Il mediatore penale a seguito della riforma Cartabia

A system of criminal justice which focuses on the rehabilitation of offenders

through reconciliation with victims and the community at large.

Oxford dictionary and thesaurus

Introduzione

Questa nota non può prescindere da un concetto di base della mediazione, ossia il fatto che la mediazione investe la relazione tra le persone.

    Le categorie specificate dal diritto: mediazione civile e commerciale, mediazione familiare e giustizia riparativa sono solo elucubrazioni di e per giuristi.

    Nella realtà non esistono e soprattutto la mediazione non tollera le gerarchie che sembrano emergere dai primi decreti attuativi della riforma Cartabia.

    Non esiste una mediazione di serie A ed una mediazione di serie B, esiste solo la mediazione.

    Nei paesi ove la cultura della mediazione è  diffusa non si procede ad insegnare la mediazione per settori: si consegna ai mediatori una formazione di base che consente di imparare ad ascoltare e ad aiutare le persone a comunicare e a negoziare, ossia a supportarli in una relazione al momento deficitaria. Poi ogni mediatore si specializza e ogni specializzazione è preziosa e reca indiscutibile esperienza.

    Anche per i magistrati vige la regola che devono cambiare settore ogni dieci anni per non sclerotizzarsi.

    La relazione poi a sua volta non può essere di serie A o di serie B a secondo dell’ambito in cui viene affrontata: tutte le relazioni hanno importanza e la crisi può avere risvolti delicatissimi per la vita delle persone anche in situazioni che appaiono agli occhi di un terzo irrilevanti.

    Non è poi solo il danno economico che deve essere preso in considerazione, ma appunto quello relazionale che va ben al di là.

    La strada della mediazione è dunque unica, anche se costellata di tante tappe: noi siamo tenuti in scarso conto dall’Europa per promozione dell’ADR (nel 2022 eravamo al 21° posto) proprio perché non abbiamo abbastanza specializzazioni, ad es. una mediazione del lavoro e una mediazione amministrativa.

    Il mediatore per imparare deve poter spaziare per fare esperienza ed imparare.

    Questo percorso virtuoso opera in mediazione familiare da diversi anni (in alcune regioni dagli anni ’80) con corsi di formazione, tirocinio, supervisione ed esami plurimi che costellano la vita di un mediatore familiare fino alla certificazione UNI.

    Questo percorso virtuoso è venuto a crearsi anche per il mediatore civile e commerciale che insieme ad una formazione iniziale e continua, ricordiamolo, ha ormai almeno una esperienza di 13 anni (se non era prima conciliatore societario e ancor prima delle Camere di Commercio).

    Non si può dire altrettanto in Italia dei Centri di Giustizia riparativa. 

    Se un qualsiasi cittadino oggi volesse sapere quanti sono i Centri di Giustizia riparativa in Italia scoprirebbe che sono undici per la giustizia minorile[1]. Non troverebbe agevolmente informazioni però sulla mediazione penale per adulti. Né potrebbe sapere con un click quanti sono i mediatori penali, come accade in altri paesi, ad esempio in Portogallo dove ne abbiamo 250[2].

    La mediazione penale è tutta da costruire in Italia e sembra che il Ministero invece voglia semplicemente sanare un percorso poco conosciuto, senza  un retroterra di regole che invece possiedono la mediazione civile e commerciale e la mediazione familiare.

    Si tenga inoltre presente che anche i mediatori civili e commerciali e familiari hanno sviluppato una capacità di ascolto attivo, di equiprossimità ovvero di empatia[3], di riconoscere l’altro (e di fare riconoscere gli altri[4]); hanno imparato a gestire i sentimenti: la rabbia, la vergogna[5] e la paura.

    Non si vede poi perché le parti non potrebbero avere fiducia del mediatore in quanto tale e senza etichette.  Egli tesse la tela della comunicazione con pazienza ed in assenza di giudizio. Il mediatore di per sé impara nella pratica quotidiana che cosa significa maturare sentimenti di precarietà, di sconfitta o di rivalsa, vedersi negare la dignità, constatare lo svilimento della memoria, percepire le offese alla verità e incontrare l’umanità ferita (e ciò a prescindere dal setting).

    Il mediatore fa molta attenzione a dare spazio ad ogni punto di vista perché sa che così crea empowerment, è capace poi di orientare persone verso alla soluzione del conflitto e la gestione del futuro indipendentemente dal tipo di controversia.

    • La soluzione che sarebbe stata più ragionevole da individuare

    Il Consiglio di Stato in un parere del 20 giugno 2023[6] scrive che l’applicazione nei procedimenti penali della giustizia riparativa è partita il 1° luglio 2023[7].

    Teniamo presente, inoltre, che alla a fine del 2022 c’erano 1.433.352 procedimenti penali pendenti (Fonte: Ministero Giustizia[8]),  ma ovviamente il numero di persone coinvolte nell’ambito di tali procedimenti, che avrebbe interesse ad accedere ai programmi, era ed è di gran lunga maggiore.

    Se è poi vero, come è vero, che il programma di giustizia riparativa porta solo benefici a chi lo attiva[9] (in taluni casi è addirittura prevista una diminuzione di pena), non sorprenderebbe che a pochi mesi dall’entrata in vigore della riforma, si superasse facilmente il milione di istanze di accesso a tali percorsi.

    Tale proiezione numerica non è il problema, ma lo diventerà considerando quanti ad oggi saranno inseriti negli elenchi tenuti dal Ministero della Giustizia.

    Per mettere in opera la riforma Il 5 luglio 2023 il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’università e della ricerca, ha pubblicato  in Gazzetta Ufficiale due decreti ministeriali in materia di giustizia riparativa, di attuazione del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150[10], che riguardano entrambi, tra le altre cose,  proprio la formazione ed hanno la stessa data, 9 giugno 2023[11].

    Nell’attualità per capire se il sistema partirà si deve però guardare alla combinazione con la disciplina transitoria dettata dall’art. 93 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Vista, infatti, la disciplina regolamentare sulla formazione (che è in vigore dal 5 luglio) i nuovi mediatori penali saranno pronti solo tra qualche anno.

    Sotto il profilo temporale, prima che intervenisse la disciplina regolamentare, si stimava che ci volessero tre anni sulla base delle previsioni del decreto legislativo (v. art. 59 c. 3 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150[12]). Non c’era già la possibilità che, nelle more, potessero essere inseriti in elenco altri mediatori. Ora non si è più così ottimisti dal momento che il regolamento ha raddoppiato, rispetto all’art. 59, i tempi della formazione: 680 ore di formazione iniziale e 60 di continua.

    Il tutto perlopiù da seguire in presenza: ci si chiede quanti laureati (si richiede la laurea) avranno il tempo di frequentare un corso di questo genere; di solito a questi percorsi (si pensi alla mediazione familiare) si dedica un sabato al mese. In questo caso, escludendo il tirocinio, ci vorrebbero cinque anni, se si dedicasse alla formazione tutta la giornata.

    Il termine può essere preso per buono sempre che ovviamente sia tutto pronto, ovvero che le Università abbiano stipulato accordi sul da farsi con in Centri di Giustizia riparativa, abbiano adeguato i lori programmi formativi, calendarizzato corsi/master in giustizia riparativa ecc…

    Non si può poi pensare seriamente che i Centri di giustizia riparativi, con le risorse attuali, si possano occupare dei programmi e della formazione, data la mole dei procedimenti prima visti che potrebbero essere astrattamente oggetto di richiesta.

    Ricordiamoci che la Giustizia riparativa costituisce probabilmente un diritto della vittima almeno dal 2012 con la Direttiva  2012/29/UE (Mannozzi)[13].

    In questo stato di cose la cosa più ragionevole per rendere effettiva la riforma sarebbe stata quella di “reclutare” mediatori civili e commerciali e familiari già esperti (e appunto con un solido retroterra di regole alle spalle) e specializzarli nella materia della mediazione penale o comunque, più in generale, di coinvolgere quanti siano in possesso dell’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati ex lege 4/2013 (artt. 4, 7 e 8), rilasciato da un’Associazione Professionale iscritta al M.I.S.E.

    Negli altri paesi UE ciò sarebbe stato normale. Non si fa differenziazione tra mediatori: la mediazione è unica, come dicevamo all’inizio,  e poi ci si specializza quanto si vuole.

    Ad es. in Finlandia – che possiede la mediazione penale più avanzata al mondo – il mediatore può essere una persona che ha completato un corso di formazione in mediazione e che ha le capacità e l’esperienza richieste per svolgere correttamente l’attività e che è adatto al lavoro. Non ci sono preclusioni di sorta. Il corso è di 50 ore[14]. Ma quello che conta è la formazione avanzata: in materia di violenza domestica le ore sono 170 e quando si tratta di bambini e adolescenti il corso è di 100 ore. I mediatori sono monitorati e devono seguire pratiche uniformi[15]. Siamo quindi in linea con il decreto 150/22 senza le “discriminazioni” e gli aumenti spropositati del monte ore operati del decreto ministeriale.

    In Polonia, cui sono stati attribuiti 65 punti e conduce la classifica per la promozione ADR nella UE, un corso specialistico in materia civile e commerciale dura 56 ore, in materia penale è di 22 ore, in materia familiare di 78[16]: ovviamente i mediatori fanno tutto e possono specializzarsi anche nel campo amministrativo.

    In Svezia che pratica la mediazione  penale dagli anni ’70, il corso per mediatori penali è di 4 giornate (non è obbligatorio) e non ci sono preclusioni di sorta sui mediatori.

    Il Ministero della Giustizia italiano, invece ed evidentemente, non concepisce la mediazione come un’unica materia con più specializzazioni e non premia chi si specializza; ha alzato un bello steccato stabilendo che mediatori civili e commerciali e familiari iscritti all’albo[17] non possano fare anche i mediatori penali[18].

    E dunque si vuol fare ricorso nella giustizia riparativa alle risorse che già ci sono e che probabilmente – a pensar male si fa peccato, ma si indovina quasi sempre – hanno premuto perché avvenisse tutto ciò.

    • La disciplina transitoria ed i decreti ministeriali

     D’altronde questo sembra emergere in modo cristallino ed inequivocabile dalla combinazione tra l’art. 93 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 e la sua attuazione[19]

    La disciplina transitoria di cui all’art. 93 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 prevede, infatti, che sono inseriti nell’elenco di cui  all’articolo  60[20]  coloro  che, alla data di entrata in vigore del decreto stesso (?, dal d.m. sappiamo che si tratta del 30 dicembre 2022), sono in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:

        “a) avere completato una formazione alla giustizia  riparativa  ed essere in possesso di una esperienza  almeno  quinquennale,  anche  a titolo volontario  e  gratuito,  acquisita  nel  decennio  precedente presso  soggetti  specializzati  che  erogano  servizi  di  giustizia riparativa, pubblici o privati, convenzionati con il Ministero  della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli  di  intesa  con gli uffici giudiziari o altri enti pubblici;

        b) avere completato una formazione teorica e pratica, seguita  da tirocinio, nell’ambito della giustizia riparativa in materia  penale, equivalente o superiore a quella prevista dal presente decreto;

        c) prestare servizio presso i servizi minorili della giustizia  o gli  uffici  di  esecuzione  penale  esterna,  avere  completato  una adeguata formazione alla giustizia riparativa ed essere  in  possesso di adeguata esperienza almeno quinquennale acquisita in  materia  nel decennio precedente.

      2. L’inserimento nell’elenco, ai sensi del comma 1, è  disposto a seguito della  presentazione,  a  cura  dell’interessato,  di  idonea documentazione comprovante il possesso dei requisiti e, nel  caso  di cui  alla  lettera  b),  previo  superamento  di  una  prova  pratica valutativa, il cui onere finanziario è a  carico  dei  partecipanti, come da successiva regolamentazione a mezzo di decreto  del  Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca.

      3. Con il medesimo  decreto  di  cui  al  comma  2  sono  stabilite altresì le modalità di svolgimento e valutazione della prova di cui al comma 2, nonché di inserimento nell’elenco di cui ai commi 1 e 2.”

    Per comprendere pienamente questa norma si deve scorrere il tenore del DECRETO 9 giugno 2023 (23A03848) che la attua.

    I requisiti di cui alla lettera a) dell’art. 93 bisogna averli ottenuti prima del 30 dicembre 2022 e basta una certificazione[21] da soggetti ed enti pubblici o privati eroganti formazione specialistica nella materia, o istituzioni universitarie o ancora da soggetti specializzati che erogano servizi di giustizia riparativa, pubblici o privati convenzionati con Ministero.

    Lo stesso termine del 30 dicembre 2022 e della relativa certificazione è previsto per la lettera b), ma il decreto ministeriale ha “cambiato le carte in tavola” non prevedendo 240 ore di corso e 100 ore di tirocinio, ma altri requisiti, ossia 480 di corso e 200 ore di tirocinio. Il possesso altresì del requisito di cui all’art. 93, comma 2, seconda ipotesi[22], del decreto legislativo, è comprovato dall’interessato mediante l’attestazione, con giudizio di idoneità, del superamento della prova pratica-valutativa di 6 ore davanti ad una commissione[23].

    Il che rende francamente quasi impossibile che ci possano essere molti soggetti di cui alla lettera b) dell’art. 93 che alla data del 30 dicembre 2022 abbiano già i requisiti previsti nel giugno 2023 e pubblicati nel luglio 2023.

    Per la lettera c), ovvero i prestatori di “servizio presso i servizi minorili della giustizia  o gli  uffici  di  esecuzione  penale  esterna” sono sufficienti certificazioni ed attestazioni[24]. In quest’ultimo caso si potrebbe, tra l’altro, anche dubitare della terzietà del mediatore appartenente all’amministrazione (un po’ come nella defunta mediazione tributaria).

    In ogni caso realisticamente si può immaginare che i mediatori iscritti in elenco saranno prevalentemente quelli di cui alla lettera a) che hanno ottenuto i requisiti prima del 30 dicembre 2022 e quelli della lettera c).

    Ovvero i mediatori penali già in servizio per cui è stata operata una sorta di “sanatoria”.

    Si aggiunga che tali mediatori dovranno presentare  domanda di iscrizione all’elenco ministeriale, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data di approvazione del modello di domanda di cui all’art. 11, comma 1: il modello che non è ancora stato approvato[25]. Allo stato, dunque, nessuno ha potuto fare alcuna domanda.

    Ma ciò che è stabilito dalla norma transitoria nei casi a) e c) non  coprirà di certo il fabbisogno.

    E a dire il vero, già i requisiti  dell’art. 59 del decreto legislativo 150/22 per chiedere l’inserimento nell’elenco dei mediatori penali (240 ore e 100 ore di tirocinio), erano forse troppo stringenti, almeno in partenza, in relazione a quello che è il contesto italiano della mediazione penale. Figuriamoci ora.

    La somma dei soggetti che, istituito l’elenco potrebbero entrarvi, presumibilmente non supererà le cento unità.

    Il fatto che il Ministero si affidi oggi a chi ha già esperienza in materia può stare nella natura delle cose perché il servizio parta, ma il problema è come affrontare la presumibile domanda di programmi riparativi che si svilupperà nei prossimi mesi ed anni con un percorso di specializzazione così lungo e certamente non poco costoso.

    E siccome i mediatori esperti formatori sono coinvolti anche nella formazione e nella valutazione ci si chiede come faranno ad affrontare tutte le sfide.

    • Il nuovo percorso di formazione per il mediatore penale

    Il nuovo percorso di formazione disegnato dal d.m. 9 giugno 2023[26] anche per coloro di cui alla lettera b) dell’art. 93 (ossia della norma transitoria) è presto e sinteticamente descritto.  

    Il percorso di formazione sarà gestito dalle Università in collaborazione coi centri riparativi.

    Il titolo necessario per diventare mediatori penali sarà almeno la laurea.

    Le classi di aspiranti mediatori esperti saranno formate da 25 persone al massimo.

    Sarà richiesta una prova di ammissione che  verrà organizzata dalle Università. In relazione a detta prova il candidato deve presentare il curriculum e una lettera motivazionale.

    La prova consiste in un colloquio pubblico, da svolgersi in presenza, volto a valutare il contenuto della documentazione prodotta, nonché  il livello di cultura generale e le attitudini specifiche del candidato stesso.

    Alla prova sovrintendono congiuntamente almeno due rappresentanti dell’università e un mediatore esperto formatore e la stessa si conclude con l’espressione del giudizio di ammissione o non ammissione alla formazione teorica iniziale.

    La formazione iniziale si suddivide in teorica e pratica.

    La formazione teorica ricomprende  160 ore effettive (10% al massimo di assenze)  oltre alla previsione di seminari specialistici a discrezione dell’Università.

    La formazione di 160 ore avviene in presenza ( solo 1/4 da remoto);  i seminari specialistici possono tenersi anche da remoto (la telecamera in ogni caso deve essere sempre accesa[27]).

    La formazione pratica  è fatta dai centri tramite mediatori esperti formatori ed è di 320 ore e si svolge integralmente in presenza.

    Vi è poi un tirocinio curriculare presso i centri; 200 ore con affiancamento di almeno 10 programmi.

    Si deve ovviamente superare una prova finale.

    La prova finale di valutazione del percorso formativo unitario consiste nella dimostrazione, da parte dei partecipanti alla formazione, della conoscenza completa dei contenuti teorici del percorso, nonché della piena padronanza delle competenze tecnico-pratiche e delle specifiche abilità acquisite nel percorso formativo.

    A entrambe le prove sovrintende una commissione di almeno cinque membri, composta da due formatori teorici e tre mediatori esperti formatori, scelti tra coloro che hanno somministrato il percorso unitario di formazione.

    La prova finale teorica, della durata complessiva non inferiore a quattro ore, da svolgersi in presenza, consiste nella redazione di un testo scritto, elaborato in risposta a un quesito avente a oggetto un tema affrontato nel corso della formazione iniziale, seguita dalla discussione, in forma pubblica, dell’elaborato stesso.

    La prova finale  pratica, della durata complessiva non inferiore a sei ore, da svolgersi in presenza, consiste nella simulazione di un programma, articolato nei differenti momenti e attività di cui lo stesso si compone: segnalazione del caso; gestione delle attività preliminari, tra cui valutazione individualizzata della vittima e della persona indicata come autore dell’offesa, scelta dello stile del linguaggio da utilizzare e attività di informazione nei confronti dei partecipanti; scelta del programma più utile per la gestione del conflitto avente rilevanza penale; raccolta del consenso; conduzione del programma prescelto, con specifico riferimento alla gestione dei rapporti con l’altro mediatore, e eventuali ulteriori mediatori, con la vittima o le vittime del reato, la persona indicata come autore dell’offesa e i loro familiari, con gli altri partecipanti, con l’autorità giudiziaria, con i difensori, gli interpreti e i traduttori, con i servizi della giustizia e del territorio, con l’autorità di pubblica sicurezza e con ogni ulteriore interlocutore sociale; costruzione, ove possibile, dell’accordo riparativo; redazione della relazione e delle ulteriori comunicazioni all’autorità giudiziaria; gestione dell’esito del programma. A mezzo della simulazione, i candidati dimostrano le competenze e abilità acquisite con riferimento a ciascuna delle fasi e delle attività indicate nel primo periodo; alla stessa partecipano, nei differenti ruoli richiesti dal programma, soggetti scelti dalla commissione di cui al comma 3 anche tra partecipanti alla formazione.

    La prova finale (teorica e pratica) si conclude con la valutazione, oggetto di deliberazione a maggioranza, di idoneità o non idoneità del candidato, al quale è rilasciata attestazione relativa all’esito della prova.

    A questo punto il mediatore dovrà essere inserito, a sua richiesta, nell’elenco ministeriale. Il possesso del requisito formativo per l’inserimento è comprovato dall’interessato mediante l’attestazione, con giudizio di idoneità, del superamento della prova finale teorico-pratica della formazione.

    Vi è poi la formazione continua annuale,  assicurata dalle università e dai centri, in collaborazione paritetica (60 ore). E ciò per 50 discenti al massimo (almeno ¾ in presenza); in presenza deve tenersi la parte pratica.

    Il decreto ministeriale ci descrive anche la formazione dei formatori.

    I candidati devono avere una comprovata perizia e professionalità nella materia della giustizia riparativa, derivante dall’esperienza concreta, specifica e continuativa nella conduzione di programmi come mediatore esperto presso uno o più centri, maturata nel corso di almeno cinque anni precedenti la data della richiesta di iscrizione al percorso formativo.

    La formazione iniziale  assicurata da Università e Centri sarà di  80 ore (60 in presenza).

    La formazione continua, sempre in relazione al massimo di 50 partecipanti, sarà di 30 ore annuali in presenza di preferenza (o a telecamera accesa).

    Ovviamente per i primi formatori di mediatori esperti la disciplina sarà diversa[28].

    • Una sintesi delle perplessità

    Rimarchiamo sommessamente che l’art. 59 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 prevede una  “formazione iniziale di almeno duecentoquaranta ore, di cui un terzo dedicato alla formazione teorica e due terzi a quella pratica, seguite da almeno cento ore  di  tirocinio  presso uno dei Centri per la giustizia riparativa di cui all’articolo 63.” Il Decreto Ministeriale porta il tutto a 680 ore.

    La formazione continua  consiste per l’art. 59 “in  non  meno  di  trenta  ore annuali, dedicate all’aggiornamento teorico e pratico,  nonché  allo scambio di prassi nazionali, europee e internazionali.” Il Decreto Ministeriale porta il tutto a 60 ore.

    A livello di mediazione comparata una cosa del genere si riscontra solo nei programmi per mediatori familiari in Francia ed in quella per mediatori civili e commerciali nella Federazione Russa. Al di sopra (forse) ci sono solo percorsi di laurea in Malta e in Lussemburgo.

    Ce lo possiamo permettere con le nostre pendenze?

    Evidentemente no, ma c’è comunque una volontà di blindatura della mediazione penale, una volontà di mantenere un monopolio, peraltro anche palesemente espresso attraverso il divieto ai mediatori civili e commerciali e familiari di diventare mediatori penali.

    E non sappiamo peraltro al momento che cosa il Consiglio di Stato pensi della prescrizione  contenuta nell’art. 9 del decreto 9 giugno 2023 (23A03848): “1. I soggetti che chiedono l’inserimento nell’elenco devono possedere inoltre i seguenti requisiti: a) non essere iscritti all’albo dei mediatori civili, commerciali o familiari;” peraltro si prevede addirittura, in caso di inosservanza, anche la cancellazione d’ufficio dall’elenco (art. 14)[29].

    • Le fonti normative della giustizia riparativa e le incompatibilità

    Tale accanimento non trova alcun appiglio nelle fonti della materia.

    La legge delega (LEGGE 27 settembre 2021 , n. 134) si limita a prevedere al punto 18 lett. f: “disciplinare la formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa, tenendo conto delle esigenze delle vittime del reato e degli autori del reato e delle capacità di gestione degli effetti del conflitto e del reato nonché del possesso di conoscenze basilari sul sistema penale; prevedere i requisiti e i criteri per l’esercizio dell’attività professionale di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa e le modalità di accreditamento dei mediatori presso il Ministero della giustizia, garantendo le caratteristiche di imparzialità, indipendenza ed equiprossimità del ruolo;”

    La legge delega, dunque, non pone alcuna incompatibilità, ma si limita a dare al legislatore la seguente indicazione “prevedere i requisiti e i criteri per l’esercizio dell’attività professionale di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa”.

    Il legislatore delegato (DECRETO LEGISLATIVO 10 ottobre 2022, n. 150) all’art. 59 non pone alcuna forma di incompatibilità ma si limita a prevedere: “Formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa.

    Non si comprende a livello di principio perché vengano escluse come incompatibili proprio figure – il mediatore civile e commerciale e quello familiare – che hanno proprio nel DNA l’imparzialità, l’indipendenza, la sensibilità e la equiprossimità.

    L’art. 60 c. 2 del decreto legislativo citato prevede che:

    “2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è istituito presso il Ministero della giustizia l’elenco dei mediatori esperti. L’elenco contiene i nominativi dei mediatori esperti, con l’indicazione della eventuale qualifica di formatori. Il decreto stabilisce anche i criteri per la valutazione delle esperienze e delle competenze dei mediatori esperti, al fine dell’ammissione allo svolgimento dell’attività di formazione, nonché i criteri per l’iscrizione e la cancellazione, anche per motivi sopravvenuti, dall’elenco, le modalità di revisione dell’elenco, nonché la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui all’articolo 59 costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività di mediatore esperto. Lo stesso decreto disciplina le incompatibilità con l’esercizio dell’attività di mediatore esperto, nonché i requisiti di onorabilità e l’eventuale contributo per l’iscrizione nell’elenco”.

    Soltanto in quest’ultima norma, dunque, si fa riferimento alla disciplina della incompatibilità. Ma non vi sono indicazioni al proposito. Non si comprende a dire il vero nemmeno perché il decreto legislativo voglia stabilire delle incompatibilità e questo alla luce delle fonti dell’istituto.

    Ma andiamo con ordine.

    È con la Commissione di studio istituita nel 2021 e presieduta da Giorgio Lattanzi che, per la prima volta, la materia della giustizia riparativa si affaccia, in modo organico, nel nostro ordinamento giuridico (24/5/21): tra le proposte di emendamento al Disegno di legge A.C. 2435, la Commissione aveva infatti previsto un nuovo art. 9-quinquies (Giustizia riparativa), ritenendo, in accoglimento delle sollecitazioni dell’allora Ministro della giustizia Cartabia e della dottrina che la legge delega potesse estendersi anche a interventi normativi nuovi, quali, per l’appunto, quelli in tema di giustizia riparativa

    La legge delega n. 134 del 2021 ha recepito e ripreso il testo elaborato dalla Commissione di studio, statuendo, all’art. 1, comma 18, che il Governo, nell’adottare gli schemi di decreti legislativi, introducesse una disciplina organica della giustizia riparativa. La delega in materia è stata esercitata con il decreto legislativo n. 150 del 2022 in duplice direzione: per un verso, prevedendo una disciplina organica della giustizia riparativa; per altro verso, intervenendo sulla legislazione penale vigente con interpolazioni in vari articoli, soprattutto nell’ambito del codice di rito.

    Mentre per l’art. 27 della Costituzione si chiede alla pena di rieducare il reo per la giustizia riparativa si chiede di scommettere, a differenza del diritto penale classico, sulle persone e sulle loro capacità positive, al punto da diventare una giustizia non solo educativa ma anche formativa.

    L’ art. 43 c. 2 d.lgs. 150/22 prevede, infatti, che “I programmi di giustizia riparativa tendono a promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa e la ricostituzione dei legami con la comunità.”

    Per quale arcano motivo l’esercizio della mediazione civile e commerciale e familiare sarebbe incompatibile con dette finalità?

    Andiamo ora a vedere le fonti internazionali della mediazione penale.

    La Raccomandazione n. R (99)19 Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adottata il 15/09/1999 – Raccomandazione relativa alla Mediazione in materia penale, che sarà poi sviluppata dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa CM/Rec (2018)8 adottata dal Comitato dei Ministri il 3 ottobre 2018, ai cui principi ed alle cui disposizioni si è attenuto il Governo nell’esercizio delle delega.

    In queste Raccomandazioni il mediatore penale è detto “facilitatore”, ma non compare incompatibilità di alcun genere.

    Si dice che i facilitatori dovrebbero ricevere una formazione iniziale prima di esercitare la giustizia riparativa, come anche una formazione continua.

    Vi è poi da considerare la Decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001: ciascuno Stato si impegna a definire servizi specializzati che rispondano ai bisogni della vittima in ogni fase del procedimento, adoperandosi affinché non abbia a subire pregiudizi ulteriori e inutili pressioni e affinché sia assicurata l’adeguata formazione professionale degli operatori, mediante la previsione di scadenze temporali vincolanti per le necessarie disposizioni attuative, di ordine legislativo, regolamentare e amministrativo.

    In essa si parla solo di “persona competente”: art. 1 lett. e) “«mediazione nelle cause penali»: la ricerca, prima o durante il procedimento penale, di una soluzione negoziata tra la vittima e l’autore del reato, con la mediazione di una persona competente”.

    Un’altra fonte importante è da riconoscere nei documenti dell’ONU; lo United Nations, “Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters”, ECOSOC Res. 12/2002 n. 15/2002: ribadisce che vittima e autore del reato devono essere trattati in modo paritario.

    Anche qui si parla di facilitatore: “5. “Facilitator” means a fair and impartial third party whose role is to facilitate the participation of victims and offenders in an encounter programme.”

    “17. Facilitators should be recruited from all sections of society and should generally possess good understanding of local cultures and communities. They should be able to demonstrate sound judgement and interpersonal skills necessary to conducting restorative processes.

    18. Facilitators should perform their duties in an impartial manner, based on the facts of the case and on the needs and wishes of the parties. They should always respect the dignity of the parties and ensure that the parties act with respect towards each other.

    19. Facilitators should be responsible for providing a safe and appropriate environment for the restorative process. They should be sensitive to any vulnerability of the parties.

    20. Facilitators should receive initial training before taking up facilitation duties and should also receive in-service training. The training should aim at providing skills in conflict resolution, taking into account the particular needs of victims and offenders, at providing basic knowledge of the criminal justice system and at providing a thorough knowledge of the operation of the restorative programme in which they will do their work.”

    Nessuna incompatibilità è dunque prevista.

    È poi il turno della Direttiva 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Doveva essere recepita dagli stati entro il 16 novembre 2015.

    Essa definisce la mediazione penale come  «qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale» (art. 2, co. 1, lett. d).

    Si parla di operatori della giustizia riparativa, ma non ci sono norme che li riguardino direttamente, né tanto meno incompatibilità, a parte L’art. 25 comma 4  prevedente che gli Stati membri, « attraverso i loro servizi pubblici o finanziando organizzazioni che sostengono le vittime, incoraggiano iniziative che consentano a coloro che forniscono servizi di assistenza alle vittime e di giustizia riparativa di ricevere un’adeguata formazione, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, e rispettino le norme professionali per garantire che i loro servizi siano forniti in modo imparziale, rispettoso e professionale».

    E dunque si chiede soltanto che i servizi siano forniti in modo imparziale, rispettoso e professionale, come tutti mediatori di qualunque natura hanno imparato a fornire.

    Veniamo infine alla Dichiarazione di Venezia del COE sul Ruolo della Giustizia riparativa in materia penale 13 e 14 dicembre 2021.

    Si parla solo di un soggetto terzo formato e imparziale (solitamente chiamato mediatore o facilitatore);

    Al punto IV si precisa poi che bisogna “considerare la giustizia riparativa come parte essenziale dei programmi di formazione dei professionisti del diritto, compresi magistrati, avvocati, pubblici ministeri, assistenti sociali, polizia, nonché del personale carcerario e di probation, e riflettere su come includere i principi, i metodi, le pratiche e le garanzie della giustizia riparativa nei programmi universitari e in altri programmi di istruzione post-universitaria per i giuristi, prestando attenzione alla partecipazione della società civile e delle autorità locali e regionali nei processi di giustizia riparativa e rivolgendosi al Consiglio d’Europa quando sono necessari programmi di cooperazione e formazione dei funzionari che attuano la giustizia riparativa;”

    Questa è l’unica norma che valga la pena di essere richiamata sul punto e che va nella direzione dell’inclusione.

    Non possiamo che chiedere dunque al Ministero da quali norme  ha ricavato le incompatibilità predette.

    • Le palesi violazioni dell’art. 9 c. 1 lett. a)  e le ulteriori criticità del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848)

    Il 17 marzo 1791 in Francia fu emanata la Loi du 17 mars 1791 portant suspension de tous les droits d’aides, de toutes les maîtrises et jurandes et établissement des droits de patente.

    L’art. 7 di questa legge è ancora in vigore oggi nel 2023 e prevede che “A partire dal prossimo 1° aprile chiunque sarà libero di esercitare tale commercio o esercitare tale professione, arte o commercio a suo piacimento; ma sarà tenuto a procurarsi preventivamente una licenza, a pagarne il prezzo, e a conformarsi ai regolamenti di polizia che sono o potranno essere emanati[30].”

    In Francia, dunque, in un paese dell’Unione Europea, una norma come quella dell’art. 9 c. 1 lett. a)[31] del d.m. 9 giugno 2023[32] non sarebbe nemmeno concepibile.

    Il Ministero italiano, di un altro paese aderente alla UE, non sembra vece nemmeno aver pensato alle conseguenze sul lato giuridico, oltre che sul lato umano, di escludere i mediatori civili e commerciali e familiari dalla mediazione penale.

    La norma di cui all’art. 9 c. 1 del d.m. 9 giugno 2023 è in primo luogo, così come scritta, comunque inapplicabile.

    L’albo dei mediatori civili e commerciali non è un albo anche se sul sito ministeriale viene indicato in questo modo.

    Mai si parla di Albo nel decreto 180/10. Nella bozza di d.m. del 2 giugno se ne parla con riferimento agli avvocati.

    L’albo dei mediatori non esiste perché, se esistesse l’Istat censirebbe il mediatore civile e commerciale come professione e non lo censisce. Inoltre, se ci fosse un albo qualcuno pagherebbe dei contributi previdenziali e a qualcuno verrebbe pagata la pensione.

    Nemmeno i mediatori familiari sono iscritti ad un albo, ma ad un semplice elenco in tribunale: basta leggere l’art. Art. 473-bis.10 (Mediazione familiare). “- Il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell’elenco formato a norma delle disposizioni di attuazione del presente codice, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo.”, o le disposizioni preliminari al Cpc (art. 12-bis e ss.) dove si parla di elenco per ben 8 volte!

    E dunque anche per i mediatori familiari la parola albo non ha alcun senso e non è loro applicabile la previsione di incompatibilità di cui all’art. 9.

    E non ha alcun senso nemmeno per mediatori esteri o italiani che abbiano conseguito i titoli all’estero, dal momento che non risulta allo scrivente che ci sia un paese UE ove i mediatori abbiano un albo.

    In presenza poi di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, sussiste la regola di irretroattività degli atti a contenuto normativo dettata dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Detta regola può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto, solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti gli atti e regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva[33].

    La giurisprudenza amministrativa ha più volte posto in rilievo che la regola di irretroattività dell’azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto “ex ante” sulle situazioni soggettive del privato (omissis)[34]

    Il decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) non poteva stabilire quindi retroattivamente che determinate categorie di mediatori non possono essere iscritti in elenco. La legge non ha dato al Ministero la potestà in tal senso.

    Inoltre, l’art. 9 c 1 lett a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) viola, prima facie, diverse norme.

    L’art. 43 e 49 del trattato CE che vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro.

    Gli articoli 1 c. 5[35] 4,  l’art. 10[36], l’art. 15 c. 2 lett. b[37], l’art. 18[38], l’art. 20[39], l’art. 25[40] della DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno[41].

    Sono violati i considerando 5, 12, 34, 42, 44, 65, 68, 83 91 e 101 della medesima DIRETTIVA 2006/123/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno.

    L’art. 9 c 1 lett a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) viola l’art. 2 e 41 della Costituzione italiana.

    L’art. 2 della Costituzione che garantisce ”i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”: l’art. 9 c 1 lett a) in discorso  viola una prescrizione costituzionale, se non una norma al di sopra della Costituzione,  nel momento in cui preclude il diritto al lavoro nel campo della giustizia a soggetti che per avventura e prima della norma in discorso avessero ottenuto la qualifica di mediatore civile e commerciale e di mediatore familiare.

    L’art. 9 c 1 lett a) viola l’art. 41 per cui “L’iniziativa economica privata è libera”. Non  si vede come la qualifica di mediatore civile e commerciale e di mediatore familiare possano incidere sullo svolgimento della mediazione penale contrastando l’utilità sociale o recando danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (requisiti che vietano appunto una  determinata attività ai sensi dell’art. 41 c. 2).

    Ricordo inoltre che ai sensi dell’art. 35 c. 2 del Codice penale “2. La sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte non può avere una durata inferiore a tre mesi, né superiore a tre anni.”

    Se non ci può essere dunque sospensione superiore a tre anni per i condannati ” per contravvenzione, che sia commessa con abuso della professione, arte, industria, o del commercio o mestiere, ovvero con violazione dei doveri ad essi inerenti, quando la pena inflitta non è inferiore a un anno d’arresto”, come si può impedire addirittura lo svolgimento di una professione o di un’arte, a persone che non siano condannate per alcun reato, e che abbiano anzi delle qualifiche ulteriori rispetto a quella che si voglia conseguire?

    Vi è ancora una palese violazione del decreto legislativo che ha attuato in Italia la DIRETTIVA 2006/123/CE  e dunque il DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2010 , n. 59 Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno. (10G0080) per quanto riguarda gli articoli 10[42], 11 c. 1 lett. b[43] e 35[44].

    In sintesi, non si può impedire ad un mediatore dei paesi membri che per avventura (nella maggior parte dei paesi UE è assolutamente normale) abbia tutte le qualifiche, né ad un mediatore italiano civile e commerciale,  se non in presenza di ragioni eccezionali ed oggettive che vanno esplicitate, di svolgere la mediazione penale.

    In questo caso non ci sono motivi, di sicurezza (il mediatore è comunque tenuto al segreto professionale) né di indipendenza e di imparzialità già sanciti dalla legge per tali categorie.

    Lo Stato inoltre non può varare norme penali per aggirare gli obblighi della Direttiva.

    Nello stesso senso va la prassi della CGUE[45] per cui impedire l’accesso ad un lavoro od ad una professione, con conseguente impossibilità di partecipare a selezioni pubbliche, concorsi etc. in un altro Stato (o nel proprio) a chi ha conseguito un titolo di studio od un’abilitazione professionale all’estero viola le libertà di circolazione e di movimento nell’UE (artt. 45 e 49 TFUE) e la Direttiva 2005/36/CE così come modificata dal Regolamento 279/2009/CE che disciplinano la materia (ex multis EU:C:2015: 652 e 239).

    Nel caso de quo vi sarebbe inoltre la violazione dell’art. 8[46] della Convenzione dei diritti dell’uomo.

    L’articolo 8 garantisce alle persone una sfera all’interno della quale le stesse possono perseguire liberamente lo sviluppo e la realizzazione della loro personalità (A.-M.V. c. Finlandia, § 76; Brüggemann e Scheuten c. Germania, decisione della Commissione; Federazione nazionale delle associazioni e dei sindacati degli sportivi (FNASS) e altri c. Francia, § 153). La nozione di autonomia personale costituisce un importante principio alla base dell’interpretazione dell’articolo 8 (Christine Goodwin c. Regno Unito [GC], § 90). Nel contesto della “vita privata” la Corte ha ritenuto che, qualora sia in gioco un aspetto particolarmente importante dell’esistenza o dell’identità di una persona, il margine concesso allo Stato sia ristretto (Fedotova e altri c. Russia, § 47)[47].

    La Corte  ha ad esempio deciso che “Il titolo di studio conseguito all’estero, purché equivalente a quello del paese in cui si vuole spenderlo, o da uno straniero nel paese ospitante non può precludergli l’accesso al lavoro o ad una professione per pastoie burocratiche e/o per leggi non chiare: ciò viola la sua privacy (art. 8 Cedu). Infatti, l’annullamento di questo titolo di studio lede la sfera privata della persona (familiare, privata, lavorativa, sociale etc.), dal punto di vista materiale e sostanziale (inner circle) con gravi ripercussioni sul suo benessere, comportando un’indebita lesione dei suoi interessi economici e della sua credibilità professionale.”

    L’art. 9 c. 1 lett. a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) viola dunque anche la Direttiva 2005/36/CE così come modificata dal Regolamento 279/2009/CE nel momento in cui impedisce ad un cittadino europeo ed italiano che avesse conseguito i titoli di mediatore civile e commerciale,  familiare  e penale all’estero di iscriversi all’elenco italiano dei mediatori penali e lede la sua sfera privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, in quanto la legge non prevede chiaramente che la professione del mediatore civile e commerciale e del mediatore familiare siano ostative all’esercizio della mediazione penale (e come potrebbe!) ed il margine concesso allo Stato è ristretto; non può prevedere senza che vi sia una violazione della Convenzione, che tale divieto sia posto addirittura da una norma regolamentare.

    Ricordo inoltre che con una sentenza  recente il Consiglio di Stato in adunanza plenaria[48] ha respinto l’appello del Ministro dell’Istruzione che voleva impedire a cittadini bulgari di esercitare in Italia la professione di insegnante nella scuola pubblica,  stabilendo che “ la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte citato art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla ‘professione regolamentata’“.

    “La peculiare posizione ora descritta induce a ritenere fondata le richieste delle medesime appellanti di essere sottoposte ad un esame che in concreto accerti il livello delle competenze professionali complessivamente acquisite da ciascuna, all’esito del suo percorso di studi in Italia e della successiva formazione professionale svolta in Bulgaria.

    In conformità con quanto statuito dalla Corte di giustizia sentenza 8 luglio 2021, C-166/20[49] (resa in una vicenda analoga a quella oggetto della presente controversia, in cui il ricorrente aveva maturato la qualificazione professionale necessaria in parte in Patria ed in parte all’estero), il Ministero dell’istruzione è in altri termini tenuto:

    — ad esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascuna interessata; non, dunque, a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine, come invece hanno ipotizzato le ordinanze di rimessione;

    — a procedere quindi ad «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla ‘professione regolamentata’ di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva.”

    Non si vede dunque come si possa precludere automaticamente e a priori l’iscrizione e un analogo esame “in concreto” a mediatori italiani per il solo fatto che siano civili e commerciali e familiari.

    E ciò senza contare che la norma di legge prevede un percorso di 340 ore, mentre il regolamento arbitrariamente ha elevato il monte ore a 680, ha introdotto una “sanatoria” non prevista da alcuna previsione superiore per i mediatori penali già attivi ed i formatori di mediatori penali, ha infine richiesto in modo retroattivo e illegittimo di aver conseguito per i mediatori “non sanati” determinati requisiti – previsti dallo stesso decreto pubblicato a luglio 2023 –  al 30 dicembre 2022.

    Con ciò si è leso sicuramente anche il legittimo affidamento che cittadini italiani ed europei potevano nutrire nei confronti della disciplina del decreto 150/22.

    Anche il Coa Roma ha, da ultimo. ritenuto che “Il D.M. in questione appare pregiudicare gli interessi dell’Avvocatura con particolare riferimento alle cause di incompatibilità ed ai requisiti soggettivi di onorabilità.” Il Consiglio ha pertanto deliberato di impugnare il Decreto Ministeriale del Ministero della Giustizia emanato il 9 giugno 2023 che istituisce l’elenco mediatori esperti in giustizia riparativa[50].

    La norma di cui L’art. 9 c. 1 lett. a) del decreto ministeriale 9 giugno 2023 (23A03848) è dunque suscettibile di violare anche gli interessi degli avvocati che siano mediatori civili e commerciali e familiari.

    Aggiungerei però che anche la norma di cui all’art. 19 c. 3 mi sembra troppo stringente e dovrebbe essere oggetto di valutazione da parte dell’avvocatura:” 3. I mediatori esperti non possono svolgere la loro attività all’interno del medesimo distretto di corte d’appello in cui esercitano in via prevalente la professione forense gli stessi mediatori esperti ovvero i loro associati di studio, i membri dell’associazione professionale, i soci della società tra professionisti, il coniuge e il convivente, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado.”

    Personalmente non ne comprendo la ratio, in specie se l’avvocato sia civilista e non penalista. E comunque dal punto di vista logistico ciò impedisce di fatto all’avvocato di fare il mediatore penale.

    Appaiono infine bizzarre le incompatibilità previste delle lettere c) e d) dello stesso art. 19 c. 3 che dispongono: ”c) se il mediatore esperto, il coniuge o il convivente o il figlio di costui è tutore, curatore, procuratore, amministratore di sostegno o datore di lavoro di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a);

     d) se il difensore, il tutore, il procuratore, il curatore, l’amministratore di sostegno di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a) è ascendente, discendente, fratello, sorella, affine nello stesso grado, zio o nipote del mediatore esperto, del suo coniuge o convivente;”.

    Ci si chiede semplicemente come faccia il mediatore esperto coassegnatario ad essere un interdetto, mentre i mediatori civili e commerciali e familiari non possono, per il Ministero, fare i mediatori penali

    Alla fine di questa nota non si può che chiedere al Governo e/o al legislatore di intervenire nella maniera che riterrà più appropriata a tutela della riforma che è stata appena varata, dei suoi protagonisti e della mediazione, prima che la vicenda finisca al Tar del Lazio.


    [1] https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/centri_per_la_giustizia_minorile

    [2] https://dgpj.justica.gov.pt/Portals/31/GRAL_Media%E7%E3o/Lista_mediadores_SMP_24.02.2020.pdf

    [3] Sentire ciò che l’altro sente, senza assumere una posizione favorevole o contraria, di simpatia o di antipatia, rispetto al sentire dell’altro (MORINEAU).

    [4] Nella concretezza del loro essere, dei loro bisogni, dei loro rapporti esistenziali, individuali e sociali, tornando a rendersi reciprocamente protagonisti — se possibile — della ricomposizione della trama della esistenza individuale e sociale (PALAZZO).

    [5] La vergogna è portatrice di umanità e di dignità.

    [6] Sullo Schema di decreto del Ministro della giustizia concernente: “Regolamento relativo alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte dei Centri per la giustizia riparativa, ai sensi del articolo 65, comma 3, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”;

    [7] “Inoltre, il comma 2-bis, aggiunto dall’articolo art. 5-novies, comma 1, decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, ha previsto che le novelle introdotte nel codice penale e nel codice di procedura penale in riferimento alla giustizia riparativa si applicano nei procedimenti penali e nella fase di esecuzione della pena decorsi sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, vale a dire dal 1° luglio 2023, all’evidenza confidando nel rispetto dello stesso termine per l’approvazione del regolamento in esame, a dispetto della tempistica formalmente prevista dall’articolo 65.”

    Art. 5-novies

     (Modifica all’articolo 92 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, recante disposizioni  transitorie  in  materia  di  giustizia  riparativa). 

       1. All’articolo 92 del decreto legislativo 10  ottobre  2022,  n. 150, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

      “2-bis. Le disposizioni in materia di giustizia riparativa  di  cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), lettera h), numero 2), e lettera l), all’articolo 5, comma 1, lettera e), numero  5),  e  lettera  f), all’articolo 7, comma  1,  lettera  c),  all’articolo  13,  comma  1, lettera  a),  all’articolo  18,  comma  1,  lettera  c),  numero  2), all’articolo 19, comma 1, lettera a),  numero  1),  all’articolo  22, comma 1, lettera e), numero 3), lettera f) e lettera l),  numero  2), all’articolo 23, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera n), numero 1), all’articolo 25, comma 1, lettera d), all’articolo 28,  comma  1, lettera b), numero 1), lettera c), all’articolo 29, comma 1,  lettera a), numero 4), all’articolo 32,  comma  1,  lettera  b),  numero  1), lettera  d),  all’articolo  34,  comma  1,  lettera  g),  numero  3), all’articolo 38, comma 1,  lettera  a),  numero  2),  e  lettera  c), all’articolo 41, comma 1,  lettera  c),  all’articolo  72,  comma  1, lettera a), all’articolo 78,  comma  1,  lettera  a),  lettera  b)  e lettera c), numero 2), all’articolo 83, comma 1, e  all’articolo  84, comma 1, lettere a) e b), si  applicano  nei  procedimenti  penali  e nella fase dell’esecuzione della pena decorsi sei mesi dalla data  di entrata in vigore del presente decreto”.

    In particolare, l’art. 5-novies della LEGGE 30 dicembre 2022, n. 199 ha introdotto una modifica importante in materia di giustizia riparativa integrando il dettato dell’art. 92 del decreto legislativo 150/22. Per l’art. 6 del decreto 162/22 convertito appunto nella LEGGE 30 dicembre 2022, n. 199, entra invece in vigore il 30.12.22 la disciplina organica della giustizia riparativa (da art. 42 a 67) ai sensi dell’introdotto 99-bis del decreto 150/22 Entrano invece in vigore al 1° luglio 2023 tutte le applicazioni della giustizia riparativa (26 norme).

    In dettaglio non entrano in vigore a fine al 1° luglio  2023 le seguenti modifiche o integrazioni:

    1)            Il Codice penale (articoli 62 e 152).

    2)            Il Codice di procedura penale ( articoli 90-bis, 90 bis-1 (nuovo), 129 bis (nuovo), 293, 369, 386, 408, 409, 415 bis, 419, 429, 447, 460, 464 bis,  552, 656, 660).

    3)            Le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale con l’introduzione di un solo articolo: il 45-ter.

    4)            la Legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario): art. 13, 15-bis (nuovo) e 47.

    5)            Il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni): art. 28

    6)            Il Decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 (Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni) : art. 1 c. 2, art. 1-bis (nuovo).

    [8] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14_1.page?contentId=SST1288006&previsiousPage=mg_1_14#

    [9] Considerando  n. 46 della direttiva n. 2012/29/UE.

    [10] Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché’ in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari. (22G00159). (GU n.243 del 17-10-2022 – Suppl. Ordinario n. 38)

    https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2022-10-10;150

    [11] DECRETO 9 giugno 2023

    Disciplina delle forme e dei tempi della formazione finalizzata a conseguire la qualificazione di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa nonché delle modalità di svolgimento e valutazione della prova di ammissione alla formazione ed altresì della prova conclusiva della stessa. (23A03847) (GU n.155 del 5-7-2023)

    DECRETO 9 giugno 2023

    Istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa. Disciplina dei requisiti per l’iscrizione e la cancellazione dall’elenco, del contributo per l’iscrizione allo stesso, delle cause di incompatibilità, dell’attribuzione della qualificazione di formatore, delle modalità di revisione e vigilanza sull’elenco, ed infine della data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività. (23A03848) (GU n.155 del 5-7-2023)

    [12] Art. 59

     Formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa

       1. La formazione  dei  mediatori  esperti  assicura  l’acquisizione delle conoscenze, competenze, abilità e  dei  principi  deontologici necessari a svolgere, con imparzialità,  indipendenza,  sensibilità ed equiprossimità, i programmi di giustizia riparativa.

      2. I mediatori esperti ricevono una formazione iniziale e continua.

      3. La formazione iniziale consiste in almeno duecentoquaranta  ore, di cui un terzo dedicato alla formazione teorica e due terzi a quella pratica, seguite da almeno cento ore  di  tirocinio  presso  uno  dei Centri per la giustizia riparativa di cui all’articolo 63.

     4. La formazione continua  consiste  in  non  meno  di  trenta  ore annuali, dedicate all’aggiornamento teorico e pratico,  nonché  allo scambio di prassi nazionali, europee e internazionali.

      5. La formazione teorica fornisce conoscenze su principi, teorie  e metodi  della  giustizia  riparativa,  nonché  nozioni  basilari  di diritto penale, diritto processuale  penale,  diritto  penitenziario, diritto minorile,  criminologia,  vittimologia  e  ulteriori  materie correlate.

      6. La formazione pratica mira a sviluppare capacità di  ascolto  e di relazione e  a  fornire  competenze  e  abilità  necessarie  alla gestione  degli  effetti  negativi  dei  conflitti,   con   specifica attenzione  alle  vittime,  ai  minorenni  e   alle   altre   persone vulnerabili.

      7. La formazione pratica  e  quella  teorica  sono  assicurate  dai Centri per la giustizia riparativa e dalle Università che operano in collaborazione, secondo le rispettive competenze. Ai  Centri  per  la giustizia  riparativa  è  affidata  in  particolare  la   formazione pratica, che viene impartita attraverso  mediatori  esperti  iscritti nell’elenco di cui all’articolo  60  i  quali  abbiano  un’esperienza almeno quinquennale nei servizi per la giustizia riparativa  e  siano in possesso di comprovate competenze come formatori.

      8. L’accesso ai corsi è subordinato al possesso di  un  titolo  di studio non inferiore alla laurea e al superamento  di  una  prova  di ammissione culturale e attitudinale.

      9. I partecipanti al corso di formazione acquisiscono la  qualifica di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa in  seguito al superamento della prova finale teorico-pratica.

      10. Con decreto del Ministro della giustizia, adottato di  concerto con il Ministro del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  e  con  il Ministro dell’università e della ricerca, entro sei mesi dalla  data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati le forme e i tempi della formazione pratica e  teorica  di  cui  al  comma  7, nonché le modalità delle prove di cui ai commi 8 e 9. Gli oneri per la partecipazione alle attività di formazione ed alla  prova  finale teorico-pratica sono posti a carico dei partecipanti.

    [13] Cfr. La voce GIUSTIZIA RIPARATIVA nell’Enciclopedia del Diritto, col. 464 ess. 2017.

    [14] Sezione 10 Laki rikosasioiden ja eräiden riita-asioiden sovittelusta 9.12.2005/1015

    https://www.finlex.fi/fi/laki/ajantasa/2005/20051015

    [15] Kehittämispäällikkö Henrik, Elonheimo, THL, SOVITTELUN TULEVAISUUS: KOHTI PROFESSIOTA? Sovittelijapäivät 7.2.2019 https://thl.fi/documents/10531/2388936/Sovittelijap%C3%A4iv%C3%A4t+

    Elonheimo+2019+uusi+versio+FINALpptx.pdf/c9766275-64a7-4426-a989-

    75fb3860cae5

    [16] https://mediator.org.pl/zostan-mediatorem/kursy-szkolenia-z-mediacji/

    [17] E  pure altre categorie: v. art. 19 del Decreto 9 giugno 2023  (23A03848).

    [18] Sorge spontaneo domandarsi il perché il Consiglio di Stato sia stato investito solo degli aspetti relativi alla privacy e non di quelli sostanziali, sulla base di un Regolamento che ad oggi non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ( “Regolamento relativo alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte dei Centri per la giustizia riparativa, ai sensi del articolo 65, comma 3, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”).

    [19] DECRETO 9 giugno 2023

    Istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa. Disciplina dei requisiti per l’iscrizione e la cancellazione dall’elenco, del contributo per l’iscrizione allo stesso, delle cause di incompatibilità, dell’attribuzione della qualificazione di formatore, delle modalità di revisione e vigilanza sull’elenco, ed infine della data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività. (23A03848) (GU n.155 del 5-7-2023)

    [20] Requisiti per l’esercizio dell’attività di mediatore esperto. Elenco dei mediatori esperti

       1. Oltre alla qualifica  di  cui  all’articolo  59,  comma  9,  per l’esercizio dell’attività  di  mediatore  esperto  in  programmi  di giustizia riparativa è necessario l’inserimento nell’elenco  di  cui al comma 2.

      2. Con decreto del Ministro della giustizia,  di  concerto  con  il Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali  e  con  il  Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro sei  mesi  dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è  istituito  presso il Ministero della giustizia l’elenco dei mediatori esperti. L’elenco contiene i nominativi dei mediatori esperti, con l’indicazione  della eventuale qualifica di  formatori.  Il  decreto  stabilisce  anche  i criteri per la valutazione delle esperienze e  delle  competenze  dei mediatori  esperti,  al   fine   dell’ammissione   allo   svolgimento dell’attività di formazione, nonché i criteri per l’iscrizione e la cancellazione,  anche  per  motivi  sopravvenuti,   dall’elenco,   le modalità di revisione dell’elenco, nonché’ la data a decorrere dalla quale  la  partecipazione  all’attività   di   formazione   di   cui all’articolo 59 costituisce requisito  obbligatorio  per  l’esercizio dell’attività di mediatore esperto. Lo stesso decreto disciplina  le incompatibilità con l’esercizio dell’attività di mediatore esperto, nonché i requisiti di  onorabilità  e  l’eventuale  contributo  per l’iscrizione nell’elenco.

      3. L’istituzione  e  la  tenuta  dell’elenco  di  cui  al  comma  2 avvengono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e  strumentali già esistenti  e  disponibili  a  legislazione  vigente,  presso  il Ministero della giustizia,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  per  il bilancio dello Stato.

    [21] Art. 5

    Requisiti per l’inserimento nell’elenco ai sensi dell’art. 93, comma  1, lettera a), del decreto legislativo

     1. Il possesso dei requisiti formativi ed esperienziali per l’inserimento nell’elenco ai sensi degli articoli 60, comma 1, e 93, comma 1, lettera a) del decreto legislativo è attestato dall’interessato mediante:

     a) certificazione, rilasciata da soggetti ed enti pubblici o privati eroganti formazione specialistica nella materia, o

    istituzioni universitarie, comprovante il conseguimento, alla data del 30 dicembre 2022, di una formazione completa alla giustizia riparativa, analoga a quella di cui all’art. 59, commi 5 e 6, del decreto legislativo, ed altresì attestante le modalità di svolgimento dell’attività formativa teorica e pratica. La formazione attestata nella certificazione può comprendere la frequenza di corsi, la partecipazione a seminari e convegni nonché attività laboratoriali ed esperienziali, anche con l’utilizzo di esercitazioni pratiche di progettazione e sperimentazione della conduzione dei diversi programmi di giustizia riparativa, in riferimento a tutte le fasi dei distinti percorsi; discussioni guidate; analisi e discussioni di casi; giochi di ruolo; simulazioni; esercizi di risoluzione di problemi; esercizi di ascolto attivo; esercizi di comunicazione non verbale; sollecitazioni metaforiche; visione guidata di materiale audio-video; ascolto di testimonianze;

     b) certificazione, rilasciata da soggetti specializzati che erogano servizi di giustizia riparativa, pubblici o privati, i quali, alla data del 30 dicembre 2022, risultavano convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che alla medesima data risultavano operare in virtu’ di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri enti pubblici. La certificazione reca l’indicazione della convenzione o del protocollo, ed attesta il possesso, nell’arco del decennio precedente il 30 dicembre 2022, di un’esperienza nella conduzione di programmi, anche a titolo volontario e gratuito, presso i soggetti suindicati, della durata di almeno cinque anni, di cui tre consecutivi. A tal fine, la certificazione contiene: l’elenco dei programmi effettivamente svolti dall’interessato nel periodo indicato, tra quelli di cui all’art. 53, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto legislativo; la loro tipologia e durata; la specifica indicazione di quelli gestiti in via esclusiva o quale componente operativo di un gruppo di lavoro.

    [22] “…previo  superamento  di  una  prova  pratica valutativa, il cui onere finanziario è a  carico  dei  partecipanti, come da successiva regolamentazione a mezzo di decreto  del  Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca.”

    [23] Art. 8

     Prova pratico-valutativa

     1. La prova pratico-valutativa di cui all’art. 93, comma 2, seconda ipotesi, del decreto legislativo, è organizzata, nell’ambito della collaborazione di cui all’art. 3, comma 2, del decreto ministeriale previsto dall’art. 59, comma 10, del decreto legislativo, dalle università e dai centri che individuano altresì le modalità attraverso le quali vengono sostenuti dai candidati gli oneri finanziari della prova.

     2. Alla stessa accedono esclusivamente i soggetti in possesso del requisito formativo di cui all’art. 93, comma 1, lettera b) del decreto legislativo, attestato nelle forme di cui all’art. 6, comma 1 e 3 del presente decreto. Alla prova sovrintende una commissione di almeno cinque membri, composta da due formatori teorici e tre mediatori esperti formatori, scelti nell’ambito della collaborazione di cui al comma 1.

    3. La prova consiste nella dimostrazione, da parte dei candidati, della piena padronanza delle competenze tecnico-pratiche e delle specifiche abilità acquisite nel percorso formativo effettuato. La stessa, in particolare, mira a valutare, ai sensi dell’art. 59, comma

    6, del decreto legislativo, il possesso, in capo ai candidati stessi, di capacità di ascolto e di relazione, nonché’ delle seguenti competenze, abilità e capacità necessarie alla gestione degli effetti negativi dei conflitti:

     a) consapevolezza dei propri conflitti e danni, cagionati e subiti;

     b) piena padronanza delle pratiche e delle tecniche della mediazione, del dialogo riparativo e di ogni altro programma dialogico di cui all’art. 53, comma 1, lettera c), del decreto legislativo;

     c) sensibilità specifica per i peculiari ambiti applicativi della giustizia riparativa, tra cui quelli relativi ai reati più gravi o commessi in contesti di criminalità organizzata o altresì con vittime minorenni o altrimenti vulnerabili;

     d) capacità di discernimento del programma più idoneo al caso concreto e abilità di seguirne integralmente il relativo percorso, gestendone con competenza ogni sua fase;

     e) idoneità al lavoro di gruppo con altri mediatori esperti ed altresì abilità di costruire il gruppo di lavoro idoneo al caso concreto;

     f) specifiche competenze necessarie per operare nell’ambito di un servizio pubblico nonché abilità relazionali e dialogiche funzionali all’interazione anche con i servizi della giustizia, l’autorità giudiziaria, i difensori, i servizi del territorio, le autorità di pubblica sicurezza ed ogni ulteriore interlocutore sociale.

     4. La prova, della durata complessiva non inferiore a sei ore, da svolgersi in presenza, consiste nella simulazione di un programma articolato nei differenti momenti ed attività di cui lo stesso si compone: segnalazione del caso; gestione delle attività preliminari, tra cui valutazione individualizzata della vittima e della persona indicata come autore dell’offesa, scelta dello stile del linguaggio da utilizzare e attività di informazione nei confronti dei partecipanti; scelta del programma più utile per la gestione del conflitto avente rilevanza penale; raccolta del consenso; conduzione del programma prescelto, con specifico riferimento alla gestione dei rapporti con l’altro mediatore, ed eventuali ulteriori mediatori, con la vittima o le vittime del reato, la persona indicata come autore dell’offesa e i loro familiari, con gli altri partecipanti, con l’autorità giudiziaria, con i difensori, gli interpreti ed i traduttori, con i servizi della giustizia e del territorio, con l’autorità di pubblica sicurezza e con ogni ulteriore interlocutore sociale; costruzione, ove possibile, dell’accordo riparativo; redazione della relazione e delle ulteriori comunicazioni all’autorità giudiziaria; gestione dell’esito del programma. A mezzo della simulazione in questione, i candidati dimostrano le competenze e abilità acquisite con riferimento ad ognuna delle fasi e delle attività indicate al capoverso che precede. Alla simulazione partecipano, nei differenti ruoli richiesti dal programma, soggetti scelti dalla commissione di cui al comma 2, secondo periodo.

     5. La prova finale si conclude con la valutazione, debitamente attestata, di idoneità o non idoneità del candidato.

     6. Nell’organizzazione, svolgimento e valutazione della prova si tiene conto delle peculiari esigenze dei candidati portatori di disabilità o di disturbi specifici dell’apprendimento – DSA, ove debitamente documentati, e si provvede ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, nonché dell’art. 3, comma 4-bis, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, e del decreto del 9 novembre 2021 della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica.

    [24] Art. 7

    Requisiti per l’inserimento nell’elenco ai sensi dell’art. 93, comma  1, lettera c), del decreto legislativo

     1. Il possesso dei requisiti formativi ed esperienziali per l’inserimento nell’elenco ai sensi dell’art. 93, comma 1, lettera c) del decreto legislativo, è attestato dall’interessato mediante:

     a) documentazione, presentata ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante il servizio prestato presso i servizi minorili della giustizia o presso gli uffici di esecuzione penale esterna alla data del 30 dicembre 2022, ed ancora in essere all’epoca di presentazione della domanda;

     b) certificazione, rilasciata da soggetti ed enti pubblici o privati eroganti formazione specialistica nella materia o istituzioni universitarie, comprovante il conseguimento, alla data del 30 dicembre 2022, di una adeguata formazione alla giustizia riparativa, analoga a quella di cui all’art. 59, commi 5 e 6, del decreto legislativo, ed altresì attestante le modalità di svolgimento dell’attività formativa teorica e pratica. La formazione attestata nella certificazione può comprendere la frequenza di corsi, la partecipazione a seminari e convegni nonché’ attività laboratoriali ed esperienziali, anche con l’utilizzo di esercitazioni pratiche di progettazione e sperimentazione della conduzione dei diversi programmi di giustizia riparativa, in riferimento a tutte le fasi dei distinti percorsi; discussioni guidate; analisi e discussioni di casi; giochi di ruolo; simulazioni; esercizi di risoluzione di problemi; esercizi di ascolto attivo; esercizi di comunicazione non verbale; sollecitazioni metaforiche; visione guidata di materiale audio-video; ascolto di testimonianze;

     c) apposita certificazione, attestante il possesso di un’esperienza acquisita nella medesima materia mediante il servizio prestato presso gli uffici di cui alla lettera a), della durata di almeno cinque anni, di cui tre consecutivi, nell’arco del decennio precedente il 30 dicembre 2022. A tal fine, la certificazione contiene: l’elenco dei programmi effettivamente svolti, tra quelli di cui all’art. 53, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto legislativo, nel periodo indicato e nell’ambito del servizio prestato dall’interessato; la tipologia e durata di ogni singolo programma; la specifica indicazione di quelli gestiti in via esclusiva o quale componente operativo di un gruppo di lavoro.

    [25] 1. La domanda di iscrizione nell’elenco dei mediatori esperti istituito in conformità all’art. 3 è presentata utilizzando i modelli uniformi predisposti dal responsabile, resi disponibili salsito del Ministero ed è trasmessa al Ministero stesso, unitamente alla documentazione indicata da ciascun modello, in via telematica, mediante utilizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

    [26] DECRETO 9 giugno 2023

    Disciplina delle forme e dei tempi della formazione finalizzata a conseguire la qualificazione di mediatore esperto in programmi di giustizia riparativa nonché delle modalità di svolgimento e valutazione della prova di ammissione alla formazione ed altresì della prova conclusiva della stessa. (23A03847)

    (GU n.155 del 5-7-2023)

    [27] È curioso che questo requisito non si precisi anche nella bozza di d.m. del 2 giugno per i mediatori civili e commerciali.

    [28] Cfr. art. 10 DECRETO 9 giugno 2023 (23A03848).

    [29] Vi sono poi anche situazioni soggettive definite “incompatibilità” dal decreto su cui si potrebbe discutere e si discuterà nei prossimi giorni.

    Art. 19

     Cause di incompatibilità

     1. Non possono esercitare l’attività di mediatore esperto:

     a) i membri del Parlamento nazionale, i membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, i membri del Governo;

     b) i membri delle giunte degli enti territoriali, nonché i consiglieri regionali, provinciali, comunali e municipali, all’interno del distretto di corte d’appello in cui hanno sede gli enti presso i quali i predetti svolgono il loro mandato;

     c) coloro che ricoprono o che hanno ricoperto, nei tre anni precedenti alla domanda di iscrizione nell’elenco, incarichi direttivi o esecutivi in partiti o movimenti politici o nelle associazioni sindacali maggiormente rappresentative;

     d) coloro che ricoprono la carica di difensore civico;

     e) coloro che ricoprono la carica di Autorità garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e di garante territoriale dei diritti dei detenuti.

     2. Non possono esercitare l’attività di mediatore esperto, all’interno del distretto di corte d’appello in cui svolgono a qualsiasi titolo le loro funzioni, i magistrati onorari. Tale incompatibilità è limitata al periodo di effettivo esercizio delle funzioni per i giudici popolari della corte d’assise e per gli esperti delle sezioni specializzate agrarie.

     3. I mediatori esperti non possono svolgere la loro attività all’interno del medesimo distretto di corte d’appello in cui esercitano in via prevalente la professione forense gli stessi mediatori esperti ovvero i loro associati di studio, i membri dell’associazione professionale, i soci della società tra professionisti, il coniuge e il convivente, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado.

     4. Sussiste altresì incompatibilità con l’esercizio dell’attività di mediatore esperto, in relazione al singolo programma:

     a) se il mediatore esperto, il suo coniuge o convivente, uno dei suoi ascendenti, discendenti, fratelli, sorelle, affini nello stesso grado, zii e nipoti hanno interesse nel programma relativo al procedimento penale, nelle ipotesi previste dall’art. 44, commi 2 e 3, del decreto legislativo, o nel procedimento penale stesso;

     b) se un partecipante al programma, il mediatore esperto coassegnatario del programma o una delle parti private o dei difensori del procedimento penale di cui alla lettera a) è debitore o creditore del mediatore esperto, del coniuge o del convivente o del figlio del mediatore stesso;

     c) se il mediatore esperto, il coniuge o il convivente o il figlio di costui è tutore, curatore, procuratore, amministratore di sostegno o datore di lavoro di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a);

     d) se il difensore, il tutore, il procuratore, il curatore, l’amministratore di sostegno di un partecipante al programma o del mediatore esperto coassegnatario del programma o di una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a) è ascendente, discendente, fratello, sorella, affine nello stesso grado, zio o nipote del mediatore esperto, del suo coniuge o convivente;

     e) se vi è inimicizia grave fra un partecipante al programma o una delle parti private del procedimento penale di cui alla lettera a) e uno dei seguenti soggetti: il mediatore esperto; il coniuge o il convivente dello stesso; gli ascendenti, i discendenti, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti del mediatore esperto;

     f) se è partecipante al programma o comunque vittima del reato o offeso o danneggiato dal reato o parte privata del procedimento penale di cui alla lettera a) uno dei seguenti soggetti: ascendenti, discendenti, fratelli, sorelle, affini nello stesso grado, zii e nipoti del mediatore esperto o del suo coniuge o convivente;

     g) in ogni caso in cui è partecipante al programma persona alla quale il mediatore esperto è legato da un rapporto personale o professionale.

     5. Il mediatore esperto non può altresì ricoprire il ruolo di partecipante in un programma che si svolga presso il Centro per il quale costui presta la propria opera.

     6. Chi ha svolto la funzione di mediatore esperto non può intrattenere rapporti professionali di qualsiasi genere con alcuno dei partecipanti al programma prima che siano decorsi due anni dalla conclusione dello stesso.

     7. Il mediatore esperto, all’atto dell’affidamento di un caso, rilascia una dichiarazione di impegno, dallo stesso sottoscritta, diretta al responsabile del Centro, nella quale dichiara espressamente, ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non versare in alcuna delle cause di incompatibilità di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 del presente decreto. Laddove la causa di incompatibilità sussista, il mediatore esperto lo dichiara per iscritto nelle forme di cui al primo periodo del presente comma ed è tenuto ad astenersi dal seguire il programma.

    8. Il responsabile ha facoltà di accertare la veridicità delle dichiarazioni rese dal richiedente ai sensi dell’art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

     9. La violazione degli obblighi inerenti alle dichiarazioni previsti dal presente articolo, commesse da un mediatore esperto che è pubblico dipendente o professionista iscritto in un albo o collegio professionale, costituisce illecito disciplinare sanzionabile ai sensi delle rispettive normative deontologiche. Il responsabile dell’elenco è tenuto a informarne gli organi competenti.

    [30] A compter du 1er avril prochain, il sera libre à toute personne de faire tel négoce ou d’exercer telle profession, art ou métier qu’elle trouvera bon ; mais elle sera tenue de se pourvoir auparavant d’une patente, d’en acquitter le prix, et de se conformer aux règlements de police qui sont ou pourront être faits.

    [31] Art. 9

     Requisiti soggettivi e di onorabilità

       1.  I  soggetti  che  chiedono  l’inserimento  nell’elenco   devono possedere inoltre i seguenti requisiti:

    1. non essere iscritti all’albo dei mediatori civili, commerciali o familiari;

    (omissis)

    [32] DECRETO 9 giugno 2023

    Istituzione presso il Ministero della giustizia dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa. Disciplina dei requisiti per l’iscrizione e la cancellazione dall’elenco, del contributo per l’iscrizione allo stesso, delle cause di incompatibilità, dell’attribuzione della qualificazione di formatore, delle modalità di revisione e vigilanza sull’elenco, ed infine della data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione costituisce requisito obbligatorio per l’esercizio dell’attività.(23A03848) (GU n.155 del 5-7-2023)

    [33] Alessandro Del Dotto, L’atto amministrativo è di regola irretroattivo.

    https://www.altalex.com/documents/news/2008/10/09/l-atto-amministrativo-e-di-regola-irretroattivo

    [34] Consiglio di Stato, Sentenza n. 4301/2008.

    [35] 5. La presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia, gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva.

    [36] Articolo 10

    Condizioni di rilascio dell’autorizzazione

    1. I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.

    2. I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere:

    a) non discriminatori;

    b) giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

    c) commisurati all’obiettivo di interesse generale;

    d) chiari e inequivocabili;

    e) oggettivi;

    f) resi pubblici preventivamente;

    g) trasparenti e accessibili.

    (omissis)

    [37] 2. Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti: (omissis)

    b) requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico;

    (omissis)

    [38] Articolo 18

    Deroghe per casi individuali

    1. In deroga all’articolo 16 e a titolo eccezionale, uno Stato membro può prendere nei confronti di un prestatore stabilito in un altro Stato membro misure relative alla sicurezza dei servizi.

    2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere assunte esclusivamente nel rispetto della procedura di mutua assistenza prevista all’articolo 35 e se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

    a) le disposizioni nazionali a norma delle quali sono assunte le misure non hanno fatto oggetto di un’armonizzazione comunitaria riguardante il settore della sicurezza dei servizi;

    b) le misure proteggono maggiormente il destinatario rispetto a quelle che adotterebbe lo Stato membro di stabilimento in conformità delle sue disposizioni nazionali;

    c) lo Stato membro di stabilimento non ha adottato alcuna misura o ha adottato misure insufficienti rispetto a quelle di cui all’articolo 35, paragrafo 2; d) le misure sono proporzionate.

    3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le disposizioni che garantiscono la libertà di prestazione dei servizi o che permettono deroghe a detta libertà, previste in atti comunitari.

    [39] Articolo 20

    Non discriminazione

    1. Gli Stati membri provvedono affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza.

    2. Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni d’accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi

    [40] Articolo 25

    Attività multidisciplinari

    1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.

    Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:

    a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;

    b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità.

    2. Quando le attività multidisciplinari tra i prestatori di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) sono autorizzate, gli Stati membri provvedono affinché:

    a) siano evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività;

    b) siano garantite l’indipendenza e l’imparzialità che talune attività richiedono;

    c) le regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività siano compatibili tra loro, soprattutto in materia di segreto professionale.

    3. Nella relazione di cui all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri precisano i prestatori soggetti ai requisiti di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il contenuto dei requisiti e le ragioni per le quali li ritengono giustificati.

    [41] https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:376:0036:0068:it:PDF

    [42] Art. 10

        (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi)

    1. Nei limiti del presente decreto,  l’accesso  e  l’esercizio  delle attività di servizi  costituiscono  espressione  della  libertà  di iniziativa economica e non possono essere  sottoposti  a  limitazioni non giustificate o discriminatorie.

    [43] Art. 11 (Requisiti vietati)

    1.  L’accesso  ad  un’attività  di  servizi  o  il suo esercizio non possono essere subordinati al rispetto dei seguenti requisiti: (omissis)

    b)  il divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro o di essere   iscritti  nei  registri  o  ruoli  di  organismi,  ordini  o associazioni professionali di altri Stati membri (omissis)

    [44]    Art. 35 (Attività multidisciplinari)

    1.  I  prestatori  possono  essere  assoggettati  a  requisiti che li obblighino  ad  esercitare  esclusivamente  una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse solo nei casi seguenti:

    a)   professioni   regolamentate,   nella  misura  in  cui  ciò  sia giustificato  per  garantire  il  rispetto  di  norme  di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;

    b)   prestatori   che   forniscono   servizi  di  certificazione,  di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui   ciò   sia   giustificato   per  assicurarne  l’indipendenza  e l’imparzialità.

    2.  Nei  casi  in  cui  è  consentito lo svolgimento delle attività multidisciplinari di cui al comma 1:

    a)  sono  evitati  i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività;

    b)   sono  garantite  l’indipendenza  e  l’imparzialità  che  talune attività richiedono;

    c)  è  assicurata  la  compatibilità  delle  regole  di deontologia professionale   e   di  condotta  relative  alle  diverse  attività, soprattutto in materia di segreto professionale.

    [45] Corte di giustizia dell’Unione europea

    [46] 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

    2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

    [47] Corte Europea dei diritti dell’uomo. Guida all’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.

    Diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.

    https://www.echr.coe.int/documents/d/echr/guide_art_8_ita

    [48] Sentenza del 28 dicembre 2022.

    https://www.eius.it/giurisprudenza/2022/715

    [49] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:62020CJ0166

    [50] https://www.ordineavvocatiroma.it/ricorso-al-tar-del-coa-roma-giustizia-riparativa-d-m-9-giugno-2023/

    La mediazione familiare: Bulgaria

    La Bulgaria ha una tradizione almeno secolare di componimenti bonari.

    A Plovdiv[1], la seconda città della Bulgaria dopo Sofia, tra il 1880 e il 1930 i più nobili, autorevoli e rispettati cittadini mediavano le dispute tra concittadini.

    Erano chiamati “intercessori” e praticavano la mediazione (медиацията) negli uffici che si trovano sulla strada principale della città[2].

    L’accordo è così importante per i bulgari che le parti hanno a disposizione un mese dalla pubblicazione di una sentenza per comporre bonariamente la vertenza che li oppone (con il limite del buon costume e del rispetto della legge); in caso di intesa il tribunale annulla su richiesta la sua decisione[3].

    Sempre più persone cercano anche oggi di comporre le loro controversie con la procedura negoziata. Ciò accade per le questioni civili ma soprattutto con riferimento alle questioni familiari, specie per iniziativa del Tribunale della città di Sofia ove la mediazione è gratuita.

    Il tempo medio necessario per la mediazione è di un mese, mentre quello per un giudizio di primo grado è di un anno: e dunque in Bulgaria c’è un notevole risparmio di tempo rispetto ad un giudizio ordinario[4]. Dal 2000 si è iniziato nel Paese a formare dei mediatori[5] anche se solo nel 2004 è stata varata una legge[6] sulla mediazione che è poi stata emendata nel 2006 e nel 2011[7] per far fronte al disposto della Direttiva 52/08[8].

    In generale vi è un unico limite alla mediazione: non ha luogo solo se la legge od un regolamento prevedono un’altra modalità per raggiungere un accordo[9].

    La procedura è soggetta ai principi di riservatezza, di uguaglianza, di neutralità e d’imparzialità del mediatore[10].

    La mediazione è poi condotta anche nei casi previsti dal codice di procedura penale (НАКАЗАТЕЛНО-ПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС)[11]. L’art. 24 del C.p.p. stabilisce che se le parti hanno raggiunto un accordo transattivo il procedimento penale si chiude[12]; all’ultimo comma si aggiunge che nel caso di reato perseguibile a richiesta della persona offesa, l’azione penale termina qualora reo e vittima si siano riconciliati, a meno che il reo non abbia adempiuto l’accordo senza una buona ragione[13].

    Anche il Codice di procedura civile (ГРАЖДАНСКИ ПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС)[14] ricomprende la possibilità di partecipare ad una mediazione.

    Una modifica al Codice di procedura civile entrata in vigore il 1° marzo del 2008 prevede che le controversie civili e commerciali di competenza del Tribunale possano portarsi in mediazione giudiziale preventiva.

    La norma è stata emanata dopo un lungo percorso: nel 2005 abbiamo avuto in Bulgaria il primo programma di judicial mediation ad opera della Tribunale regionale di Sofia.

    Nel 2007 tre giudici del predetto tribunale hanno deciso di operare in proprio come mediatori.

    Ma i risultati sono stati modesti perché non avevano una sufficiente competenza.

    Così in coincidenza con la nuova formulazione normativa del 2008 il sistema giudiziario bulgaro si è affidato agli esperti della scuola di Harvard e nel 2009 ci sono stati 12 giudici che hanno partecipato ad un corso di 32 ore; il risultato di ciò è stato che sono partiti 11 programmi di mediazione in cui ogni giudice si metteva disposizione come mediatore per un giorno alla settimana; ai giudici col tempo si sono affiancati mediatori volontari[15].

    In oggi i giudici possono informare le parti della possibilità di partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione bonaria dei conflitti[16].

    Così accade anche in sede di procedimento di divorzio ove il giudice alla prima udienza con comparizione personale obbligatoria è tenuto in prima battuta a provare la conciliazione; se la conciliazione fallisce è tenuto a “spingere le parti” verso la mediazione[17]; se le parti convengono di avviare la mediazione o ad altri mezzi di composizione amichevole della controversia, il processo è sospeso.

    Ciascuna delle parti può chiedere la riapertura del procedimento entro sei mesi. Se tale richiesta non viene effettuata, il caso è chiuso.

    Se è raggiunto un accordo, in base al contenuto, può accadere che il procedimento termini o che prosegua nelle forme del divorzio per mutuo consenso.

    Se le parti non hanno convenuto di partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione amichevole, l’udienza prosegue.[18]

    Ancora in materia di controversie commerciali il giudice informa le parti che possono partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione bonaria dei conflitti[19].

    L’art. 234 c. 1 e 3 del Codice di procedura civile bulgaro prevede oggi che l’accordo extragiudiziale sia omologato dal giudice se non è contrario al diritto e alla morale e che abbia il valore di una transazione giudiziaria[20].

    Tale recente modifica normativa è assai utile dal momento che le transazioni giudiziarie su diritti disponibili hanno in Bulgaria la forza di una sentenza passata in giudicato ossia di una decisione definitiva che non è soggetta a ricorso davanti a un tribunale superiore[21].

    Si aggiunga che gli avvocati bulgari hanno una certa dimestichezza con la materia degli ADR.

    Sin dal 2005 il codice etico degli avvocati bulgari si occupa di ADR.

    L’art. 18 (Mezzi alternativi di risoluzione delle controversie. Gratuito patrocinio) prevede che: “(1) L’avvocato cerca di pervenire ad una risoluzione efficace della controversia per il suo cliente. L’avvocato informa e assiste i propri clienti sulla opportunità di utilizzare una mediazione, una transazione, una conciliazione e/o altri mezzi alternativi disponibili di risoluzione delle controversie. (2) Nei casi in cui il cliente abbia il diritto all’assistenza legale o ad altre forme compatibili è tenuto a informarlo di queste opportunità[22].

    La cultura negoziale è radicata anche per i rapporti con la Pubblica Amministrazione come recita il Codice amministrativo (АДМИНИСТРАТИВНОПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС) all’art. 20: “Art. 20. (1) Nei procedimenti dinanzi alle autorità amministrative le parti possono stipulare un accordo, se ciò non è contrario alla legge. (omissis) (8) L’accordo sostituisce l’atto amministrativo[23]. L’accordo può intervenire prima che l’atto amministrativo sia emanato, in sede di impugnazione e davanti al giudice amministrativo (art. 178)

    Se scendiamo in maggiore dettaglio possiamo ricordare che in Bulgaria la mediazione è una procedura volontaria e riservata per la risoluzione alternativa delle controversie in cui un mediatore terzo assiste le parti in causa nel raggiungere un accordo[24].

    La mediazione non è dunque mai condizione di procedibilità[25].

    In materia di consumo si aggiunge che “la riluttanza a partecipare al procedimento di mediazione non può portare a conseguenze negative”.

    L’ambito in cui la procedura risulta esperibile è quello civile, commerciale, del lavoro, della famiglia[26] e delle controversie legate ai diritti dei consumatori[27] e pure di altre controversie tra gli individui e/o le persone giuridiche, anche in ambito transfrontaliero[28].

    Al di là del tenore esplicito della norma la mediazione viene utilizzata anche per il diritto scolastico, per le pratiche d’intermediazione finanziaria, per le controversie collettive di lavoro e nelle questioni sanitarie.

    Degno di rilievo in materia è in primo luogo il regolamento attuativo della legge sulla mediazione, l’ordinanza del 15 marzo 2007 n. 2[29] che si occupa dei termini e delle condizioni per il riconoscimento delle organizzazioni che formano i mediatori, dei programmi di formazione dei mediatori, del loro codice etico e delle regole di procedura ed infine dei termini e delle condizioni per l’accesso, l’uscita e la cancellazione dei mediatori dal Registro unico dei Mediatori.

    La domanda di mediazione è presentata da una o da entrambe le parti della controversia a un mediatore, e contiene:

    1. I nomi delle parti;
    2. l’indirizzo, il telefono, il fax;
    3. una breve descrizione della controversia[30].

    Quando i mediatori sono associati la proposta di mediazione deve essere presentata all’associazione[31].

    Non esiste dunque un obbligo di appartenenza ad un organismo che eroghi mediazione.

    Le parti hanno pari opportunità di partecipare alla procedura di mediazione[32].

    Possono ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento se lo desiderano[33].

    L’ordinanza 2/2007 specifica al proposito che il mediatore si impegna a mediare tra le parti in causa a condizione che possa mantenere la sua imparzialità[34].

    Durante la procedura egli non dovrebbe mostrare pregiudizio o preconcetto basato sulle qualità personale delle parti o sul loro passato che viene presentato in mediazione[35].

    La mediazione avviene all’interno di una o più riunioni[36].

    Sono previsti incontri di concerto con ciascuna delle parti nel tempo che ritengono più comodo[37].

    Il mediatore informa le parti circa la natura della mediazione e i suoi effetti, all’inizio del primo incontro[38].

    Nel presentarsi rivela alle parti eventuali circostanze che possono portare ad un conflitto di interessi[39].

    Il mediatore chiede alle parti di prestare consenso orale o scritto a partecipare alla mediazione dopo essersi accertato che hanno compreso la natura e le conseguenze della mediazione[40].

    Nella mediazione del consumo vengono messi a fuoco anche i principi di correttezza e trasparenza[41], di legalità[42] e di efficacia od effettività[43].

    Ogni mediazione è disciplinata unicamente dallo scambio dei consensi tra le parti[44].

    Il mediatore avvia il processo di mediazione, una volta che le parti hanno concordato le condizioni per il pagamento del suo lavoro[45].

    Interessante è che la legge disponga che il compenso non può essere commisurato al risultato raggiunto[46]: non si può in altre parole stipulare una specie di patto di quota lite.

    Il mediatore crea un ambiente favorevole per la comunicazione libera delle parti in causa in modo che possano migliorare la loro relazione e raggiungere un accordo[47].

    Il mediatore mette le parti nelle condizioni di raggiungere un comune accordo e di comprenderne le disposizioni[48].

    L’ordinanza aggiunge al proposito che il mediatore deve promuovere attività che possano informare circa la reale portata della procedura di mediazione[49].

    Il mediatore non può fornire consulenza legale, ma assiste solo le parti nel raggiungere un accordo reciprocamente accettabile[50].

    Il mediatore rispetta il parere di ciascuna delle parti della controversia e esige il rispetto da loro[51].

    Il mediatore può terminare la mediazione, se proprio l’apprezzamento del caso e l’etica suggeriscono che la mediazione non procede in modo legale ed etico[52].

    Sempre in materia di consumo viene descritta in dettaglio la prima riunione congiunta anche se ovviamente alcuni elementi valgono anche per le atre forme di mediazione: il mediatore porge il benvenuto ai partecipanti e specifica le regole di procedura, e quindi fornisce alle parti la possibilità di esporre i diversi punti di vista sul conflitto. Scopo di questo primo incontro è quello di introdurre i partecipanti alla procedura per raccogliere informazioni, individuare i problemi e iniziare a generare possibili soluzioni. L’obiettivo principale del mediatore è quello di realizzare un dialogo costruttivo tra le parti. Il mediatore deve garantire il tono pacifico della riunione e guidare le parti ad esporre le opinioni in modo giustificato. Il mediatore preliminarmente comunica alle parti che il suo compito è quello di facilitare il dialogo tra loro per ottenere una risoluzione volontaria del conflitto sulla base di reciproche concessioni; aggiunge inoltre che non sostiene alcuna delle parti, che ciascuna delle parti è responsabile per un eventuale l’accordo e che al contrario il mediatore non può ritenersi responsabile per il suo contenuto; infine precisa che se lo si desidera, qualsiasi parte può consultarsi con gli esperti sia in merito alla definizione della procedura che alla possibilità di impegno in essa.

    Sulle sessioni separate il regolamento del consumo così si esprime: il mediatore ha la facoltà, a sua discrezione, di tenere riunioni con ciascuna parte separatamente. Lo scopo di questi incontri è quello di chiarire le posizioni di ciascuna parte e di ottenere maggiori informazioni che potrebbero essere utili per il conseguimento dell’oggetto del procedimento, e di esaminare se talune conclusioni della controversia siano o meno accettabili.

    E con riferimento alla congiunta finale: il mediatore promuove la composizione amichevole della controversia di comune accordo tra le parti interessate. Se le parti sono d’accordo redige una ricognizione di accordo e la presenta alle parti per la firma. Il mediatore firma solo il documento originale. Una copia autentica dell’accordo può essere emessa su richiesta. Il mediatore informa i partecipanti che, se una parte non adempia agli obblighi derivanti dal contratto, l’altra parte può rivolgersi al tribunale.

    Sempre in materia di consumo il mediatore può, a sua discrezione o su richiesta di una delle parti, a condizione che l’altra parte non si opponga, tenere alcune o tutte le riunioni in remoto utilizzando un mezzo di comunicazione a distanza.

    Le discussioni in relazione alla controversia sono confidenziali. I partecipanti in mediazione sono tenuti a mantenere il segreto su tutte le circostanze, fatti e documenti che sono diventati notori durante la procedura[53].

    Il mediatore non può essere chiamato come testimone sulle circostanze per cui gode della fiducia delle parti che siano rilevanti per risolvere la controversia oggetto della mediazione, se non con il consenso espresso della parte che ne ha fiducia[54].

    La testimonianza è consentita nei casi in cui:

    1. È necessaria per esigenze del processo penale[55] o per la tutela dell’ordine pubblico;
    2. si deve garantire la tutela degli interessi dei bambini o è necessario scongiurare un danno all’integrità fisica o mentale di una persona, o 3. la divulgazione dell’accordo raggiunto a seguito della mediazione, è necessaria per attuare e applicare tale accordo[56].

    In caso di interruzione della mediazione il mediatore non va esente dall’obbligo di mantenere il segreto relativamente alla sua attività di mediazione[57].

    Interessante è quanto previsto dal regolamento del consumo in ordine alle richieste e proposte che le parti possono scambiarsi: il mediatore deve richiedere alle parti di formulare chiaramente le loro richieste e proposte. Deve astenersi da stime e pareri su tali richieste e proposte. Nel caso in cui una richiesta o una proposta sia contraria alla legge, il mediatore ne informa le parti e specifica che un accordo sul punto sarebbe nullo.

    L’accordo vincola soltanto le parti.

    In Bulgaria esiste un registro unificato[58] per i mediatori: coloro che vi sono iscritti possiedono una certificazione di qualità ed il solo fatto dell’iscrizione implica la riservatezza degli operatori[59].

    Il registro ministeriale contiene una lista di 1.865 mediatori[60] ed è pubblicato online[61].

    Sia l’iscrizione dei mediatori, sia quella degli enti di formazione avviene online.

    I mediatori pagano una tassa di iscrizione di 20 LEV (10,19 €); gli enti di formazione di 100 LEV (50,94 €).

    I soggetti che svolgono funzioni in materia di giustizia (magistrati/giudici, procuratori, investigatori) non possono operare come mediatori.

    Non esiste un codice di condotta specifico per i mediatori. Però le norme etiche sono contenute nella legge sulla mediazione e nel già analizzato regolamento n. 2 del 15 marzo 2007 che stabilisce le condizioni e la procedura di abilitazione delle organizzazioni che prestano servizi di mediazione[62].

    Le organizzazioni che offrono formazione per mediatori provengono dal settore privato e devono essere approvate dal Ministero della Giustizia[63], come in Italia.

    Gli organismi di formazione che sono attualmente 39, devono all’uopo presentare domanda per essere inseriti nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia con apposito modulo[64].

    Il Ministro ha 30 giorni di tempo per approvare l’organizzazione[65].

    Nel caso di irregolarità documentali esse vanno corrette entro 14 giorni dal ricevimento della notifica[66].

    La formazione dei mediatori viene attuata attraverso un monte di 60 ore ed è pratica e teorica nelle stesse proporzioni[67].

    Il programma da rispettare è molto puntuale e si evince dalla appendice n. 2 all’ordinanza[68].

    La formazione dei mediatori si conclude con un esame che viene condotto da un comitato: comprende un test ed una simulazione di mediazione[69].

    Le persone che superano l’esame ricevano apposito certificato di compiuta formazione[70].

    Dal 2011 il mediatore deve svolgere anche un aggiornamento periodico di 30 ore a cui segue lo stesso esame precedentemente descritto ed il rilascio di apposito certificato di specializzazione[71].

    I contenuti di quest’ultima formazione che viene definita “formazione supplementare mediante specializzazione” prevede l’acquisizione di competenze teoriche e pratiche specifiche per condurre la procedura di mediazione nei seguenti tipi di controversie:

    -contenzioso civile, comprese le controversie relative ai diritti dei consumatori;

    – controversie amministrative;

    – controversie del lavoro;

    – controversie familiari;

    – controversie commerciali;

    – mediazione in casi criminali;

    – controversie transfrontaliere;

    – altri tipi di controversie.

    È prevista una parte teorica ove si affrontano:

    1. La possibilità di applicare la procedura di mediazione.
    2. Il quadro legislativo e l’applicazione pratica della mediazione.
    3. Le particolarità della procedura di mediazione nelle controversie specializzate e la costruzione delle competenze specifiche del mediatore nella conduzione della procedura.
    4. L’effetto dell’accordo raggiunto in mediazione specializzata e la sua esecutività.

    La parte pratica è destinata a simulazioni, lezioni individuali, seminari pratici.

    [1] Detta la Firenze bulgara.

    [2] http://www.baadr.com/history.php

    [3] Спогодба след приключване на съдебното дирене

    Чл. 249. Съдът обезсилва постановеното от него решение, ако преди влизането му в сила страните заявят, че са се спогодили и молят да се прекрати делото.

    [4] http://dariknews.bg/view_article.php?article_id=1167786

    [5]  V. E. GEORGIEV, Is enthusiasm sufficient to promote mediation?, in Overview of judicial mediation in the world, L.’Harmattan, 2010, Paris, p. 66 e ss.

    [6] Legge sulla mediazione promulgata SG. 110 del 17.12.2004 In Coll – APIS, vol. 1 / 2005, p. 320. Il testo è stato successivamente integrato (No. 86 del 24.10.2006,  No. 9 del 28.01.2011,. No. 27 del 04.01.2011).

    ЗАКОН за медиацията Обн., ДВ, бр. 110 от 17.12.2004 г., изм. и доп., бр. 86 от 24.10.2006 г., доп., бр. 9 от 28.01.2011 г., изм. И доп., бр. 27 от 1.04.2011 г. Сборник закони – АПИС, кн. 1/2005, стр. 320

    http://www.lex.bg/bg/laws/ldoc/2135496713

    [7] Legge promulgata SG. 27 del 1°.04.2011.che modifica Legge sulla mediazione promulgata SG. 110 del 17.12.2004. ЗАКОН ЗА ИЗМЕНЕНИЕ И ДОПЪЛНЕНИЕ НА ЗАКОНА ЗА МЕДИАЦИЯТА (ДВ, БР. 110 ОТ 2004 Г.). Обн. ДВ. бр.27 от 1 Април 2011г. In http://www.citybuild.bg/act/zakon-izmenenie-dopylnenie/2135725431

    [8] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:136:0003:0008:it:PDF

    [9] Art. 3 c. 3 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [10] Artt. 6 e 7 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    Nell’ambito del consumo viene data dal regolamento sulla procedura questa definizione: la mediazione è un procedimento in cui le parti di una controversia (consumatore / utente e concessionario) cercano di comporre amichevole con l’assistenza di una terza parte indipendente qualificato – un mediatore (art. II).

    [11] Art. 3 c. 2 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [12] Чл. 24. (3) Производството по дела от общ характер се прекратява и когато съдът одобри споразумение за решаване на делото.

    [13] Чл. 24. (5) 3. пострадалият и деецът са се помирили, освен ако деецът не е изпълнил условията на помирението без уважителни причини;

    [14] http://lex.bg/laws/ldoc/2135558368

    [15] E. GEORGIEV, Is enthusiasm sufficient to promote mediation?, in Overview of judicial mediation in the world, L.’Harmattan, 2010, Paris, p. 66 e ss.

    [16] Чл. 140. (3) Съдът насрочва делото в открито заседание, за което призовава страните, на които връчва препис от определението по ал. 1. Съдът може да съобщи на страните и проекта си за доклад по делото, както и да ги напъти към медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора.

    [17] Разглеждане на делото

    Чл. 321. (1) В първото заседание за разглеждане на делото по иск за развод страните трябва да се явят лично. При неявяване на ищеца без уважителни причини производството се прекратява.

    (2) След разрешаването на предварителните въпроси и тези по редовността на исковата молба съдът е длъжен отново да напъти страните към медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора.

    (3) Ако страните постигнат съгласие за започване на медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора, делото се спира.

    (4) Всяка от страните може да поиска възобновяване на производството по делото в 6-месечен срок. Ако такова искане не бъде направено, делото се прекратява.

    (5) Когато се постигне споразумение, в зависимост от съдържанието му делото или се прекратява, или се преминава към производство за развод по взаимно съгласие.

    (6) Ако страните не постигнат съгласие за процедура по медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора, разглеждането на делото продължава.

    Cfr. anche l’art. 49 del Codice della famiglia (СЕМЕЕН КОДЕКС) sempre in tema di divorzio che fa riferimento alla conciliazione, alla mediazione e ad altri strumenti alternativi. http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135637484

    [18] Art. 321 C.p.c.

    [19] Art. 374 c. 2 C.p.c.

    (2) Съдът насрочва делото в открито заседание, като изпраща на ищеца допълнителния отговор. Съдът съобщава на страните определението си по ал. 1. Той може да им съобщи и проекта си за доклад по делото, както и да ги напъти към процедура по медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора.

    [20] Съдебна спогодба

    Чл. 234. (1) За всяка спогодба, която не противоречи на закона и на добрите нрави, се съставя протокол, който се одобрява от съда и се подписва от него и от страните.

    (2) Когато прокурорът участва като страна в делото, съдът одобрява спогодбата, след като вземе и неговото мнение.

    (3) Съдебната спогодба има значението на влязло в сила решение и не подлежи на обжалване пред по-горен съд.

    (4) Когато спогодбата се отнася само за част от спора, съдът продължава разглеждането на делото за неспогодената част.

    [21] Art. 234 c. 3 del Codice di procedura civile: “La transazione giudiziaria ha il valore di una decisione definitiva e non soggetta a ricorso davanti ad un tribunale superiore.

    [22] http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135507578

    [23] http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135521015

    [24] Art. 2 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110

    [25] V. anche art. 5 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [26] Limitatamente ai diritti disponibili.

    [27] Molto utilizzata è la mediazione nell’ambito del danno da vacanza rovinata.

    [28] Art. 3 c. 1 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [29] Ordinanza n. 2 del 15.03.2007 dettante i termini e le condizioni di riconoscimento delle organizzazioni che formano i mediatori, l’iscrizione, la cancellazione e la revoca dei mediatori dal Registro unificato dei mediatori e le regole procedurali ed etiche di condotta dei mediatori.

    НАРЕДБА № 2 от 15.03.2007 г. за условията и реда за одобряване на организациите, които обучават медиатори; за изискванията за обучение на медиатори; за реда за вписване, отписване и заличаване на медиатори от Единния регистър на медиаторите и за процедурните и етични правила за поведение на медиатора. http://www.mjeli.government.bg/new/Pages/Legislation/Default.aspx

    [30] Articolo. 21 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [31] Art. 21 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [32] Art. 5 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [33] Art. 5 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [34] Articolo 30 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [35] Art. 30 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [36] Articolo 22 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [37] Articolo 22 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [38] Articolo 23 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [39] Articolo 31 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [40] Articolo 24 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [41] Il principio di correttezza e trasparenza richiede che entrambe le parti in causa siano messe in grado di partecipare pienamente e ugualmente nel procedimento.

    Il mediatore deve consentire a ciascuna parte di prendere una posizione sui fatti e sulle prove addotte.

    Il mediatore deve informare le parti nel procedimento, che il suo obiettivo è quello di far raggiungere a loro un compromesso reciprocamente accettabile e nel quale siano in grado di raggiungere un livello elevato di tutela dei loro diritti e interessi, qualora si debba approdare in tribunale.

    Il mediatore comunica alle parti che la procedura è volontaria e che possono scegliere di allontanarsi in qualsiasi momento.

    Altro corollario del principio di correttezza e trasparenza è quello per cui le parti devono avere tempo sufficiente per affrontare in collaborazione il testo del futuro accordo prima della firma.

    Rientra ancora principio di correttezza e trasparenza il dovere del mediatore di garantire che ciascuna parte abbia compreso la natura del procedimento di mediazione e sia in grado di partecipare pienamente e proteggere i propri diritti. Il mediatore è tenuto a sospendere il procedimento nel caso in cui una delle parti non sia in grado di prendere le proprie decisioni causa di una malattia, di una disabilità fisica o mentale, alla presenza di timore per qualsiasi altra ragione (art. 2 regolamento).

    [42] Il principio di legalità impone al mediatore di informare le parti in merito al processo di mediazione e di orientarle per raggiungere un accordo pienamente coerente con le norme imperative di diritto. Il mediatore deve garantire il rispetto del diritto nel procedimento e la prevenzione di comportamenti illeciti da entrambe le parti. Nel caso in cui sussistesse un tale comportamento ovvero l’accordo violi la legge, il mediatore deve informarne le parti, e se il reato non viene si protrae è tenuto a terminare la procedura (art. 3 regolamento).

    [43] Il principio di effettività richiede un rapido ed efficiente procedimento di mediazione. Il mediatore deve chiedere alle parti quale tipo di procedimento preferiscano, se scritto od orale, se di persona o per mezzo elettronico, tenendo conto dei mezzi che siano più produttivi per il caso concreto. Le sessioni devono effettuarsi senza indebito ritardo; il mediatore mette a disposizione i mezzi che siano più efficaci e finanziariamente vantaggiosi per le parti. Elemento del principio di effettività è la possibilità delle parti di farsi rappresentare mediante delega.

    [44] Art. 6 c. 2 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

    [45] Articolo 34 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    I mediatori bulgari del Centro di mediazione di Sofia guadagnano un compenso di 80 lev all’ora (40,74 €) e nei fine settimana o festivi c’è una maggiorazione del 25%. La prima ora viene pagata in anticipo e le altre alla fine della mediazione. Se il mediatore è chiamato fuori sede ha diritto alle spese di vitto ed alloggio.

    E tutto ciò al netto delle spese di procedimento: ad esempio copia del verbale costa 5 lev (2,5 €).

    [46] Articolo 34 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [47] Articolo 25 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2..

    [48] Articolo 26 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [49] Articolo 35 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [50] Articolo 27 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [51] Articolo 28 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [52] Articolo 29 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [53] Art. 7 c. 1 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110. Il principio è ribadito dall’art. 32 dell’Ordinanza:”Il mediatore deve mantenere segrete le circostanze, fatti e documenti che sia venuto a conoscenza nel corso della mediazione”.

    [54] Art. 7 c. 2 Legge sulla mediazine 17.12.2004 Prom. SG. 110 (inserito nel 2011).

    [55] In materia di consumo si sottolinea che il principio della riservatezza impone al mediatore di mantenere riservati tutti i dati che dovessero emergere nel corso del procedimento, e a non usarli per scopi diversi da quelli ai fini del procedimento. Un’eccezione a questo principio riguarda i casi in cui la legge richiede al mediatore di fornire informazioni alle autorità governative (art. 4 regolamento).

    [56] Art. 7 c. 3 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110 (inserito nel 2011).

    [57] Articolo 33 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [58] http://www.justice.government.bg/MPPublicWeb/default.aspx?id=2

    [59] V. articoli da 13 a 20 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [60] A giugno 2014.

    [61] http://mediator.mjs.bg/Users/MList.aspx

    [62] V. articoli 21 e ss. Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [63] Art. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2. Il Ministero peraltro esercita un controllo sugli Enti di formazione che può portare alla revoca dell’approvazione nel caso di violazioni sulla formazione dei mediatori (articolo 12 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2).

    [64] Che contiene elementi simili a quelli richiesti dal decreto 180/10 nostrano tra cui il nome del rappresentante dell’organizzazione e dei dati della stessa, un certificato di buona reputazione, un programma per la formazione dei mediatori conforme all’Ordinanza; un elenco di esperti e di documenti attestanti l’istruzione e la qualificazione (articoli 3 c. 2 e 3 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2).

    [65] Articolo 3 c. 4 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2. Il nome e numero d’ordine dell’organizzazione sono pubblicati sul sito web del ministero della Giustizia (articolo 6 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2).

    [66] Articolo 5 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [67] Articolo 8 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [68] Quello che è il programma minimo di formazione contiene una parte teorica in cui si devono toccare i seguenti argomenti:

    1. Il concetto di conflitto. Rimedi giuridici per gestire la controversia – tribunale, arbitrato, riconciliazione e altri.
    2. Il concetto di accordo – giudiziario e stragiudiziale. Contenuto essenziale e legale

    conseguenze.

    1. Il significato della mediazione. Implementazione pratica della mediazione come mezzo di risoluzione delle controversie. Criteri di ammissibilità
    2. I partecipanti alla procedura di mediazione. Poteri della corte o di un’altra autorità competente dinanzi alla quale la controversia sia stata sottoposta per la risoluzione.
    3. I principi della mediazione.
    4. Le regole procedurali ed etiche per la mediazione ed in particolare:
    5. Apertura della procedura di mediazione. Selezione di un mediatore.
    6. Fasi della procedura di mediazione.
    7. Ruolo e funzioni del mediatore. Metodi per migliorare la comunicazione. Strategie per affrontare situazioni problematiche.
    8. La sospensione e la definizione della procedura.
    9. L’accordo. Contenuto dell’accordo, azionabilità.

      Mediazione sui singoli tipi di controversie

    1. Panoramica giuridica comparativa della legislazione e delle pratiche in vigore

    circa l’applicazione della mediazione.

    1. Specificità della procedura di mediazione in alcuni tipi di controversie:
    • controversie civili, comprese controversie sui diritti dei consumatori.
    • controversie amministrative,
    • controversie di lavoro,
    • mediazione familiare,
    • mediazione commerciale (business),
    • Mediazione in casi criminali e altri.

    Vi è poi una parte pratica che si svolge attraverso simulazioni e giochi di ruolo; l’analisi e la partecipazione alle simulazioni deve riguardare almeno tre casi.

    [69] Articolo 10 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [70] Il facsimile è in allegato 3 all’ordinanza. Articolo 11 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    [71] Articolo 11 bis Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

    La pratica della mediazione ed in particolare la gestione del primo incontro

    Le esperienze da negoziatore e da mediatore mi hanno portato a condividere alcune considerazioni.

    Innanzi tutto sarebbe meglio che ogni mediazione fosse preceduta da una preparazione accurata tra il legale e l’assistito.

    Ciò perché spesso i clienti ritengono di avere un quadro obiettivo e completo della situazione, senza nemmeno ipotizzare che la propria visione possa essere limitata e/o comunque limitante.

    All’uopo i legali possono essere di grande aiuto e non soltanto per i profili giuridici, come si potrebbe credere. La preparazione in studio consente di porre ottime basi per una strategia che potrà essere rimodellata, se del caso, nel corso dell’incontro.

    Per imbastire una strategia efficace bisogna però porsi delle domande insieme al proprio assistito.

    In relazione al loro caso le persone sono di solito convinte di possedere tutte le risposte, ma spesso non si sono poste i quesiti che possono essere di maggiore aiuto laddove si voglia negoziare la conclusione del conflitto.

    Antecedentemente al 2013 ed in particolare del cosiddetto decreto del fare[1] le domande utili venivano poste nel corso delle sessioni di mediazione e per lo più dal mediatore.

    Da quell’anno in poi al procedimento di mediazione partecipano obbligatoriamente i legali[2] e quindi non può che spettare in primo luogo a loro unitamente ai loro difesi, di fornire un contributo alla formazione di una strategia.

    Il compito principe del mediatore dovrebbe essere quello, delicatissimo, di sondare la volontà delle parti, in merito all’entrata in mediazione, ossia alla presenza/maturazione di un disegno che sviluppato ed arricchito potrebbe potenzialmente portare ad un accordo.

    Tale indagine del mediatore, in altre parole, viene certamente supportata dalla presenza di almeno un abbozzo di strategia precedentemente all’incontro.

    Ma come costruire una linea negoziale? Accennavo a delle domande di cui fornisco qualche esempio:

    1. Mi parli della controversia. Sta tutto nelle carte o c’è o dell’altro?
    2. Ci sono problemi causati dalla sfiducia o da una cattiva comunicazione?
    3. Di che cosa ha bisogno lei per essere soddisfatto?
    4. Che cosa deve conoscere l’altra parte perché lei raggiunga il suo obiettivo?[3]

    Per porre queste ed altre domande è necessario che il consulente si cali in un particolare habitus.

    L’avvocato assistente in mediazione (ma lo stesso vale per la negoziazione) lavora con le pretese e gli interessi del suo cliente e con quelli della controparte.

    Non si occupa solo del passato (delle carte), ma anche del presente e del futuro.

    Al mediatore, a dire il vero, il passato interessa ben poco; quello che rileva è il dialogo che si sviluppa nella sessione di mediazione. E dunque focalizzarsi solo sul passato della questione portata in mediazione è controproducente o perlomeno non porta gli effetti positivi che si speravano.

    Una volta gestita al meglio la consulenza finalizzata alla negoziazione i partecipanti alla mediazione si trovano di fronte al primo incontro.

    La buona conduzione del primo incontro di mediazione deve essere appunto di responsabilità del mediatore.

    Oggi la giurisprudenza dominante in svariati fori (Firenze, Milano, Pavia, Roma ecc.) sembra essersi assestata sul concetto di mediazione effettiva[4]: ci sono pronunce soprattutto sulla mediazione demandata, ma anche su quella preventiva. In sostanza per la mediazione demandata si afferma che il giudice ha già effettuato una valutazione di “mediabilità” e dunque le parti devono iniziare il procedimento, non possono limitarsi a dichiarare che non vogliono proseguire, pena la dichiarazione di improcedibilità dell’azione. E per la mediazione preventiva il succo è che se non ci sono situazioni ostative (non opinioni; ad es. la presenza di un litisconsorzio necessario che richiede un “secondo” primo incontro) il mediatore dovrebbe invitare le parti a recarsi in segreteria e andare avanti con la mediazione.

    Le argomentazioni giuridiche che sostengono tale impostazione possono anche essere ineccepibili, ma hanno delle ricadute di tipo pratico.

    Il fatto che il giudice abbia maturato la convinzione che la questione sia “mediabile” non incentiva un intervento di qualità del mediatore. La parte potrebbe avere la sensazione che il mediatore non abbia un ruolo proprio, ma sia un semplice ausiliario asservito ai comandi del Tribunale.

    Se la “mediabilità” della controversia attiene soltanto alla configurazione giuridica si rischia di tralasciare gli aspetti psicologici.

    Si dirà che il giudice si occupa di diritto e non di psicologia, ma nella realtà è il dato psicologico che pesa sul tavolo del mediatore.

    Ma non ci si riferisce qui al fatto che le parti abbiano ventilato o meno in causa una soluzione bonaria o che siano parenti o ancora che siano in gioco rapporti di durata; si vuole intendere qui il modo di pensare degli esseri umani che nel giudizio non viene sondato, ma in mediazione sì ed è determinante se si voglia arrivare in fondo.

    Ciò che si vuol esprimere vale a maggior ragione per la mediazione preventiva: chiedere alle parti se vi sia la possibilità di iniziare la mediazione a ridosso della presentazione della funzione della procedura e delle sue modalità di svolgimento e considerare la impossibilità come fenomeno eccezionale, è come ordinare alle persone di mettersi un sacco in testa e di attraversare la strada rassicurandole che non accadrà nulla di male. Chi lo farebbe?

    Naturalmente il paradosso nasconde un ragionamento più articolato, ma credo renda l’idea.

    In ogni caso l’impostazione giurisprudenziale suaccennata non porta spesso i frutti sperati.

    E questo perché se ci limitiamo a prendere atto che c’è stata già una valutazione del giudice e/o che non ci sono situazioni che impediscono giuridicamente la sessione, come mediatori non abbiamo fornito alle parti niente di più di quello che avrebbero avuto se non si fossero seduti al tavolo.

    Il mediatore possiede da millenni una funzione sociale. In altri tempi la conciliazione era l’unico strumento che le masse avevano a disposizione dal momento che il processo era a salato pagamento: non solo gli avvocati andavano pagati, ma pure i giudici.

    E ciò peraltro ha portato alla famosa norma imputata a Federico II per cui la conciliazione non può ritardare il corso dei giudizi (lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj [5]), considerazione che per alcuni costituisce un dettato divino, ma che è nato per il fatto che se le parti conciliavano i giudici (e prima di loro gli imperatori da Caligola in avanti) non avrebbero potuto mettere insieme il pranzo con la cena.

    Ora anche nei paesi più avanzati come ad es. il Canada, il diritto di difesa sta diventando una chimera per la mancanza di risorse economiche. Il mediatore dunque riprende la rilevante funzione che aveva nell’Italia del 1860, quando i parlamentari protestarono perché si voleva abolire il conciliatore napoletano.

    Io prego gli onorevoli miei colleghi di esaminare alquanto qual sia la condizione di coloro che si servono dei giudizi presso i conciliatori napoletani. È il basso popolo che va presso i conciliatori; innanzi ad essi si trattano le infime miserie della vita. Si parla qualche volta di otto, di quindici, di venti soldi; quasi quasi dirò che soventi la somma in contestazione sarebbe al di sotto dell’importare dell’imposta che vogliamo porre.

    L’istituzione dei conciliatori è una istituzione benefica nel Napoletano. I decurioni scelgono l’uomo più influente, il più paterno, il quale il più delle volte colle sue maniere distrugge i rancori nascenti che potrebbero, sviluppandosi, portar gravi conseguenze. La bassa gente, ad ogni contestazione che ha, siccome non le tocca fare spesa alcuna, si presenta a questo paterno magistrato, e questi con delle buone maniere fa sì che si transiga su tutte le piccole questioni che versano sopra le miserie della vita.

    Presso questo magistrato non c’è bisogno di pagare i testimoni, non c’è bisogno di pagare i procuratori; o mediante una lettera o su una deposizione di un conoscente della parte, che sia conosciuto pure dal giudice, si accettano anche i mandati di procura. In conseguenza non è che un giudizio puro e semplice, economico, una vera conciliazione, un giudizio paterno, il quale prego i miei onorevoli colleghi di por mente che produce grandissimi vantaggi alla società. Tutti quegli urti che succedono continuamente nel basso popolo del Napoletano, e che spesso se non vi fosse questo mezzo, questo sfogatoio, dirò così, di giustizia alla mano, senza spesa, potrebbero produrre grandissimi eccitamenti alle ire di quei popoli che già non hanno bisogno di essere spinti per la lor naturale vivacità, tutti quegli urti, dico, tutte le ire nascenti si appianano, si tranquillizzano con l’opera del conciliatore”[6].

    Se si dimentica il fatto che il mediatore funziona da istituzione benefica, la sua figura diviene solo un inutile aggravio sulla strada del processo.

    Come fare a mantenere questa funzione?

    Personalmente propongo alle parti uno schema che è naturalmente elastico, ma che costituisce riferimento di base.

    E su questo chiedo ai colleghi un po’ di coraggio: la mediazione come impariamo nei corsi si caratterizza perché la controversia è in mano alle parti e ai loro avvocati (almeno da noi), mentre il procedimento è in mano al mediatore.

    Spesso lo dimentichiamo oppure ci costringono a dimenticare che il procedimento è in mano a noi; ecco dobbiamo ricordarcelo e, sempre libere le parti di alzarsi dal tavolo (come recentemente ha ribadito anche la predetta sentenza C-75/16 del 14 giugno 2017 della corte di Giustizia), è il mediatore che detta le regole della sessione ed è lui deputato a verificare se queste regole siano elastiche o meno, non gli avvocati assistenti.

    Detto ciò a ridosso del discorso sulla funzione della mediazione e sulle fasi di svolgimento (5 min. max) io propongo una sessione di pre-mediazione con entrambi le parti in cui le aiuto a rinvenire elementi utili ad iniziare una mediazione, mediante domande che implichino passaggi logici.

    Perché la logica è così importante? Gli stessi giudici se andiamo a vedere, la rincorrono nelle loro pronunce, anche se per loro ha certo una funzione diversa.

    La logica in mediazione aiuta a colmare dei buchi che inevitabilmente sono contenuti in ogni storia che arriva sul tavolo.

    I buchi dipendono da molti fattori. In mediazione si parla di “filtri” che fanno passare in noi solo alcuni aspetti la realtà.

    Già il fatto di essere uomo o donna ha la sua incidenza, perché ad esempio la donna è maggiormente portata ad affrontare i problemi per cui non sembra esserci soluzione, mentre l’uomo soltanto quelli che gli paiono risolvibili. E dunque visto che l’uomo è pigro di natura, gli fa buon gioco ritenere tutte le situazioni irrisolvibili e non degne di applicazione mentale.

    Inoltre c’è da tenere conto del carattere di ognuno; per ogni soggettività ci vuole, tra l’altro, un appropriato stile comunicativo che aiuti a tirare fuori ciò che può determinare un cambiamento; per tutti cambiare percorso è naturalmente faticoso e quindi si evitano quegli aspetti della realtà che ci chiedono un mutamento. Il mediatore che lo sa imposta le sessioni riservate a misura di chi media, utilizzando un linguaggio affettivo, esplorativo o direttivo e chi ne ha più ne metta, a seconda delle esigenze.

    Ci sono ancora gli stereotipi che facilmente divengono pregiudizi quando verbalizziamo e ci privano della imparzialità e della capacità di immaginare alternative.

    Non si può poi trascurare il fatto che la realtà coinvolge in massima parte uno solo dei cinque sensi e quindi c’è chi ascolta solo le parole, chi principalmente osserva le immagini e chi si rivolge alle sue sensazioni. Ciò per aprire soltanto i giochi della comunicazione, ma anche per prendere le decisioni.  Ciò determina inevitabilmente una perdita di informazioni.

    In ultimo ci sono le caratteristiche fisiche, genetiche e psicologiche.

    Un posto particolare a mio giudizio riguarda il funzionamento della psiche, che dicevamo è logico. Di fronte ad un problema non ti fa andare avanti se non lo risolvi.

    Lo stesso Freud ammise che nella sua lunga esperienza clinica non trovò mai un paziente che non usasse la logica seppure solo a tratti.

    Qualche anno dopo la morte del maestro, Berne cercò di rendere semplice la dottrina freudiana più o meno nel modo che segue; i concetti a cui accennerò ci servono per poter comprendere perché nel nostro pensiero ci sono buchi da colmare.

    Ognuno di noi tra gli 0 e i 18 mesi riceve dai genitori dei messaggi negativi non verbali (ingiunzioni), che avranno una importanza fondamentale in tutta la vita che seguirà perché da essi continueremo a cercare di difenderci.

    I principali messaggi negativi che noi possiamo ricevere da entrambi i genitori sono 12 e derivano dai bisogni insoddisfatti del Bambino dei genitori; tra di loro il più comune è “non esistere”.

    Si può fare l’esempio del marito che viene trascurato dalla moglie dopo la gravidanza. A livello inconscio potrebbe ritenere che prima della nascita era lui “il bambino della mamma” e magari manifestare nervosismo quando entra nella cameretta del piccolo che recepisce appunto lo stato d’animo del padre e purtroppo la memoria di quella sensazione non lo abbandonerà mai se non ne acquisterà nei modi opportuni consapevolezza.

    Quando il piccolo inizia a comprendere anche il verbale dei genitori deve far fronte a dei comandi che Berne raggruppa in cinque categorie che sono dette spinte: sii perfetto, sii forte, sforzati, cerca di piacere, sbrigati.

    Di solito è una delle spinte ad essere considerata dominante, ma c’è ad esempio un adattamento psicologico che potremmo definire brillante-scettico (con terminologia psichiatrica, paranoide[7]) che si muove sotto l’influsso di due spinte, il sii perfetto ed il sii forte.

    Attorno ai tre-quattro anni il bambino concepisce la migliore strategia per rapportarsi con i suoi genitori e affrontare al meglio la realtà, attraverso una combinazione di ingiunzioni e spinte.

    Ad esempio ed in sintesi “Fino a che sono forte” (ossia non provo emozioni) “posso esistere” oppure “Fino a che sono perfetto posso essere” (per chi abbia ricevuto l’ingiunzione “non essere”).

    Questa strategia domina anche la vita della persona adulta, nel senso che si ripropone automaticamente a prescindere dall’attività che viene svolta e/o da qualsivoglia questione che si debba affrontare.

    In sintesi si possono tenere quattro posizioni esistenziali, a seconda della strategia elaborata nell’infanzia: io + tu -, io-tu+, io+tu+, io-tu-.

    Se da piccolo ad esempio ho sperimentato fosse vincente rapportarmi con arroganza e prepotenza (io+tu-) anche al tavolo della mediazione mi comporterò nello stesso modo, perché solo se sarò forte e/o perfetto potrò sopravvivere e per me essere forte e/o perfetto significa prevaricare e considerare l’altro una non-risorsa. Manifesterò quindi in automatico alcune emozioni che non sono autentiche (anche se io non me ne rendo conto) ma parte integrante della strategia: disprezzo, ira, accusa, trionfo ecc.

    La mia concentrazione si perderà dunque nel mantenimento della posizione esistenziale io+tu- e resterò in balia delle mie emozioni parassite, non prenderò in alcuna considerazione quelle opzioni che implicano la collaborazione (io+tu+).

    In definitiva in questa condizione mentale compirò quelle che si definiscono svalutazioni ossia ignorerò inavvertitamente informazioni pertinenti sulla risoluzione del problema.

    Il compito del mediatore è dunque quello di aiutarmi a individuare quelle soluzioni che vengono escluse dalla mia posizione esistenziale.

    Il rinvenimento è graduale e si nutre, come abbiamo accennato, di passaggi logici che sono stati elaborati in sede psichiatrica[8] ma che si prestano efficacemente ad ogni tipo di intervista ci possa venire in mente.

    Il mediatore pone dunque una serie di domande che devono ottenere una risposta positiva; qualora ciò non si verificasse deve approfondire quell’argomento specifico e non può andare oltre perché ciò sarebbe privo di logica.

    Facciamo un esempio a chiarimento. Il primo quesito che il mediatore porrà avrà la seguente formulazione: “Mi racconti che cosa è successo”.

    Se il nostro interlocutore ci rispondesse che non è successo niente, sarebbe poco avveduto passare alla seconda domanda ossia a “È importante per lei quel che è successo?”; è chiaro che se a mio giudizio non è successo nulla non è logico chiedermi se sia importante, né tanto meno se costituisca un problema o ancor di più se vi siano delle soluzioni.

    Per farla breve il quesito previsto dall’art. 8 del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28: “Il mediatore invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la mediazione” è la domanda numero dieci della griglia su cui si basa l’intervista del mediatore; bisogna formulare ben nove domande ed ottenere nove risposte positive prima di effettuare tale invito che comunque, dice la legge, deve ottenere a sua volta una risposta positiva.

    In conclusione bruciare le tappe non aiuta le parti a superare le svalutazioni che di natura si portano appresso, non aiuta a tappare i buchi della strategia che si offre in mediazione o a creare (se l’avvocato non ha aiutato in tal senso il cliente preventivamente) una strategia da portare nella successiva sessione congiunta, tale da convincerci ad iniziare la mediazione.

    Questa intervista viene da me definita di pre-mediazione perché in essa non si fa alcun cenno alla negoziazione tipica della mediazione vera e propria.

    La negoziazione verrà sviluppata dalle stesse parti se lo vorranno una volta passate in congiunta; ci saranno momenti in cui le parti manterranno le posizioni di partenza per ottenere un riconoscimento reciproco, ma difficilmente molleranno la procedura, anche in presenza del dialogo più acceso.

    E la ragione è semplice: se il mediatore avrà ben lavorato le parti avranno un obiettivo chiaro e logico da raggiungere.

    Così il mediatore potrà svolgere al massimo la sua funzione sociale; le parti entreranno naturalmente in mediazione, basterà semplicemente darne atto a verbale da un mediatore ormai diventato autorevole, punto fermo per il miglior svolgimento della successiva negoziazione.

    [1] DECRETO-LEGGE 21 giugno 2013, n. 69 convertito con Legge 9 agosto 2013, n. 98.

    [2] V. da ultimo però la Sentenza C-75/16 del 14 giugno 2017 della corte di Giustizia, in materia di consumo (“La medesima direttiva dev’essere invece interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede che, nell’ambito di una mediazione siffatta, i consumatori debbano essere assistiti da un avvocato e possano ritirarsi da una procedura di mediazione solo se dimostrano l’esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione.”. http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=191706&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1

    [3] Cfr. Preparing mediation in https://www.americanbar.org/content/dam/aba/images/dispute_resolution/Mediation_Guide_general.pdf

    [4] V. da ultimo Sentenza Corte di Appello di Milano 10 maggio 2017 in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/18045.pdf

    [5] Art. 31 Codice per lo Regno delle Due Sicilie.

    [6] G. GALLETTI- T. PAOLO, Atti del Parlamento Italiano, Sessione del 1861, Continuazione del secondo periodo (dal 26 febbraio al 12 aprile 1862), VIII legislatura, Seconda edizione riveduta, Discussioni della Camera dei deputati, volume IV, Tipografia Eredi Botta, Torino, 1862, p.  2076.

    [7] I Legali spesso hanno questo tipo di adattamento e sono diventati avvocati proprio perché era il miglior modo per sviluppare questa identità.

    [8] Cfr. la trattazione della griglia di svalutazione in Ian Stewart-Vann Joines, L’analisi transazionale, Garzanti, 1997.

    Parte la risoluzione delle controversie online di consumo

    Può essere presentato reclamo da un consumatore contro un professionista e da un professionista contro un consumatore

    Sono undici gli stati che hanno comunicato alla commissione i propri organismi di ADR.

    Si tratta di: Croazia, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna

    Non tutti i settori però sono sono coperti da organismi e dunque come consumatore non è detto che ci sia la possibilità di utilizzare la piattaforma per risolvere una controversia con i commercianti dei paesi sopra indicati.

    L’elenco degli organismi comunque si può rinvenire alla pagina:

    https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.adr.show

    Per l’Italia gli organismi di ADR sono i seguenti:

    • ADR Center srl Italia Ulteriori informazioni
    • Concilia s.r.l. Italia Ulteriori informazioni
    • ODCEC Medì Italia Ulteriori informazioni
    • Organismo di conciliazione paritetica Consorzio Netcomm – Associazioni di consumatori Italia Ulteriori informazioni
    • Organismo di conciliazione paritetica TIM Telecom Italia SpA – Associazioni di consumatori Italia Ulteriori informazioni
    • Organismo di conciliazione partitetica Wind Telecomunicazioni SpA – Associazioni di consumatori Italia Ulteriori informazioni
    • SICOME SC

    L’indirizzo multilingue della piattaforma  si può trovare su:

    https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.home.chooseLanguage

    Il link in lingua italiana per risolvere online le controversie di consumo si può trovare all’indirizzo:

    https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.home.show&lng=IT

    L’indirizzo per informarsi su come funziona il tutto si può trovare in:

    https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.complaints.timeLine

    Attualmente non sono disponibili punti di contatto nazionali nei seguenti paesi: Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Polonia, Romania

    Per trovare gli indirizzi dei punti di contatto nazionali si clicca sul seguente link:

    https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.complaints.odrList

    Il consulente del punto nazionale di contatto può:

    a) rispondere alle domande e aiutare a presentare il reclamo.

    b) aiutare a comunicare con il commerciante e/o con l’organismo di risoluzione delle controversie che tratta il reclamo

    c) aiutare a presentare il reclamo (indicando anche i documenti da allegare)

    d) dare informazioni generali sui diritti del consumatore (o del commerciante)

    e) consigliare su altri mezzi di risoluzione delle controversie se la procedura ODR non funziona.

    In Spagna arriva la mediazione a pena di irricevibilità della domanda

    Mentre da noi, nonostante vi sia la possibilità di invio in mediazione, ci sono ancora pochi giudici che decidono di avvalersi delle facoltà di legge, in Spagna un giudice del tribunale di Granada ha compiuto un atto rivoluzionario con provvedimento n. 18 dell’11 novembre 2015, invitando le parti ad una sessione informativa di mediazione a pena di irricevibilità della domanda.
    In Spagna la mediazione è volontaria anche se alcuno sostiene che la decisione nel 2012 sia stata dettata dall’impreparazione delle Corti più che dalla convinzione circa la bontà della non obbligatorietà dello strumento.
    In ogni caso i giudici si sono mossi, anche sulla scorta della novella del Codice di rito operata dallaLey 42/15, che introduce nuovi principi etici e di responsabilità sociale.
    La ley 1/2000 (si tratta del Codice di rito spagnolo) prevede oggi con la novella predetta, che in sede di giudizio verbale il cancelliere fissi un’udienza ed informi le parti della possibilità di ricorrere aduna negoziazione per comporre il conflitto (art. 440 c.1 “1. Contestada la demanda y, en su caso, la reconvención o el crédito compensable, o transcurridos los plazos correspondientes, el secretario judicial, cuando haya de celebrarse vista de acuerdo con lo expresado en el artículo 438, citará a las partes a tal fin dentro de los cinco días siguientes. La vista habrá de tener lugar dentro del plazo máximo de un mes.
    En la citación se fijará el día y hora en el que haya de celebrarse la vista, y se informará a las partes de la posibilidad de recurrir a una negociación para intentar solucionar el conflicto, incluido el recurso a una mediación, en cuyo caso éstas indicarán en la vista su decisión al respecto y las razones de la misma) e che alla udienza presentino al giudice un accordo (artt. 443 LEC).
    Sulla scorta di tale norma in primo luogo il Tribunale di Barcellona (ordinanza n. 52 del 26 gennaio 2015) ha condannato per mala fede (art. 247 LEC) una parte che non aveva iniziato la mediazione.
    La somma in discussione era di 402 €.
    In sostanza il giudice ha ritenuto che vi fosse stato un abuso del processo.
    Il giudizio di Granada, sempre reso nell’ambito del giudizio verbale, ed ispirato dall’ordinanza di Barcellona, riguardava una somma ancor più esigua: 59,19 €.
    Il giudice ha condizionato la ricevibilità della domanda appunto ad una sessione informativa di mediazione: all’uopo ha invitato le parti a partecipare ad una sessione informativa ai sensi dell’art. 441 c. 1 e 443 LEC
    A base di tale invito ha posto in sintesi le seguenti argomentazioni:
    1) alla base della risoluzione dei conflitti tra privati sta la mediazione come disciplinata dalla direttiva 52/08, dalla risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre 2011, dalla legge sulla mediazione spagnola e il relativo regolamento.
    2) la celebrazione di un processo costituisce un danno per l’interesse comune e può determinare una responsabilità per mala fede ai sensi dell’art. 247 LEC, dal momento che le parti hanno a disposizione un altro strumento per capire ciò che è giusto, uno strumento come la mediazione che è più economico, veloce e meno dispendioso per le casse pubbliche e che pertanto non deve rimanere intentato.
    3) Non vi è limitazione del diritto di difesa laddove con la mediazione si preservino altri diritti costituzionali, l’adeguatezza e la proporzionalità del processo (così come afferma la dottrina costituzionale dal 2012); il processo non è gratis e non può essere utilizzato laddove i suoi costi siano superiori a valore in contestazione; il denaro per la funzione giudiziaria proviene da tutti i contribuenti le cui aspettative di impiego vanno tutelate;
    4) certo la mediazione o altro sistema di composizione extragiudiziale delle controversie non è obbligatorio in Spagna, a differenza di altri paesi europei, ma procedere con giustizia, secondo i criteri di etica e di responsabilità sociale non dipende dalla imposizione di legge: i cittadini e le imprese devono cominciare ad essere consapevoli dei benefici e dei danni che si verificano con la causa pubblica e agire di conseguenza.
    La dottrina (MERELLES PÉREZ) commenta favorevolmente questi provvedimenti in quanto non ritiene che vi sia nella mediazione “invitata” o “imposta” una lesione del diritto all’effettività della giustizia. E ciò perché la mediazione endoprocessuale è complementare al processo, esiste la garanzia del controllo giurisdizionale, un invito ad una sessione informativa non comporta un obbligo di riscoluzione.
    Tuttavia si precisa che tale sensibilità dovrebbe essere impiegata anche per altri strumenti di ADR, dal momento che la mediazione non è opportuna in tutti i casi.

    La conciliazione in Perù

    Nel paese si parla di conciliazione, ma in realtà si tratta oggi di mediazione secondo i nostri canoni, dato che il conciliatore può fare “eventualmente” una proposta ed utilizza le stesse tecniche negoziali del mediatore nostrano.
    A livello storico il primo documento che la riguarda attiene alla Constitución de Cádiz del 1812[1]: si trattava di una conciliazione obbligatoria operata dall’Alcalde.
    Da ultimo se ne occupa la Ley de Conciliación N° 26872 del 12 novembre 1997[2] che è stata modificata da ultimo il 5 giugno 2012 dalla Ley Nº 29.876[3].
    Vi sono poi da considerare tre regolamenti la cui lettura è importante per capire pienamente il sistema:
    • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 004-2005-JUS )[4];
    • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 014-2008-JUS)[5];
    • Modifican el Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 006-2010-JUS)[6].
    La conciliazione extragiudiziale è in Perù obbligatoria da oltre 200 anni.
    E’ volontaria con riferimento all’accordo, ma non alla partecipazione.
    Inizialmente era condizione di procedibilità per tutte le materie inerenti i diritti disponibili.
    Il regolamento del 2005 recita che le parti possono disporre dei loro diritti in conciliazione fino a quando ciò non influisce su norme imperative o quando gli accordi sono contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
    I diritti disponibili possono essere o meno suscettibili di valutazione economica.
    Tra il 1999 ed il 2001 si sono specificati alcuni casi di volontarietà: chiamato con domicilio all’estero, quando fossero coinvolte le garanzie costituzionali o ancora per i processi cautelari[7]. Nel 2001 di sono aggiunti i casi in cui siano coinvolti beni degli incapaci, di violenza familiare e i giudizi nei quali lo Stato è parte.
    Dal giugno 2012 si sono enucleati altri casi in cui essa è solo volontaria:
    1) nel processo di esecuzione;
    2) nella opposizione di terzo;
    3) nella usucapione: questa indicazione è interessante e forse dovrebbe essere presa a modello anche dal nostro legislatore;
    4) nel processo che investe i diritti di prelazione dei comproprietari;
    5) impugnazione di convocazioni di assemblea generale da parte di soci od associati;
    6) impugnazione delle delibere assembleari delle società;
    7) nel processo contenzioso amministrativo:
    8) nel processo inerente pensioni alimentari e rapporti di famiglia ove i diritti siano disponibili: anche quella che noi definiamo mediazione familiare è dunque volontaria (i conciliatori specializzati in materia di famiglia sono 315[8]);
    9) per il risarcimento dei danni in caso di reati o contravvenzioni ambientali.
    Evidentemente la pratica ha portato a circoscrivere l’obbligatorietà. Al momento è esclusa dall’obbligo la materia del lavoro che potrà andare in conciliazione solo sui diritti disponibili.
    I delitti e le contravvenzioni penali non sono conciliabili a meno che non si tratti del semplice risarcimento per cui però non si deve aver azionato il procedimento giudiziale.
    Per il resto è necessario sedersi attorno al tavolo[9].
    La conciliazione viene nel paese condotta dai Giudici pace o dai Centri di conciliazione.
    In realtà in Perù si distingue tra giudici di pace non giuristi (Juzgados de Paz) e giudici di pace avvocato (Juzgados de Paz Letrados).
    I primi non giudicano secondo diritto, ma secondo giustizia ed equità e sono dislocati nelle zone difficili da raggiungere; hanno una competenza residua rispetto ai Juzgados de Paz Letrados e i loro provvedimenti sono impugnati davanti a questi ultimi.
    Si parla in Perù di conciliazione strutturata e dunque non si può fare il conciliatore (se non si è giudice di pace) se non si è accreditati presso un Centro di conciliazione.
    Il Centro di conciliazione (pubblico o privato)[10] può essere costituito da una persona fisica o da una giuridica, deve essere senza scopo di lucro e deve avere come finalità la conciliazione.
    Il Centro di conciliazione deve essere accreditato al Ministero della giustizia[11].
    E’ previsto anche un registro dei conciliatori, ma non è allo stato raggiungibile via internet.
    La conciliazione è gratuita ed onerosa, quando è onerosa viene pagata dal chiamante a meno che a verbale non si stabilisca una ripartizione diversa dei costi. Davanti ai giudici di pace è condotta a seguito del pagamento di tassa amministrativa.
    La conciliazione deve tenersi entro trenta giorni dalla domanda, ma il termine è prorogabile su richiesta delle parti.
    L’accettazione del conciliatore avviene nelle 24 ore dal deposito ed è a suo carico la convocazione delle parti per la sessione.
    La prescrizione e la decadenza sono sospese dalla domanda.
    La partecipazione alla sessione è personale, salvo che la legge non preveda l’obbligo di rappresentanza legale (i casi sono quelli della persona giuridica e del domiciliato all’estero: la procura è in queste ipotesi notarile).
    Interessante è che la conciliazione si chiude se entrambi le parti non partecipano a due sessioni consecutive; se una sola parte non partecipa ad una sessione sussiste un obbligo di seconda convocazione.
    Particolare è la sottoscrizione del verbale che viene effettuata non solo con la firma, ma pure con l’impronta digitale e quando le parti non sanno firmare soltanto con l’impronta digitale.
    L’accordo ha efficacia esecutiva e viene parificato alla sentenza.
    La formazione dei conciliatori è a carico della Scuola Nazionale di Conciliazione presso il Ministero della Giustizia e dei Centri per l’Istruzione e la formazione di facilitatori debitamente autorizzati dal Ministero della Giustizia (alla fine del 2015 erano 37[12]).
    I conciliatori devono ricevere una formazione sulle tecniche di negoziazione e sui mezzi alternativi (generale e specializzata) e sono soggetti ad un periodo di affiancamento[13].
    Quelli che non sono giuristi devono partecipare ad un modulo supplementare di diritto che è generale e non riguarda la sola conciliazione.
    I formatori possiedono particolari caratteristiche perché devono partecipare a corsi di formazione (anche continua), avere una esperienza almeno di un anno nella formazione degli adulti, essere conciliatori ed aver condotto almeno 12 conciliazioni con esito positivo.
    Il Ministero vigila sui centri di conciliazione: il sistema è dunque simile a quello italiano e i Centri di conciliazione hanno obblighi analoghi a quelli dei nostri organismi, anche con riferimento alla statistica.
    Ogni Centro di conciliazione deve avere nel suo organico un avvocato che supervisioni la legalità degli accordi. Anche il conciliatore se è avvocato può svolgere un duplice ruolo, ma il Ministero ne deve essere informato.
    [1] F. Martín PINEDO Aubián, EVOLUCIÓN HISTÓRICA Y NORMATIVA DE LA CONCILIACIÓN EN EL PERÚ in
    [7] Qui la conciliazione può avvenire solo se il deposito della domanda viene eseguito nel termine di 5 giorni dalla richiesta della misura.
    [9] Una splendida monografia sul lavoro del conciliatore peruviano si può trovare inhttp://www.monografias.com/trabajos27/conciliacion-peru/conciliacion-peru.shtml

    L’impasse in mediazione

    Secondo il mediatore australiano Robert Angyal sono cinque le qualità che contraddistinguono il buon mediatore:
    1) La capacità di mantenere la riservatezza
    2) l’ottimismo
    3) la persistenza
    4) la pazienza
    5) la capacità di evitare l’impasse
    In un articolo dell’agosto scorso ci spiega mirabilmente ed in dettaglio il quinto punto.
    E conclude che per selezionare il mediatore sarebbe opportuno chiedergli preventivamente:”Ha esperienza nell’evitamento dell’impasse?”.
    Se il mediatore non sa di che cosa si parla è meglio affidarsi ad altre mani.
    L’impasse può riguardare tre momenti: l’inizio della trattativa (Front-End), il suo corso (Mid-mediation) e la parte conclusiva (quest’ultimo momento lo definisce l’ultimo gap, Last-gap).
    In Australia e più in generale nel mondo di derivazione anglosassone le parti di un conflitto, sia esso vissuto in mediazione oppure nel processo, sono abituati a farsi delle offerte.
    Curiosamente invece nelle legislazioni europee le offerte delle parti non sono contemplate, mentre è contemplata quella del mediatore che invece nel mondo anglosassone attiene di regola alla conciliazione così come ci insegna l’UNICITRAL nelle Model law.
    Conseguentemente nel mondo anglosassone l’impasse riguarda proprio l’effettuazione dell’offerta e l’incontro dei consensi sulla stessa.
    Le dinamiche da impasse descritte comunque si presentano anche da noi.
    All’inizio della mediazione l’impasse si può determinare perché ogni parte è convinta che sia l’altra a dover avanzare un’offerta oppure può accadere che la parti si facciano un offerta, ma pensino:”Siamo così lontani” e possano aggiungere 4 considerazioni
    1) mi rendo conto che questa mediazione è uno spreco di tempo,
    2) il mio interlocutore non sta negoziando in buona fede,
    3) vedo che ho fatto bene a consigliare al mio cliente di non partecipare alla mediazione (per l’avvocato rappresentante),
    4) le mie istruzioni dicono di concludere la mediazione a meno che l’altra parte non ritiri immediatamente questa offerta e faccia un’offerta più ragionevole (per l’avvocato rappresentante).
    Questo impasse secondo Angyal sarebbe determinato dal fatto che le parti vorrebbero tracciare l’ambito del setting negoziale, ma che ognuna di loro sia portata a pensare che ad una propria offerta significativa corrisponderà una risposta negativa dell’altra parte e che ciò non possa che determinare una forte riduzione dello spazio negoziale.
    Il buon mediatore dovrebbe spiegare alle parti questo meccanismo perché solo la conoscenza può portarle al superamento. In particolare dirà che:
    1) fare una prima offerta non è poi un fatto miracoloso,
    2) dato che nessun buon negoziatore la prenderebbe sul serio e nessun buon negoziatore si aspetterebbe che la sua prima offerta sia presa seriamente,
    3) che le prime offerte servono soltanto ad avviare una contrattazione,
    4) che può essere saggio fare una offerta di principio (quella che da noi è la posizione tracciata dall’avvocato sulla base ad esempio del risarcimento previsto da una tabella ecc. e che si esplica in citazione), non irragionevole, per tracciare il solco delle altre offerte (se ogni parte, infatti, parte dal presupposto che l’altra parte effettua proposte campate in aria la mediazione non può procedere).
    Il secondo tipo di impasse (Mid-mediation) si verifica quando le parti pensano: “Sono le due e mezzo del pomeriggio, siamo qui dalle 10 del mattino e non ne verremo mai a capo e dunque riteniamo di chiudere”.
    La causa dell’impasse è determinata dal fatto che una delle parti ha dimenticato quanto il mediatore ha spiegato all’inizio della procedura, ossia che ci vuole del tempo per spiegare come è nata la controversia; per chiarire i malintesi; per esplorare gli interessi delle parti; per effettuare il brainstorming su come questi interessi possano essere soddisfatti in tutto o in parte; per formulare le offerte; per prendere in considerazione le offerte e fare contro-offerte; e per venire a patti con l’idea che il compromesso è necessario per evitare il rischio di un risultato deteriore da processo od arbitrato.
    Un mediatore efficace ricorderà quindi alle parti perché serve tempo ed aggiungerà trasudando ottimismo che:
    1) “E ‘molto comune che si arrivi alle due e mezzo senza molti progressi evidenti. L’ho visto molte volte in passato.
    2) Pensate soltanto a quale livello avete raggiunto in termini di chiarificazione del problema per preparare il terreno di una intesa.
    3) Se continuare a negoziare in questo modo, c’è un’alta probabilità che possiate raggiungere una intesa”.
    Il terzo tipo di impasse si verifica quando alla fine della negoziazione le parti dichiarano di non avere più offerte da avanzare, di avere raggiunto la massima concessione (“bottom line” per il chiamante e “top dollar” per il chiamato).
    Le cause di questo impasse sono svariate:
    1) La riluttanza a perdere alla fine nel conflitto o nel rapporto (the last dance).
    2) “Ho già offerto troppo” (“Non sono disposto a dare quest’ultima goccia”; the last straw)
    3) Gli avvocati sentono di dover dimostrare il loro valore continuando ad essere aggressivi.
    Il mediatore efficace ha a disposizione diverse tecniche:
    1) Spiegare la difficoltà della scelta di ogni parte concentrandosi sulle loro BATNA e cercare di convincerli che è meglio accordarsi piuttosto che combattere in tribunale.
    2) Dividere la differenza.
    3) Espandere la torta.
    4) Trasferire l’ultima decisione ad un terzo.
    5) Considerare la possibilità di avanzare scuse che può rendere l’ultimo sforzo meno costoso.
    6) Affidare alla sorte l’ultima decisione (ad esempio tirare una moneta).

    La mediazione italiana in numeri all’8 agosto 2015

    L’Italia possiede, come è noto, un registro statale che è pubblico in relazione a organismi di mediazione[1], enti di formazione[2], mediatori[3] e formatori[4].

    All’8 agosto 2015 sono censiti 18528 mediatori, 602 organismi di mediazione (di cui 130 cancellati), 226 enti di formazione (di cui 41 cancellati) e 931  formatori.

    E dunque gli organismi di mediazione attivi sono 472 e gli enti di formazione 185. Questi numeri non si ritrovano in alcun paese europeo.

    Dal registro italiano si possono ricavare utili informazioni, ad esempio in relazione alla preferenza dei mediatori per organismo: il regolamento ministeriale consente l’iscrizione sino a 5 organismi, ma a quanto pare non sono stati molti ad iscriversi a due o più organismi; il 90,18% dei mediatori ha optato per un solo organismo.

    Il dato potrebbe aprire  a diverse considerazioni. Ad esempio si potrebbe notare che tra i mediatori e gli organismi c’è un vincolo fiduciario molto solido e dunque le norme e le circolari sulla incompatibilità che tendono ad evitare che un soggetto possa agire come rappresentante od assistente presso l’organismo di cui è mediatore, non sembrano tener conto della realtà del fatto.

    In altre parole se 17610 mediatori non hanno inteso proporsi ad altri organismi significa che per varie ragioni hanno piena fiducia soltanto nel proprio: non si comprende pertanto per quale bizzarro motivo nella qualità di rappresentanti od assistenti dovrebbero scegliere un altro organismo e mettere i propri clienti in mano ad un ente che non conoscono o di cui non hanno fiducia, tenendo presente che c’è pure un vincolo di competenza territoriale che restringe le opzioni possibili.

    Il CNF ha precisato in un comunicato stampa un paio di giorni fa che “Il Guardasigilli ha confermato inoltre che, così come già richiesto dal CNF, sarà oggetto di immediata rivalutazione qualsiasi interpretazione destinata a comprimere in maniera ingiustificata la operatività degli organismi di mediazione degli Ordini, e l’attività in essi svolta dagli avvocati“.

    Vedremo se alle parole seguiranno i fatti. Intanto la tabella che segue si diffonde sul particolare della diffusione dei mediatori negli organismi.

    Organismi Mediatori Percentuale
    0 organismi 100 0,53%
    1 organismo 16.710 90,18%
    2 organismi 1487 8,02%
    3 organismi 187 1,00%
    4 organismi 35 0,18%
    5 organismi 8 0,04%
    6 organismi 1 0,05%
    Totale 18528

    Mi pare poi curioso che siano iscritti nel registro ben 100 mediatori che non appartengono ad alcuno organismo: l’unica ipotesi che mi sento di fare è che una volta iscritti i loro organismi siano venuti meno; se non fosse così vorrebbe dire che iscrizione al registro e pratica della mediazione sono fattori distinti. Quest’ultima ipotesi comporterebbe la fine della mediazione amministrata che peraltro da molti è auspicata

    Un altro dato interessante riguarda la distribuzione dei formatori per ente di formazione.

    Il dato più rilevante credo riguardi il fatto che il 73,89% dei formatori hanno scelto un solo ente di formazione. Qui però la percentuale va vista a rovescio nel senso che la formazione italiana in mediazione appare circoscritta ad una trentina di nomi (peraltro molto conosciuti nell’ambiente) che dunque hanno anche una responsabilità in merito. Qui sotto si può trovare il dettaglio numerico.

    1 ente di formazione 688 73,89%
    2 enti di formazione 121 12,99%
    3 enti di formazione 53 5,69%
    4 enti di formazione 31 3,32%
    5 enti di formazione 18 1,93%
    6 enti di formazione 8 0,85%
    7 enti di formazione 4 0,42%
    8 enti di formazione 2 0,21%
    10 enti di formazione 1 0,10%
    11 enti di formazione 2 0,21%
    14 enti di formazione 2 0,21%
    17 enti di formazione 1 0,10%
    Totale 931

    Concludo con una considerazione sull’età dei mediatori.

    Da un campione di 1000 mediatori italiani risulta che hanno un’età compresa tra i 31 e i 61 anni. Il numero dei mediatori più rilevante riguarda coloro che hanno 39, 40 e 50 anni.

    Le considerazioni che in passato sono state fatte, specialmente da una parte dell’avvocatura, in merito all’inesperienza dei mediatori sono quindi del tutto prive di fondamento.

    [1] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX

    [2] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx

    [3] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX

    [4] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboFormatori.aspx

    Federico II ed i suoi tanti primati

    Presso Federico II c’era un organo che si chiamava Magna curia che era giudice di appello per le cause penali; ad essa tuttavia si potevano rivolgere direttamente i poveri che non avessero fiducia dei giudici locali. Qui nasce il principio di eguaglianza davanti alla legge, perché di fronte alla Curia non c’era differenza tra poveri e cortigiani.
    La giurisdizione civile era ordinariamente esercitata dai Balii che avevano solo due mesi per decidere ed ordinariamente non conoscevano il diritto: erano solo uomini probi.
    Le loro sentenze erano impugnabili ai Camerari che erano al massimo 6 e stavano in carica solo un anno.
    I giudici penali (magistrati iustititiari) non potevano stare fermi in un posto e dovevano esercitare il loro ministero viaggiando; lo stesso valeva per il pubblico accusatore che si chiamava Giustiziere.
    Il nome di iudex si dava ai laureati in giurisprudenza che potevano assistere coloro che amministravano al giustizia civile e penale.
    I giudici generalmente giudicavano gratuitamente ad eccezione del balivo a cui spettava la trentesima parte delle multe che irrogava.
    Quando uscivano di carica i magistrati dovevano stare 50 giorni nel luogo dove avevano giudicato e rispondere a tutte le accuse che i giudicati avessero voluto muovere loro (risarcendo eventualmente i danni).
    Gli avvocati non potevano esercitare la professione se non dopo un esame di fronte alla commissione presieduta dal re ed il giuramento di non esercitare contro la propria coscienza e l’onore. La rottura del giuramento comportava perdita del titolo ed infamia perpetua. L’onorario non poteva superare la sessantesima parte della lite e in caso di valore indeterminato il salario lo decideva la Gran Corte.
    Federico II fu il primo ad istituire l’avvocato d’ufficio per i poveri, le vedove e gli orfani (poi diventerà l’avvocato dei poveri); la retribuzione era a carico del tesoro come oggi è a carico dello Stato. Il diritto romano non consentiva invece la difesa legale del povero e dello schiavo.
    Sotto il re svevo i poveri erano addirittura mantenuti a spese del fisco durante il processo e avevano diritto ad essere giudicati per primi.
    Federico II fu il primo a istituire le ferie giudiziarie, ma ne istituì pochissime.
    Ogni giudice aveva l’obbligo di tentare la conciliazione più volte nella stessa causa.
    In caso di mancata composizione le parti giuravano di agire con lealtà e nell’interesse della giustizia e di non calunniare e poi il giudice li interrogava e rendeva il giudizio.
    Federico II fu il primo a distinguere le sentenze esecutive da quelle che non lo erano, il giudizio petitorio da quello possessorio.
    Si considerava necessaria da parte del balivo la citazione del convenuto a cui veniva assegnato un termine che poteva prorogarsi per giustificato motivo. Se il convenuto non rispondeva in proprio o tramite procuratore veniva multato di un augustale al mese; se la disobbedienza avveniva davanti alle Corti superiori il fisco incamerava un terzo dei beni mobili. La contumacia del convenuto autorizzava l’attore a pignorare i suoi beni, a venderli e a soddisfarsi sul ricavato se il debitore non fosse comparso in giudizio entro un anno.
    Federico II stabilì che la testimonianza venisse assunta dal giudice del luogo del testimoniante. Se il giudice non provvedeva pagava i danni e poteva perdere un terzo dei suoi beni.
    Federico II fu il primo a stabilire che le accuse penali (libelli) fossero scritte e sottoscritte dall’accusatore e dalla vittima. Fu il primo anche a stabilire che le sentenze fossero scritte, datate e sottoscritte dal giudice, dal cancelliere e dai testimoni. Ed il notaio che all’epoca faceva il cancelliere poteva rilasciare un sunto della sentenza al vincitore.
    Nel 1232 Federico II stabilì che il giudice supremo dovesse raccogliere tutte le sentenze per farne un massimario che servisse di norma per i casi futuri. Presso le corti locali i massimari furono chiamati consuetudini perché osservate da tutti i giudici.
    Circa i mezzi istruttori Federico II condannò il duello (solo i nobili potevano utilizzarlo quando non era possibile che si formasse altra prova giudiziaria) e tutte le prove di Dio. Permise la tortura come prova ordinaria solo sugli infami se c’erano forti indizi: non si doveva però tener conto delle confessioni estorte a caldo.

    https://books.google.it/books?id=oORgAAAAcAAJ&pg=PA101&dq=Costituzioni+federiciane&hl=it&sa=X&ved=0CEcQ6AEwB2oVChMIxcGLlsL-xgIVBJQsCh0yvQ5r#v=onepage&q=Costituzioni%20federiciane&f=false

    Stato di attuazione della direttiva ADR nella UE al 24 febbraio 2015

    In data di ieri in qualità di semplice uditore ho partecipato ad un convegno internazionale ospitato dall’Università di Genova e intitolato Consumatori e giustizia, “Fuori dall’aula!”.

    Il Convegno non ha affrontato in dettaglio la situazione internazionale, ma più che altro si è soffermato su quella interna e così mi è venuto in mente di fare qui il punto sul recepimento delladirettiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) che deve avvenire, come è noto, entro il 9 luglio 2015.

    Allo stato gli unici due paesi che hanno ottemperato entro il termine sono il Belgio e la Slovacchiache hanno già proceduto al recepimento.

    Su alcuni paesi della UE non ho rinvenuto notizia alcuna: Croazia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Malta, Cipro, Spagna, Portogallo, Austria. E dunque non ho purtroppo alcuna idea se siano o meno in piedi progetti di legge.

    Un funzionario della UE che si occupa di ADR e consumo ha asserito ieri in video conferenza cheSpagna e Portogallo avrebbero optato per l’arbitrato.

    La situazione attuale non è delle più rosee nel senso che ad esempio con riferimento alla direttiva 52/08 sulla risoluzione delle controversie transfrontaliere soltanto 6 paesi su 29 avevano sforato i termini del recepimento[1]; ci sono ovviamente ancora 5 mesi di tempo, ma occorre maggiore rapidità.

    In merito all’attuazione della direttiva 11/13 possiamo dire in generale che alcuni stati hanno deciso di modificare il proprio codice del consumo (Belgio, Francia, Lussemburgo, Italia).

    Vediamo ora di fornire le notizie che si sono rinvenute nel dettaglio.

    BELGIO

    Il Belgio ha recepito la direttiva 11/13 con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione[2], seppure la prima normativa entrata in vigore come vedremo è stata quella slovacca.

    Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015[3]

    Il predetto paese il 10 aprile 2014 ha dettato anche la normativa secondaria che semplicemente si limita a stabilire l’entrata in vigore, poi come detto, posticipata[4].

    Il Belgio ha dunque modificato il suo codice del consumo.

    Ci sarà un organismo pubblico indipendente con personalità giuridica, denominato “servizio di mediazione per il consumatore”, che è un punto di contatto e di servizio per la risoluzione delle controversie di consumo.

    Il servizio di mediazione per il consumatore riceve qualsiasi richiesta di ADR di controversie di consumo: è di fatto un Ombudsman

    Il Servizio pubblico federale dell’Economia, PMI, lavoratori autonomi ed Energia tiene l’elenco dei soggetti che svolgono attività di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori e che soddisfano determinate condizioni (v. articolo XVI.25) e pubblica tale elenco sul suo sito web.

    E dunque abbiamo in Belgio un sistema misto pubblico-privato di organismi che vanno in elenco ed un Mediatore pubblico generale che è punto di contatto[5].

    BULGARIA

    A quanto pare l’Europa non intende formare gli operatori di ADR e per quanto riguarda l’Italia non si sa ancora che cosa farà.  L’associazione professionale dei mediatori di Bulgaria (PAMB) ha organizzato la prima formazione specializzata per la direttiva 11/13 il 2 luglio 2013[6]. Non ci sono però notizie circa eventuali disegni di legge di recepimento della direttiva.

    DANIMARCA

    La Danimarca ha pubblicato il disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13 in data 29 gennaio 2015 ed è stata scelta la mediazione[7].

    FINLANDIA

    Il Ministro della Giustizia della Finlandia ha approntato il provvedimento di attuazione della direttiva 11/13 che verrà votato in primavera dal Parlamento. La Finlandia sembra aver scelto l’arbitrato[8].

    FRANCIA

    Anche la Francia con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière[9] ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

    La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.

    Ad ogni buon contro la Francia ha scelto come strumento principe la mediazione[10].

    GERMANIA

    Il 10 novembre 2014 Ministero federale di giustizia e la tutela dei consumatori ha presentato la

    proposta di legge sull’attuazione della direttiva 11/13[11].

    La Germania allo stato ha scelto l’arbitrato.

    IRLANDA

    L’Irlanda ha preparato un primo progetto per il recepimento della direttiva 11/13[12], dopo avere condotto una consultazione in merito a partire dal giugno 2014[13].

    LUSSEMBURGO

    Il progetto di legge di recepimento della direttiva 11-13 è stato depositato dal Ministro dell’Economia alla Camera dei Deputati il 16 febbraio 2015[14]. È il n. 6769.

    Anche il Lussemburgo ritiene opportuno integrare il Codice del Consumo.

    Il punto di contatto è identificato con il Mediatore del Consumo, che oltre a informare i consumatori, ricevere reclami si occupa della risoluzione extragiudiziale delle controversie per cui non è competente altro organismo. Si può adire, tramite lettera, fax e posta elettronica.

    Vi è poi un elenco tenuto dal Ministro dell’economia degli organismi di ADR.

    Le parti devono poter aver accesso alle procedura senza l’assistenza dell’avvocato anche se ne possono chiedere la consulenza.

    PAESI BASSI

    Il disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13 è stato approntato dal Ministero della Giustizia e depositato il 2 luglio 2014; è stato approvato con modifiche dagli Stati generali il 27 marzo 2015[15]; il Comitato parlamentare per la sicurezza e la giustizia (V & J) del Senato lo analizzerà ed eventualmente lo emenderà a partire dal 10 marzo il 2015.

    L’attuale disegno di legge riprende la definizione della direttiva circa i metodi di composizione e dunque vi possono rientrare i metodi ADR più diversi.

    REPUBBLICA CECA

    In Repubblica Ceca stanno rivedendo (15/1/15) il testo del disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13[16].

    ROMANIA

    L’Autorità nazionale per la protezione dei consumatori (ANPC) ha proposto per la consultazione pubblica un progetto di legge di recepimento della direttiva 11/13[17].

    In questo momento stanno discutendo sul fatto se gli avvocati siano soggetti o meno alla direttiva 11-13 perché il segreto professionale potrebbe essere a repentaglio.

    La questione è scoppiata in Belgio dopo il recepimento della direttiva  perché i legali sostengono che se dovessero sottoporre ad un organismo di ADR l’oggetto del loro mandato professionale e se dunque fossero soggetti della direttiva 11-13, come qualsivoglia altro professionista, potrebbe esserci una lesione del segreto professionale. E dunque hanno sollecitato la creazione di una entità autonoma cui possano sottoporsi i loro conflitti coi consumatori

    Da noi siamo ancora fermi alla legge di delegazione e dunque l’avvocatura italiana forse non ha ancora pensato a questo risvolto.

    SLOVACCHIA

    La Slovacchia ha recepito la direttiva 11/13 con la legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo che modifica alcune leggi.

    La normativa è entrata in vigore il 1° gennaio 2015[18].

    Non c’è bisogno di sottolineare che il paese come strumento ha scelto l’arbitrato[19].

    SLOVENIA

    Il 9 dicembre 2014 è stato varato il disegno di legge sulla composizione extragiudiziale delle controversie di consumo (ZIRPS)[20].

    La Slovenia ha scelto di adeguarsi alla definizione della direttiva e dunque mette in campo mediazione, arbitrato, la combinazione dei due ed altro.

    SPAGNA

    Il 21 novembre 2014 il Ministro dell’Economia e Competitività informa che è impegnato a considerare la modifica del quadro giuridico esistente in materia di assicurazioni e banche, come risultato della trasposizione forzata della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio del 2013.

    In secondo luogo, nell’ambito del Consiglio di cooperazione dei consumatori è stato istituto un gruppo di lavoro per intraprendere una revisione delle norme di tutela dei consumatori nel settore delle assicurazioni, per eliminare duplicazioni, sovrapposizioni o contraddizioni che si verificano tra la normative statali o regionali. Inoltre il Ministero della Salute si è impegnato per quanto di sua pertinenza[21].

    UK

    Il governo britannico ha appena annunciato di volere attuare la direttiva 11/13 come sistema residuale.
    Nel Regno Unito ci sono ben 70 schemi di ADR e nessuno vuole rinunciare al proprio modello e dunque non è ipotizzabile un mediatore unico per il settore del consumo.

    Anche in Italia siamo nella stessa situazione. Le varie Autorità (energia, telecomunicazioni ecc.) e le Associazioni dei consumatori vogliono mantenere le proprie regole e la propria fetta di mercato.

    E dunque alla fine avremo un elenco di organismi che seguono regole diverse a seconda del settore ed il consumatore (italiano e straniero) con tutta probabilità rinuncerà alla tutela extragiudiziale.

    Gli Inglesi che sono più pragmatici hanno preso atto di questa situazione: peraltro da loro la mediazione telefonica per gli small claims già funziona benissimo.

    E così creeranno un nuovo sistema ‘residuale’ di ADR per colmare le attuali lacune;
    nomineranno il Trading Standards Institute (STI) quale autorità competente del Regno Unito per monitorare i fornitori di ADR nei settori non regolamentati; estenderanno di otto settimane il periodo standard di prescrizione di sei anni per i procedimenti giudiziari (per le controversie contemplate dalla direttiva) nei casi in cui ADR è in corso alla scadenza del periodo di sei anni; e con una normativa secondaria che verrà adottata in primavera si stabiliranno nuovi obblighi di legge per le imprese circa la fornitura di informazioni ai consumatori per quanto riguarda la disponibilità di sistemi di ADR[22].

    [1] Lussemburgo, Spagna, Germania, Repubblica Ceca, Cipro e Paesi Bassi.

    [2]

    http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

    [3] http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

    [4] http://reflex.raadvst-consetat.be/…/M…/2014/05/12/127623.pdf

    [5]http://www.lexgo.be/nl/artikels/2014/06/Update%3A%20inwerkingtreding%20van%20het%20Wetboek%20economisch%20recht,87232.html

    [6] https://www.facebook.com/PambMediationBulgaria/posts/310623339074281?fref=nf

    [7] https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=167846#Kap1

    [8]http://www.kuluttajariita.fi/fi/index/ajankohtaista/tiedotteet/2015/01/kuluttajariitajarjestelmaaonmuutettava.html

    [9] http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id

    [10]http://www.economie.gouv.fr/files/files/directions_services/mediateur/rapport_president_recommandations_mediation.pdf

    [11]http://www.bmjv.de/SharedDocs/Downloads/DE/pdfs/Gesetze/RefE%20zum%20Verbraucherstreitbeilegungsgesetz.pdf?__blob=publicationFile

    [12] http://www.djei.ie/trade/eudirectives/CurrentPosition.pdf

    [13] http://www.enterprise.gov.ie/en/Publications/ADR_Consultation.pdf

    [14] http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

    [15] https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150127/gewijzigd_voorstel_van_wet_3

    [16]  Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.

    http://www.vlada.cz/cz/ppov/lrv/programy-zasedani-a-vasledky/program-141–zasedani-lrv-125884/

    [17]http://www.anpc.gov.ro/anpcftp/legislatie/140827/proiect_lege_solutionare_alternativa_litigii_140827.pdf

    [18] http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

    [19] Cfr. http://www.ulclegal.com/sk/bulletin-pro-bono/2014/10/5289-zakon-o-spotrebitelskom-rozhodcovskom-konani

    [20] http://www.gzs.si/pripone/42005/Predlog Zakona o izvensodnem reševanju potrošniških sporov_9_12_2014.doc

    [21]http://www.mineco.gob.es/stfls/mineco/economia/ficheros/pdf/SEGUROSHojasdereclamacione.pdf

    [22] http://hsfnotes.com/adr/2015/01/05/uk-government-announces-plans-for-implementation-of-the-eu-adr-directive-and-odr-regulation/

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