Una giustizia alta e altra

Recensione del volume “Una giustizia alta e altra” della professoressa Maria Martello

A cura di Carlo Alberto Calcagno

Quando si legge un saggio di Maria Martello ci si rende subito conto che ogni parola pesa, ogni frase è densa di significato di per sé e in quanto rimando ad una sapienza antica, ogni capitolo è un estremo sforzo per gettare verso l’alto una cattedrale di significati, un disegno allo stesso tempo in bianco e nero e colorato di quello che non è e potrebbe invece essere una civile convivenza.

Cosí è per “Una giustizia alta e altra” che appunto, già dal titolo, fornisce l’idea di voler lasciare in basso l’attuale imperfetto apparato di regolazione dei conflitti, per un altro, quello di una mediazione che però si distacca enormemente dal concetto che in questo decennio è arrivato agli operatori del settore. Non parliamo poi di quello che è giunto al cittadino o al giudice. Ciò che noi abbiamo conosciuto non ha niente a che fare con gli scritti del Nuovo Testamento e l’Episcopalis Audientia che l’autrice ricorda, non a caso, al termine della monografia.

Ma per comprendere a pieno questi richiami la professoressa Martello, ci indica il viaggio filosofico-umanistico.

Non si può iniziare dal modello mercantile di deflazione del contenzioso che ci ha lasciato la scuola di Harvard (peraltro non nato per la gestione delle controversie ma per i rapporti endo-imprenditoriali) se si voglia comprendere il mondo della mediazione, né dalla sola psicologia che ha comunque fornito ottimi strumenti al mediatore (pensiamo ad es. alla parafrasi); dobbiamo necessariamente cominciare il viaggio da qualcosa di molto più antico che non si traduce solo nei preziosi contributi dei filosofi che tutti conosciamo, ma da un modello che seppure l’autrice non citi esplicitamente, è quello del matriarcato che è riuscito per migliaia di anni, ad attuare una perfetta sintesi del razionale e dell’irrazionale.

È un mondo di idee e di esperienze che già c’è stato e che va solo evocato e riscoperto: non è una nuova ricetta di incerta applicazione.

Quello che noi giuristi chiamiamo consenso all’utilizzo di un determinato strumento di risoluzione, è in realtà molto di più in mediazione, è la fiducia in un terzo mediatore affinché ci aiuti a lavorare con gli elementi razionali e irrazionali.

Non poteva la professoressa Martello non metterci in guardia a più riprese del fatto che un sistema, per dirsi evoluto, non può tralasciare (come l’attuale processo tralascia) gli elementi irrazionali che sono le radici del conflitto e che se non vengono esplorati non potrà darsi uno sviluppo armonico della pianta e dunque di futuri legami.

Perché la mediazione non può e non deve ridursi a chiudere un conflitto, ma è tesa (ed è stata tesa per millenni) a ripristinare legami.

La società ha bisogno di ripristinare i legami; non si può pensare che la legge – come spiega bene la Martello affidandosi al pensiero di Salvatore Natoli – possa costituire la panacea di tutti i mali, come invece la intendono gli uomini di questa civiltà.

I legami nascono dal confronto, dall’ascolto e come specifica deliziosamente l’autrice, dall’emulazione. Non vi può essere progresso senza emulazione, né oserei dire nascita di una nuova famiglia in seno al consorzio umano.

Ma chi sono i sapienti che possono riportare in auge questo sistema antico di vivere le relazioni? Gli avvocati nelle loro consulenze che devono coniugare il diritto con i veri bisogni dei loro clienti; coniugazione questa che può nascere solo dall’educazione all’ascolto del cliente (che immerso nel conflitto non è più capace di ascoltare).

Sono i giudici che per la loro posizione possono veramente ed efficacemente diffondere ed alimentare la cultura del confronto.

Il legislatore, infine, che deve riprendere dall’inizio il filo per entrare nel labirinto della mente umana e non accontentarsi di una mera deflazione del contenzioso; ciò comporta evidentemente una nuova formazione “alta ed altra”, che abbandoni le povere tecniche di gestione economica delle controversia. Non è il denaro che motiva l’uomo e che lo spinge a diventare migliore, una risorsa per la società, ma il riconoscimento completo di sé.

Il valore della Mediazione nella Riforma della Giustizia

Un ottimo saggio di Maria Martello in libreria dal 2 maggio.

Maria Martello ha insegnato Psicologia dei rapporti interpersonali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia dove ha anche coordinato il Corso di perfezionamento in Mediazione dei conflitti.
È stata Giudice on. presso il Tribunale per i minorenni e la Corte d’appello di Milano.
Formatrice alla mediazione umanistico-filosofica e Autrice di molti saggi tra cui La formazione del mediatoreUna giustizia altra e altraLa mediazione nella vita e nei TribunaliCostruire relazioni intelligenti.

Stato dell’arte del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28

E’ importante sottolineare che la Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 36 del 09.01.2023 ha dato come termine di partenza dell’art. 4 novellato, il 28 febbraio 2023 (ex L. n. 197 del 2022).

L’estensore è Marinaro che è poi l’autore anche dell’articolo sul Sole24ore del 23 gennaio 2023 che richiama la data del 28 febbraio 2023.

Quindi abbiamo una prima pronuncia della magistratura sull’entrata in vigore delle fattispecie non elencate specificatamente dall’art. 41 c. 1 del decreto legislativo 149/22 (che invece vanno pacificamente al 30 giugno 2023).

In data 10 febbraio 2023 Normattiva ha aggiornato il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

Cfr. https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-04;28!vig=

Normattiva è la banca dati dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato che dovrebbe darci la certezza del diritto.

Le modifiche tengono conto finalmente della legge finanziaria che ha novellato l’art. 41 delle norme transitorie del decreto 149/22 che a sua volta interviene sul decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

Dalla indicazione normativa parrebbe che alcune norme siano già entrate in vigore il 1° gennaio 2023, mentre altre entreranno in vigore il 30 giugno 2023 (salvo differimenti legislativi).

Dico parrebbe perché il 1° gennaio 2023 si ricava solo dall’intestazione della norma: coloro che aggiornano la banca dati usano per lo più (v.ad es. art. 8-bis) sibilline indicazioni: “Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, non prevede più (con l’art. 41, comma 1) che la modifica di cui al presente articolo si applica a decorrere dal 30 giugno 2023.”

Si è poi succeduta la Circolare del Ministero della Giustizia Prot. n. 0001924 del 28-02-2023 da cui si evince la data del 28/2/2023 anche se si fa riferimento alla negoziazione assistita.

Vi è infine stata il 1° marzo 2023 la seguente comunicazione del Ministero della Giustizia”

“Ieri, 28 febbraio, l’entrata in vigore della riforma del processo civile, dopo l’anticipazione decisa nell’ultima legge di bilancio. Si tratta di una delle riforme abilitanti per il Pnrr, con l’obiettivo di ridurre del 40% in cinque anni la durata dei processi, abbattere l’arretrato e razionalizzare i diversi modelli processuali. Una riforma di sistema, necessaria per rispettare gli impegni con l’Europa e andare incontro alle esigenze di cittadini e imprese.

Le innovazioni sono accompagnate da assunzioni di personale amministrativo (5mila unità programmate nel 2023), oltre al futuro ingresso di altri 8mila addetti dell’Ufficio per il processo, come stabilito nel Pnrr; tre nuovi concorsi in magistratura previsti per l’anno in corso (due dei quali anche con l’uso dei pc, per velocizzare le correzioni delle prove); un’accelerazione sulla digitalizzazione (oltre 200 i progetti destinati agli uffici giudiziari nei prossimi anni) e significativi investimenti sull’edilizia (326 al momento i cantieri aperti in tutt’Italia, per un investimento di oltre 50 milioni).

Dopo l’entrata in vigore già il 1 gennaio 2023 del rinvio pregiudiziale in Cassazione, della riforma del giudizio in Cassazione e delle modalità alternative di tenuta delle udienze civili, diventano ora operativi – tra l’altro – il nuovo rito ordinario; una valorizzazione delle forme di giustizia alternativa (mediazione, negoziazione assistita, arbitrato) il rito semplificato; una semplificazione per i giudizi in materia di lavoro; le modifiche sulla volontaria giurisdizione; il rito unico per i procedimenti di famiglia (con la possibilità di presentare domanda di separazione giudiziale e contestualmente di divorzio); le nuove competenze per i giudici di pace. Rimane invece al 2024 l’istituzione del Tribunale per le persone, i minorenni e per la famiglia.

“Una giustizia poco efficiente e non rispettosa del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi – ha più volte ricordato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio – costa all’Italia circa 1,5/2 punti di Pil”. Dal 2015 al 2022, tra indennizzi e spese previsti dalla legge Pinto (per i risarcimenti per l’eccessiva durata dei processi), lo Stato ha speso oltre 781 milioni di euro.”

Anche da questa comunicazione sembra evincersi che per mediazione, negoziazione assistita ed arbitrato la data di entrata in vigore è il 28 febbraio 2023.

E dunque sembrerebbe che alcune norme del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (quelle non espressamente indicate dall’art. 41 del decreto legislativo 10 ottobre n. 149) siano entrate in vigore il 28 febbraio 2023.

Stesso discorso vale per la negoziazione assistita: ciò che non è previsto espressamente dall’ultimo comma dell’art. 41 è entrato in vigore il 28 febbraio 2023.

Senza una modifica del decreto ministeriale 180/10 tuttavia potremo andare poco lontano anche al 30 giugno 2023 e di ciò è ben conscio anche il legislatore (v. il dossier parlamentare sulla finanziaria).

Inoltre si rileva che la legge si limita a sanzionare la mancata partecipazione senza giustificato motivo. Non vi sono invece sanzioni per chi affronta nell’aula di mediazione la condizione di procedibilità senza osservare le nuove indicazioni che entreranno in vigore al 30 di giugno 2023.

Nel testo qui sotto oltre alle considerazioni ministeriali, si sono lasciati comunque i riferimenti anche ai pareri che nei giorni scorsi sono stati forniti dal CNF, dal Sole24ore e dal dossier parlamentare di commento del comma 380 della finanziaria, che invece indicavano l’entrata in vigore delle norme non previste dall’art. 41 c. 1 al 28 febbraio 2023/1° marzo 2023.

Una modesta proposta

(Per il legislatore)

Nel 1729 quello che possiamo considerare il maggior genio dell’Età dei Lumi, Jonathan Swift, scrisse sull’orlo dell’insania mentale, un libello[1] in cui suggeriva ai poveri irlandesi di alleviare il loro misero stato vendendo centomila figli ai ricchi inglesi, i quali ne avrebbero potuto ricavare così, previa un breve periodo di sostentamento, cibo prelibato.

Swift prese posizione a favore della popolazione d’Irlanda oppressa e immiserita dagli inglesi fingendo di compiacersi della propria compassata proposta di soluzione economica del problema della povertà: vendere centomila bambini poveri nati ogni anno ai ricchi possidenti affinché questi li usino come cibo.

Anche il sottoscritto che non è certo un principe dell’Età dei Lumi e che invece è forse parimenti sull’orlo dell’insania mentale ardisce fare una proposta al legislatore italiano.

Se si legge con attenzione il futuro art. 8 c. 6 del Decreto 28/10 (“Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse”) e lo si  confronta con la definizione che viene data nel 2014 della negoziazione assistita (“Un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati”), si può notare che  quest’ultima va maggiormente al punto perché parla di “risolvere la controversia”.

Certo l’art. 5 c. 4 del Decreto 28/10 reciterà il 30 giugno 2023: “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione.”, ovvero si parla di conciliazione.

Ma se leggete bene l’8 c. 6 le parti (i loro avvocati) potrebbero limitarsi a discutere in diritto e in fatto delle questioni controversie e dunque semplicemente a definire meglio l’oggetto del futuro giudizio (“effettivo confronto sulle questioni controverse”) e poi comunicare al mediatore che non intendono conciliare, magari chiedendo di mettere a verbale quanto scaturito dall’incontro e vedendo peraltro regolarmente assolta la condizione di c.p.

Non è un caso dunque per me che la legge delega 206/21 al punto l preveda che “coloro che non abbiano conseguito una laurea nelle discipline giuridiche possano essere abilitati a svolgere l’attività di mediatore dopo aver conseguito un’adeguata formazione tramite specifici percorsi di approfondimento giuridico, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Questo modo di affrontare la mediazione non è certo nuovo: viene praticato in diversi paesi del mondo e della UE (in alcuni paesi addirittura c’è uno sconto sul c.u. se si arriva dal giudice con una questione meglio definita in fatto ed in diritto).

È  probabile che questa strategia verrà presa in considerazione anche dai nostri legali se il costo del primo incontro sarà basso per le parti.

Ma è questo ciò che vogliamo dalla mediazione? Ciò porterà comunque ad una deflazione del contenzioso?

Se approfondiamo questa riflessione possiamo verificare agevolmente che la relazione al decreto legislativo 149/22 non dice niente su che cosa voglia dire “cooperare in buona fede e con lealtà”.

Il che porta il mio primo sospetto ad una certezza.

Nel nostro ordinamento a suo tempo, per la negoziazione assistita si è tirato in ballo l’art. 1137 C.C. che richiama a sua volta il 1175 C.C.

E ci si è messi a discutere sulla responsabilità precontrattuale.

In sostanza si rispetterebbe il dettato della legge nel momento in cui si ottempera al dovere di informare la controparte: A) sulle circostanze rilevanti (invalidità o inefficacia di un futuro contratto), B) sui vizi della cosa oggetto del contratto, C) sulla inutilità della prestazione; quando non si induce la controparte a stipulare un contratto con inganno o a concludere un contratto pregiudizievole; quando si coopera perché il contratto sia efficace o comunque utile; quando non si interrompono le trattative senza una ragionevole giustificazione.

Mi chiedo se basti tutto ciò a perimetrare l’ambito ed il senso della mediazione cooperativa in buona fede e lealtà.

La mediazione viene dagli Stati Uniti e comunque da un mondo di common law dove vigono alcuni valori e le parole hanno un senso peculiare.

Se io importassi in Groenlandia la pasta al pesto la preparerei secondo le regole dove la pasta al pesto è nata.

Se invece semplicemente discuto in fatto ed in diritto e mi limito a rispettare l’art. 1137 C.c. e l’art. 1175 (la cui analisi è peraltro di pertinenza del giudice) faccio la pasta al pesto alla groenlandese.

Non credo, con tutto il rispetto per la cucina della Groenlandia, che soddisferò molti palati.

Cooperare in buona fede e lealtà nel paese dove la mediazione è nata ha un significato preciso che non si può ignorare se non si vuole snaturare l’istituto.

Cooperare significa seguire la dinamica della collaborazione (mantenere una relazione simmetrica) e adottare il metodo di Harvard per negoziare, non discutere semplicemente del fatto e del diritto seguendo le regole dell’art. 1137 C.C.

Certo il metodo del negoziato di princìpi si deve imparare e non viene alla mente per Grazia divina.

Buona fede poi ha nel mondo anglo sassone un significato ben preciso:“That being said, both parties must enter mediation with good faith, meaning that the parties have the sincere intention of trying to find a resolution in the dispute[2].”

Buona fede significa dunque avere la sincera intenzione di provare a trovare una soluzione per la disputa.

La lealtà la potremmo poi definire così: “Oftentimes, loyalty is the act of putting the needs or wants of others ahead of your own even when it is not ideal or convenient. On a personal level, loyalty is shown through trust, selfless acts, dedication to your relationship, and a supportive mindset[3]” (Spesso, la lealtà è l’atto di mettere i bisogni o i desideri degli altri davanti ai propri anche quando non è ideale o conveniente. A livello personale, la lealtà si manifesta attraverso la fiducia, gli atti disinteressati, la dedizione alla relazione e una mentalità solidale).

Quindi deduco che cooperare con buona fede e lealtà significhi usare un metodo di negoziazione cooperativo con l’intenzione sincera di risolvere la disputa e di considerare durante la procedura i desiderata degli altri anche quando per noi possono sembrare non ideali e convenienti.

E dunque ecco la mia insana proposta di modifica dell’art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.

Art. 1 (invariato)

 Definizioni

1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per: a) mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la  composizione  di   una controversia,  anche  con  formulazione  di  una  proposta   per   la risoluzione della stessa;

b) mediatore: la   persona   o   le   persone   fisiche   che, individualmente o collegialmente, svolgono  la  mediazione  rimanendo prive, in ogni caso,  del  potere  di  rendere  giudizi  o  decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo;

c) conciliazione: la composizione di una controversia  a  seguito dello svolgimento della mediazione;

d) cooperazione: utilizzo della dinamica collaborativa;

e) buona fede: sincera intenzione di provare a trovare una soluzione per la disputa;

f) lealtà: l’atto di mettere i bisogni o i desideri degli altri davanti ai propri anche quando non è ideale o conveniente. A livello personale, la lealtà si manifesta attraverso la fiducia, gli atti disinteressati, la dedizione alla relazione e una mentalità solidale;

d) organismo: l’ente pubblico o privato, presso il  quale  può svolgersi  il  procedimento  di  mediazione  ai  sensi  del  presente decreto;

e) registro: il registro degli organismi istituito con  decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 16  del  presente decreto, nonché, sino all’emanazione di tale  decreto,  il  registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222.

Ed ora potete farmi tranquillamente un TSO, tanto il modo in cui si farà mediazione dopo il 30 giugno 2023 non mi piacerà.                            


[1] “Una modesta proposta per impedire ai figli della povera popolazione d’Irlanda dal pesare sui propri genitori e sul Paese per consentire che essi siano di beneficio al pubblico”

[2] Good Faith in Mediation by MARIAN GRANDE November 11, 2020.

[3] https://www.calendar-uk.co.uk/faq/what-are-the-three-types-of-loyalty

Quando si vuole far fallire la mediazione

Chi mi conosce sa che non ho peli sulla lingua, non li ho mai avuti e per questo ho pagato e continuo a pagare diversi prezzi, a seconda della situazione.

Ma nella vita devi scegliere, se stare zitto in attesa di qualche beneficio o parlare sapendo già che ti costerà discredito, nella migliore delle ipotesi.

Io ho fatto la seconda scelta e parlo: si vede che sono masochista, ma non si può andare contro natura.

Da venti anni mi occupo di mediazione e come molti mediatori potrei raccontare mille esempi che giustifichino il titolo di questa nota.

Mi voglio però limitare ai tempi recenti, anzi ai tempi recentissimi.

Due parole sulla mediazione civile e commerciale.

Con la riforma Cartabia dal 30 giugno 2023 estenderanno la condizione di procedibilità ad ipotesi che non faranno superare lo 0,51%, ossia la percentuale di accordi in mediazione rispetto al contenzioso civile e commerciale di primo grado (dato 2020 del contenzioso che è quello conosciuto).

E non a caso la mediazione è tornata sperimentale.

Hanno pensato poi ad un meccanismo bizantino di pagamento degli Organismi che non tiene conto del modello della dinamica della collaborazione, modello noto come metodo Harvard che richiede anche cinque ore di tempo per dare risultati efficaci.

Così come nel 2013 avevano partorito il primo incontro senza tenere in alcun conto la psicologia dell’essere umano, solo perché si disse (ma io non ci credo visto che in Grecia invece il bavaglio alla Corte Suprema l’hanno messo senza tante storie) che poteva nuovamente arrivare la tagliola della Corte Costituzionale.

Oggi poi, sempre dal 30 giugno 2023, hanno stabilito un termine della mediazione (3 mesi + 3 mesi di proroga) che non sarà facile rispettare nella pratica per i plurimi motivi che tutti i mediatori praticanti conoscono bene; e nessuno sa che cosa possa accadere se venga sforato il termine (Agenzia delle Entrate magari faccelo sapere in anticipo, una volta tanto).

Hanno previsto una disciplina del gratuito patrocinio che rende più facile giocare al Superenalotto e vincere piuttosto che ottenere la liquidazione della parcella (lo stesso vale per la negoziazione assistita).

Non si sa quando arriverà la novella del d.m. 180/10 e si è commesso così di nuovo l’errore del 2010 (ma forse anche questa è una scelta e non un errore) quando si è fatta una legge sulla mediazione senza mediatori e formatori che avessero già una esperienza consolidata da progetti pilota (v. ciò che è accaduto al contrario e virtuosamente in Argentina).

Se devo mediare in modo nuovo per rispettare dei politici bizantinismi di pagamento, la disciplina della mia formazione non può arrivare a maggio o a giugno, a meno che appunto non si voglia far fallire il tutto.

Veniamo ora sinteticamente alla mediazione familiare.

Ci sono plurime critiche che si possono fare: ad es. il legislatore ha tirato fuori la Convenzione di Istanbul a capocchia, i tempi processuali non consentono di mediare, non si capisce perché abbiano fatto copia e incolla con la disciplina dei CTU per l’elenco dei mediatori familiari ecc.

Ma c’è una cosa che proprio non riesco a digerire perché con tutti i professori e le eminenze grigie che si sono confrontati, una sciocchezza così poteva essere partorita solo volendola, solo volendo appunto affondare l’istituto della mediazione familiare.

E pensare che basterebbe aggiungere un “non” all’art. 12-ter c. 1 Disp. att. c.p.c. per far partire davvero il sistema: ci pensi il legislatore, ha tempo sino al 30 giugno 2023 per farlo.

Come è noto l’art. 12-bis Disp. att. c.p.c. stabilisce che “Presso ogni tribunale è istituito un elenco di mediatori familiari.”.

La cosa dovrebbe partire dal 30 giugno 2023.

L’art. 12-ter prevede che “L’elenco è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un mediatore familiare, designato dalle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, che esercita la propria attività nel circondario del tribunale.”.

Gli artt. 12-ter e 12-quater stabiliscono poi quali compiti spettano ai componenti del Comitato (Vigilanza, possibili Procedimenti Disciplinari nei confronti degli iscritti nell’elenco e Decisione sulle domande di iscrizione). 

Contro ogni logica, e lo capirebbe anche un bambino (che non si perde nel centro di Bologna), hanno previsto, e lo rimarco, che il mediatore familiare, designato dalle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, eserciti la propria attività nel circondario del tribunale.

Ora se io sono chiamato a nominare mediatori e a vigilare su un elenco di persone e faccio parte del circondario del tribunale non posso per ragioni di opportunità autonominarmi nell’elenco e autovigilarmi (lo dice il buon senso anche se non c’è una norma che lo vieti): quindi se rispetto l’etica entro nel comitato e smetto di lavorare.

Secondo voi chi rinuncia a lavorare da mediatore familiare dopo aver studiato e praticato per diversi anni della sua vita?

Ma andiamo avanti.

Se invece mi autonomino e mi autovigilo perché non c’è altra scelta (e oggi non c’è scelta), può accadere che, essendo del circondario, conosca bene i mediatori (in certe regioni si contano sulle dita di una mano) e magari non sia portato a valutarli oggettivamente come dovrei.

Per queste ragioni il mediatore che fa parte del comitato non dovrebbe esercitare la propria attività nel circondario.

Se così fosse potrebbe iscriversi all’elenco di altro circondario e potrebbe lavorare lì con buona pace delle sue finanze; e allo stesso tempo, per amore della mediazione e la diffusione della sua cultura, svolgere le funzioni istituzionali richieste dal comitato in altro circondario con buona pace dell’etica e della oggettività.

Non c’è nemmeno bisogno di andare in loco, esiste la tecnologia come il legislatore non perde occasione di insegnarci.

Se vogliamo che la mediazione familiare parta e che il comitato possa operare seriamente e oggettivamente aggiungiamo dunque un “non” al primo comma dell’articolo 12-ter Disp. att. c.p.c.

Diversamente a me continuerà a restare fortemente il dubbio che ho espresso nel titolo.

Enneagramma e Genogramma a Morsasco

Il 12 settembre 2021 condurrò la prossima giornata di studi sull’Enneagramma e Genogramma nel grande giardino del castello di Morsasco, un maniero meraviglioso circondato dal suo borgo medievale che si trova a circa 9 km da Acqui Terme. Quel che mi ha sempre intrigato di questo luogo è la leggenda legata al capostipite della casata ovvero ad Aleramo. Si dice che si fosse innamorato e fosse ricambiato da Adelasia, figlia dell’imperatore Ottone I di Sassonia. Ma come dirlo all’Imperatore? Di sicuro avrebbe opposto un rifiuto. Fuggirono così nel territorio di Acqui Terme, lei su un cavallo bianco e lui su un cavallo rosso. Ma il destino fu imprevedibile perché al contrario Ottone perdonò i due amanti e concesse ad Aleramo tante terre quante egli fosse riuscito a percorrerne cavalcando senza sosta. Egli usò tre cavalli. Il territorio che egli percorse è il Monferrato: tale nome deriva appunto da mun (mattone) e da frà (ferrare), ovvero dai mattoni utilizzati per ferrare i tre cavalli che Aleramo cavalcò. Il numero 3 è la base fondamentale dell’Enneagramma per mille motivi.

La giornata sarà strutturata in due momenti: il primo, nella mattinata, in cui fornirò le nozioni fondamentali per la conoscenza dello strumento, utili per individuare il proprio enneatipo, ossia il proprio carattere tra i 9 possibili. L’individuazione è di fondamentale importanza poiché permette alle persone di riflettere sulla bontà o meno del loro modo di interagire con gli altri.

Il senso dello studio dell’Enneagramma è quello di smussare le parti negative della personalità che ci limitano o ci impediscono di vivere a pieno le nostre relazioni. Se conosciamo il nostro enneatipo peraltro possiamo approfondire anche quello degli altri con risultati proficui per la relazione.

Se ad esempio so che il mio partner è un enneatipo 1 so pure che conosce benissimo i suoi errori e che quindi non sarebbe opportuno da parte mia sottolinearli (lo manderei solo più in crisi), ma piuttosto che è meglio consolarlo o comunque elogiare i suoi pregi. So anche che potrebbe essere geloso di chi mi circonda, che non lo fa per cattiveria, ma perché si sente spesso inadeguato ed in realtà mi ama tanto; so pure che ha bisogno di tempo per eseguire un compito al meglio e che io devo concederglielo se voglio ottenere i risultati che mi soddisfino. E dunque la conoscenza dell’Enneagramma può aiutarmi a stare in armonia cogli altri.

Nel secondo momento, durante il pomeriggio, si approfondisce il Genogramma, un particolare tipo di albero genealogico formato da tre sole generazioni che consente alle persone di comprendere a quale enneatipo appartengano e quindi di “sentire” durante una breve ricostruzione delle loro relazioni in tenera età con la propria famiglia quali siano i propri valori, credenze e criteri.

Ognuno di noi porta sulle spalle uno zaino in cui ci sono tutta una serie di esperienze che senza saperlo continua a praticare anche dopo l’uscita dalla famiglia d’origine. Aprire lo zaino ci aiuta a rivalutare il nostro passato e a guardare il futuro con ottimismo. 

L’origine dell’Enneagramma è molto incerta, la si fa risalire talvolta agli antichi Veda, o ai Sumeri e pare che anche Omero, Pitagora e Platone lo conoscessero. Nel mondo occidentale venne diffuso nel ‘900 da Gurdjieff e  dal suo allievo Ouspensky; dagli anni ‘60 dal sociologo Oscar Ichazo e dagli anni ’80 dal suo allievo, lo psichiatra Claudio Naranjo.

Ah dimenticavo. Io sono Carlo Alberto Calcagno, un avvocato genovese che si occupa da vent’anni della risoluzione delle liti con metodi alternativi al giudizio, sia come mediatore che come formatore. Ho ricevuto incarichi in varie università italiane (Pavia, Genova e Roma) ed ho formato centinaia di mediatori italiani. Il mio lavoro ha risonanza nazionale grazie anche alla pubblicazione di sei volumi sulla materia, ma è conosciuto e apprezzato anche all’estero tanto che sono membro per l’Italia dell’International Mediation Council con sede a Parigi.

Il seminario è rivolto dunque a tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza della propria personalità e il loro modo di interagire in pubblico e in privato.

La giornata prevede la possibilità di una pausa pranzo nel giardino e la visita del castello (entrambe a metà del percorso) .

È necessario prenotare. Per ulteriori informazioni: tel.3343769833, castellodimorsasco@gmail.comwww.castellodimorsasco.it

Allego qui comunque il programma dettagliato della giornata e vi attendo numerosi.

Scellerato è chi si affida all’attuale processo

Ho letto due articoli del collega Iuri Maria Prado e sono rimasto basito.

Non posso farli passare sotto il mio silenzio e del resto non ho fiducia alcuna nella redazione di Libero per un diritto di replica.

Ne va della della mia scelta di vita e quando si tocca la vita delle persone non può che esserci una reazione: questa è la mia che posso sostenere se occorre dati alla mano in qualunque tribunale.

Uno degli articoli che stigmatizzo qui è del 15 aprile 2021 ed è intitolato <<E’ scellerato smaltire l’arretrato per affidare i processi al “mediatore”>>; l’altro è del 29 aprile 2021 ed è intitolato “I diritti del cittadino diventano teorici”.

Già i titoli sono tutto un programma: nemmeno nel 2010 quando la mediazione è stata introdotta ho letto tanta acredine contro l’istituto.

Peraltro non ne capisco nemmeno la ragione. A differenza dell’avv. Prado ho letto cose interessanti nel PNRR in merito all’ADR, ma quale sia la realtà in termini di provvedimenti legislativi non si sa.
Non si sa ad esempio come sia cambiato l’impianto del d.l. Bonafede nel testo licenziato dalla Commissione.
Ricordo che con i dati delle mediazioni 2020 quello sciagurato testo si porterebbe via 42.157 procedure.
Tanto per dare un’idea di che cosa significhi questo, nel 2018 le mediazioni europee conosciute sono state 166.307 (di cui 151.923 italiane) e gli accordi sono stati 23.567 (di cui 20.903 italiani).
Ancora nel parere della Commissione giustizia sul PNRR si parla solo della negoziazione assistita ed il Parlamento si è limitato per ora a riunire il d.l. Bonafede ad un altro sull’arbitrato forense.
E visto che è scaduto il termine per gli emendamenti e non si vedono nemmeno emendamenti, non capisco dove il collega abbia recepito le sue fonti per assumere che l’Italia affidi il processo alla mediazione (magari lo facesse!): non c’è niente di pubblico. Oppure ci sono giuristi in Italia che sanno e giuristi che non possono sapere?

Non comprendo in ogni caso come un avvocato come me possa avere una opinione così distante dalla mia sulla mediazione.

Non lo comprendo in primo luogo perché entrambi abbiamo studiato e studiamo la legge e sappiamo bene che l’istituto della mediazione è arrivato nel nostro paese per forte impulso di una Direttiva europea, la 52/08. Non è dunque nato come i funghi nel 2010 per uno sghiribizzo del Governo italiano.

Non solo, ma entrambi sappiamo bene che il processo dalle origini è sempre stato a carattere misto: il giudice ha sempre richiesto dalla XII tavole in poi un intervento del conciliatore (avo dell’attuale mediatore) o dell’arbitro.

Basta studiare un poco di diritto romano ed entrambi lo abbiamo studiato.

La Direttiva 52/08 precisa che vi debba essere equilibrio tra processo e mediazione e che la mediazione costituisce accesso alla giustizia. Non è nulla di nuovo sotto il sole perché già Giustiniano aveva la stessa opinione.

Semmai abbiamo sprecato molti secoli per inseguire la chimera processuale senza avere il consenso popolare, non certo per aver cercato la concordia.

Attualmente 26 su 27 paesi UE hanno aderito alla Direttiva.

In Europa esistono 83.000 mediatori che aiutano gli stati a deflazionare – spesso mettendoci del proprio –  il contenzioso e non sono delle persone qualunque.  Il mediatore è in Europa un soggetto laureato, iscritto nel registro dei mediatori, spesso certificato dal Ministero della Giustizia o da altre Istituzioni per conto del Ministero, che ha svolto un corso di base in mediazione di un certo numero di ore e che è assoggettato a formazione continua per un dato numero di ore o di eventi. Gli si chiede di rispettare un Codice deontologico e di avere esperienza professionale.

In alcuni stati si pretende anche la copertura assicurativa (Austria, Belgio, Danimarca, Italia per gli avvocati iscritti presso gli Organismi COA, Paesi Bassi, Spagna)

Più o meno tutti gli stati richiedono che il mediatore sia ineccepibile dal punto di vista comportamentale e morale.

In Italia il mediatore civile e commerciale – che peraltro in buona parte dei casi è avvocato – opera almeno dal 1993 anche se prima si chiamava conciliatore. Solo nel 2020 ha gestito oltre 125.000 controversie. Il tasso di successo è del 28,7% quando le parti decidono di sedersi intorno al tavolo e di mediare.

Da una analisi a campione risulta al Ministero della Giustizia che il tasso di successo sale al 46,7% se le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione
anche dopo il primo incontro introdotto con la L. 98/2013

La mediazione dura poche ore.

Quali sono invece i risultati del processo? Il collega descrive un processo che reca soddisfazione ai cittadini; mi domando in che foro lavori, non di sicuro nel mio.

Attualmente l’efficacia dell’applicazione della sentenza in Italia è dello 0,34 (su un massimo di 1; dato WJP). Sempre che la sentenza arrivi visto che per tre gradi di giudizio in materia civile e commerciale – e sono dati forniti dal nostro Governo all’Europa – nel 2018 ci sono voluti 7 anni e 21 giorni.

Crede l’esimio collega che un cittadino possa aspettare tanto per ottenere poi così poco? Io credo di no.

Peraltro solo in primo grado ci sono oltre 2 milioni di cause di primo grado (dato Cepej 2008) di cui non si occupa nessuno, perché i 7.037 giudici (il numero è lo stesso del 1907) non sono dei superuomini; qualcuno deve aiutarli e il mediatore aiuta a comporre le liti in tempi ridottissimi.

Il collega ci vuole raccontare che si doveva insistere su un processo che non dà risposte; non cita i dati economici che escludono la possibilità per l’Italia di incrementare la macchina processuale.

Noi abbiamo il peggior debito pubblico ante covid dopo la Grecia.

Lo stato stanzia già per la giustizia le maggiori somme tra i 27 dopo la Germania.

Su 5.776 milioni di euro che il Ministero ha utilizzato per la giustizia nel 2018, ben 3.916 sono già destinati allo stipendio dei magistrati e al personale delle cancellerie.

Il resto è destinato al pagamento dei giudici non togati, a pagare affitti e bollette dei tribunali, a far fronte ai gratuiti patrocini che con la pandemia sono diventati esponenziali visto lo stato di povertà dilagante.

Non ci sono soldi per aumentare le dotazioni del processo. E le cause civili e commerciali di minore entità tra l’altro aumentano anche perché il contributo unificato da noi è troppo basso.

Se non ci fosse la mediazione a tamponare in Italia saremmo tornati all’ordalia. Non si può che aumentarne la portata se si vuole salvare il paese.

Tutta la mia solidarietà al Ministro Cartabia.

Le spese di avvio della mediazione civile e commerciale

In queste ore si assiste ad offerte di alcuni organismi che pubblicizzano il deposito gratuito di mediazioni civili e commerciali. Ci chiediamo in questa breve nota se ciò sia lecito e legittimo alla luce della normativa vigente.

Il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 stabilisce all’art. 8 c. 1 che “1. All’atto della presentazione della  domanda  di  mediazione,  il responsabile dell’organismo designa un mediatore  e  fissa  il  primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito  della domanda. La domanda e la data  del  primo  incontro  sono  comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad  assicurarne  la  ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi,  fino  al  termine  della  procedura,  le  parti   devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti  la  funzione  e  le  modalità  di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati  a  esprimersi  sulla possibilità di iniziare la  procedura  di  mediazione  e,  nel  caso positivo,  procede  con  lo  svolgimento.  Nelle  controversie  che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può  nominare uno o più mediatori ausiliari.

Come si legge la norma ha introdotto nel 2013[1] un primo incontro di mediazione che potremmo definire di preparazione della mediazione stessa (non si svolge “attività di mediazione”).

All’esito di questo primo incontro ci sono due possibili sbocchi: 1) le parti decidono di iniziare la mediazione[2], 2) le parti non si accordano sull’inizio della mediazione ed il procedimento si conclude.

In ognuno dei casi il mediatore e l’Organismo svolgono questa attività preliminare a favore degli utenti.

Coerentemente con tale svolgimento del primo incontro nel nostro ordinamento si è prevista pertanto la remunerazione dell’Organismo di mediazione in capo agli utenti.

A ciò ha provveduto una modifica dell’art. 16 del decreto 18 ottobre 2010, n. 180 che è attualmente in vigore[3].

Esso prevede al suo secondo comma che “Per le spese di avvio, a valere sull’indennità complessiva, è dovuto da ciascuna parte per lo svolgimento del primo incontro un importo di euro 40,00 per le liti di valore fino a 250.000,00  euro e di euro 80,00 per quelle di valore superiore, oltre alle spese vive documentate che è versato dall’istante  al  momento  del  deposito della domanda di mediazione e dalla parte chiamata alla mediazione al momento della sua  adesione  al  procedimento. L’importo  è  dovuto anche in caso di mancato accordo.”

In altre parole chi voglia partecipare ad un primo incontro di mediazione deve versare all’organismo ove propone la domanda 40,00 oltre iva (48,80 €) per le liti di valore fino a 250.000  euro e di 80 € oltre iva (97,60 € ) per quelle che esorbitano i 250.000 €.

L’importo contenuto delle spese di avvio della mediazione garantisce quanto precisato dal Ministro Guardasigilli con Direttiva del ministro 5 novembre 2013:  “Si dovrà, infine, garantire che l’accesso al procedimento di mediazione si caratterizzi per il contenimento dei costi per i cittadini, profilo che appare oltremodo necessario nell’attuale difficile momento economico in cui versa il Paese. Non deve, infatti, accadere che la congiuntura economica comprometta l’accesso alla tutela giuridica dei diritti che costituisce, come noto, uno dei compiti primari dello Stato.”

In difetto gli Organismi non sarebbero in grado di collaborare con lo Stato a far accedere i cittadini alla tutela giuridica dei diritti.

Vi sono solo due eccezioni a questo principio: 1) quando il chiamato non partecipa al primo incontro non è tenuto secondo il Ministero della Giustizia a versare le spese di avvio[4] 2) non sono tenute al versamento la parte o le parti che possano godere del gratuito patrocinio.

ln ordine a quest’ultima ipotesi l’art. 17 c. 5 del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 prevede che: “Quando la  mediazione  è  condizione  di  procedibilità  della domanda ai sensi dell’articolo  5,  comma  1,  all’organismo  non  è dovuta alcuna indennità dalla parte che si  trova  nelle  condizioni per  l’ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  ai  sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto  del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A  tale  fine la  parte  è  tenuta  a  depositare  presso   l’organismo   apposita dichiarazione   sostitutiva   dell’atto   di   notorietà,   la   cui sottoscrizione  può  essere  autenticata  dal  medesimo   mediatore, nonché a produrre, a pena di  inammissibilità,  se  l’organismo  lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato”.

Perché scatti tale ultima ipotesi bisogna che la mediazione investa una delle materie per cui la mediazione è condizione di procedibilità[5], che si possa godere del gratuito patrocinio (essere titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro a  11.746,68 €[6]) e che si alleghi apposita dichiarazione  sostitutiva  dell’atto  di  notorietà ovvero la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato quando richiesta dall’Organismo.

E dunque questa ultima eccezione non vale per le mediazioni che siano volontarie.

La debenza delle somme di avvio della mediazione è stata ribadita dal Ministero con Circolare del 27 novembre 2013[7] ove si legge chiaramente che “Pertanto, considerata la diversa funzione delle due “voci” di cui si compone l’indennità di cui all’art. 16 del D.M. citato, e la diversa natura e funzione del ‘primo incontro’,  deve ritenersi che le spese di avvio del procedimento, determinate nella misura fissa di euro 40,00 (art. 16, comma 2) sono dovute al primo incontro, anche nel caso in cui all’esito dello stesso le parti non intendano procedere oltre nella mediazione. Le spese di avvio sono dovute da entrambe le parti: dalla parte invitante al momento del deposito della domanda di mediazione e dalla parte invitata al momento dell’adesione o della partecipazione al primo incontro preliminare”.

Lo stesso ragionamento vale per le spese vive che sono quelle voci di costo che solitamente gli organismi sostengono per preparare i dossier e corrispondere le spese postali per l’invio delle domande di mediazione ai chiamati in mediazione. In quanto documentate esse vanno versate in aggiunta alle spese di avvio quando l’Organismo le richiede.

La Circolare ministeriale del 27 novembre 2013 prevede, infatti, che “Per quanto riguarda invece le spese vive (diverse e ulteriori rispetto alle spese di avvio), si ribadisce il contenuto della circolare di questa direzione generale 20 dicembre 2011, secondo cui  le stesse dovranno essere corrisposte,  purché  documentate dall’organismo di mediazione.”

La debenza delle spese di avvio per la mediazione e delle spese vive è stata ribadita peraltro anche dal Consiglio di Stato, sez. IV, ordinanza 22/04/2015 n° 1694 ove si legge: “- quanto alle spese di avvio – le quali a tenore del censurato comma 2 dell’art. 16 comprendono, a loro volta, da un lato le “spese vive documentate” e dall’altro le spese generali sostenute dall’organismo di mediazione – queste ad avviso della Sezione effettivamente non appaiono prima facie riconducibili alla nozione di “compenso” di cui alla disposizione di fonte primaria dianzi citata; – quanto sopra, in particolare, è di palmare evidenza quanto alle spese vive documentate, ma vale anche per le residue spese di avvio, che sono quantificate in misura forfettaria e configurate quale onere connesso all’accesso a un servizio obbligatorio ex lege per tutti i consociati che intendano accedere alla giustizia in determinate materie, come confermato dal riconoscimento in capo alle parti, ex art. 20 del d.lgs. nr. 28/2010, di un credito di imposta commisurato all’entità della somma versata e dovuto – ancorché in misura ridotta – anche in caso di esito negativo del procedimento di mediazione (e, quindi, anche in ipotesi di esito negativo del primo incontro per il quale le spese di avvio sono dovute);”[8].

Alla luce di quanto sopra espresso si ritiene pertanto che l’attività di quegli organismi che in queste ore stanno pubblicizzando il deposito gratuito di domande di mediazione oltre ad essere una forma di concorrenza sleale nei confronti degli atri organismi, non possa concretare un comportamento lecito e legittimo.

A meno che ovviamente non sia lo Stato, vista la situazione economica, a farsi in qualche modo carico delle spese di avvio delle mediazioni, ma ciò deve avvenire a vantaggio di tutti gli Organismi di mediazione.


[1] Il DECRETO-LEGGE 21 giugno 2013, n. 69 (in SO n.50, relativo alla G.U. 21/06/2013, n.144) convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 (in S.O. n. 63, relativo alla G.U. 20/08/2013, n. 194) ha disposto (con l’art. 84, commi 1 lettera h) e 2) la modifica dell’art. 8, comma 1.

[2] Ovviamente qualora all’esito del primo incontro le parti intendano proseguire la mediazione ciascuna parte deve versare all’organismo di mediazione entro e non oltre l’incontro fissato per la prosecuzione le indennità nella misura di seguito indicata in relazione allo scaglione di riferimento.

[3] Il DECRETO 4 agosto 2014, n. 139 (in G.U. 23/09/2014, n.221) ha disposto (con l’art. 7, comma 1, lettere a) b) e c)) la modifica dell’art. 16, comma 2.

[4] Circolare 27 novembre 2013 – Entrata in vigore dell’art. 84 del d.l. 69/2013 come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, che modifica il d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti 27 novembre 2013 prot.168322

[5] 1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a  una controversia in materia  di  condominio,  diritti  reali,  divisione, successioni  ereditarie,  patti  di  famiglia,  locazione,  comodato, affitto   di   aziende,   risarcimento   del   danno   derivante   da responsabilità medica e sanitaria e da  diffamazione  con  il  mezzo della  stampa  o  con   altro   mezzo   di   pubblicità,   contratti assicurativi,   bancari   e   finanziari, è tenuto,  assistito dall’avvocato, preliminarmente  a  esperire   il   procedimento   di mediazione ai  sensi  del  presente  decreto  ovvero  i  procedimenti

previsti dal decreto legislativo  8  ottobre  2007,  n.  179,  e  dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico  delle  leggi  in materia bancaria e  creditizia  di  cui  al  decreto  legislativo  1° settembre  1993,  n.  385,  e  successive  modificazioni, ovvero  il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209,  per  le  materie  ivi  regolate.  L’esperimento  del procedimento di mediazione è  condizione  di procedibilità  della domanda giudiziale.

[6] Decreto del Ministero della Giustizia del 23 luglio 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio.

[7] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.page?facetNode_1=0_18&contentId=SDC971358&previsiousPage=mg_1_8

[8] https://www.organismoveronesemediazioneforense.it/index.php/component/content/article/9-articoli/news/78-ordinanza-n-1694-del-22-aprile-2015-il-consiglio-di-stato-sez-iv-ha-sospeso-la-sentenza-del-tar-lazio-n-1351-del-2015?Itemid=101

Il Consiglio di Stato con questa ordinanza ha sospeso l’esecutività della sentenza n. 1351/2015 del TAR Lazio con particolare riferimento alla questione dell’esclusione del rimborso delle spese di avvio del procedimento di mediazione, come sopra identificate (nelle due voci delle “spese vive documentate” e delle “spese generali sostenute dall’organismo di mediazione”).

Le strade e la conciliazione

“Ognuno che comprenda l’importanza del gravissimo problema dello sviluppo della viabilità in Italia, deve concorrere come sa e può per aiutarne la soluzione” (Devincenzi 18 febbraio 1872)

“Scuole e strade -istruzione e viabilità: ecco i due principali fattori della civiltà moderna. Senza scuole non si ha coltura generale; senza strade non vi è prosperità né materiale né morale: e fra popolazioni ignoranti e miserabili non può fare a meno di regnare sovrana la barbarie. Queste proposizioni sono di una evidenza talmente intuitiva che sarebbe fatica sprecata il darne una dimostrazione apodittica. Ma dall’essere universalmente sentiti i bisogni dell’istruzione e della viabilità, non ne viene che siano dalle popolazioni premurosamente ricercati e voluti i benefici. Ed è qui soprattutto che la legge adempie la sua più nobile missione, quella di comandare il bene a coloro stessi che ne devono profittare. Il nostro secolo andrà famoso per aver introdotto l’istruzione elementare obbligatoria e la viabilità comunale obbligatoria” (Lorenzo Scamuzzi, 1880).

Gli Ebrei già conoscevano la distinzione fra le grandi strade e le comunicazioni comunali. Presso di loro, le spese delle strade si sostenevano con le prestazioni in natura e con un’imposta speciale ragguagliata dal terzo al quarto del tributo fondiario. Un articolo delle loro leggi agrarie autorizzava il viaggiatore, che si trovasse impedito dal proseguire il cammino per il cattivo stato in cui si trovasse la strada, a passare sulle proprietà vicine[1].

Gli Ateniesi avevano un’amministrazione particolare per la viabilità, e vi facevano intervenire la religione. Le strade erano poste sotto la protezione di Mercurio, e lungo il cammino si vedevano delle statue di questo Nume quasi a guida dei viaggiatori. A Sparta, a Tebe, e in altri Stati dell’antica Grecia, la cura di provvedere alla viabilità era confidata ai personaggi più ragguardevoli per la loro posizione e per il loro carattere.

Pare che i selciati delle strade pubbliche le abbiano inventate invece i Cartaginesi[2].

I Romani seppero trarre profitto dall’esempio dato dai Cartaginesi. Cominciando dalla via Appia, sulla quale due carri potevano marciare di fronte, sino ai tempi delle ultime conquiste di Cesare, tutte le regioni del mondo sottomesse al dominio dei Romani furono solcate e coperte di strade lastricate.

Alla loro costruzione e manutenzione si impiegavano degli interi eserciti. Ogni municipio poi aveva dei funzionari preposti tali lavori, curatores viarum, incaricati non solo di rendere più solide e durevoli le strade, ma altresì di accrescerne la comodità e la bellezza: si videro quindi le colonne migliari per indicare le distanze, banchi destinati al riposo dei viaggiatori, pietre (suppedanea) per aiuto nel salire a cavallo, marciapiedi (margines), stazioni riservate ai fanti e ai viaggiatori, archi di trionfo, ecc.[3]

Queste strade facevano di Roma l’emporio del mondo. Il Senato fissava i lavori da farsi,  sceglieva i fondi col voto, e l’esecuzione era specialmente affidata ai Censori.

Nelle leggi delle Dodici Tavole, le strade si distinguevano in pubbliche e private. Le strade pubbliche avevano diversi nomi: regie, consolari, militari, se conducevano da città a città , o al mare, o ai porti dei fiumi navigabili, o ad altra strada militare; vicinali, quelle che conducevano ai villaggi, ai pascoli o ad altre proprietà comuni. Le strade private, denominate anche agrarie, servivano alla coltivazione delle terre.

Le strade dovevano avere la larghezza di otto piedi se scorrenti in linea retta (237,12 cm.) e del doppio (474 cm.) nelle curve. Ad imitazione della legge Ebraica, i viaggiatori che si fossero trovati su una strada impraticabile, avevano il diritto di passare a piedi o a cavallo sulle terre dei proprietari confinanti, a cui carico stava la manutenzione delle strade pubbliche.

La polizia delle strade pubbliche della città di Roma era affidata agli Edili  come delegati del Pretore; più tardi, sotto l’Impero, gli Edili furono surrogati dal Præfectus urbis, il quale aveva alle sue dipendenze quattordici curatores, cioè un curatore per ciascuno dei quattordici rioni della città, incaricati di accertare le contravvenzioni alla legge De ædilitio edicto[4].

Il medio evo non ha potuto essere propizio alla pubblica viabilità. L’Italia diventò un vasto campo di battaglia in cui indigeni e stranieri di ogni razza, vincitori e vinti, eserciti e popoli, rifecero le antiche strade militari dei Romani e ne costruirono delle nuove, ma senz’altro obbiettivo che quello di sopperire ai bisogni del momento; e le piccole repubbliche di Venezia, di Genova, di Amalfi ed altre, che seppero resistere all’urto delle invasioni barbariche, esercitarono essenzialmente per le vie di mare il commercio che in mezzo a tanto buio valse a renderle un dì così floride e potenti .

Giova però notare che appunto in pieno medioevo, e fra le spire del feudalismo, si organizzarono sotto varie denominazioni e forme le prestazioni in natura, le quali dovevano poi divenire in tutti i paesi d’Europa lo strumento più potente e il mezzo meno gravoso per creare e perfezionare la viabilità.

L’Inghilterra fu antesignana di una buona viabilità alle altre nazioni Europee. Sin dal XVI secolo e sino al 1835, ogni cittadino prestava quattro giornate all’anno di lavoro per mantenere le strade pubbliche di ciascuna parrocchia (Highways); e sotto il regno di Carlo II si aggiunsero le strade sostenute da pedaggi (Turnpike Trusts). Sono pur antichissime le mansioni degli Ispettori delle strade per ciascuna parrocchia, e la giurisdizione ei Giudici di pace della Contea in tutto ciò che si riferisce alle strade ed alla loro buona conservazione. Secondo le leggi di fine Ottocento, la costruzione di nuove strade, per cui si dovesse ricorrere alla espropriazione dei terreni, richiedeva una legge (bill) del Parlamento; ma in un paese dove l’iniziativa individuale è cosi potente, le espropriazioni si ottenevano per lo più con una conciliazione, ed allora tutto si combinava facilmente tra l’Ispettore, il Vestry (amministrazione della parrocchia che corrispondeva al nostro consiglio comunale) ed i Giudici di pace.

Alle spese si provvedeva colla tassa sulle strade, la quale pesava su tutti i proprietari assoggettati alla tassa dei poveri. Col consenso della maggioranza dei contribuenti coloro che hanno carri o cavalli potevano convertire la loro imposta in prestazioni d’opera ai prezzi di tariffa fissati dal Giudice di paçe. L’amministrazione delle strade a pedaggio era affidata ad una Commissione di cui i Giudici di pace della Contea furono membri di diritto. I conti delle une e delle altre strade (Highways- Turnpike Trusts) erano trasmessi ogni anno dal Cancelliere di pace, sotto pena di multe non lievi, al Ministero (Local government Board), che ne presentava gli estratti alle due Camere del Parlamento. Con questo regime l’Inghilterra si trovava alla fine dell’Ottocento in condizioni di viabilità simili a quelle francesi, ad avere cioè più di un chilometro e mezzo di strada rotabile per ogni chilometro quadrato del suo territorio .

In Francia, sin verso la fine dello XVIII secolo, le strade si costruirono e mantennero quasi esclusivamente colla corvée militare e feudale. Ma questa contribuzione, divenuta vessatoria per lo scopo e per il modo come veniva impiegata, dopo molte vicende, fu abolita con decreto reale del 27 giugno 1787. Il decreto consolare del 23 luglio 1802 non rinnovò la vecchia ed odiata corvée dei passati tempi, ma organizzò la prestazione in natura. In successive leggi si provvide alle strade di grande comunicazione (reali e dipartimentali); mancavano però le sanzioni per obbligare i Comuni alla costruzione delle strade vicinali[5] ed all’impiego in esse delle prestazioni in natura . A ciò riuscì la legge del 21 maggio 1836 con cui si costruirono cinquecento mila chilometri di strade (per oltre un terzo con prestazioni in natura).

In Italia la viabilità ebbe una forte spinta col famoso piano delle strade Lombarde del 13 febbraio 1877 e colla legge toscana del 23 maggio 1774. La dominazione francese contribuì non poco ad accrescere la nostra viabilità, soprattutto in Piemonte. Nonostante ciò, la viabilità comunale, che pur avrebbe dovuto costituire i nove decimi delle comunicazioni ordinarie, salvo poche eccezioni, rimaneva quasi tutta da creare (specie in Sicilia e Sardegna).

Il problema nel XIX secolo divenne di scottante attualità dal momento che era inutile costruire la ferrovia e i porti se poi non c’erano strade di collegamento con i comuni.

Grazie al lavoro incessante di Quintino Sella venne approvata la legge del 30 agosto 1868 che obbligava i comuni a costruire le strade (prima erano facoltative) all’interno del municipio e quelle di comunicazione intercomunale.

Ogni cittadino tra i 18 e i 60 anni doveva prestare 4 giorni di lavoro personale e dei suoi animali oppure doveva versare l’equivalente in denaro.

Del contenzioso in proposito si occupava il conciliatore che anche se doveva giudicare inappellabilmente, prima tentava la conciliazione e la controparte era sempre il Sindaco del Comune.

Siccome il verbale di conciliazione era tassato e la gente era povera come oggi, si facevano le conciliazioni orali: in pratica se il Sindaco era in difetto modificava il ruolo comunale in conciliazione e poi si faceva ratificare l’opera dal Consiglio comunale come se fosse una transazione.

In sostanza all’epoca la mediazione in ambito amministrativo era cosa ordinaria[6].

Trascrivo qui un facsimile del verbale che rappresenta molto bene cosa accadeva in quei tempi.

L’anno nel giorno del mese di

nell’Ufficio di conciliazione di

Davanti il signor Conciliatore           (oppure il Vice Conciliatore), assistito dal sottoscritto Cancelliere              ;

Presente il signor Sindaco di questo Comune.

Tra i reclami portati all’odierna udienza contro il ruolo delle prestazioni d’opere per la strada obbligatoria in costruzione, pubblicato all’Albo Pretorio dal dì           al dì         del corrente mese, sono i seguenti, sui quali si dà atto essersi ottenuto l’accordo delle parti.

1° Il signor A si dice gravato dal ruolo perché nella quotizzazione delle giornate d’operai a suo carico si è calcolato il di lui figlio Pietro, il quale si trova sotto le armi; ed il Sindaco, riconoscendo giusto il reclamo , aderisce di diffalcare quattro

giornate dal corrispondente articolo (S 31 ) .

2° 1 Rev. Sacerdoti B, G, D reclamano, tutti e tre, d’essere stati tassati di giornate di lavoro anche per la loro persona, mentre pel carattere del loro ministero e per le loro abitudini non sono certamente in grado di prestare un lavoro manuale sulle strade ; ma fattosi loro presente dal Conciliatore come la giurisprudenza sia ormai costante nel ritenere che qualsiasi professione, non esclusa quella degli Ecclesiastici, non vale per sé ad esimere dalla prestazione personale, salvo la facoltà di farsi sostituire o di riscattare l’imposta in denaro a ragione di tariffa, hanno dichiarato di desistere dal loro reclamo (S 30).

3º Il signor E lamenta, che nel calcolo delle sue prestazioni gli si è computato un figlio, il quale da più mesi non convive più con lui, ed un cavallo non atto al lavoro che si adopera esclusivamente per la fabbricazione delle paste. Scambiatesi tra le parti le occorrenti spiegazioni, si è convenuto che siano depennate le giornate di lavoro relative al figlio, salvo al Sindaco di farlo inscrivere qual capo di famiglia in ruolo supplementare, e che rimanga ferma la tassazione pel cavallo. (SS 33, 40 ).

4° La vedova F, ricordando il recente decesso del di lei marito, di cui essa è erede insieme ai suoi figli minorenni da lei rappresentati, chiede che venga annullato l’articolo di ruolo intestato allo stesso suo marito. Il signor Sindaco animette doversi cancellare le giornate di cui era stato quotato il defunto per la sua persona, convenendosi dalla signora F che del resto non può essere fatta variazione al predetto articolo (s 35) .

7° ecc.

Del tutto si è redatto il presente processo verbale, letto , confermato e sottoscritto dal signor Sindaco e dai reclamanti, meno dalla vedova F, la quale ha dichiarato di non saper scrivere.


[1] Tempore quo cænosæ nimis fuerint viæ pubblicæ , aut aquis impeditæ , fas esto viatoribus, viis relictis, in vicina loca se conferre, atque ibi transire, tametsi transierit in via quæ suos habet dominos. DALLOZ, Voirie par terre, 3.

[2] Primum Poni dicuntur lapidibus vias stravisse.

ISIDORO, Origini, lib. 15 , capo 16.

[3] Tito Livio, lib . XLI .

[4] Cfr. Jacobi Cujacii i.c. tolosatis opera ad parisiensem Fabrotianam editionem deligentissime exacta in tomos XIII. distributa auctiora atque emendatiora, Volume 3, Giachetti, 1837, p. 124.

[5] Ossia le nostre comunali.

[6] cfr.  LA VIABILITÀ OBBLIGATORIA E LA GIURISDIZIONE DEI CONCILIATORI SULLE PRESTAZIONI D’OPERA di Lorenzo Scamuzzi, Biella, Tipografia Litografia e Libreria G. Amosso, 1880.

Le leggi della mediazione in Europa

Senza pretesa di esaustività può essere di qualche interesse per la ricerca citare il numero dei provvedimenti più rilevanti con cui è disciplinata la materia nei singoli paesi[1].

Secondo una certa corrente di pensiero di matrice anglo-sassone la mediazione non dovrebbe essere imbrigliata dalle norme giuridiche e comunque le norme non dovrebbero mutare nel tempo, ma essere oggetto di sempre nuovi advisor, ossia di commenti in relazione all’evoluzione dello strumento nella pratica; ad esempio le norme federali sulla mediazione negli Stati Uniti hanno più di vent’anni ed è variato solo il commentario.

In quanto ai contenuti potremmo dire che sono i paesi dell’Est Europa i più inclini a dettagliare la fattispecie (ad esempio la Romania).

In Europa ci sono paesi invece che sono molto prolifici (Belgio, Francia, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania) e all’opposto paesi molto avari in materia (Danimarca e Irlanda del Nord).

Talvolta l’abbondanza dei provvedimenti è correlata ai vari settori del diritto ove la mediazione è stata disciplinata.

In alcuni paesi (ad esempio l’Italia) non vi sono praticamente indicazioni sulla disciplina della procedura[2] che è lasciata ai regolamenti dei singoli organismi.

Un numero esiguo di provvedimenti oltre che alla corrente di pensiero predetta, è talvolta connesso anche al fatto che della mediazione sono stati disciplinati solo gli aspetti transfrontalieri (ad es. nel Regno Unito[3]).

In alcuni stati ci sono norme distinte per la mediazione preventiva e quella di Corte, in altri vi è una disciplina generale per tutti i tipi di mediazione.

Il numero nutrito dei provvedimenti non è tuttavia sempre in correlazione con un alto e proficuo uso delle mediazioni e quindi con una più capillare conoscenza dell’istituto.

La Danimarca che ha dato poco spazio alla legge anche in materia di formazione della mediazione risulta avere uno dei sistemi più efficienti, mentre la Romania che ha una legislazione cospicua è anche molto interessante per lo studioso della materia, non ha nel tempo visto un numero cospicuo di procedure (la buona volontà del legislatore è in Romania come in Grecia e precedentemente in Italia, stata frustrata da interventi delle rispettive Corte Costituzionali).

Quello che si può ancora notare è comunque una scarsa omogeneità delle disposizioni specie in relazione alla formazione del mediatore, ma pure con riguardo alla mediazione giudiziaria, in merito alle materie che in mediazione possono essere affrontate, all’esecutività degli accordi di mediazione, ai gestori statali o meno delle regole anche etiche.

Anche con riferimento ai registri nazionali che riguardano mediatori e le organizzazioni della mediazione, possiamo affermare con tranquillità che non ce n’è uno uguale all’altro.

Tabella – Numero dei provvedimenti più rilevanti in materia di mediazione nei paesi UE

1Francia44
2Romania26
3Portogallo22
4Italia20
  5Belgio Polonia16
  6Finlandia Germania Irlanda Paesi Bassi Ungheria15
7Lituania14
8Svezia13
9Austria Lussemburgo12
  10Croazia Spagna11
11Bulgaria Inghilterra e Galles Scozia9
12Malta8
13Slovacchia Slovenia7
  14Estonia Grecia Lettonia6
15Repubblica Ceca5
16Cipro Danimarca4
17Irlanda del Nord2
 Totale373

Passiamo ora in allegato alla citazione di ogni provvedimento di legge o di regolamento noto[4] che abbia a che fare con la mediazione (in nota ho inserito anche la traduzione in lingua italiana di ogni provvedimento).

Si farà riferimento anche alla Gran Bretagna anche se vi è stata come è noto la Brexit ed ora i paesi di area UE sono 27.


[1] Sono esclusi i provvedimenti attuativi regolamentari dell’ADR del consumo.

[2] A parte l’art. 8 c. 3 del Decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28: “3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”.

[3] Ad esclusione della Scozia

[4] Anche sentenze delle Corti costituzionali.

Una breve nota sul Contratto per il governo del cambiamento e gli strumenti negoziali

 

Nell’ultima bozza datata 17 maggio ore 11 del “Contratto per il governo del cambiamento” si legge a pagina 15:

“Si propone di rendere alternative tra loro (e non entrambe esperibili), anche se obbligatorie, la mediazione e la negoziazione assistita per tutte le materie e, nel caso la richiesta di esperimento della mediazione avvenga da parte del giudice a causa già iniziata (c.d. mediazione delegata), che questa possa avvenire solo su richiesta concorde delle parti e non sia dunque obbligatoria. Diversamente, per le questioni in cui sono coinvolti figli minorenni, si ritiene necessaria l’obbligatorietà della mediazione civile”.

Un primo facile rilievo a questo programma riguarda la generica estensione a tutte le materie.

È noto che allo stato attuale in Italia la mediazione civile e commerciale e la negoziazione assistita possono venire in campo soltanto qualora la controversia verta su diritti disponibili[1]. E dunque coerenza normativa vorrebbe perlomeno di inserire l’inciso “su diritti disponibili”.

L’estensione a tutte le materie della negozialità, che con le opportune cautele, non sarebbe per la verità un male, sembrerebbe poi allo scrivente di ispirazione transalpina, ma, se così è, bisogna evidenziare che in Francia i mezzi alternativi riguardano in genere diritti disponibili. Quando sono in ballo materie come la separazione, il divorzio od il lavoro, c’è sempre e comunque un controllo giudiziale (omologazione) se non un procedimento giudiziale nel quale la volontà delle parti viene vagliata dal giudice.

L’alternatività delle misure come prevista dal Contratto, è sempre prevista in Francia, ma qui non esiste la condizione di procedibilità. Viene fatta salva la volontarietà di tutti i tipi di tentativi di componimento (non solo della mediazione civile e della negoziazione assistita), e si stabilisce che se le parti non hanno provato a comporre la controversia, non ci sono sanzioni: è il giudice che semplicemente suggerisce un percorso mediatorio o conciliatorio.

L’Italia ha scelto invece la obbligatorietà e dunque non si capisce perché ora si debba seguire la logica di applicare distorcendolo un meccanismo che è nato, in base ad un ragionamento politico, per far salva la volontarietà e l’autonomia dei privati e nello stesso tempo non recare fastidio agli avvocati.

Peraltro gli stessi Francesi ritengono che la loro sia una disciplina inefficace, tanto che ad esempio in un buon settore del lavoro pubblico è ora previsto un mezzo alternativo, addirittura a pena di inammissibilità dell’azione.

L’Italia in altre parole ha scelto di affrontare con la mediazione civile 200.000 controversie all’anno, in Francia se va bene se ne affrontano 20.000: non si comprende perché Lega e 5 Stelle vogliano annullare in un solo colpo il cammino fatto sin qui dal nostro paese.

Stabilire poi l’alternatività delle due misure avrebbe delle ricadute pesantissime, non solo sulla deflazione del contenzioso, ma anche sugli organismi privati.

La negoziazione assistita in Italia non ha preso campo se non in materia di famiglia (ma forse nemmeno), così come è avvenuto del resto in Francia.

Avrebbe come unico effetto quello di far chiudere in un lampo tutti gli organismi privati che sono già peraltro con l’acqua alla gola.

I due strumenti, mediazione e negoziazione assistita, non implicano, infatti, le stesse ricadute in termini di tempo e denaro.

La negoziazione assistita al legale costa in sostanza solo il tempo ed il denaro dell’invio di una raccomandata; la mediazione comporta invece il versamento delle spese d’avvio.

Nell’ipotesi in cui il legale si trovi semplicemente a voler adempiere la condizione di procedibilità, non c’è dunque partita tra i due strumenti.

Per la mediazione ci sarebbe una caduta verticale dell’utilizzo. Resterebbero in piedi soltanto gli organismi degli avvocati presso i Tribunali perché questi si fregiano di locali messi a disposizione dal Presidente del tribunale e comunque i loro dipendenti vengono già pagati per altre mansioni.

Questo è dunque lo scenario che Lega e 5 Stelle intendono auspicare, la rovina di molte famiglie che si sono messe in buona fede a disposizione dello Stato e l’esplosione del contenzioso giudiziale.

La stessa previsione della mediazione delegata volontaria interrompe un processo virtuoso del nostro paese.

Non si comprende poi perché negoziazione assistita e mediazione non possano anche cumularsi volontariamente: forse si vuole imporre a tutti i costi il giudizio e non tenere in nessun conto l’autonomia privata?

Nel contratto si legge ancora che per le questioni in cui sono coinvolti figli minorenni, “si ritiene necessaria l’obbligatorietà della mediazione civile”: personalmente preferirei che continuasse ad essere necessario il giudice; nella mia esperienza di mediatore ho visto troppe coppie che trincerandosi dietro alla materia (diritto reale, divisione etc,) mi sono venute davanti in casi in cui erano coinvolti minori di 14 anni! Senza contare che il mediatore civile e commerciale non ha gli strumenti né la conoscenza per occuparsi delle questioni familiari. Semmai dovrebbe proporsi la mediazione familiare sotto al controllo del giudice.

Ancora una parola sulla mediazione familiare, visto che l’ho evocata: da mediatore familiare potrebbe anche andarmi bene la previsione dell’obbligatorietà. Ma potrebbe rilevarsi anche un boomerang per i miei clienti che “obbligati a dover prendere coscienza di essere genitori”, potrebbero vedere l’istituto come una formalità da assolvere e non come la grande opportunità che è.

Nei paesi ove si è resa obbligatoria la mediazione familiare, generalmente ci si è riferiti solo all’obbligo di un incontro informativo, e non alla mediazione propriamente detta.

[1] Art. 2 decreto legislativo 28 del 4 marzo 2010 n. 28

Controversie oggetto di mediazione

Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.

Art. 2 TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 132

b) l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili o vertere in materia di lavoro.

L’Enneagramma

Che cosa significa Enneagramma?

La parola deriva dal greco: ennea (nove) e gramma (segno)

Come lo conosciamo nel suo aspetto odierno?

Lo conosciamo grazie a Gurdjieff, un armeno che parlava 26 lingue (1872-1949).
Si diffonde dopo la morte di G. tramite Ouspensky, un suo allievo, Ichazo e l’allievo di quest’ultimo lo psichiatra Naranjo
Gurdjeff ci dice di aver conosciuto l’Enneagramma negli anni Venti in Afghanistan durante una sua visita a un monastero Sufi Naqshbandi. Lo stesso ci dice Ichazo (1964).
La provenienza è pertanto religiosa. I coltivatori attuali dell’Enneagramma in questo ambito sono i Gesuiti

Le idee sono molto antiche

Omero parla già di 9 caratteri nell’Odissea e li descrive
Per alcuno se ne occupò anche Pitagora: era la nona figura geometrica delle 10 della scuola pitagorica
Arriva nel cenacolo platonico ed è Platone a trovare una connessione tra numeri ed idee
Teofrasto descrive qualcosa di simile ne «I Caratteri»
La cabala ebraica prevede un disegno simile (Albero della vita)
Vi è un’idea dell’E. anche in Plotino.

Che cosa è in concreto l’Enneagramma?

È un antichissimo sistema che individua in 9 numeri gli enneatipi (ossia i caratteri) a cui un/a uomo/donna può appartenere

Perché ci serve?

La comprensione del carattere a cui apparteniamo può aiutarci ed eliminare quei comportamenti che ci limitano e conseguentemente a evolverci.
Per i professionisti (di qualsiasi genere) è importante intuire il carattere del cliente per metterlo a suo agio e dunque realizzare una comunicazione che sia in grado di aiutarlo.

La filosofia dell’Enneagramma

Gurdjieff scrive:

“Il risveglio di un uomo ha inizio nell’istante in cui si rende conto che non va da nessuna parte e che non sa dove andare…
….Altrettanto può dirsi dell’idea del bene e del male, la cui esistenza è legata ad uno scopo permanente, ad una direzione permanente, e a un centro di gravità permanente”.

Per capire dove andare, quale è il nostro scopo e sapere ciò che è male e ciò che è bene, dobbiamo dunque risvegliarci dal sogno in cui siamo immersi. E prendere consapevolezza di ciò che siamo

L’Enneagramma è uno strumento che serve a capire che cosa siamo, a trovare in primo luogo un centro di gravità permanente (come cantava Battiato, grande studioso dell’Enneagramma e dell’Oriente).

Per Gurdijeff i centri di gravità permanenti sono tre: intelletto, emotività ed istinto.

Primo passo è dunque quello di capire se abbiamo dedicato la nostra vita soprattutto a pensare, ad essere amati oppure ad agire.

Una volta scoperto a quale centro di gravità apparteniamo ci sono tre caratteri (enneatipi) che fanno capo ad ogni centro.

Se amo più che altro pensare posso essere un 5 o un 6 o un 7
Se preferisco agire posso essere un 8 o un 9 o un 1
Se mi piace soprattutto essere amato dagli altri sono un 2 o un 3 o un 4

Ogni numero (enneatipo) interpreta una passione specifica.

Ad es. l’1 la perfezione, il 3 il successo, l’8 il potere ecc.

Gurdjieff chiamava queste passioni “ammortizzatori” perché ci aiutano ad affrontare la vita.

Ma perché individuarli? Per cercare di superarli.

Gli ammortizzatori ci fanno sopravvivere, ma limitano la nostra possibilità di crescere e di recuperare quella che è la nostra essenza, essenza che abbandoniamo sempre di più alimentando la corazza con cui ci circondiamo.

Approfondire l’Enneagramma ci consente di “risvegliarci”, di liberarci dalle passioni che ci limitano.

Cristo nel suo percorso terreno è stato l’unico uomo che ha posseduto tutti e tre i centri di gravità, ma nello stesso tempo era libero dalle passioni, dagli ammortizzatori che limitano noi.

La mediazione familiare: Bulgaria

La Bulgaria ha una tradizione almeno secolare di componimenti bonari.

A Plovdiv[1], la seconda città della Bulgaria dopo Sofia, tra il 1880 e il 1930 i più nobili, autorevoli e rispettati cittadini mediavano le dispute tra concittadini.

Erano chiamati “intercessori” e praticavano la mediazione (медиацията) negli uffici che si trovano sulla strada principale della città[2].

L’accordo è così importante per i bulgari che le parti hanno a disposizione un mese dalla pubblicazione di una sentenza per comporre bonariamente la vertenza che li oppone (con il limite del buon costume e del rispetto della legge); in caso di intesa il tribunale annulla su richiesta la sua decisione[3].

Sempre più persone cercano anche oggi di comporre le loro controversie con la procedura negoziata. Ciò accade per le questioni civili ma soprattutto con riferimento alle questioni familiari, specie per iniziativa del Tribunale della città di Sofia ove la mediazione è gratuita.

Il tempo medio necessario per la mediazione è di un mese, mentre quello per un giudizio di primo grado è di un anno: e dunque in Bulgaria c’è un notevole risparmio di tempo rispetto ad un giudizio ordinario[4]. Dal 2000 si è iniziato nel Paese a formare dei mediatori[5] anche se solo nel 2004 è stata varata una legge[6] sulla mediazione che è poi stata emendata nel 2006 e nel 2011[7] per far fronte al disposto della Direttiva 52/08[8].

In generale vi è un unico limite alla mediazione: non ha luogo solo se la legge od un regolamento prevedono un’altra modalità per raggiungere un accordo[9].

La procedura è soggetta ai principi di riservatezza, di uguaglianza, di neutralità e d’imparzialità del mediatore[10].

La mediazione è poi condotta anche nei casi previsti dal codice di procedura penale (НАКАЗАТЕЛНО-ПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС)[11]. L’art. 24 del C.p.p. stabilisce che se le parti hanno raggiunto un accordo transattivo il procedimento penale si chiude[12]; all’ultimo comma si aggiunge che nel caso di reato perseguibile a richiesta della persona offesa, l’azione penale termina qualora reo e vittima si siano riconciliati, a meno che il reo non abbia adempiuto l’accordo senza una buona ragione[13].

Anche il Codice di procedura civile (ГРАЖДАНСКИ ПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС)[14] ricomprende la possibilità di partecipare ad una mediazione.

Una modifica al Codice di procedura civile entrata in vigore il 1° marzo del 2008 prevede che le controversie civili e commerciali di competenza del Tribunale possano portarsi in mediazione giudiziale preventiva.

La norma è stata emanata dopo un lungo percorso: nel 2005 abbiamo avuto in Bulgaria il primo programma di judicial mediation ad opera della Tribunale regionale di Sofia.

Nel 2007 tre giudici del predetto tribunale hanno deciso di operare in proprio come mediatori.

Ma i risultati sono stati modesti perché non avevano una sufficiente competenza.

Così in coincidenza con la nuova formulazione normativa del 2008 il sistema giudiziario bulgaro si è affidato agli esperti della scuola di Harvard e nel 2009 ci sono stati 12 giudici che hanno partecipato ad un corso di 32 ore; il risultato di ciò è stato che sono partiti 11 programmi di mediazione in cui ogni giudice si metteva disposizione come mediatore per un giorno alla settimana; ai giudici col tempo si sono affiancati mediatori volontari[15].

In oggi i giudici possono informare le parti della possibilità di partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione bonaria dei conflitti[16].

Così accade anche in sede di procedimento di divorzio ove il giudice alla prima udienza con comparizione personale obbligatoria è tenuto in prima battuta a provare la conciliazione; se la conciliazione fallisce è tenuto a “spingere le parti” verso la mediazione[17]; se le parti convengono di avviare la mediazione o ad altri mezzi di composizione amichevole della controversia, il processo è sospeso.

Ciascuna delle parti può chiedere la riapertura del procedimento entro sei mesi. Se tale richiesta non viene effettuata, il caso è chiuso.

Se è raggiunto un accordo, in base al contenuto, può accadere che il procedimento termini o che prosegua nelle forme del divorzio per mutuo consenso.

Se le parti non hanno convenuto di partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione amichevole, l’udienza prosegue.[18]

Ancora in materia di controversie commerciali il giudice informa le parti che possono partecipare ad una mediazione o ad altri mezzi di composizione bonaria dei conflitti[19].

L’art. 234 c. 1 e 3 del Codice di procedura civile bulgaro prevede oggi che l’accordo extragiudiziale sia omologato dal giudice se non è contrario al diritto e alla morale e che abbia il valore di una transazione giudiziaria[20].

Tale recente modifica normativa è assai utile dal momento che le transazioni giudiziarie su diritti disponibili hanno in Bulgaria la forza di una sentenza passata in giudicato ossia di una decisione definitiva che non è soggetta a ricorso davanti a un tribunale superiore[21].

Si aggiunga che gli avvocati bulgari hanno una certa dimestichezza con la materia degli ADR.

Sin dal 2005 il codice etico degli avvocati bulgari si occupa di ADR.

L’art. 18 (Mezzi alternativi di risoluzione delle controversie. Gratuito patrocinio) prevede che: “(1) L’avvocato cerca di pervenire ad una risoluzione efficace della controversia per il suo cliente. L’avvocato informa e assiste i propri clienti sulla opportunità di utilizzare una mediazione, una transazione, una conciliazione e/o altri mezzi alternativi disponibili di risoluzione delle controversie. (2) Nei casi in cui il cliente abbia il diritto all’assistenza legale o ad altre forme compatibili è tenuto a informarlo di queste opportunità[22].

La cultura negoziale è radicata anche per i rapporti con la Pubblica Amministrazione come recita il Codice amministrativo (АДМИНИСТРАТИВНОПРОЦЕСУАЛЕН КОДЕКС) all’art. 20: “Art. 20. (1) Nei procedimenti dinanzi alle autorità amministrative le parti possono stipulare un accordo, se ciò non è contrario alla legge. (omissis) (8) L’accordo sostituisce l’atto amministrativo[23]. L’accordo può intervenire prima che l’atto amministrativo sia emanato, in sede di impugnazione e davanti al giudice amministrativo (art. 178)

Se scendiamo in maggiore dettaglio possiamo ricordare che in Bulgaria la mediazione è una procedura volontaria e riservata per la risoluzione alternativa delle controversie in cui un mediatore terzo assiste le parti in causa nel raggiungere un accordo[24].

La mediazione non è dunque mai condizione di procedibilità[25].

In materia di consumo si aggiunge che “la riluttanza a partecipare al procedimento di mediazione non può portare a conseguenze negative”.

L’ambito in cui la procedura risulta esperibile è quello civile, commerciale, del lavoro, della famiglia[26] e delle controversie legate ai diritti dei consumatori[27] e pure di altre controversie tra gli individui e/o le persone giuridiche, anche in ambito transfrontaliero[28].

Al di là del tenore esplicito della norma la mediazione viene utilizzata anche per il diritto scolastico, per le pratiche d’intermediazione finanziaria, per le controversie collettive di lavoro e nelle questioni sanitarie.

Degno di rilievo in materia è in primo luogo il regolamento attuativo della legge sulla mediazione, l’ordinanza del 15 marzo 2007 n. 2[29] che si occupa dei termini e delle condizioni per il riconoscimento delle organizzazioni che formano i mediatori, dei programmi di formazione dei mediatori, del loro codice etico e delle regole di procedura ed infine dei termini e delle condizioni per l’accesso, l’uscita e la cancellazione dei mediatori dal Registro unico dei Mediatori.

La domanda di mediazione è presentata da una o da entrambe le parti della controversia a un mediatore, e contiene:

  1. I nomi delle parti;
  2. l’indirizzo, il telefono, il fax;
  3. una breve descrizione della controversia[30].

Quando i mediatori sono associati la proposta di mediazione deve essere presentata all’associazione[31].

Non esiste dunque un obbligo di appartenenza ad un organismo che eroghi mediazione.

Le parti hanno pari opportunità di partecipare alla procedura di mediazione[32].

Possono ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento se lo desiderano[33].

L’ordinanza 2/2007 specifica al proposito che il mediatore si impegna a mediare tra le parti in causa a condizione che possa mantenere la sua imparzialità[34].

Durante la procedura egli non dovrebbe mostrare pregiudizio o preconcetto basato sulle qualità personale delle parti o sul loro passato che viene presentato in mediazione[35].

La mediazione avviene all’interno di una o più riunioni[36].

Sono previsti incontri di concerto con ciascuna delle parti nel tempo che ritengono più comodo[37].

Il mediatore informa le parti circa la natura della mediazione e i suoi effetti, all’inizio del primo incontro[38].

Nel presentarsi rivela alle parti eventuali circostanze che possono portare ad un conflitto di interessi[39].

Il mediatore chiede alle parti di prestare consenso orale o scritto a partecipare alla mediazione dopo essersi accertato che hanno compreso la natura e le conseguenze della mediazione[40].

Nella mediazione del consumo vengono messi a fuoco anche i principi di correttezza e trasparenza[41], di legalità[42] e di efficacia od effettività[43].

Ogni mediazione è disciplinata unicamente dallo scambio dei consensi tra le parti[44].

Il mediatore avvia il processo di mediazione, una volta che le parti hanno concordato le condizioni per il pagamento del suo lavoro[45].

Interessante è che la legge disponga che il compenso non può essere commisurato al risultato raggiunto[46]: non si può in altre parole stipulare una specie di patto di quota lite.

Il mediatore crea un ambiente favorevole per la comunicazione libera delle parti in causa in modo che possano migliorare la loro relazione e raggiungere un accordo[47].

Il mediatore mette le parti nelle condizioni di raggiungere un comune accordo e di comprenderne le disposizioni[48].

L’ordinanza aggiunge al proposito che il mediatore deve promuovere attività che possano informare circa la reale portata della procedura di mediazione[49].

Il mediatore non può fornire consulenza legale, ma assiste solo le parti nel raggiungere un accordo reciprocamente accettabile[50].

Il mediatore rispetta il parere di ciascuna delle parti della controversia e esige il rispetto da loro[51].

Il mediatore può terminare la mediazione, se proprio l’apprezzamento del caso e l’etica suggeriscono che la mediazione non procede in modo legale ed etico[52].

Sempre in materia di consumo viene descritta in dettaglio la prima riunione congiunta anche se ovviamente alcuni elementi valgono anche per le atre forme di mediazione: il mediatore porge il benvenuto ai partecipanti e specifica le regole di procedura, e quindi fornisce alle parti la possibilità di esporre i diversi punti di vista sul conflitto. Scopo di questo primo incontro è quello di introdurre i partecipanti alla procedura per raccogliere informazioni, individuare i problemi e iniziare a generare possibili soluzioni. L’obiettivo principale del mediatore è quello di realizzare un dialogo costruttivo tra le parti. Il mediatore deve garantire il tono pacifico della riunione e guidare le parti ad esporre le opinioni in modo giustificato. Il mediatore preliminarmente comunica alle parti che il suo compito è quello di facilitare il dialogo tra loro per ottenere una risoluzione volontaria del conflitto sulla base di reciproche concessioni; aggiunge inoltre che non sostiene alcuna delle parti, che ciascuna delle parti è responsabile per un eventuale l’accordo e che al contrario il mediatore non può ritenersi responsabile per il suo contenuto; infine precisa che se lo si desidera, qualsiasi parte può consultarsi con gli esperti sia in merito alla definizione della procedura che alla possibilità di impegno in essa.

Sulle sessioni separate il regolamento del consumo così si esprime: il mediatore ha la facoltà, a sua discrezione, di tenere riunioni con ciascuna parte separatamente. Lo scopo di questi incontri è quello di chiarire le posizioni di ciascuna parte e di ottenere maggiori informazioni che potrebbero essere utili per il conseguimento dell’oggetto del procedimento, e di esaminare se talune conclusioni della controversia siano o meno accettabili.

E con riferimento alla congiunta finale: il mediatore promuove la composizione amichevole della controversia di comune accordo tra le parti interessate. Se le parti sono d’accordo redige una ricognizione di accordo e la presenta alle parti per la firma. Il mediatore firma solo il documento originale. Una copia autentica dell’accordo può essere emessa su richiesta. Il mediatore informa i partecipanti che, se una parte non adempia agli obblighi derivanti dal contratto, l’altra parte può rivolgersi al tribunale.

Sempre in materia di consumo il mediatore può, a sua discrezione o su richiesta di una delle parti, a condizione che l’altra parte non si opponga, tenere alcune o tutte le riunioni in remoto utilizzando un mezzo di comunicazione a distanza.

Le discussioni in relazione alla controversia sono confidenziali. I partecipanti in mediazione sono tenuti a mantenere il segreto su tutte le circostanze, fatti e documenti che sono diventati notori durante la procedura[53].

Il mediatore non può essere chiamato come testimone sulle circostanze per cui gode della fiducia delle parti che siano rilevanti per risolvere la controversia oggetto della mediazione, se non con il consenso espresso della parte che ne ha fiducia[54].

La testimonianza è consentita nei casi in cui:

  1. È necessaria per esigenze del processo penale[55] o per la tutela dell’ordine pubblico;
  2. si deve garantire la tutela degli interessi dei bambini o è necessario scongiurare un danno all’integrità fisica o mentale di una persona, o 3. la divulgazione dell’accordo raggiunto a seguito della mediazione, è necessaria per attuare e applicare tale accordo[56].

In caso di interruzione della mediazione il mediatore non va esente dall’obbligo di mantenere il segreto relativamente alla sua attività di mediazione[57].

Interessante è quanto previsto dal regolamento del consumo in ordine alle richieste e proposte che le parti possono scambiarsi: il mediatore deve richiedere alle parti di formulare chiaramente le loro richieste e proposte. Deve astenersi da stime e pareri su tali richieste e proposte. Nel caso in cui una richiesta o una proposta sia contraria alla legge, il mediatore ne informa le parti e specifica che un accordo sul punto sarebbe nullo.

L’accordo vincola soltanto le parti.

In Bulgaria esiste un registro unificato[58] per i mediatori: coloro che vi sono iscritti possiedono una certificazione di qualità ed il solo fatto dell’iscrizione implica la riservatezza degli operatori[59].

Il registro ministeriale contiene una lista di 1.865 mediatori[60] ed è pubblicato online[61].

Sia l’iscrizione dei mediatori, sia quella degli enti di formazione avviene online.

I mediatori pagano una tassa di iscrizione di 20 LEV (10,19 €); gli enti di formazione di 100 LEV (50,94 €).

I soggetti che svolgono funzioni in materia di giustizia (magistrati/giudici, procuratori, investigatori) non possono operare come mediatori.

Non esiste un codice di condotta specifico per i mediatori. Però le norme etiche sono contenute nella legge sulla mediazione e nel già analizzato regolamento n. 2 del 15 marzo 2007 che stabilisce le condizioni e la procedura di abilitazione delle organizzazioni che prestano servizi di mediazione[62].

Le organizzazioni che offrono formazione per mediatori provengono dal settore privato e devono essere approvate dal Ministero della Giustizia[63], come in Italia.

Gli organismi di formazione che sono attualmente 39, devono all’uopo presentare domanda per essere inseriti nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia con apposito modulo[64].

Il Ministro ha 30 giorni di tempo per approvare l’organizzazione[65].

Nel caso di irregolarità documentali esse vanno corrette entro 14 giorni dal ricevimento della notifica[66].

La formazione dei mediatori viene attuata attraverso un monte di 60 ore ed è pratica e teorica nelle stesse proporzioni[67].

Il programma da rispettare è molto puntuale e si evince dalla appendice n. 2 all’ordinanza[68].

La formazione dei mediatori si conclude con un esame che viene condotto da un comitato: comprende un test ed una simulazione di mediazione[69].

Le persone che superano l’esame ricevano apposito certificato di compiuta formazione[70].

Dal 2011 il mediatore deve svolgere anche un aggiornamento periodico di 30 ore a cui segue lo stesso esame precedentemente descritto ed il rilascio di apposito certificato di specializzazione[71].

I contenuti di quest’ultima formazione che viene definita “formazione supplementare mediante specializzazione” prevede l’acquisizione di competenze teoriche e pratiche specifiche per condurre la procedura di mediazione nei seguenti tipi di controversie:

-contenzioso civile, comprese le controversie relative ai diritti dei consumatori;

– controversie amministrative;

– controversie del lavoro;

– controversie familiari;

– controversie commerciali;

– mediazione in casi criminali;

– controversie transfrontaliere;

– altri tipi di controversie.

È prevista una parte teorica ove si affrontano:

  1. La possibilità di applicare la procedura di mediazione.
  2. Il quadro legislativo e l’applicazione pratica della mediazione.
  3. Le particolarità della procedura di mediazione nelle controversie specializzate e la costruzione delle competenze specifiche del mediatore nella conduzione della procedura.
  4. L’effetto dell’accordo raggiunto in mediazione specializzata e la sua esecutività.

La parte pratica è destinata a simulazioni, lezioni individuali, seminari pratici.

[1] Detta la Firenze bulgara.

[2] http://www.baadr.com/history.php

[3] Спогодба след приключване на съдебното дирене

Чл. 249. Съдът обезсилва постановеното от него решение, ако преди влизането му в сила страните заявят, че са се спогодили и молят да се прекрати делото.

[4] http://dariknews.bg/view_article.php?article_id=1167786

[5]  V. E. GEORGIEV, Is enthusiasm sufficient to promote mediation?, in Overview of judicial mediation in the world, L.’Harmattan, 2010, Paris, p. 66 e ss.

[6] Legge sulla mediazione promulgata SG. 110 del 17.12.2004 In Coll – APIS, vol. 1 / 2005, p. 320. Il testo è stato successivamente integrato (No. 86 del 24.10.2006,  No. 9 del 28.01.2011,. No. 27 del 04.01.2011).

ЗАКОН за медиацията Обн., ДВ, бр. 110 от 17.12.2004 г., изм. и доп., бр. 86 от 24.10.2006 г., доп., бр. 9 от 28.01.2011 г., изм. И доп., бр. 27 от 1.04.2011 г. Сборник закони – АПИС, кн. 1/2005, стр. 320

http://www.lex.bg/bg/laws/ldoc/2135496713

[7] Legge promulgata SG. 27 del 1°.04.2011.che modifica Legge sulla mediazione promulgata SG. 110 del 17.12.2004. ЗАКОН ЗА ИЗМЕНЕНИЕ И ДОПЪЛНЕНИЕ НА ЗАКОНА ЗА МЕДИАЦИЯТА (ДВ, БР. 110 ОТ 2004 Г.). Обн. ДВ. бр.27 от 1 Април 2011г. In http://www.citybuild.bg/act/zakon-izmenenie-dopylnenie/2135725431

[8] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:136:0003:0008:it:PDF

[9] Art. 3 c. 3 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[10] Artt. 6 e 7 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

Nell’ambito del consumo viene data dal regolamento sulla procedura questa definizione: la mediazione è un procedimento in cui le parti di una controversia (consumatore / utente e concessionario) cercano di comporre amichevole con l’assistenza di una terza parte indipendente qualificato – un mediatore (art. II).

[11] Art. 3 c. 2 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[12] Чл. 24. (3) Производството по дела от общ характер се прекратява и когато съдът одобри споразумение за решаване на делото.

[13] Чл. 24. (5) 3. пострадалият и деецът са се помирили, освен ако деецът не е изпълнил условията на помирението без уважителни причини;

[14] http://lex.bg/laws/ldoc/2135558368

[15] E. GEORGIEV, Is enthusiasm sufficient to promote mediation?, in Overview of judicial mediation in the world, L.’Harmattan, 2010, Paris, p. 66 e ss.

[16] Чл. 140. (3) Съдът насрочва делото в открито заседание, за което призовава страните, на които връчва препис от определението по ал. 1. Съдът може да съобщи на страните и проекта си за доклад по делото, както и да ги напъти към медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора.

[17] Разглеждане на делото

Чл. 321. (1) В първото заседание за разглеждане на делото по иск за развод страните трябва да се явят лично. При неявяване на ищеца без уважителни причини производството се прекратява.

(2) След разрешаването на предварителните въпроси и тези по редовността на исковата молба съдът е длъжен отново да напъти страните към медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора.

(3) Ако страните постигнат съгласие за започване на медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора, делото се спира.

(4) Всяка от страните може да поиска възобновяване на производството по делото в 6-месечен срок. Ако такова искане не бъде направено, делото се прекратява.

(5) Когато се постигне споразумение, в зависимост от съдържанието му делото или се прекратява, или се преминава към производство за развод по взаимно съгласие.

(6) Ако страните не постигнат съгласие за процедура по медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора, разглеждането на делото продължава.

Cfr. anche l’art. 49 del Codice della famiglia (СЕМЕЕН КОДЕКС) sempre in tema di divorzio che fa riferimento alla conciliazione, alla mediazione e ad altri strumenti alternativi. http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135637484

[18] Art. 321 C.p.c.

[19] Art. 374 c. 2 C.p.c.

(2) Съдът насрочва делото в открито заседание, като изпраща на ищеца допълнителния отговор. Съдът съобщава на страните определението си по ал. 1. Той може да им съобщи и проекта си за доклад по делото, както и да ги напъти към процедура по медиация или друг способ за доброволно уреждане на спора.

[20] Съдебна спогодба

Чл. 234. (1) За всяка спогодба, която не противоречи на закона и на добрите нрави, се съставя протокол, който се одобрява от съда и се подписва от него и от страните.

(2) Когато прокурорът участва като страна в делото, съдът одобрява спогодбата, след като вземе и неговото мнение.

(3) Съдебната спогодба има значението на влязло в сила решение и не подлежи на обжалване пред по-горен съд.

(4) Когато спогодбата се отнася само за част от спора, съдът продължава разглеждането на делото за неспогодената част.

[21] Art. 234 c. 3 del Codice di procedura civile: “La transazione giudiziaria ha il valore di una decisione definitiva e non soggetta a ricorso davanti ad un tribunale superiore.

[22] http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135507578

[23] http://lex.bg/bg/laws/ldoc/2135521015

[24] Art. 2 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110

[25] V. anche art. 5 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[26] Limitatamente ai diritti disponibili.

[27] Molto utilizzata è la mediazione nell’ambito del danno da vacanza rovinata.

[28] Art. 3 c. 1 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[29] Ordinanza n. 2 del 15.03.2007 dettante i termini e le condizioni di riconoscimento delle organizzazioni che formano i mediatori, l’iscrizione, la cancellazione e la revoca dei mediatori dal Registro unificato dei mediatori e le regole procedurali ed etiche di condotta dei mediatori.

НАРЕДБА № 2 от 15.03.2007 г. за условията и реда за одобряване на организациите, които обучават медиатори; за изискванията за обучение на медиатори; за реда за вписване, отписване и заличаване на медиатори от Единния регистър на медиаторите и за процедурните и етични правила за поведение на медиатора. http://www.mjeli.government.bg/new/Pages/Legislation/Default.aspx

[30] Articolo. 21 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[31] Art. 21 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[32] Art. 5 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[33] Art. 5 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[34] Articolo 30 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[35] Art. 30 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[36] Articolo 22 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[37] Articolo 22 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[38] Articolo 23 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[39] Articolo 31 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[40] Articolo 24 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[41] Il principio di correttezza e trasparenza richiede che entrambe le parti in causa siano messe in grado di partecipare pienamente e ugualmente nel procedimento.

Il mediatore deve consentire a ciascuna parte di prendere una posizione sui fatti e sulle prove addotte.

Il mediatore deve informare le parti nel procedimento, che il suo obiettivo è quello di far raggiungere a loro un compromesso reciprocamente accettabile e nel quale siano in grado di raggiungere un livello elevato di tutela dei loro diritti e interessi, qualora si debba approdare in tribunale.

Il mediatore comunica alle parti che la procedura è volontaria e che possono scegliere di allontanarsi in qualsiasi momento.

Altro corollario del principio di correttezza e trasparenza è quello per cui le parti devono avere tempo sufficiente per affrontare in collaborazione il testo del futuro accordo prima della firma.

Rientra ancora principio di correttezza e trasparenza il dovere del mediatore di garantire che ciascuna parte abbia compreso la natura del procedimento di mediazione e sia in grado di partecipare pienamente e proteggere i propri diritti. Il mediatore è tenuto a sospendere il procedimento nel caso in cui una delle parti non sia in grado di prendere le proprie decisioni causa di una malattia, di una disabilità fisica o mentale, alla presenza di timore per qualsiasi altra ragione (art. 2 regolamento).

[42] Il principio di legalità impone al mediatore di informare le parti in merito al processo di mediazione e di orientarle per raggiungere un accordo pienamente coerente con le norme imperative di diritto. Il mediatore deve garantire il rispetto del diritto nel procedimento e la prevenzione di comportamenti illeciti da entrambe le parti. Nel caso in cui sussistesse un tale comportamento ovvero l’accordo violi la legge, il mediatore deve informarne le parti, e se il reato non viene si protrae è tenuto a terminare la procedura (art. 3 regolamento).

[43] Il principio di effettività richiede un rapido ed efficiente procedimento di mediazione. Il mediatore deve chiedere alle parti quale tipo di procedimento preferiscano, se scritto od orale, se di persona o per mezzo elettronico, tenendo conto dei mezzi che siano più produttivi per il caso concreto. Le sessioni devono effettuarsi senza indebito ritardo; il mediatore mette a disposizione i mezzi che siano più efficaci e finanziariamente vantaggiosi per le parti. Elemento del principio di effettività è la possibilità delle parti di farsi rappresentare mediante delega.

[44] Art. 6 c. 2 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110.

[45] Articolo 34 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

I mediatori bulgari del Centro di mediazione di Sofia guadagnano un compenso di 80 lev all’ora (40,74 €) e nei fine settimana o festivi c’è una maggiorazione del 25%. La prima ora viene pagata in anticipo e le altre alla fine della mediazione. Se il mediatore è chiamato fuori sede ha diritto alle spese di vitto ed alloggio.

E tutto ciò al netto delle spese di procedimento: ad esempio copia del verbale costa 5 lev (2,5 €).

[46] Articolo 34 c. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[47] Articolo 25 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2..

[48] Articolo 26 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[49] Articolo 35 c. 1 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[50] Articolo 27 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[51] Articolo 28 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[52] Articolo 29 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[53] Art. 7 c. 1 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110. Il principio è ribadito dall’art. 32 dell’Ordinanza:”Il mediatore deve mantenere segrete le circostanze, fatti e documenti che sia venuto a conoscenza nel corso della mediazione”.

[54] Art. 7 c. 2 Legge sulla mediazine 17.12.2004 Prom. SG. 110 (inserito nel 2011).

[55] In materia di consumo si sottolinea che il principio della riservatezza impone al mediatore di mantenere riservati tutti i dati che dovessero emergere nel corso del procedimento, e a non usarli per scopi diversi da quelli ai fini del procedimento. Un’eccezione a questo principio riguarda i casi in cui la legge richiede al mediatore di fornire informazioni alle autorità governative (art. 4 regolamento).

[56] Art. 7 c. 3 Legge sulla mediazione 17.12.2004 Prom. SG. 110 (inserito nel 2011).

[57] Articolo 33 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[58] http://www.justice.government.bg/MPPublicWeb/default.aspx?id=2

[59] V. articoli da 13 a 20 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[60] A giugno 2014.

[61] http://mediator.mjs.bg/Users/MList.aspx

[62] V. articoli 21 e ss. Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[63] Art. 2 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2. Il Ministero peraltro esercita un controllo sugli Enti di formazione che può portare alla revoca dell’approvazione nel caso di violazioni sulla formazione dei mediatori (articolo 12 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2).

[64] Che contiene elementi simili a quelli richiesti dal decreto 180/10 nostrano tra cui il nome del rappresentante dell’organizzazione e dei dati della stessa, un certificato di buona reputazione, un programma per la formazione dei mediatori conforme all’Ordinanza; un elenco di esperti e di documenti attestanti l’istruzione e la qualificazione (articoli 3 c. 2 e 3 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2).

[65] Articolo 3 c. 4 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2. Il nome e numero d’ordine dell’organizzazione sono pubblicati sul sito web del ministero della Giustizia (articolo 6 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2).

[66] Articolo 5 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[67] Articolo 8 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[68] Quello che è il programma minimo di formazione contiene una parte teorica in cui si devono toccare i seguenti argomenti:

  1. Il concetto di conflitto. Rimedi giuridici per gestire la controversia – tribunale, arbitrato, riconciliazione e altri.
  2. Il concetto di accordo – giudiziario e stragiudiziale. Contenuto essenziale e legale

conseguenze.

  1. Il significato della mediazione. Implementazione pratica della mediazione come mezzo di risoluzione delle controversie. Criteri di ammissibilità
  2. I partecipanti alla procedura di mediazione. Poteri della corte o di un’altra autorità competente dinanzi alla quale la controversia sia stata sottoposta per la risoluzione.
  3. I principi della mediazione.
  4. Le regole procedurali ed etiche per la mediazione ed in particolare:
  5. Apertura della procedura di mediazione. Selezione di un mediatore.
  6. Fasi della procedura di mediazione.
  7. Ruolo e funzioni del mediatore. Metodi per migliorare la comunicazione. Strategie per affrontare situazioni problematiche.
  8. La sospensione e la definizione della procedura.
  9. L’accordo. Contenuto dell’accordo, azionabilità.

  Mediazione sui singoli tipi di controversie

  1. Panoramica giuridica comparativa della legislazione e delle pratiche in vigore

circa l’applicazione della mediazione.

  1. Specificità della procedura di mediazione in alcuni tipi di controversie:
  • controversie civili, comprese controversie sui diritti dei consumatori.
  • controversie amministrative,
  • controversie di lavoro,
  • mediazione familiare,
  • mediazione commerciale (business),
  • Mediazione in casi criminali e altri.

Vi è poi una parte pratica che si svolge attraverso simulazioni e giochi di ruolo; l’analisi e la partecipazione alle simulazioni deve riguardare almeno tre casi.

[69] Articolo 10 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[70] Il facsimile è in allegato 3 all’ordinanza. Articolo 11 Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

[71] Articolo 11 bis Ordinanza del 25 marzo 2007 n. 2.

La pratica della mediazione ed in particolare la gestione del primo incontro

Le esperienze da negoziatore e da mediatore mi hanno portato a condividere alcune considerazioni.

Innanzi tutto sarebbe meglio che ogni mediazione fosse preceduta da una preparazione accurata tra il legale e l’assistito.

Ciò perché spesso i clienti ritengono di avere un quadro obiettivo e completo della situazione, senza nemmeno ipotizzare che la propria visione possa essere limitata e/o comunque limitante.

All’uopo i legali possono essere di grande aiuto e non soltanto per i profili giuridici, come si potrebbe credere. La preparazione in studio consente di porre ottime basi per una strategia che potrà essere rimodellata, se del caso, nel corso dell’incontro.

Per imbastire una strategia efficace bisogna però porsi delle domande insieme al proprio assistito.

In relazione al loro caso le persone sono di solito convinte di possedere tutte le risposte, ma spesso non si sono poste i quesiti che possono essere di maggiore aiuto laddove si voglia negoziare la conclusione del conflitto.

Antecedentemente al 2013 ed in particolare del cosiddetto decreto del fare[1] le domande utili venivano poste nel corso delle sessioni di mediazione e per lo più dal mediatore.

Da quell’anno in poi al procedimento di mediazione partecipano obbligatoriamente i legali[2] e quindi non può che spettare in primo luogo a loro unitamente ai loro difesi, di fornire un contributo alla formazione di una strategia.

Il compito principe del mediatore dovrebbe essere quello, delicatissimo, di sondare la volontà delle parti, in merito all’entrata in mediazione, ossia alla presenza/maturazione di un disegno che sviluppato ed arricchito potrebbe potenzialmente portare ad un accordo.

Tale indagine del mediatore, in altre parole, viene certamente supportata dalla presenza di almeno un abbozzo di strategia precedentemente all’incontro.

Ma come costruire una linea negoziale? Accennavo a delle domande di cui fornisco qualche esempio:

  1. Mi parli della controversia. Sta tutto nelle carte o c’è o dell’altro?
  2. Ci sono problemi causati dalla sfiducia o da una cattiva comunicazione?
  3. Di che cosa ha bisogno lei per essere soddisfatto?
  4. Che cosa deve conoscere l’altra parte perché lei raggiunga il suo obiettivo?[3]

Per porre queste ed altre domande è necessario che il consulente si cali in un particolare habitus.

L’avvocato assistente in mediazione (ma lo stesso vale per la negoziazione) lavora con le pretese e gli interessi del suo cliente e con quelli della controparte.

Non si occupa solo del passato (delle carte), ma anche del presente e del futuro.

Al mediatore, a dire il vero, il passato interessa ben poco; quello che rileva è il dialogo che si sviluppa nella sessione di mediazione. E dunque focalizzarsi solo sul passato della questione portata in mediazione è controproducente o perlomeno non porta gli effetti positivi che si speravano.

Una volta gestita al meglio la consulenza finalizzata alla negoziazione i partecipanti alla mediazione si trovano di fronte al primo incontro.

La buona conduzione del primo incontro di mediazione deve essere appunto di responsabilità del mediatore.

Oggi la giurisprudenza dominante in svariati fori (Firenze, Milano, Pavia, Roma ecc.) sembra essersi assestata sul concetto di mediazione effettiva[4]: ci sono pronunce soprattutto sulla mediazione demandata, ma anche su quella preventiva. In sostanza per la mediazione demandata si afferma che il giudice ha già effettuato una valutazione di “mediabilità” e dunque le parti devono iniziare il procedimento, non possono limitarsi a dichiarare che non vogliono proseguire, pena la dichiarazione di improcedibilità dell’azione. E per la mediazione preventiva il succo è che se non ci sono situazioni ostative (non opinioni; ad es. la presenza di un litisconsorzio necessario che richiede un “secondo” primo incontro) il mediatore dovrebbe invitare le parti a recarsi in segreteria e andare avanti con la mediazione.

Le argomentazioni giuridiche che sostengono tale impostazione possono anche essere ineccepibili, ma hanno delle ricadute di tipo pratico.

Il fatto che il giudice abbia maturato la convinzione che la questione sia “mediabile” non incentiva un intervento di qualità del mediatore. La parte potrebbe avere la sensazione che il mediatore non abbia un ruolo proprio, ma sia un semplice ausiliario asservito ai comandi del Tribunale.

Se la “mediabilità” della controversia attiene soltanto alla configurazione giuridica si rischia di tralasciare gli aspetti psicologici.

Si dirà che il giudice si occupa di diritto e non di psicologia, ma nella realtà è il dato psicologico che pesa sul tavolo del mediatore.

Ma non ci si riferisce qui al fatto che le parti abbiano ventilato o meno in causa una soluzione bonaria o che siano parenti o ancora che siano in gioco rapporti di durata; si vuole intendere qui il modo di pensare degli esseri umani che nel giudizio non viene sondato, ma in mediazione sì ed è determinante se si voglia arrivare in fondo.

Ciò che si vuol esprimere vale a maggior ragione per la mediazione preventiva: chiedere alle parti se vi sia la possibilità di iniziare la mediazione a ridosso della presentazione della funzione della procedura e delle sue modalità di svolgimento e considerare la impossibilità come fenomeno eccezionale, è come ordinare alle persone di mettersi un sacco in testa e di attraversare la strada rassicurandole che non accadrà nulla di male. Chi lo farebbe?

Naturalmente il paradosso nasconde un ragionamento più articolato, ma credo renda l’idea.

In ogni caso l’impostazione giurisprudenziale suaccennata non porta spesso i frutti sperati.

E questo perché se ci limitiamo a prendere atto che c’è stata già una valutazione del giudice e/o che non ci sono situazioni che impediscono giuridicamente la sessione, come mediatori non abbiamo fornito alle parti niente di più di quello che avrebbero avuto se non si fossero seduti al tavolo.

Il mediatore possiede da millenni una funzione sociale. In altri tempi la conciliazione era l’unico strumento che le masse avevano a disposizione dal momento che il processo era a salato pagamento: non solo gli avvocati andavano pagati, ma pure i giudici.

E ciò peraltro ha portato alla famosa norma imputata a Federico II per cui la conciliazione non può ritardare il corso dei giudizi (lo sperimento delle conciliazioni, come atti volontari, non può comunque impedire il corso de’ giudizj [5]), considerazione che per alcuni costituisce un dettato divino, ma che è nato per il fatto che se le parti conciliavano i giudici (e prima di loro gli imperatori da Caligola in avanti) non avrebbero potuto mettere insieme il pranzo con la cena.

Ora anche nei paesi più avanzati come ad es. il Canada, il diritto di difesa sta diventando una chimera per la mancanza di risorse economiche. Il mediatore dunque riprende la rilevante funzione che aveva nell’Italia del 1860, quando i parlamentari protestarono perché si voleva abolire il conciliatore napoletano.

Io prego gli onorevoli miei colleghi di esaminare alquanto qual sia la condizione di coloro che si servono dei giudizi presso i conciliatori napoletani. È il basso popolo che va presso i conciliatori; innanzi ad essi si trattano le infime miserie della vita. Si parla qualche volta di otto, di quindici, di venti soldi; quasi quasi dirò che soventi la somma in contestazione sarebbe al di sotto dell’importare dell’imposta che vogliamo porre.

L’istituzione dei conciliatori è una istituzione benefica nel Napoletano. I decurioni scelgono l’uomo più influente, il più paterno, il quale il più delle volte colle sue maniere distrugge i rancori nascenti che potrebbero, sviluppandosi, portar gravi conseguenze. La bassa gente, ad ogni contestazione che ha, siccome non le tocca fare spesa alcuna, si presenta a questo paterno magistrato, e questi con delle buone maniere fa sì che si transiga su tutte le piccole questioni che versano sopra le miserie della vita.

Presso questo magistrato non c’è bisogno di pagare i testimoni, non c’è bisogno di pagare i procuratori; o mediante una lettera o su una deposizione di un conoscente della parte, che sia conosciuto pure dal giudice, si accettano anche i mandati di procura. In conseguenza non è che un giudizio puro e semplice, economico, una vera conciliazione, un giudizio paterno, il quale prego i miei onorevoli colleghi di por mente che produce grandissimi vantaggi alla società. Tutti quegli urti che succedono continuamente nel basso popolo del Napoletano, e che spesso se non vi fosse questo mezzo, questo sfogatoio, dirò così, di giustizia alla mano, senza spesa, potrebbero produrre grandissimi eccitamenti alle ire di quei popoli che già non hanno bisogno di essere spinti per la lor naturale vivacità, tutti quegli urti, dico, tutte le ire nascenti si appianano, si tranquillizzano con l’opera del conciliatore”[6].

Se si dimentica il fatto che il mediatore funziona da istituzione benefica, la sua figura diviene solo un inutile aggravio sulla strada del processo.

Come fare a mantenere questa funzione?

Personalmente propongo alle parti uno schema che è naturalmente elastico, ma che costituisce riferimento di base.

E su questo chiedo ai colleghi un po’ di coraggio: la mediazione come impariamo nei corsi si caratterizza perché la controversia è in mano alle parti e ai loro avvocati (almeno da noi), mentre il procedimento è in mano al mediatore.

Spesso lo dimentichiamo oppure ci costringono a dimenticare che il procedimento è in mano a noi; ecco dobbiamo ricordarcelo e, sempre libere le parti di alzarsi dal tavolo (come recentemente ha ribadito anche la predetta sentenza C-75/16 del 14 giugno 2017 della corte di Giustizia), è il mediatore che detta le regole della sessione ed è lui deputato a verificare se queste regole siano elastiche o meno, non gli avvocati assistenti.

Detto ciò a ridosso del discorso sulla funzione della mediazione e sulle fasi di svolgimento (5 min. max) io propongo una sessione di pre-mediazione con entrambi le parti in cui le aiuto a rinvenire elementi utili ad iniziare una mediazione, mediante domande che implichino passaggi logici.

Perché la logica è così importante? Gli stessi giudici se andiamo a vedere, la rincorrono nelle loro pronunce, anche se per loro ha certo una funzione diversa.

La logica in mediazione aiuta a colmare dei buchi che inevitabilmente sono contenuti in ogni storia che arriva sul tavolo.

I buchi dipendono da molti fattori. In mediazione si parla di “filtri” che fanno passare in noi solo alcuni aspetti la realtà.

Già il fatto di essere uomo o donna ha la sua incidenza, perché ad esempio la donna è maggiormente portata ad affrontare i problemi per cui non sembra esserci soluzione, mentre l’uomo soltanto quelli che gli paiono risolvibili. E dunque visto che l’uomo è pigro di natura, gli fa buon gioco ritenere tutte le situazioni irrisolvibili e non degne di applicazione mentale.

Inoltre c’è da tenere conto del carattere di ognuno; per ogni soggettività ci vuole, tra l’altro, un appropriato stile comunicativo che aiuti a tirare fuori ciò che può determinare un cambiamento; per tutti cambiare percorso è naturalmente faticoso e quindi si evitano quegli aspetti della realtà che ci chiedono un mutamento. Il mediatore che lo sa imposta le sessioni riservate a misura di chi media, utilizzando un linguaggio affettivo, esplorativo o direttivo e chi ne ha più ne metta, a seconda delle esigenze.

Ci sono ancora gli stereotipi che facilmente divengono pregiudizi quando verbalizziamo e ci privano della imparzialità e della capacità di immaginare alternative.

Non si può poi trascurare il fatto che la realtà coinvolge in massima parte uno solo dei cinque sensi e quindi c’è chi ascolta solo le parole, chi principalmente osserva le immagini e chi si rivolge alle sue sensazioni. Ciò per aprire soltanto i giochi della comunicazione, ma anche per prendere le decisioni.  Ciò determina inevitabilmente una perdita di informazioni.

In ultimo ci sono le caratteristiche fisiche, genetiche e psicologiche.

Un posto particolare a mio giudizio riguarda il funzionamento della psiche, che dicevamo è logico. Di fronte ad un problema non ti fa andare avanti se non lo risolvi.

Lo stesso Freud ammise che nella sua lunga esperienza clinica non trovò mai un paziente che non usasse la logica seppure solo a tratti.

Qualche anno dopo la morte del maestro, Berne cercò di rendere semplice la dottrina freudiana più o meno nel modo che segue; i concetti a cui accennerò ci servono per poter comprendere perché nel nostro pensiero ci sono buchi da colmare.

Ognuno di noi tra gli 0 e i 18 mesi riceve dai genitori dei messaggi negativi non verbali (ingiunzioni), che avranno una importanza fondamentale in tutta la vita che seguirà perché da essi continueremo a cercare di difenderci.

I principali messaggi negativi che noi possiamo ricevere da entrambi i genitori sono 12 e derivano dai bisogni insoddisfatti del Bambino dei genitori; tra di loro il più comune è “non esistere”.

Si può fare l’esempio del marito che viene trascurato dalla moglie dopo la gravidanza. A livello inconscio potrebbe ritenere che prima della nascita era lui “il bambino della mamma” e magari manifestare nervosismo quando entra nella cameretta del piccolo che recepisce appunto lo stato d’animo del padre e purtroppo la memoria di quella sensazione non lo abbandonerà mai se non ne acquisterà nei modi opportuni consapevolezza.

Quando il piccolo inizia a comprendere anche il verbale dei genitori deve far fronte a dei comandi che Berne raggruppa in cinque categorie che sono dette spinte: sii perfetto, sii forte, sforzati, cerca di piacere, sbrigati.

Di solito è una delle spinte ad essere considerata dominante, ma c’è ad esempio un adattamento psicologico che potremmo definire brillante-scettico (con terminologia psichiatrica, paranoide[7]) che si muove sotto l’influsso di due spinte, il sii perfetto ed il sii forte.

Attorno ai tre-quattro anni il bambino concepisce la migliore strategia per rapportarsi con i suoi genitori e affrontare al meglio la realtà, attraverso una combinazione di ingiunzioni e spinte.

Ad esempio ed in sintesi “Fino a che sono forte” (ossia non provo emozioni) “posso esistere” oppure “Fino a che sono perfetto posso essere” (per chi abbia ricevuto l’ingiunzione “non essere”).

Questa strategia domina anche la vita della persona adulta, nel senso che si ripropone automaticamente a prescindere dall’attività che viene svolta e/o da qualsivoglia questione che si debba affrontare.

In sintesi si possono tenere quattro posizioni esistenziali, a seconda della strategia elaborata nell’infanzia: io + tu -, io-tu+, io+tu+, io-tu-.

Se da piccolo ad esempio ho sperimentato fosse vincente rapportarmi con arroganza e prepotenza (io+tu-) anche al tavolo della mediazione mi comporterò nello stesso modo, perché solo se sarò forte e/o perfetto potrò sopravvivere e per me essere forte e/o perfetto significa prevaricare e considerare l’altro una non-risorsa. Manifesterò quindi in automatico alcune emozioni che non sono autentiche (anche se io non me ne rendo conto) ma parte integrante della strategia: disprezzo, ira, accusa, trionfo ecc.

La mia concentrazione si perderà dunque nel mantenimento della posizione esistenziale io+tu- e resterò in balia delle mie emozioni parassite, non prenderò in alcuna considerazione quelle opzioni che implicano la collaborazione (io+tu+).

In definitiva in questa condizione mentale compirò quelle che si definiscono svalutazioni ossia ignorerò inavvertitamente informazioni pertinenti sulla risoluzione del problema.

Il compito del mediatore è dunque quello di aiutarmi a individuare quelle soluzioni che vengono escluse dalla mia posizione esistenziale.

Il rinvenimento è graduale e si nutre, come abbiamo accennato, di passaggi logici che sono stati elaborati in sede psichiatrica[8] ma che si prestano efficacemente ad ogni tipo di intervista ci possa venire in mente.

Il mediatore pone dunque una serie di domande che devono ottenere una risposta positiva; qualora ciò non si verificasse deve approfondire quell’argomento specifico e non può andare oltre perché ciò sarebbe privo di logica.

Facciamo un esempio a chiarimento. Il primo quesito che il mediatore porrà avrà la seguente formulazione: “Mi racconti che cosa è successo”.

Se il nostro interlocutore ci rispondesse che non è successo niente, sarebbe poco avveduto passare alla seconda domanda ossia a “È importante per lei quel che è successo?”; è chiaro che se a mio giudizio non è successo nulla non è logico chiedermi se sia importante, né tanto meno se costituisca un problema o ancor di più se vi siano delle soluzioni.

Per farla breve il quesito previsto dall’art. 8 del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28: “Il mediatore invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la mediazione” è la domanda numero dieci della griglia su cui si basa l’intervista del mediatore; bisogna formulare ben nove domande ed ottenere nove risposte positive prima di effettuare tale invito che comunque, dice la legge, deve ottenere a sua volta una risposta positiva.

In conclusione bruciare le tappe non aiuta le parti a superare le svalutazioni che di natura si portano appresso, non aiuta a tappare i buchi della strategia che si offre in mediazione o a creare (se l’avvocato non ha aiutato in tal senso il cliente preventivamente) una strategia da portare nella successiva sessione congiunta, tale da convincerci ad iniziare la mediazione.

Questa intervista viene da me definita di pre-mediazione perché in essa non si fa alcun cenno alla negoziazione tipica della mediazione vera e propria.

La negoziazione verrà sviluppata dalle stesse parti se lo vorranno una volta passate in congiunta; ci saranno momenti in cui le parti manterranno le posizioni di partenza per ottenere un riconoscimento reciproco, ma difficilmente molleranno la procedura, anche in presenza del dialogo più acceso.

E la ragione è semplice: se il mediatore avrà ben lavorato le parti avranno un obiettivo chiaro e logico da raggiungere.

Così il mediatore potrà svolgere al massimo la sua funzione sociale; le parti entreranno naturalmente in mediazione, basterà semplicemente darne atto a verbale da un mediatore ormai diventato autorevole, punto fermo per il miglior svolgimento della successiva negoziazione.

[1] DECRETO-LEGGE 21 giugno 2013, n. 69 convertito con Legge 9 agosto 2013, n. 98.

[2] V. da ultimo però la Sentenza C-75/16 del 14 giugno 2017 della corte di Giustizia, in materia di consumo (“La medesima direttiva dev’essere invece interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede che, nell’ambito di una mediazione siffatta, i consumatori debbano essere assistiti da un avvocato e possano ritirarsi da una procedura di mediazione solo se dimostrano l’esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione.”. http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=191706&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1

[3] Cfr. Preparing mediation in https://www.americanbar.org/content/dam/aba/images/dispute_resolution/Mediation_Guide_general.pdf

[4] V. da ultimo Sentenza Corte di Appello di Milano 10 maggio 2017 in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/18045.pdf

[5] Art. 31 Codice per lo Regno delle Due Sicilie.

[6] G. GALLETTI- T. PAOLO, Atti del Parlamento Italiano, Sessione del 1861, Continuazione del secondo periodo (dal 26 febbraio al 12 aprile 1862), VIII legislatura, Seconda edizione riveduta, Discussioni della Camera dei deputati, volume IV, Tipografia Eredi Botta, Torino, 1862, p.  2076.

[7] I Legali spesso hanno questo tipo di adattamento e sono diventati avvocati proprio perché era il miglior modo per sviluppare questa identità.

[8] Cfr. la trattazione della griglia di svalutazione in Ian Stewart-Vann Joines, L’analisi transazionale, Garzanti, 1997.

Aggiornamento mediatori civili e commerciali a Genova in novembre 2016

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Contattare la sede di Camera Nazionale sede di Genova al n. 345.5084632

Si allega brochure con scheda di iscrizione: genova-18-11

La mediazione e l’Enneagramma

 

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A differenza del giudizio ove si tiene conto delle prospettazioni in fatto ed in diritto che vengono operate in causa dai legali, la mediazione e la negoziazione[1] si occupano anche e soprattutto delle persone e dunque non soltanto dei rapporti che abbiano una rilevanza giuridico-economica.

In un convegno così originale, dedicato alle persone come risorse, non potevano perciò mancare alcune considerazioni sugli strumenti alternativi.

Il processo da circa centocinquanta anni[2] ha puntato tutto sul diritto: al contrario per millenni la giustizia non si è fondata sulle leggi che spesso non erano nemmeno conosciute dai giudici, ma sul linguaggio del corpo.

In questo modo un codice del II secolo d.C. chiede al giudice di operare: <<Scopra la mente degli uomini per mezzo dei segni esterni, del suono della loro voce, del colore del volto, del contegno, del portamento del corpo, degli sguardi e dei gesti>>[3].

Da allora l’uomo non è cambiato affatto e pertanto questo approccio risulta quanto mai attuale, per quanto non utilizzato nei nostri tribunali.

Con la conversione del decreto del fare[4] e con quella del decreto-legge 132/14[5], si sono ormai affermate come parti necessarie delle procedure alternative le persone dei legali; non che prima non venissero utilizzate per la consulenza e la conciliazione, ma in oggi un Tribunale della Repubblica, in particolare quello di Torino[6], ha sancito l’improcedibilità della domanda appunto per l’assenza del legale in mediazione.

E dunque gli attori principali della procedura negoziata sono oggi i litiganti ed i loro avvocati.

Come affrontare un procedimento ove valgono così tanto le persone?

Già in consulenza perciò il legale ed il suo cliente dovrebbero porsi tre quesiti prima di intraprendere una via od un’altra.

  • Possiamo raggiungere una soluzione da soli o abbiamo bisogno di un terzo?
  • La controversia ha una componente emozionale importante?
  • Ci sentiamo abbastanza forti in negoziazione da partecipare ad una trattativa?

Se pare necessario l’intervento di un terzo ad esempio per l’animosità dei contendenti od il particolare atteggiamento di chiusura, se l’emozione gioca un ruolo rilevante nella controversia e in ultimo se non appare semplice affrontare una negoziazione[7] – ricordo che per secoli a noi avvocati è stato chiesto di difendere e non di negoziare – può essere opportuno partecipare ad una mediazione civile e commerciale.

E ciò a prescindere da quel che prevede la legge in materia di condizione procedibilità: sa l’avvocato che cosa è meglio fare per il suo cliente e non il legislatore; e così come il legale riesce agevolmente spiegare la strategia processuale, può nondimeno ragionare col suo assistito sulla più idonea strategia negoziale.

Qualunque sia la scelta, per preparare una negoziazione od una mediazione – che non è altro se non una negoziazione con l’assistenza di un terzo – è fattore di non poco conto quello di comprendere se il proprio cliente sia o meno collaborativo: il cliente non collaborativo smentisce l’avvocato un minuto dopo che venga iniziata la procedura.

Massima questa ben conosciuta dai legali che tendono, infatti, a non far parlare il proprio cliente né davanti al giudice, né in mediazione.

Tale espediente tuttavia non è congruente con il mezzo extragiudiziale, perché la mediazione nasce proprio dal bisogno che ha ognuno di noi di poter vedere riconosciuto il suo punto di vista: come diceva Martin Buber il riconoscimento tra gli uomini sta alla base della vita associata[8].

Sarebbe dunque più opportuno stabilire che in mediazione/negoziazione ci fossero momenti di competenza dell’avvocato e momenti di operatività del cliente, come insegna del resto l’American Bar Association nella sua guida alla mediazione che ogni anno viene inviata ai legali statunitensi[9].

Ma per pianificare al meglio questa ripartizione di compiti è necessario scoprire chi ci troviamo davanti: tale comprensione è di capitale importanza anche e naturalmente per il mediatore.

Ciò serve in primo luogo a trovare uno stile comunicativo efficace.

Ne esistono almeno cinque[10] che si possono praticare cambiando il tono od il volume della voce.

Siccome noi ci relazioniamo di preferenza o col pensiero o con l’emozione ovvero col comportamento, bisogna comprendere in primo luogo con quale delle tre modalità il nostro interlocutore preferisce essere contattato ed in secondo luogo quale è appunto lo stile migliore per entrare dalla “porta” giusta.

Per fare ciò è importante capire sin da subito quale senso utilizza prevalentemente chi interagisce con noi; in merito all’uso degli organi di senso gli esseri umani sono suddivisibili grosso modo in tre categorie, così ci insegna almeno la programmazione neurolinguistica: c’è l’auditivo che preferisce utilizzare l’udito, il visivo che vive la realtà tramite immagini ed il cenestesico che usa il tatto, il gusto e l’olfatto e si concentra soprattutto sulle sensazioni.

Se si desidera essere ascoltati da qualcuno bisogna scoprire la categoria di appartenenza e dunque utilizzare il tono, il volume, la cadenza della voce, le frasi e le parole che predilige chi interagisce con noi ovvero gli altri strumenti di comunicazione prediletti.

Per fare qualche esempio: se si tratta di scegliere una vacanza, il visivo guarda una brochure, l’auditivo ascolta i consigli di un conoscente, il cenestesico immagina l’esperienza; i principali interessi di un visivo potranno essere la fotografia, la lettura, la visione di film, quelli di un auditivo l’ascolto della musica o il discorrere con gli amici; mentre un cenestesico sarà interessato all’attività fisica, a un buon vino o a un buon cibo.

Bisogna poi sapere che il modo di comunicare può variare a seconda del fatto che ci troviamo in condizione di stress oppure a nostro agio (“a riposo” si dice in Enneagramma): talvolta basta il semplice cambio del tono della voce a segnare lo spartiacque tra i due momenti.

Non voglio affermare che il legale od il mediatore debbano invadere il campo dei terapeuti oppure tenere in qualsivoglia maniera un comportamento manipolativo nei confronti del cliente/mediante, vorrei soltanto sottolineare che comprendere chi ci troviamo di fronte aiuta a metterlo a suo agio, ad entrare in empatia; e la collaborazione nasce soltanto quando le persone passano da una situazione di stress ad una in cui le ghiandole surrenali non secernono più cortisolo all’impazzata, cosa quest’ultima che nell’attività frenetica di ogni giorno è assai comune ed incide tra l’altro pesantemente sull’esistenza di tutti gli uomini.

L’esperienza ha insegnato allo scrivente che l’Enneagramma è uno strumento che si può rivelare prezioso[11] allo scopo di interagire con gli altri al meglio delle nostre e delle loro possibilità.

Si tratta di un antichissimo sistema[12] che individua in 9 le tipologie psicologiche a cui un essere umano può appartenere.

Per necessità di memorizzazione tali tipologie (dette Enneatipi) si indicano spesso con dei nomi che possono variare nel tempo e nei luoghi[13], ma graficamente si indicano solo con dei numeri posti su un cerchio e collegati da particolari figure geometriche[14] che stanno in soldoni ad indicare le caratteristiche negative di personalità che assumiamo quando siamo stressati e quelle positive che sperimentiamo quando invece non lo siamo[15].

In questo breve contributo per semplicità di esposizione utilizzerò dunque i numeri.

Come si diventa un numero dell’Enneagramma? Ogni persona dalla nascita in poi incontra difficoltà legate in primo luogo alla perdita di fiducia nei confronti dei genitori e in secondo luogo alle loro aspettative.

In base alla difficoltà e al tipo di reazione di ciascuno si crea una strategia che rimane dominante nel tempo e che è tesa a soddisfare prima il bisogno di essere accuditi ed amati e in seguito quello di riconoscimento.

In altre parole i bambini piccoli adottano dei comportamenti che gli adulti replicano per tutta l’esistenza, anche se il più delle volte ne sono assolutamente inconsapevoli: in particolare tra la nascita ed i 18 mesi i neonati cercano di ottenere beni primari per la loro sopravvivenza (cibo, carezze, abbracci ecc.) manifestando un particolare linguaggio del corpo; anche i genitori con il loro linguaggio del corpo lanciano dei segnali che il bimbo interpreta: ad esempio se il neonato si rende conto che i suoi genitori sono sopraffatti dalla responsabilità ad un certo punto non piange più per non essere loro di peso e per tutta la vita cercherà di non essere un peso per gli altri: attenzione ai bambini che non piangono!

Tra i 18 mesi ed i 6 anni il bambino tenta invece di ottenere l’amore dei genitori adottando la migliore strategia in risposta alle loro richieste: così se i genitori condizioneranno la loro attenzione al fatto che il figlio ottenga buoni voti a scuola il bambino – e poi l’adulto – cercheranno il successo in ogni attività che svolgeranno (senza interessarsi peraltro veramente a quello che fanno) e non concepiranno nemmeno lontanamente l’idea di fallire.

In altre parole ogni persona in seguito ad un bisogno (ipotizziamo quello di mangiare) ha una pulsione fisica (ad es. la fame) che determina uno stato di disagio: il soggetto tende ad eliminarlo o a ridurlo con determinati comportamenti detti compulsivi (ad es. mangiando); si sentirà bene, a suo agio, quando realizzerà la sua compulsione[16] ossia quando si troverà in un ambiente ove possa ottenere e fare ciò che sente necessario: ad esempio il n. 1 dell’Enneagramma[17] che ho scelto oggi dato che vi appartengono buona parte dei professionisti, ricerca in ogni cosa che fa la perfezione e si trova a suo agio quando si sente di poter affrontare ogni compito col massimo dettaglio.

E dunque l’avvocato che voglia collaborare con un n. 1, il mediatore che abbia a che fare con un n. 1, deve sapere per esempio che i documenti che arrivano sul suo tavolo vanno analizzati e compresi con un’attenzione certosina, così che il soggetto possa utilizzare al meglio tutte le sue risorse che sono limitate dallo stress (sotto stress il n. 1 va in collera).

Prima ancora dunque di passare al rinvenimento degli interessi (ossia ciò che alla persona importa veramente), il mediatore dovrà aiutare il soggetto a fare massima chiarezza anche sui punti di vista (ciò che la parte dice di volere) espressi in sessione congiunta.

Particolare attenzione dovrà essere poi riservata allo svolgimento delle tecniche per l’accertamento della migliore alternativa all’accordo negoziale (M.A.A.N. o B.A.T.N.A.) o per la valutazione delle alternative che possono risolvere il conflitto riformulato, per i dettagli dell’accordo una volta rinvenuta l’opzione e così via.

Le tipologie da 1 a 9 si delineano nel tempo attraverso, dicevamo, motivazioni psicologiche[18] che divengono dominanti per il piano di vita di ciascuno e che si possono raggruppare in tre macro aree: 1) bisogno di affiliazione (inteso come l’esigenza di stabilire, mantenere e promuovere relazioni affettive positive con altre persone), 2) bisogno di successo (volontà di svolgere mansioni competitive ad alto livello) e 3) bisogno del potere (che riflette i desideri di dominio e il timore di dipendenza)[19].

Risponde in prevalenza al bisogno di potere la personalità dell’8 e del 5, al bisogno di successo quella del 7, del 3 e del nostro 1 ed infine al bisogno di affiliazione quella del 2, del 4, del 6 e del 9.

Ciò non significa che la tipologia resti del tutto immutabile nel tempo, per quanto si mantenga quello che potremmo definire uno “zuccolo duro”.

Essa si accresce delle esperienze che arrivano dagli altri tipi (modellamento[20]): non esistono ad esempio due tipi 1 che siano identici.

Ed in ogni caso la tipologia in cui transitiamo vivendo tende a modificarsi in negativo o in positivo almeno temporaneamente a secondo della condizione di stress (se i soggetti non soddisfano la loro compulsione) o di riposo in cui sono immersi (se i soggetti soddisfano la loro compulsione).

Con l’avvertenza che non esistono personalità peggiori o migliori, ma solo diversi modi per affrontare la vita.

Si può invece parlare di personalità mature o immature. In quelle mature a grandissime linee ci sono più lati positivi, in quelle immature maggiori sono i lati negativi.

Diamo ora qualche breve cenno sulle caratteristiche della tipologia 1[21]: non abbiamo il tempo di affrontarne di più, ma sono sicuro che basterà per comprendere quanto questa conoscenza può essere preziosa per il mediatore, come per qualunque altro soggetto che voglia affrontare una qualsivoglia relazione intima, amicale o sociale.

La tipologia 1[22] è detta da ultimo “il Perfezionista”[23].

Parliamo di un soggetto che controlla le emozioni e che ha fantasie che non esterna. Nella sua famiglia c’erano emozioni che sono state bandite (Ad es. la mamma gli diceva: “Un bravo ometto non piange mai”).

Oggi che è adulto vive e veste in modo austero. Misura le parole ed i gesti.

Usa la logica (talvolta a suo danno; es. per le malattie). È un abile parlatore e difensore di sé (intelligente e acuto); può discorrere in più lingue anche contemporaneamente.

Prova interesse per il dettaglio (e sua descrizione) e l’organizzazione.

Sente un minimo senso di colpa e di solito per non aver proseguito gli studi.

Critica e giudica sé e gli altri: è rigido ed intransigente (impartisce continui ordini e controlli, ma non sopporta il controllo).

Possiede un forte senso del dovere: è un gran lavoratore e lottatore.

Disprezza il piacere (opposto al dovere) o comunque lo posticipa sempre all’effettuazione del dovere.

Non sopporta il disordine (in casa, sul lavoro ecc.).

Quando parla non si esprime con «Voglio che» ma con «Tu devi», «Al rogo se non».

In termini di analisi transazione si dice che il suo Genitore contamina l’Adulto: ossia che prende per realtà quelli che sono invece messaggi genitoriali introiettati nell’infanzia; il risultato è che di base vede più il lato “negativo” che il “positivo” delle cose.

Gli piace lottare per una giusta causa: così riesce a sfogare l’aggressività; normalmente, infatti, aborrisce la violenza fisica.

Predilige soluzioni a lungo termine; lamenta cronicamente una mancanza di tempo: di ciò si deve tener conto anche sul posto di lavoro: il tipo 1 dà il meglio di sé nel momento in cui ha a sua disposizione il tempo necessario; se gli si chiede di fare presto e bene o non accetterà l’incarico o lo svolgerà comunque coi suoi tempi e modi. Non è adatto dunque ad affrontare situazioni di emergenza e chi voglia impiegarlo in simili frangenti non rispetta la sua tipologia.

Se è chiamato ad affrontare un esame o a compilare un test si prende tutto il tempo a disposizione e non è capace di fornire delle risposte istintive che glielo si chieda o meno.

È un buon cittadino e paga le tasse, obbedisce alla polizia, ma può divenire anche “riformatore” perché nell’inconscio è un ribelle.

Se donna simpatizza probabilmente per il «femminismo»: è dominante, competitiva e mascolina.

Prova la rabbia[24] (che cerca di trasformare in virtù) come emozione dominante, ma si tratta di rabbia mascherata.

Preferisce esprimersi con una pedanteria che mette a disagio, con una bontà non spontanea (es. maestro di scuola), con la commiserazione, con un eccesso di virtù.

Ove sussista una patologia della personalità troviamo eccessiva preoccupazione (e angoscia) per l’ordine, la pulizia, l’igiene, la moralità ed il controllo.

La serietà, la precisione, la perfezione e la critica costituiscono dunque i comportamenti compulsivi che mette in atto per diminuire il disagio che sente dentro (la pulsione ad “essere forte” e “perfetto”).

I genitori esigenti lo hanno pressato perché diventasse un bimbo modello; lui li ha corrisposti solo per ottenere un premio, ma nello stesso tempo ciò si è rivelato un peso, ha visto che gli altri non erano «buoni», «educati» come lui e quindi non ha potuto fare a meno di sentire l’ingiustizia del suo stato.

Da adulto il risentimento si trasforma in critica di se stesso e degli altri: sperimenta dunque talvolta crudelmente sulla pelle il suo Genitore normativo e mette il suo Bambino libero in un angolo.

Esteriormente è sempre un «bambino buono ed educato», ma cova in lui la ribellione che si traduce appunto in critica.

Si considera altruista, una persona che non desidera niente per sé, generoso e libero da interessi personali, un idealista mosso dalla devozione al meglio.

Mette in opera istintivamente nelle relazioni soprattutto due meccanismi di difesa:

  1. Formazione reattiva: es. trasforma l’amore in odio o viceversa;
  2. Razionalizzazione: circonda la propria decisione di buone ragioni (es. picchia suo figlio e dice che lo fa per il suo bene).

In situazione di stress il tipo 1 è visivo, quando è a suo agio invece assume alcune caratteristiche dell’auditivo: rallenta la cadenza e abbassa il tono ed il volume della voce.

Il che significa che il segnale di una possibile disposizione alla collaborazione arriverà da questi ultimi accadimenti.

In sessione congiunta o in consulenza il perfezionista ci apparirà in una fase di stress e dunque coi tratti del visivo.

Avrà dunque una postura eretta, le spalle alzate ed il collo proteso.

Una forte tensione muscolare ed una respirazione alta.

La voce si presenterà nasalizzata e/o con una forzatura, la cadenza sarà veloce, il registro vigoroso, il volume ed il tono alti.

Il visivo gesticola verso l’alto con movimenti ampi e lontani dal corpo (si tocca gli occhi o il dorso del naso).

Le parole o le frasi usate avranno a che fare con le immagini e la luce: ad es. “appare evidente che”, “è chiaro che”, “è di solare evidenza” ecc.

Potrebbe avere uno sguardo malinconico e farà ragionamenti astratti sull’importanza della legge e sul fatto che la ragione è dalla sua, citando magari giurisprudenza od altro.

Per lui possono venire in gioco in particolare due adattamenti psicologici: quello paranoide e l’ossessivo compulsivo; entrambi si innescano con una “spinta”, con la comparsa automatica nella mente del messaggio genitoriale “Sii perfetto”, o “Sii forte” (non sentire, non provare emozioni).

E dunque una volta che si trovano sotto stress e c’è sostanzialmente un contesto che mette in dubbio la loro capacità di essere perfetti, i numeri 1 manifestano emozioni inautentiche: accusano gli altri, manifestano un senso di trionfo, una euforia ingiustificata, talvolta disprezzo, ira, rigidità di pensiero.

Il mediatore che li osserva al tavolo della mediazione od il legale che li ha come clienti lo devono sapere: il primo per astenersi dal dare giudizi, il secondo per non avvalorare strategie pensate in un tempo in cui i numeri 1 erano lattanti o poco più.

Il risultato del “sentirsi imperfetti” è che in sessione congiunta i numeri 1 dopo aver manifestato aggressività possono andare in confusione, accusare una propria responsabilità, un senso di preoccupazione e di vuoto ovvero un forte imbarazzo; in termini di Enneagramma si dice che assumono i caratteri negativi del 4.

Niente paura.

L’obiettivo sarà quello di aiutarli ad andare in 7, ossia di far abbandonare loro la eccessiva rigidità in modo che possano esprimere al meglio le loro buone caratteristiche: il numero 1 è responsabile, coscienzioso ed affidabile e quando è a suo agio è di certo la tipologia tra le più desiderabili da incontrare.

Come si può fare ad aiutarlo? Il mediatore non può che agire in sessione riservata, il legale durante la consulenza.

Per creare rapport con questa tipologia bisogna in generale apprezzane i consigli ed il lavoro.

L’oggetto della discussione con un perfezionista deve essere esaminato in ogni sfaccettatura: diversamente nascono diffidenze e barriere.

Perché il perfezionista lavori in modo produttivo il contesto deve essere esente da critiche.

Se c’è un problema è necessario essere diretti.

È importante apprezzarli anche nel momento in cui sbagliano[25].

Alla luce di ciò il mediatore starà particolarmente attento nel fare la parafrasi e dunque a restituire tutti i dettagli. Presterà attenzione per cercare di evitare, per quanto possibile, che le altri parti possano criticare il tipo 1.

Per aver conferma che si tratti proprio di questa tipologia il mediatore dovrà però attendere la sessione riservata.

Qui porrà eventualmente alcune domande per individuare la compulsione.

Bisogna tener conto che in situazione di stress ci sono tre tipologie che hanno i tratti del visivo, la 1, la 3 e la 7.

Se in sessione congiunta tramite gli indizi fisici, verbali o paraverbali[26] il mediatore non riesce a raggiungere una ragionevole convinzione di essere in presenza di un tipo 1, potrà formulare ad esclusione tre domande: la prima riguarda appunto e specialmente questa tipologia: “Lei ama la puntualità?” ovvero “Lei ritiene importante il rispetto delle regole?”.

In presenza di un sì deciso possiamo evitare di fare altre domande.

Se ci fossero dei tentennamenti possiamo passare ad un esempio di domanda che qualifica la compulsione del numero 3: “Tende ad essere iperattivo?” oppure “Le sue vacanze si mischiano spesso al lavoro?”; in caso di ulteriore insuccesso ad un’altra specifica del n. 7: “In genere lei non sopporta le situazioni pesanti?” oppure “Pensa che ci siano situazioni che le fanno mancare l’ossigeno?”; ma queste due ultime risposte devono valutarsi ovviamente anche con i parametri che arrivano dal linguaggio del corpo[27] e dal comportamento; diciamo che a grandi linee il 3 ed il 7 tendono a non vestire in modo dimesso a differenza del n. 1; il 3 si presenta con abiti costosi e firmati, accessori di pregio, non può fare  a meno di consultare l’agenda quando il mediatore gli chiede di disdire eventuali appuntamenti della giornata, al momento in cui il mediatore gli chiede di presentarsi aggiunge i suoi titoli, anche se non richiesto.

Possono l’avvocato od il mediatore porre domande di questo genere che paiono più da terapia (l’Enneagramma è uno strumento che si usa anche in terapia)? Certo che possono se anticipano al proprio cliente che per mantenere una buona interazione con loro potrebbero rivolgere domande non usuali e che possono apparire inconferenti.

Del resto il codice deontologico americano degli avvocati ci spiega che in consulenza è meglio evitare la terminologia giuridica se è possibile adottare concetti psicologici, antropologici, sociali et similia: i clienti non comprendono pienamente la terminologia giuridica e/o tecnica ed i malintesi spesso li portano a non pagare la parcella dato che non possono apprezzare pienamente il lavoro svolto dal difensore.

Sta poi alla libertà del singolo cliente/mediante rispondere o meno, ovviamente, a domande che possano considerarsi strane od invadenti.

Una volta stabilita la tipologia si dovrà procedere alle due (o più) sessioni riservate vere e proprie.

In prima sessione dal momento che ha a che fare con un visivo il mediatore dovrà parlare con cadenza veloce e con tono sostenuto e volume alto: diversamente il tipo 1 sarà in difficoltà nel comprendere le domande.

Le domande dovranno essere aperte (Come vede il vostro rapporto oggi? Quando è stato evidente che le cose stessero cambiando? Ecc.) in modo che il quadro degli interessi possa risultare il più esaustivo possibile, ma anche chiuse quando si tratterà eventualmente di sminuzzare i singoli aspetti.

Nel fare domande può essere opportuno posizionarsi alla sinistra del soggetto: il tipo 1 predilige, infatti, l’emisfero logico; il posizionamento sarà particolarmente gradito quando si dovesse utilizzare la tecnica della time line per far valutare al mediante la “tenuta” temporale della migliore alternativa all’accordo rinvenuta (ad es. il giudizio).

Ci sono vocaboli specifici da inserire nelle domande propri sia del visivo che della tipologia 1: perfezione, precisione, vedere chiaro, focalizzare, illuminare, immaginare, mostrare ecc.

Quando il tipo 1 risponde il mediatore potrà interrogarsi su dove guarda: a domanda i visivi guardano immediatamente in alto a sinistra se stanno costruendo/mentendo, mentre guardano a destra se ricordano (se sono mancini vale il contrario ovviamente).

In mediazione le persone mentono perché sentono di doversi difendere quando non si trovano a loro agio.

Al mediatore non interessa tanto il fatto che gli venga raccontata una bugia, ma che ciò denota una situazione di stress ed una sua scarsa capacità di suscitare empatia.

Se il tipo 1 dovesse mentire (ipotesi abbastanza remota dal momento che possiede un forte senso etico) il mediatore dovrà rassicurarlo sulla riservatezza della sessione. E sarà gradito comunque mantenere un atteggiamento assertivo e chiedere spesso con un sorriso “Come si sente?” o “Va tutto bene?”

Come è noto perlomeno a quanti nell’uditorio facciano i mediatori, la seconda sessione di mediazione è quella nella quale si cercano e si valutano le possibili soluzioni per soddisfare gli interessi e le esigenze che sono emerse in prima sessione.

In essa dunque si dovrebbero utilizzare le tecniche di creatività. Anche tali tecniche vanno però utilizzate nel rispetto delle tipologie dell’Enneagramma.

La richiesta di formulare/scrivere alternative, tipica delle mappe mentali, è gradita ai tipi: 3, appunto 1, 9[28], 4[29]e 7[30]. Non è invece gradita al tipo 5[31] e al tipo 6 [32]. Da verificare sul campo è invece con l’8 ed il 2.

La modalità dei  “6 cappelli per pensare” è gradita al tipo 3[33] e all’1[34].

Non è gradita ai tipi: 2[35], 4[36] e 9[37].

È da verificare con le tipologie: 5[38], 8, 7 e 6.

C’è poi un particolare tipo di domanda, quella ipotetica, che si usa in mediazione con cautela e comunque in seconda sessione, che è sottoponibile all’1[39], al 6[40] ed al 4[41] . Non è gradita se rivolta invece al 3[42] e al 5[43].

È da verificare, quando si consideri strettamente necessario, con le tipologie: 8, 2, 9 e 7.

[1] Da ultimo anche quella assistita.

[2] In particolare dal 1848, data in cui nasce il processo così come lo conosciamo oggi.

[3] Codice di Manu, II secolo d.C. Il Codice di Manu può essere paragonato al diritto romano e al codice di Napoleone, ma soprattutto al babilonese Codice di Hammurabi e al Talmud ebraico.

[4] Legge 9 agosto 2013, n. 98 Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69. Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia

[5] Legge 10 novembre 2014, n. 162, recante: «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile.».

[6] Il procedimento di mediazione esperito senza l’assistenza di un avvocato non può considerarsi validamente svolto sicché la domanda giudiziale dovrà essere dichiarata improcedibile. È quanto si legge nella sentenza del 30 marzo del Tribunale di Torino che, accogliendo la soluzione più rigida, ritiene che la mancata partecipazione dell’avvocato comporti l’improcedibilità della domanda o, per meglio dire, impedisca di considerare esperito il procedimento obbligatorio di conciliazione.

[7] Ha regole proprie e non ha molto a che fare con la transazione se non nel possibile esito finale

[8] “È uno solo il principio su cui si basa la vita associata degli uomini, anche se sono due le forme in cui si manifesta: il desiderio che ogni uomo ha che gli altri lo confermino per quello che è, o magari per quello che può divenire; e la capacità (che è innata nell’uomo) di poter confermare i suoi simili come essi desiderano”.  (Martin Buber)

[9] Cfr. Preparing for mediation.

In http://www.americanbar.org/content/dam/aba/images/dispute_resolution/Mediation_Guide_general.pdf

[10] Per la psichiatria sociale: Stile emotivo, esplorativo, direttivo, affettivo e bloccante (Cfr. Vann Joines e Ian Stewart, Adattamenti di personalità, 204, Felici Editore, p. 195 e ss.)

[11] Per un approfondimento cfr. V. FANELLI, ENNEAGRAMMA, scopri te stesso e gli altri, Macro edizioni, 2008; C. NARANJO, Gli enneatipi nella psicoterapia, Astrolabio, 2003; H. PALMER, L’Enneagramma, Astrolabio, 1996.

[12] Risale nell’attuale sistemazione numerica forse a Pitagora. Ci sono per la verità diverse analogie anche con “I Caratteri” di Teofrasto, il discepolo prediletto di Aristotele. Ma l’origine d’Enneagramma è forse legata a Pitagora che precede Teofrasto di due secoli.

[13] In Italia oggi si può parlare di Perfezionista, Altruista, Manager, Romantico, Eremita, Scettico, Artista, Capo, Diplomatico.

[14] Cerchio = circolarità delle esperienze; triangolo = positivo-negativo-armonia; eptagono = ciclicità della vita; esagono irregolare = frattale, forma della natura.

[15] Tabella delle disposizioni negative e positive

Tipologia Stress (negativo) Riposo (positivo)
1 4. Malinconia e astrattezza 7. Meno rigido
2 8. Vendicativo 4. Potenzia analisi
3 9. Pigro 6. Leale ed affidabile
4 2. Tende a manipolare 1. Diventa concreto
5 7. Iperattivo e dispersivo 8. Esprime il suo potenziale nascosto
6 3. Sleale e dipendente 9. Diventa più ottimista
7 1. Intollerante e rigido 5. Scopre dualità della vita
8 5. Si chiude in se stesso 2. Lavora per bene comune
9 6. Pessimista e irresponsabile 3. Impegnato e concreto

 

[16] Un bisogno (es. di mangiare) crea la pulsione (fame). Ritorneremo in seguito diffusamente su questo meccanismo.

[17] Obsessive-Compulsive Disorder per il DSM 5, Stakanovista per la psichiatria sociale.

[18] Ci si rifà alla Teoria dei Bisogni di David McClelland.

[19] Torneremo in seguito sulle caratteristiche generali di coloro sentono dominanti i bisogni di una o dell’altra categoria.

[20] Si tratta di un processo attraverso il quale è possibile estrarre le strategie da una persona in grado di raggiungere determinati risultati e di installarli dentro di noi (FANELLI).

[21] Secondo la psicologia dinamica si potrebbe parlare del carattere anale-ritentivo.

[22] Uno celebri: San Paolo, Calvino, Sant’Ignazio di Loyola, San Giovanni Paolo secondo, la regina Vittoria, George Washington, Margaret Thatcher, Lenin, Massimo D’Alema, Dante Alighieri, Lucy (Linus), Antonio di Pietro, Alessandro Manzoni, Julie Andrews, George Bernard Show, Dottor Jekill e Mister Hide, Pasteur e Sabin, Sherlock Holmes.

[23] Si ritrovano in qualche misura in questa categoria i giudici, i neurochirurghi, gli ingegneri ecc.

[24] A seconda del sottotipo:

Conservativo: è colui che reprime più la rabbia e la dirige verso se stesso;

Sociale: reprime la rabbia ponendosi su un piedistallo e si considera dispensatore del verbo;

Sessuale: è un moralista di facciata che cerca di moralizzare anche agli altri, ma non si reprime sessualmente.

[25] Vocaboli da utilizzare per creare rapport: precisione, perfezione.

[26] È possibile risalire alla tipologia psicologica utilizzando il canale sensoriale: e quindi semplicemente partendo dai dati linguistici e di linguaggio del corpo che avvalorano o identificano l’appartenenza ad uno dei VAK.

Tipologia VAK  A (in stress) VAK  E (a riposo) Mai
1. Perfezionista V A K
2. Altruista K V A
3. Manager V K A
4. Romantico K A V
5. Eremita A V K
6. Scettico A V K
7. Artista V K A
8. Capo A K V
9. Diplomatico K A V

 

[27] Le domande per tutte le tipologie dell’Enneagramma

Tipologia VAK A

 

Individuazione compulsione
1.Perfezionista

3.Manager

7.Artista

V Lei ama la puntualità? (P)

Tende ad essere iperattivo? (M)

In genere lei non sopporta le situazioni pesanti? (A)

2.Altruista

4.Romantico

9.Diplomatico

K Tende ad avere pochi o tanti amici? (A)

Si considera una persona speciale? (R)

Le accade spesso di essere d’accordo con gli altri? (D)

5.Eremita

6.Scettico

8. Capo

A Ama documentarsi moltissimo? (E)

Ama fare scelte di vita sicure? (S)

Per lei la lealtà è un valore importante? (C)

[28] Aiuta la sua concentrazione.

[29] La tipologia è creativa per definizione.

[30] Ma si tenga conto che è dispersivo: ciò anche se si utilizza il brainstorming.

[31] Tende a non esternare quel che sa.

[32] Ha paura che dall’elenco possa nascere una fregatura.

[33] Si tenga però conto che predilige le soluzioni a breve termine.

[34] Al contrario del manager predilige le soluzioni a lungo termine.

[35] Ha difficoltà di analisi.

[36] Vive in un mondo ideale.

[37] Non riesce a staccarsi dalle idee altrui.

[38] Accetta solo il risultato che si è costruito.

[39] Possiede un senso etico.

[40] Soffre di doverizzazioni.

[41] Si cala per natura nella dimensione empatica.

[42] Il manager non ha un senso etico individuale, ma quello sociale del momento; non si mette dunque nei panni degli altri se ciò “non va di moda”; dunque la domanda è inutile, se non dannosa.

[43] L’eremita non segue regole etiche se non sono logiche: dunque rivolgergli una domanda ipotetica è un grosso rischio.

Stili comunicativi

Il mediatore dovrebbe sapere che quando la mediazione non procede per il meglio ciò potrebbe dipendere da uno stile comunicativo non appropriato alla personalità di coloro che mediano.

Non esiste, infatti, uno stile comunicativo che possa andar bene per tutti coloro che si siedono al tavolo della procedura.

Certo in sessione congiunta non si possono adottare stili cuciti proprio su misura delle parti perché si potrebbe essere tacciati di imparzialità.

Ciò rende il lavoro del mediatore molto complesso e talvolta più difficile ad esempio del terapeuta che ha dalla sua perlomeno il tempo.

Ma in sessione riservata si può lavorare su una comunicazione più adeguata. Al proposito si può ricordare che solo variando il tono di voce si può dar vita ad almeno cinque stili comunicativi differenti.

In realtà quando le cose non sembrano andare per il verso giusto stiamo lavorando su un versante che la persona ha già affrontato da sola infruttuosamente, per questo si sente infastidita dal nostro stile comunicativo (es. così accade ad esempio quando si chieda di passare al secondo incontro dopo cinque minuti di interazione… questa richiesta non può che determinare disagio, a meno che i partecipanti alla mediazione non avessero raggiunto un accordo prima della sessione).

Non c’è nulla in altre parole che possiamo fare in fretta e costruttivamente nell’area in cui la persona ha già provato e fallito.

Può essere opportuno ricordare che per raggiungere ognuno di noi in una interazione ci sono tre porte: si possono definire porta aperta, porta bersaglio e porta trappola (sequenza di Ware).

La porta aperta è quella che normalmente usano le persone per entrare in contatto con le altre e da cui vogliono essere contattate; quella bersaglio invece è una porta che è raggiungibile solo attraverso un certo lavoro (ad esempio del terapeuta, del mediatore ecc.) che peraltro ha degli effetti sulla porta trappola ossia su quella area di noi ove addensiamo più difese e dove un contatto troppo tempestivo porterebbe all’interruzione della comunicazione.

Semplificando, per quanto possibile, ognuno di noi è un insieme di comportamenti, pensieri ed emozioni.

Se il comportamento è la mia porta trappola, l’emozione la mia porta bersaglio e la porta aperta è il pensiero, io amerò essere contattato e contattare col pensiero, lavorare poi sull’emozione in modo da cambiare quel comportamento che ho cercato di affrontare in tutti i modi, ma che da solo non sono riuscito a modificare perché da esso dipende il mio copione di vita (tendo cioè a perpetuare quel comportamento in ogni situazione possibile; Freud parla al proposito di coazione a ripetere e Berne di appunto di copione di vita; in neuroscienza si potrebbe dire che c’è una amigdala che tempesta di richieste una corteccia orbitomediale).

E dunque il mediatore deve sapere che io preferisco essere contattato tramite il pensiero e che ho bisogno di lavorare sulle emozioni insite nel conflitto che mi ha portato da lui.

Per contattare il mio pensiero potrà usare uno stile direttivo ovvero esplorativo, ma quando si tratta di lavorare sulle emozioni può essere necessario che lo stile muti e diventi emotivo o affettivo. Inoltre il mediatore deve essere in grado di capire quando è il momento di cambiare stile, il che come si può immaginare, non si impara certo dall’oggi al domani.

L’Adulto del mediatore, in altre parole, deve saper scegliere quello che di volta in volta è lo stile comunicativo migliore per interagire con lo stato dell’IO che il mediante privilegia.

Così si potrà entrare in empatia o stabilire una buona alleanza, concetto quest’ultimo proprio invero della terapia, ma che mi piace anche in capo al mediatore, seppure qui l’alleanza debba essere perlomeno duplice (o quadruplice vista la presenza degli avvocati).

 

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