le anime sembrano smarrite e chiedono ai poeti la strada per salire alla montagna; Virgilio risponde alle anime che anche loro non sono pratici perché in realtà sono forestieri che vengono da una via <<sì aspra e forte>>, cioè dall’Inferno (vv. 53-66; cfr. Inf. I, 5: così è detto della selva oscura).

Appena si rendono conto dal respiro che D. è vivo, le anime si spaventano ed impallidiscono, ma poi si addensano intorno al poeta, come a <<un messaggier che porta ulivo>> cioè ad una persona che porta pace.

Una delle anime addirittura cerca di abbracciarlo e D. a sua volta tenta inutilmente tre volte di ricambiarlo[12] (vv. 67-81).

D. si meraviglia, l’anima sorride e D. la segue; appena l’anima si mette soavememte a parlare D. la riconosce e la prega di fermarsi: è l’amico Casella[13] che conferma a D. il suo amore anche dopo la morte e gli richiede le ragioni del suo viaggio. D. risponde che compie quel cammino in modo tale da tornare un’altra volta, dopo la morte, in Purgatorio; a sua volta D. richiede a Casella perché, nonostante sia morto da tanto tempo, arrivi soltanto ora in Purgatorio (vv. 82-93).

Casella replica di non aver subito alcun torto perché l’angelo nocchiero che fino ad allora gli ha rifiutato il passaggio, mette soltanto in pratica la volontà divina; aggiunge poi che, in ogni caso, da tre mesi possono salire sulla barca tutte le anime che lo desiderano[14].

Perciò Casella che allora volgeva lo sguardo al mare, dove l’acqua del Tevere diventa salata, benevolmente fu accolto dal nocchiero; il che si è verificato perché le anime che non scendo­no nell’Infer­no si raccolgono alle foci del Tevere (vv. 94-105).

Casella, che riporta D. ai ricordi terreni, intona con grande dolcezza e su richiesta del poeta la canzone del Convivio Amor che nella mente mi ragiona[1]; la dolcezza del canto risuona ancora, al tempo della narrazione, nell’anima del poeta (vv. 106-114).

Tutti, compreso Virgilio, dimenticano ogni altra cosa; soprag­giunge allora Catone (<<vecchio onesto>>) che rampogna le anime dell’indugio, le invita a spogliarsi della scorza che non permet­te di vedere Dio, e le fa correre verso il monte come <<colombi adunati a la pastura>> che <<lasciano star l’esca perch’assaliti son da maggior cura>>. D. e Virgilio si comportano velocemente nello stesso modo (vv. 115-133).

COMMENTO

 D. in questo canto recupera la Firenze, domestica e familiare, della sua gioventù; di questa città son parte i maestri e gli amici; il primo degli amici ricordati nel Purgato­rio è Casella.

Incontrerà poi Belacqua (canto IV), il giudice Nino (canto VIII), il Guinizzelli (conto XXVI), Sordello (canto VI) e Stazio (canto XXVI).

In tutti questi episodi vi sono degli elementi comuni: un moto di reciproco affetto ed il ritardo del riconosci­mento. Mentre nei successivi episodi a quello del presente canto il ritardo è giustificabile, non si può dire altrettanto per l’incon­tro con Casella, trattandosi di un amico morto da poco; ma ciò gli serve per porre l’accento sulla soavità della sua voce, da cui appunto, D. lo riconosce.

Altri elementi in comune riguardano il bisogno di stare insieme il più a lungo possibile e la necessità di conoscere l’uno la condizione dell’altro e infine il riprendere per un momento le consuetudini d’un tempo (la musica, appunto, con Casella).

In questo canto D. celebra la potenza della musica (solo qui profana) che per lui sia nel Purgatorio che nel Paradiso, è sempre definita <<dolce>>; ma qui poesia dolce significa anche <<dolce stil novo>>; così come è dolce e soave la voce di Casel­la, dolce e soave è il nuovo stile di cantare l’amore, lo stesso cantare amore suona dolce (come dice D. nella canzone che fa intonare a Casella); e nell’incontro con Guinizzelli D. ci dirà: <<Padre/ mio e de li altri miglior che mai/ rime d’amor usar dolci e leggiadre>>.

Ma come mai D. fa intonare a Casella una canzone dottrinale che in quanto tale, non andava musicata? forse perché originariamente anche le canzoni dottrinali (cioè da interpretare allegoricamen­te) erano in realtà canzoni d’amore spiritualizzato (D. chiede a Casella infatti di intonare un amoroso canto). Casella probabil­mente quando musicava e componeva per D. non sapeva che il poeta avesse un’intenzione allegorica e comunque l’allegorizzazione è posteriore alla morte di Casella.

Un po’ in tutta la cantica D. cerca di recuperare il dolce stil novo anche se ormai lo vede in maniera diversa e la più perfetta reinterpretazione ce la fornirà con il canto XXXIV: il giovane amore-passione diventa amore-virtù; la reinterpretazione trionfa in Beatrice, creatura terrena e celeste.


[1] Il Purgatorio che è regno dell’attesa e quindi si apre con il mattino, mentre l’Inferno che è il regno delle tenebre principia con la notte, e il Paradiso, regno della luce, inizia col pieno meriggio.

[2]  Molti critici hanno ritenuto che tanta elaborazione non fosse necessaria: in realtà essa nasce dal bisogno di D. di fornire nelle prime due cantiche riferimenti temporali, arric­chendoli in vari modi. D. in particolare usa la mitologia (e Aurora è personi­fi­cata anche nel Canto IX vv. 1-3) per innalzare la materia oppure l’a­stronomia sia per dare valenza universale al suo viaggio sia per concretizza­re il suo canto.

[3] L’orizzonte astronomico di un luogo è determinato dal suo meridiano, cioè dall’arco il cui zenit lo sovrasta perpendico­lar­mente.

[4]  Quando in sostanza a Cadice il sole è allo Zenit (mezzo­giorno) a Gerusalemme sono le sei di sera ed il sole tramonta, mentre nel fiume Gange è mezzanotte e nel Purgatorio sono le sei del mattino ed il sole nasce.

[5] I versi 9-12 richiamano i versi 118-120 del I canto: col che si evince che questo canto è la ripresa e lo sviluppo senti­men­tale e narrativo del precedente.

[6] Come nelle raffigurazioni bizantine.

[7] Angelo che è da contrapporre al Caronte infernale ed è visto dapprima come un piccolo lume rosso che assomiglia a Marte anche per dimensioni e poi, piano, come qualcosa di bianco che si palesa in ali dritte come nelle raffigurazioni iconogra­fi­che del tempo – che servono da vele alla navicella.

[8] Che si raccolgono alle foci del Tevere e che sono desti­nate al purgato­rio: cfr. vv. 100-105.

[9] Da rimarcare è questa unità poiché nell’Inferno al contrario del Purgatorio le voci sono discordanti in quanto i dannati si odiano.

[10] Che va interpre­tato nel senso morale come l’uscita dell’ani­ma dal peccato (v. anche Cv II I 6-7, Ep. XIII 21, Par. XXV, 35-36): così come D. ascende il monte verso la libertà dal peccato, gli Ebrei vanno cantando verso la libertà della terra promessa. Questo salmo nella liturgia cattolica si cantava nell’accompagnamento del defunto al cimitero per indicare la sua liberazione dai vincoli terreni.

[11] Che è solo uno strumento di Dio e quindi non si cura di D. è Virgilio; assomiglia all’angelo mandato in soccorso da Dio per aprire le porte di Dite. In questa occasione ricorda alle anime che stanno per purificarsi l’opera di redenzione e di misericordia.

[12] Cfr. Aen. VI 700-701: si tratta dell’incontro tra Anchise ed Enea. Fuorché nell’apparenza le anime sono inconsistenti, in quanto il loro corpo visibile è aereo (cfr. Purg. XXV 79 e ss.). In sostanza D. fa applicazione in questo passo della seguente teoria: al sopraggiungere della morte la potenza vegetativa e sensitiva dell’anima, poiché il corpo è dissolto, non hanno come manifestarsi nelle membra, e perciò rientrano nella virtù informa­tiva, in quella vita che avevano potenzialmente nel seme umano. Con la morte la stessa virtù informativa rientra in azione e raggia intorno un corpo aereo, un corpo che si ricostituisce, come alla sua origine, con la facoltà vegetativa e sensitiva, capace di provare le medesime sensazioni terrene.

[13] Casella fu musico e cantore fiorentino morto poco prima della primavera del 1300. Anche D. si dilettò di musica sia come suonatore sia come compositore: ce lo rivela Giovanni Boccaccio.

[14] Dall’inizio del Giubileo (l’indulgenza del centesimo anno) bandito da Bonifacio VIII nel Natale del 1299 con la bolla Antiquorum habet, l’angelo accoglie senza difficoltà le anime che usufruendo dell’indulgenza possono essere accolte in Purgatorio. Anche Virgilio (Aen VI) immagina un’attesa delle anime prima di passare l’Acheronte; così D. ideò una specie di pre-purgatorio situato alle foci del Tevere, dove le anime potevano lucrare l’indulgenza giubilare. Si disputava in quel tempo sull’applica­bi­lità delle indulgenze ai defunti. D. seguì la sentenza afferma­tiva di S. Tommaso e S. Bonaventura, convalidando in senso figurativo la stessa e quindi immaginando che le anime si trat­tengano ancora in terra (dove l’acqua di Tevero si insala), dove poteva quindi sicuramente estendersi la giurisdizione ecclesia­stica.

2121 anni prima di Cristo: un colloquio tra Kao-yao e Yu, imperatore della Cina

22

A Giorgio Napolitano

Il Sovrano (rispose Kao-yao) è per così dire il principio e la sorgente della condotta del suo popolo.

S’egli conserva una gravità maestosa e veglia con un’attenzione continua sopra a se stesso: se osserva con esattezza tutti i regolamenti stabiliti nei suoi stati, né mai discorda da sé tanto nei suoi discorsi che nelle sue azioni; se si lascia avvertire con docilità e si corregge dei suoi difetti; se si ricorda continuamente che la perfezione non consiste solamente nel ben cominciare, ma nel continuare ancora sino alla fine; si può dire che tal Principe è veramente degno di regnare.

Quanti grandi vantaggi risulterebbero da ciò! La sua famiglia ed i Grandi si farebbero un dovere di seguire il suo esempio; le persone savie dell’impero si darebbero tutta la premura di ben servirlo; né vi sarebbe chi non sentisse vergogna di non praticare la virtù.

Essendo così ben regolata la sua famiglia e la sua Corte tutto l’impero si livellerebbe sul modello del Principe; ed i suoi vicini parteciperebbero d’una tanta felicità.

Ciò non è tutto: conoscere se stesso e correggersi dai propri difetti non basta ad un sovrano.

E’ anche necessario ch’egli studi il cuore degli uomini, e che sappia distinguere le buone e le malvagie qualità di coloro che lo devono servire, che conosca il genio dei suoi popoli; e che sappia trovare la maniera per renderli felici.

Ah quanto è difficile (disse Yu) per il potere arrivare a tanto! Aver la prudenza di discernere le qualità degli uomini, le loro inclinazioni e talenti per impiegarli ove lo richieda il bisogno, ciò è quasi impossibile. Qual cosa è più incostante e variabile del cuore del popolo?

Saperlo ricompensare e punire quando esso lo merita, persuaderlo che non si opera se non per amore del bene generale; sottoporlo senza che esso se ne lamenti ai più giusti castighi; illuminare le persone più stupide; raddolcire i cuori intrattabili in modo che essi amino egualmente e la mano che li castiga e quella che li ricompensa; certamente allo stesso grande Yao (precedente imperatore della Cina)  sarebbe stato difficile arrivare a tal segno.

Se un Sovrano riunisse in se stesso tutte queste qualità che cosa mai potrebbe temere da Hoan-teou e da Yeou-miao? Per quanto ribelli e corrotti essi fossero, essi correrebbero senza alcun dubbio a sottomettersi volontariamente da se medesimi. Che potrebbero poi mai sperare quei furbi e quegli adulatori di professione i quali non pensano che ad ingannarlo? I popoli nulla avrebbero più da temere da quella sorte di gente.

Sebbene sia difficile conoscere se uno uomo sia o no virtuoso (replicò Kao-yao), si può nondimeno, esaminandolo da vicino, arrivare a conoscerlo. La virtù non è ideale, ma ha in se stessa della realità: è attiva; e non è virtù se non quando lascia d’essere concentrata in sé medesima. Una persona savia che non fa passi falsi ed un uomo virtuoso sono la stessa cosa.

Vi sono nove maniere per assicurarsi della virtù di un uomo e di riconoscerlo come vero savio.

Una persona che ha sentimenti elevati ed ambiziosi si conterrà difficilmente nei giusti limiti e sovente se ne allontanerà; un savio, al contrario, si conterrà strettamente in quelli della virtù.

Un uomo dolce e compiacente spesso appare stupido: la dolcezza e la compiacenza in un savio fanno concepire un’idea anche più vantaggiosa di lui

Il più delle volte un uomo semplice e timido si lascia trasportare facilmente alla credulità: un savio sta sempre in guardia contro le novità, né si lascia così facilmente persuadere.

Un uomo che abbia delle abilità e dei talenti è ordinariamente presuntuoso e non ha alcun riguardo per gli altri: un savio che è fornito di scienza e di talenti superiori diffida sempre di se medesimo, né ciecamente deferisce all’altrui sentimento.

Un uomo facile ed affabile si lascia ordinariamente trasportare dal cattivo esempio: il savio, all’opposto, è costante ed immobile nel bene.

Un uomo retto e sincero si abbandona talvolta a parole piccanti ed offensive: un savio, che abbia sincerità, nulla mai dice che possa dispiacere, né altro aspira se non alla pace e alla concordia.

Un uomo che si picca di d’una condotta regolata, è sovente minuto: un savio che conserva sempre un serio e grave contegno, non si occupa che di cose utili e sensate.

Un uomo che ha molto spirito e penetrazione suol essere il più delle volte ostinato ed ardito: il vero savio abbandona facilmente il proprio sentimento per seguire quello degli altri, qualora ne conosca la verità.

Un uomo che sia fornito di forza e di coraggio si lascia sovente trasportare dalla sua passione predominante: il savio sa moderare il proprio coraggio con la prudenza  e con la ragione.

Finalmente un uomo che non manca in alcuno di questi nove articoli può dirsi un vero savio.

Si può aggiungere che questi nove articoli non riguardano indistintamente ogni sorta di persona.

Se i Grandi ne praticassero solamente tre e li rinnovassero ogni giorno con perseveranza, sera e mattina, essi potrebbero essere stimati come veri savi.

I Principi ed i Governatori delle province, che hanno i popoli sotto la loro direzione, dovrebbero praticarne sei.

Il Sovrano però deve possederli tutti e nove, perché ad esso è soggetto tutto l’impero.

Essendo uomo non può governare da solo. Non deve dunque istruire coll’esempio e colle parole coloro a cui confida gli impieghi e ordina che facciano le sue veci? Quali devono essere le sue inquietudini, a fronte del gran peso di cui si sente gravato? Non passa mai giorno in cui non sia obbligato a determinare ciò che è bene e ciò che è male; e a decidere la sorte di qualcuno dei suoi sudditi. Se la scelta che egli fa dei suoi Ufficiali non è giudiziosa, se questi non sono forniti della saviezza e della virtù necessaria, i mali che ne derivano forse non ricadono su lui stesso? Deve egli continuamente ricordarsi che il Cielo, il quale lo ha eletto per governare il popolo, non lo ha fatto invano, e non lo ha innalzato sopra tutti gli altri se non perché li istruisca e li indirizzi nell’esercizio della virtù. Se il popolo non è quale deve essere, non sarà forse sua colpa?

Chi sa onorare il Cielo comprende facilmente quanto importi perfezionare se stesso, conoscere l’uomo e rendere felice il popolo.

Il Cielo è infinitamente illuminato; nulla vi è che esso non sappia; tutto il nostro spirito e le nostre cognizioni sono un suo dono. E’ esso giusto e ragionevole, remuneratore  della virtù e punitore del vizio. La giustizia che si trova nel mondo ha nel Cielo la sua origine. Sebbene sia infinita la distanza che corre tra il Cielo e l’uomo, passa tra di essi nondimeno una comunicazione reciproca per mezzo della virtù.

Storia generale della Cina, Tomo II, Siena, 1777, p. 156 e ss.

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