
Se vuoi scaricare gratis l’intero volume clicca qui La condizione degli Ebrei nelle Leggi e Costituzioni di Sua Maestà Vittorio Amedeo II
Il Capo X riguarda alcune interdizioni: ”Che i Convertiti dall’Ebraifmo alla Fede non debbano converfare con gli Ebrei”.
A commento di questo capo si devono distinguere le nozioni di neofito e catecumeno.
Il neofito era colui che avesse abbracciato da meno di un anno il Cristianesimo, mentre il catecumeno era colui che si stava istruendo per prendere il battesimo, ma non lo aveva assunto.
Alcune legislazioni (ad esempio quelle genovese e toscana) prevedevano che i catecumeni potessero essere visitati dai loro parenti durante il periodo precedente il battesimo, sia pure con il permesso dei protettori e comunque in presenza di un Cristiano; le norme della Costituzione non se ne occupano e riguardano invece il neofito a cui si vieta di incontrare segretamente o comunque di colloquiare confidenzialmente con Ebrei[1], anche se fossero catecumeni[2].
Il Capo XI riguarda la tutela dei beni dei Neofiti. “Che gli Ebrei convertiti alla fede non debbano effere privati de’ loro beni”.
La legislazione civile in questo caso si adegua al contenuto di una Bolla del Pontefice Clemente XI del 5 marzo 1703[3].
Il caso della spoliazione non era infrequente. Si tenga ad esempio conto che l’antipapa Anacleto II, assorto al soglio pontificio in contrapposizione ad Innocenzo II nel 1130, era figlio di un ricchissimo ebreo convertito, tal Pietro Leone Romano[4].
I neofiti conservavano tutti i diritti di famiglia, i loro beni[5], potevano obbligare i loro parenti a dar loro la legittima oppure gli alimenti[6] ovvero la dote[7] e se restavano indigenti la bolla di Clemente XI prevedeva che vivessero con i redditi della Chiesa; si riteneva inoltre che sui beni sopravvenuti spettanti ai neofiti non si costituisse un usufrutto dei parenti ebrei[8] e che dopo la morte di questi ultimi i neofiti potessero rivendicare il supplemento della porzione di eredità che a loro sarebbe spettata in mancanza di testamento[9] .
Al momento del passaggio al Cristianesimo per evitare frodi a danno del convertito era d’uopo fare un inventario del patrimonio[10].
Il paragrafo 7 è una sorta di norma di chiusura. “S’avranno inoltre come fe foffero nativi di quella Città, o Luogo, in cui fi convertiranno, ad effetto di goder’ i privilégj, l’efenzioni, ed altre cofe, delle quali godono i veri nativi per cagione della loro origine, e natività, falvo nel refto le altre prerogative a tali Convertiti di ragione competenti, e le difposizioni del prefsente capo riguarderanno anche i casi paffati, purché si tratti ‘eredità, che non fia deferita”[11].
Le norme suesposte trattano del caso in cui un Ebreo decida di abbracciare il cattolicesimo.
Le costituzioni non fanno riferimento invece al caso contrario in cui un Cristiano decida di apostatare in favore dell’ebraismo[12], se non limitatamente al caso del neofito che non deve comunicare segretamente con gli Ebrei per evitare che ritorni “alla primiera perfidia” (capo X, par. 1); ciò probabilmente perché veniva lasciata alla punizione della Chiesa o a quella del Tribunale di Famiglia che decideva in arbitrato.
Si tenga però presente che Costantino sottopose il caso a pena arbitraria, Costanzo aggiunge a tale prescrizione la confisca dei beni, Teodosio proibì all’apostata di testare e ricevere per testamento, Giustiniano estese le pene afflittive sino a ricomprendervi la morte.
L’apostata inoltre non poteva pentirsi ed essere perdonato. Chi consigliava l’apostasia perdeva il capo e gli averi[13].
Nel Medioevo gli apostati venivano lapidati. E un Giudeo battezzato che ritornasse alla Sinagoga veniva sottoposto ad una pena nota come rejusaidatio:gli si radeva il capo che si immergeva nell’acqua corrente e gli si spuntavano le unghie delle mani e dei piedi sino al vivo, in modo che ne uscisse sangue.
Il Capo XII regola i rapporti economici tra Ebrei e Cristiani. “Quali servizj poffano da’ Criftiani preftarfi agli Ebrei, e in qual tempo, e luogo”.
Gli Ebrei non potevano coabitare[14] con i Cristiani anche se questi ultimi fossero a servizio dei primi, né gli era consentito commerciare con loro nelle festività[15].
Ancora nel 1839 l’art. 168 considerava la violazione delle feste dei Cristiani da parte di un Ebreo come reato di misto foro: poteva cioè essere punito anche dall’autorità ecclesiastica.
Gli Ebrei erano peraltro tenuti a partecipare alla processione del Corpus Domini stendendo arazzi ed ornando le proprie case. Anche nel Ducato di Modena vigeva la stessa regola[16].
Si consentiva agli Ebrei di lavorare o servire in famiglie cristiane a patto che non nutrissero i figli cristiani[17].
Già un canone del Concilio di Elvira (300-306 e.V.)[18] vietava di consumare pasti con un ebreo, forse per evitare che un non ebreo si dovesse trovare ad osservare i precetti ebraici di purità rituale dei cibi (casherut)[19].
Gli Ebrei erano considerati, come già detto, “pravi e tristi”: era convinzione comune quindi che se una cristiana avesse prestato servizio in caso di Ebrei essi di certo l’avrebbero violentata, le avrebbero impedito le pratiche del culto e l’avrebbero convinta a lasciare la religione cattolica.
Tale pregiudizio si era alimentato soprattutto durante il regno di Carlo Magno quando gli Ebrei potevano legalmente rapire i Cristiani e rivenderli in Spagna.
Tuttavia già nel 1582 il servizio ai Cristiani fu concesso perché non si erano mai verificati gli inconvenienti sopra lamentati.
Ma le Regie costituzioni ritennero evidentemente di tornare ai vecchi principi e quindi di disporre che le serve ebree non potessero nutrire i figli dei cristiani. Nelle costituzioni del 1770 per rafforzare anche il divieto di coabitazione si aggiungerà “né la natura dei servizi richieda una lunga permanenza ovvero esiga pernottare nelle loro case”.
Il paragrafo IV del Capo XII delle Costituzioni del 1729 precisa in generale[20], a prescindere dalle festività, che nemmeno i Cristiani che lavorino per conto degli Ebrei in modo che ciò determini una collaborazione continua o comunque un pernottamento.
Con l’art. 12 del regio decreto 17 novembre 1938, n. 1728 Vittorio Emanuele III, decreterà sulla falsa riga dei predetti principi che “Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini Italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l’ammenda da lire mille a lire cinquemila”.
Il paragrafo 5 del Capo XII delle Costituzioni si occupa delle pene per le violazioni dei divieti precedenti ed è legge da Rex Vittorio Amedeo. “La pena per qualunque cafo delle fopradette proibizioni farà di Scudi dieci d’oro, e in difetto di effa, di un mefe di carcere”[21].
Il Capo XIII conclusivo del Libro I attiene invece alla giurisdizione. “Della giurifdizione, a cui fono sottopofti gli Ebrei”.
Interessante è il paragrafo I che specifica i tratti di una giurisdizione che è ferma dal 1430. “Faranno sottopofti gli Ebrei tanto civilmente, che criminalmente alla Giurifdizione de’ Giudici ordinarj dei Luoghi, dove avranno il loro domicilio, e dove contratteranno, o delinqueranno, a forma delle Nostre Coftituzioni, e della Legge comune”.
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Estratto dalle
Leggi e Costituzioni di Sua Maestà, Tomo I, Torino, nell’Accademia Reale MDCCXXIX, Appreffo GIO. BATTISTYA CHAIS Stampatore di S.S.R.M.
Libro I Tit. VIII Capi I-XIII
TITOLO VIII
Degli Ebrei.
CAPO I.
Della Segregazione degli Ebrei da’ Cristiani.
I.
Nelle città, nelle quali fono tollerati gli Ebrei, fi ftabilirà un Ghetto feparato, e chiufo per l’abitazione di effi, e quelle famiglie, che si trovano fparfe negli altri luoghi, dovranno un anno dopo la pubblicazione delle prefenti andar’ ad abitare nelle dette Città, proibendo loro d’introdurfi fenza noftra licenza in quelle, nelle quali non fono per anco ftati ammeffi.
2.
Non ufciranno dal Ghetto dal cadere fino al forgere del fole, fe per avventura non fi fvegliaffe in effo, o nelle di lui vicinanze qualche improvifo incendio, o che altra fimile giufta caufa non li coftringeffe ad ufcire, fotto pena di lire venticinque per ogni uno, e per ciafcuna volta, e non avendo da pagarle, di giorni otto di Carcere”.
3.
Nel predetto tempo, che refta ad effi proibito il poter ufcire dal Ghetto. Dovranno tenerne le Porte chiufe, e non ardiranno introdurvi, o ricever’ alcun Uomo, o Donna Criftiana, sotto la pena fuddetta.
4.
“Non potrà verun’ Ebreo prendere fasa, o Bottega fuori del Ghetto, nè verun Criftiano potrà loro affittare, o fubaffittarne, fotto pena per gli uni, e per gli altri di Scudi dieci d’oro”.
5.
Ne’ luoghi però, ne’ quali fi faranno le pubbliche Fiere, potranno i Padroni delle Cafe dare, e gli Ebrei prender’ in affitto Cafe, e Botteghe fuori del Ghetto fenza incorfo di pena alcuna per il tempo che dureranno effe Fiere, a anche per dieci giorni prima, che comincino, e dopo che faranno quelle terminate.
CAPO II
Che non poffano gli Ebrei fabbricare nuove Sinagoghe, né alzare la voce nelle loro Uffiziature.
I.
Non potranno gli Ebrei edificare, né in veruna forma fondare nuove Sinagoghe, o ampliare, quelle, che aveffero, ed in ogni cafo contrario gli Uffiziali Noftri far demolire fubito quanto si foffe ampliato, e nuovamente edificato, permettendo loro nondimeno di riftaurare, e riparare quelle, che si trovano in effere.
2.
Si guarderanno d’alzare ftrepitofamente le voci nell’efercizio de’ loro Riti, ma faranno obbligati ad efercitarli con tuono modefto, e sommeffo.
3.
Gli Ebrei, che abiteranno in quelle Città, nelle quali non abbiano Sinagoga, potranno recitare nel modo di fopra i loro Uffizi nelle Cafe da effi abitate, ma non avranno libertà di introdurre, sì nelle Sinagoghe, che nelle dette Cafe verun Criftiano, o Criftiana per il tempo, che tali efercizi dureranno, fotto pena di Scudi dieci d’oro.
CAPO III
Che non poffano gli Ebrei
Acquiftare Beni ftabili.
I.
Non farà lecito agli Ebrei di far acquifto de‘ Beni ftabili ne’ Noftri Stati, fotto pena della confifcazione di effi, e se in occafione di qualche efecuzione fopra i Beni del Debitore saranno aftretti a prenderne in pagamento, vogliamo, che paffato il termine del rifcatto, fieno tenuti alienarli a Perfone capaci un’anno dopo, fotto la medefima pena.
2.
Saranno altresì fotto la fteffa pena tenuti ad alienare que’ Beni, che prefentemente poffedono un’anno dopo spirate, che fieno le loro rifpettive condotte.
CAPO IV
Del segno da portarfi dagli Ebrei.
I.
Tutti gli Ebrei, ed Ebree, toftoché faranno giunti all’età di anni quattordici, dovranno portare fcopertamente tra’ il petto, e braccio deftro un fegno di color giallo dorato di feta, o di lana, e di lunghezza un terzo di rafo, talmente ché poffano manifeftamente diftinguerli da’ Criftiani, fotto pena di lire venticinque per ciafcuno, e per ogni volta, che contravverranno.
2.
Saranno però difpenfati dall’obbligo di portar il detto Segno in tempo, che fi ritroveranno per viaggio, finchè non ritornino alla loro abitazione.
CAPO V
Delle cofe proibite a comprarfi, a negoziarfi dagli Ebrei
I.
Non farà permesso a verun’ Ebreo di contrattare a titolo di Vendita, permuta, o pegno, nè in altro modo trafficare Mobili di veruna sorta, ori, o argenti, che abbiano fervito al culto Divino, o delle Chiefe, fotto pena di Scudi venti cinque d’oro, e del doppio valore della roba contrattata, oltre alla reftituzione da farfi gratis delle robe, che aveffero ricevute in pegno, permutato, o contrattato.
2.
Non ardiranno gi Ebrei, sotto pena del Furto , di comprare Vafi, o Arredi d’oro, o d’argento, o Gemme, o Veftimenta, o qualunque altra sorta di robe, che ad effi fi vendano, o si diano per vendere da Perfone tanto non conofciute, che fofpette, o quando convenir anno d’un prezzo affai minore di quello, che comunemente fi venderebbero.
3.
Sarà ad effi interamente proibito di comprare, permutare, o pigliare Pegni dalle Perfone Minori, o da Figliuoli di famiglia, che non vivano feparatamente dal Padre, sotto la detta pena di Scudi venti cinque d’oro.
4.
Dovranno gli Ebrei notar’ in un Libro i Contratti di Compra, Pegno, ed altri, che faranno co’ Criftiani, defcrivendo il nome, e cognome delle Perfone, con fpecificazione delle cofe contrattate, fotto la pena, che fopra.
5.
Di mefe in mefe fotto la fteffa pena dovranno dare la nota al Segretario del Tribunale, ove dimoreranno, delle fuddette Compere, e de’ Pegni, efprimendo chiaramente tutte le circostanze, fopra le quali avranno convenuto.
6.
I fuddetti Segretarj faranno tenuti di ricevere dette Confegne ogni volta che loro fi prefenteranno, e quelle fedelmente regiftreranno, fotto la pena di Scudi venticinque d’oro, in un Libro a ciò deftinato che dovrà da effi di mefe in mefe fosfriversi, ed al quale fi darà intiera fede tanto in giudizio, che fuori.
7.
Occorrendo, che gli Ebrei perdeffero qualche Pegno, dovranno pagarlo fecondo il di lui valore, e non potendofi fufficientemente verificare per altre prove, fi ftarà al giuramento del Padrone di effo.
8.
Non potranno portar’ i Pegni a loro confegnati fuori dei Stati noftri, e fe per accidente di Guerra, o di pefte (che Dio non voglia) foffero neceffitati di trasferirfi dall’una all’altra terra delle noftre Città, e Terre, sarà permeffo ai medefimi di feco trafportarli, manifeftando però otto giorni avanti la partenza con pubblica Grida quefta loro rifoluzione, acciocchè, fe alcuno de’ Proprietarj voleffe rifcoterli, abbia il tempo di farlo.
9.
I Banchieri Ebrei, a’ quali è da Noi conceffo di poter preftare danari fopra il Pegno, dovranno fotto la fteffa pena dare il rifcontro a quelli, che vorranno far’ i Pegni con un Bullettino, in cui farà notato in lingua volgare il Giorno, Mefe, ed Anno, col Nome, e Cognome di chi gli avrà impegnati, e vi fi defcriverà diftintamente la cofa, che farà rimeffa in Pegno, la fua vera qualità, e quantità, il pefo, o numero, o la mifura rifpettivamente di effa.
10.
Spirato, che fia il termine ftabilito per il rifcatto de’ Pegni, potranno i Banchieri fuddetti devenire all’Incanto de’ medefimi, e per ciò efeguire, fi porteranno fopra le Piazze in que’ giorni, e tempi, che fono per la vendita de’ Pegni Giudiziarj ftabiliti, ed ivi fi procederà all’incanto, e deliberamento di effi nella forma per gli altri prefcritta.
11.
Dei Pegni, che refteranno ai banchieri, per non effere comparfo alcun ‘Offerente, fe ne darà da effi una nota ai predetti Segretarj, efprimendovi con chiarezza la qualità del Pegno, la Stima, che è ftata fatta dall’Efperto, la quantità loro dovuta tra Intereffe, e Capitale, e fe avanza o no fomma veruna, e mancando di ciò fare, incorreranno per ciafcuna volta nella pena fovr’efpreffa.
12.
Proibiamo agli Ebrei di preftar’ il loro Nome, o d’effere Mediatori di Preftiti, o altri Contratti fra Criftiani, e Criftiani, o fra criftiani, ed Ebrei, ne’ quali il Criftiano riceva il Pegno, ed efiga intereffe, o vi partecipi, fotto pena, oltre la nullità del Contratto, della perdita della fomma rifpetto ai Criftiani, che imprefteranno ‘l danaro, ed altretanta per gli Ebrei, che ne faranno mediatori.
CAPO VI
Della pena per gli Ebrei, che beftemmiano Dio, ed i Santi.
I.
Se alcun’ Ebreo di qualfivoglia seffo foffe così temerario, ed ardito, che prorompeffe infamemente in qualche beftemmia, o maldicenza contro ‘l Salvator noftro, o la di lui Santiffima Madre, o contro veruno dei Santi, o le loro Sagrofante Immagini, farà punito con la pena della morte”.
CAPO VII
Che ne’ giorni della paffione di Crifto gli Ebrei debbano ftare rinchiufi.
I.
Non farà lecito agli Ebrei d’ufcire in pubblico fuori del loro Ghetto in tempo della Paffione di Crifto, cioè dall’ora nona del mercoledì fin dopo il fuono della Campana del Sabbato Santo, obbligandole a dimorare nelle loro Cafe, e Botteghe a Porte, e Fineftre, che riguardano le Contrade, chiufe, fotto pena di carcere per tre giorni continui col digiuno in pane ed acqua.
2.
Non potranno gli Ebrei ne’ giorni fopradetti efercitare nelle loro cafe fuoni, o balli fotto pena della pubblica fufstigazione.
CAPO VIII
Che gli Ebrei non debbano effere tirati per forza alla noftra Santa Fede.
I.
Non vogliamo che fia lecito a veruno di coftringere alcun’ Ebreo di qualunque feffo fi fia, e violentarlo a ricevere per forza il Santo Battefimo, fotto pena di fcudi cinquanta d’oro, ed in diffetto di pagamento, del bando dai Stati per anni tre rispetto agli Uomini, e della carcerazione per sei mesi riguardo alle Donne.
2.
Nemmeno fi battezzeranno contro la volontà dei Genitori i loro figlioli, che non fieno capaci dell’ufo della ragione, eccettuati i cafi, né quali foffe ciò dai Sacri Canoni permeffo fotto la pena che sopra.
CAPO IX
Che gli ebrei non fi offendano.
I.
Non ardirà chi che fia ammazzare, ferire, o percuotere qualunque Ebreo, nè di turbare in qualfivoglia forma i loro riti, o efigere da effi violentemente, o con minaccia, qualche sorta di fervizio, nè di rompere, o fconvolgere i loro fepolcri, o da effi difotterrare i cadaveri.
2.
Si proibifce ancora ad ogni perfona d’offendere in fatti, o in parole alcun Ebreo, o scagliare faffi nelle porte, e fineftre delle cafe, ove abitano tanto di giorno, che di notte, sotto pena pecuniaria, o corporale proporzionata alla qualità dell’ingiuria.
CAPO X
Che i Convertiti dall’Ebraifsmo alla Fede non debbano converfare con gli Ebrei
I.
Niffun Neofito, o Convertito dal Giudaismo alla Santa noftra Fede avrà ardire di comunicare fegretamente con Ebrei, e con effi tenere confidenziali colloquj fotto qualunque titolo, o colore, ed avendo neceffità d’abboccare con effi, ciò farà in prefenza di qualche onefto, e fedel Criftiano, acciocchè la loro partecipazione non lo cimentaffe a ritornare alla primiera perfidia.
2.
I Neofiti, o Convertiti che fegretamente parteciperanno cogli Ebrei, incorreranno nella pena di un mefe di carcere, ed in quella di mefi tre gli Ebrei, che ardiffero comunicare co’ Catecumini, ancorché loro Congiunti, fenza licenza.
CAPO XI
Che gli Ebrei convertiti alla fede non debbano effere privati de’ loro beni.
I.
Gli Uffiziali, e Caftellani de’ noftri Stati, nella giurifdizione de’ quali accaderà convertirfi alla Santa noftra Fede qualche Giudeo, procureranno, che tali convertiti non fieno efclufi da’ loro Patrimonj, effetti, e porzioni d’eredità, o in alcuna forma fopra d’effi perturbati, eccettuando però la reftituzione delle ufure a favore de’ Danneggiati, che giuftificaffero il difcapito, avantichè riceveffero il Santo Battefimo.
2.
Gli Ebrei, che abbraccieranno la Santa Fede Cattolica potranno, fecondochè effi eleggeranno, coftringere quelli, che naturalmente fra i loro Congiunti foffero obbligati, a foccorrerli co’ dovuti alimenti a mifura delle forze, che fi troveranno, o detrarre la legitima, che a’ medefimi fi deve fopra i beni degli Afscendenti, fubitochè avranno ricevuto il Santo Battesimo.
3.
I Genitori dovranno pure confegnare alle loro figlie convertite la dote a proporzione della loro facoltà, tanto per la monacazione, quanto per il matrimonio, fubitochè faranno in grado di monacarfi, o maritarfi, e frattanto faranno provvifte de’ condecenti alimenti largamente, intefsi fecondochè fopra fi è detto.
4.
Oltre agli alimenti, o la legitima, che confeguiranno, come fopra, al tempo della loro converfione, avranno di più, morendo i loro Afcendenti, il fupplemento di quella porzione d’eredità, che loro spettarebbe ab intestato, non oftante qualunque difpofizione, che veniffe ad effere fatta in contrario.
5.
Per afficurare questo noftro religioso fentimento, fubitochè un figlio di famiglia, o figlia si ritirerà dal Giudaifmo, fi farà dall’Ordinario del Luogo un fedel’, e diligente inventario di tutti i mobili, e crediti di quello, che può effere tenuto alle cofe sopraddette, e cofì anche alla morte di effo, acciocchè poffa con chiarezza fempre conofcerfi la verità, e giuftizia, e sia rimoffa ogni fraude, che fopra ciò poteffe commetterfi.
6.
Spettaranno di piena ragione a’ medefimi Convertiti i beni avventizj di qualfivoglia sorta, dimodochè li loro Afcendenti non poffano più pretendere in effi alcun’ ufufrutto, o comodità fotto pretesto di potestà paterna, di cui faranno privati fin tanto, che rimarranno Ebrei.
7.
S’avranno inoltre come fe foffero nativi di quella Città, o Luogo, in cui fi convertiranno, ad effetto di goder’ i privilégj, l’efenzioni, ed altre cofe, delle quali godono i veri nativi per cagione della loro origine, e natività, falvo nel refto le altre prerogative a tali Convertiti di ragione competenti, e le difposizioni del prefsente capo riguarderanno anche i casi paffati, purché si tratti ‘eredità, che non fia deferita.
CAPO XII
Quali servizj poffano da’ Criftiani preftarfi agli Ebrei, e in qual tempo, e luogo.
I.
Non farà lecito ad alcun Criftiano di qualunque feffo fi fia di coabitare con veruno degli Ebrei, tanto sotto pretefto di fervirli, quanto per qualfivoglia altra caufa.
2.
Non faranno i Criftiani alcun trattato di vendita, o compra con detti Ebrei, nè altri negozj di mercatura ne’ giorni della Domenica, o delle altre Fefte folenni, nelle quali fi è fopra proibito l’efercitare Fiere, o Mercati.
3.
Non farà proibito negli altri giorni, che non sono feftivi, di lecitamente preftare l’opere, e lavorare per detti Ebrei, o in altra forma trafficare con effi, purchè non fi nodrifcano i loro figlj, né dentro, né fuori delle cafe de’ medefimi.
4.
Non intraprenderanno i Criftiani opera alcuna, o fervizio in pro di detti Ebrei, per cui fieno obbligati a fare appreffo di effi una continua permanenza, o pernottare nelle Cafe dei medefimi.
5.
La pena per qualunque cafo delle fopradette proibizioni farà di Scudi dieci d’oro, e in difetto di effa, di un mefe di carcere.
CAPO XIII
Della giurifdizione, a cui fono sottopofti gli Ebrei.
I.
Faranno sottopofti gli Ebrei tanto civilmente, che criminalmente alla Giurifdizione de’ Giudici ordinarj dei Luoghi, dove avranno il loro domicilio, e dove contratteranno, o delinqueranno, a forma delle Nostre Coftituzioni, e della Legge comune.
[1] Il paragrafo 1 riguarda il divieto di comunicazioni segrete e colloqui confidenziali ed era già in vigore nel 1430. “Niffun Neofito, o Convertito dal Giudaismo alla Santa noftra Fede avrà ardire di comunicare fegretamente con Ebrei, e con effi tenere confidenziali colloquj fotto qualunque titolo, o colore, ed avendo neceffità d’abboccare con effi, ciò farà in prefenza di qualche onefto, e fedel Criftiano, acciocchè la loro partecipazione non lo cimentaffe a ritornare alla primiera perfidia”.
[2] Il paragrafo 2 del Capo X attribuito a Rex Vitt. Amed. prevede:” I Neofiti, o Convertiti che fegretamente parteciperanno cogli Ebrei, incorreranno nella pena di un mefe di carcere, ed in quella di mefi tre gli Ebrei, che ardiffero comunicare co’ Catecumini, ancorché loro Congiunti, fenza licenza”.
[3] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 42.
[4] G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, p. 13.
[5]Il paragrafo 1 del Capo XI, già di Amedeo VIII, stabilisce ”Gli Uffiziali, e Caftellani de’ noftri Stati, nella giurifdizione de’ quali accaderà convertirfi alla Santa noftra Fede qualche Giudeo, procureranno, che tali convertiti non fieno efclufi da’ loro Patrimonj, effetti, e porzioni d’eredità, o in alcuna forma fopra d’effi perturbati, eccettuando però la reftituzione delle ufure a favore de’ Danneggiati, che giuftificaffero il difcapito (lo svantaggio), avantichè riceveffero il Santo Battefimo.”
[6] Il paragrafo 2 del Capo XI, già di Rex Vitt. Amed., prevede:” Gli Ebrei, che abbraccieranno la Santa Fede Cattolica potranno, fecondochè effi eleggeranno, coftringere quelli, che naturalmente fra i loro Congiunti foffero obbligati, a foccorrerli co’ dovuti alimenti a mifura delle forze, che fi troveranno, o detrarre la legitima, che a’ medefimi fi deve fopra i beni degli Afscendenti, fubitochè avranno ricevuto il Santo Battesimo”.
Il principio dell’anticipazione della legittima non si ritrova in Toscana né nel Ducato di Genova che riconosceva soltanto il soccorso degli alimenti.
[7] Il paragrafo 3 del Capo XI inerisce le doti delle neofite. “I Genitori dovranno pure confegnare alle loro figlie convertite la dote a proporzione della loro facoltà, tanto per la monacazione, quanto per il matrimonio, fubitochè faranno in grado di monacarfi, o maritarfi, e frattanto faranno provvifte de’ condecenti alimenti largamente, intefsi fecondochè fopra fi è detto”.
[8] Il paragrafo 6 del Capo XI regola la sorte dei beni sopraggiunti. “Spettaranno di piena ragione a’ medefimi Convertiti i beni avventizj di qualfivoglia sorta, dimodochè li loro Afcendenti non poffano più pretendere in effi alcun’ ufufrutto, o comodità fotto pretesto di potestà paterna, di cui faranno privati fin tanto, che rimarranno Ebrei.”
Il problema grosso di questo paragrafo è se esso indichi una perdita della potestà paterna sul figlio convertito: la dottrina dell’Ottocento era per la negativa.
[9] Il paragrafo 4 del Capo XI attiene all’eventuale supplemento nel caso di morte ab intestato. “Oltre agli alimenti, o la legitima, che confeguiranno, come fopra, al tempo della loro converfione, avranno di più, morendo i loro Afcendenti, il fupplemento di quella porzione d’eredità, che loro spettarebbe ab intestato, non oftante qualunque difpofizione, che veniffe ad effere fatta in contrario.”
[10] Il paragrafo 5 del Capo XI si occupa dell’inventario susseguente alla conversione. “Per afficurare questo noftro religioso fentimento, fubitochè un figlio di famiglia, o figlia si ritirerà dal Giudaifmo, fi farà dall’Ordinario del Luogo un fedel’, e diligente inventario di tutti i mobili, e crediti di quello, che può effere tenuto alle cofe sopraddette, e cofì anche alla morte di effo, acciocchè poffa con chiarezza fempre conofcerfi la verità, e giuftizia, e sia rimoffa ogni fraude, che fopra ciò poteffe commetterfi.”. Cfr. L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 163-165.
[11] Si tratta del caso in cui l’erede ex testamento o ab intestato muore senza aver accettato o rinunciato all’eredità: in tal caso i suoi discendenti potevano accettare, a loro volta, l’eredità deferita, entro un anno dal giorno in cui il loro antecessore avesse avuto notizia della delazione.
[12] Solo l’art. 738 del Codice civile sardo prevede e dal 1836 la possibilità di diseredazione del figlio che apostata la fede cattolica non vi sia tornato prima della morte del testatore oppure che abbia rinunciato alla fede cristiana se professata dal testatore.
[13] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 64.
[14] Il paragrafo 1 del Capo XII è risalente ad Amedeo VIII e proclama il divieto di coabitazione. “Non farà lecito ad alcun Criftiano di qualunque feffo fi fia di coabitare con veruno degli Ebrei, tanto sotto pretefto di fervirli, quanto per qualfivoglia altra caufa”.
[15] Glorioso Martire S. Maurizio, S. Giuseppe, l’Immacolata, l’8 settembre (voto del re), Annunciazione, Natività (9 settembre), 4 di maggio (festa della Sindone) e tutte le altre Feste comandate dalla Chiesa. Libro I Tit. II, paragrafi 2 e 3.
Il paragrafo 2 del Capo XII proibisce appunto le contrattazioni in giorni festivi. “Non faranno i Criftiani alcun trattato di vendita, o compra con detti Ebrei, nè altri negozj di mercatura ne’ giorni della Domenica, o delle altre Fefte folenni, nelle quali fi è fopra proibito l’efercitare Fiere, o Mercati”.
[16] Tit. IX par. XI del Codice estense del 26 aprile 1771.
[17] Il paragrafo 3 del capo XII riguarda i giorni di servizio autorizzati già da Carlo Emanuele il 2 luglio 1673. “Non farà proibito negli altri giorni, che non sono feftivi, di lecitamente preftare l’opere, e lavorare per detti Ebrei, o in altra forma trafficare con effi, purchè non fi nodrifcano i loro figlj, né dentro, né fuori delle cafe de’ medefimi”.
[18] In questo Concilio si stabilì anche che il giorno santo per la Chiesa fosse la domenica.
[19] A. M. RABELLO, Giustiniano, Ebrei e Samaritani, op. cit. p. 500.
[20] Riprendendo un principio già emanato da Carlo Emanuele II il 2 luglio del 1673.
[21] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 52.
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