Il capo IX riguarda la tutela dell’incolumità fisica, della celebrazione dei riti e in ultimo le pene a fronte di comportamenti ingiuriosi. Si intitola “Che gli ebrei non fi offendano.”
Il paragrafo 1 già presente nel 1430 stabilisce: ”Non ardirà chi che fia ammazzare, ferire, o percuotere qualunque Ebreo, nè di turbare in qualfivoglia forma i loro riti, o efigere da effi violentemente, o con minaccia, qualche sorta di fervizio, nè di rompere, o fconvolgere i loro fepolcri, o da effi difotterrare i cadaveri”.
Con Giustiniano si stabilisce[1] che se alcuno ebreo avesse osato lapidare un altro ebreo che si fosse rivolto al culto di Dio, la pena sarebbe stato il rogo: ma qui si tutelava la Fede.
Un’assisa di Bretagna del 1239 vietava di procedere contro chi avesse ucciso un Ebreo e non fu l’unica norma, tanto che Gregorio IX nel 1235 dovette addirittura con una bolla scomunicare coloro che si facessero rei di omicidio[2].
Il Sessa nel 1717[3] si chiedeva se 1) si debba punire e come il Cristiano che offenda un ebreo; 2) gli Ebrei si presumano tristi, ladri e ricettatori di ladri; 3) si debba punire e come un Ebreo che offenda un altro Ebreo; 4) il Cristiano che uccide un Ebreo debba essere punito con la pena ordinaria della legge Cornelia de Sicariis[4]; 5) se il Cristiano o l’Ebreo che mandi con denaro ad uccidere un Ebreo possa essere punito con la pena ordinaria di un assassinio.
La protezione dei sepolcri risale al diritto romano che individuava dei luoghi protetti dagli insulti popolari.
Lo stesso Codice penale sardo stabilirà in seguito (art. 567) per i violatori di sepolcri ebrei la reclusione o col carcere o con la multa sino a lire 300 secondo la minore e maggiore gravezza.
Anche la legislazione sabauda prevedeva dei luoghi ove si potessero seppellire le salme e a titolo gratuito.
Per stabilire un cimitero non serviva l’autorizzazione sovrana ma quella del Municipio e del Senato; il terreno poteva inoltre considerarsi opera di pubblica utilità e quindi godere dell’esproprio[5].
Le Costituzioni si preoccupano poi che gli Ebrei non siamo offesi e che le loro abitazioni non siano oggetto di sassaiole[6].
Gli stessi Ebrei peraltro ricorrevano alla lapidazione[7] sin dai tempi di Costanzo Augusto nei confronti di coloro che abiuravano la fede ebraica.
Si tenga conto che quella di lanciare sassi era pratica diffusa per i Cristiani: nella francese Beziers in Linguadoca sin dal XIII secolo lo stesso Vescovo eccitava il popolo dal giorno degli Ulivi alla Pasqua a lanciare sassi contro gli Ebrei[8].
A Trieste nel 1525 fu emesso un editto appunto contro chi tirava sassi contro la casa degli Ebrei[9].
Questa abitudine di colpire coi sassi gli Ebrei si trova ancora radicata nella Roma del 1938[10].
[1] C. 1.9.3.
[2] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 51.
[3] V. J. SESSA, Tractatus de Judaeis, cit., p. 112.
[4] Questa legge fatta votare nell’81 da Silla prevedeva la pena capitale per l’omicidio doloso, ma escludeva che tale pena si applicasse all’omicidio di un servo, a quello perpetuato dal pater familias in base al suo diritto di vita e di morte sui discendenti o a chi uccideva un uomo ricompreso in una lista di proscrizione. B. SANTALUCIA, Studi di diritto penale romano, L’ERMA di BRETSCHNEIDER, 1994, Roma, p. 118 e ss.
[5] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 58.
[6] Il paragrafo 2 introdotto il 20 Ottobre 1610 prevede: ”Si proibifce ancora ad ogni perfona d’offendere in fatti, o in parole alcun Ebreo, o scagliare faffi nelle porte, e fineftre delle cafe, ove abitano tanto di giorno, che di notte, sotto pena pecuniaria, o corporale proporzionata alla qualità dell’ingiuria”.
[7] Codex, I, L. 9 1.9.3. Imperatore Costanzo Augusto ad Evagrio, Prefetto del Pretorio
“Vogliamo che ai Giudei e ai Celicoli, ed ai maggiori e patriarchi sia intimato, che se qualcuno osasse, dopo l’entrata in vigore della presente legge, assalire, con pietre o con altro genere di furore – cosa che oggi sappiamo sia avvenuta – le persone che hanno abbandonato la loro empia setta per rivolgere gli occhi al culto di Dio, insieme con tutti i loro complici, dovranno essere subito condannate alle fiamme e bruciate”.
Dato a Mugillo il 18 ottobre del 315. La disposizione è stata ripresa anche nel Codice Theodosianus (16.8.1).
Cfr. in generale sulla lapidazione operata dagli Ebrei, Dizionario delle origini, invenzioni e scoperte nelle arti, nelle scienze, nella geografia, nel commercio, nell’agricoltura, Bonfanti, 1831, p. 1384-1385.
[8] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 48.
[9] G. TODESCHINI, Il mondo ebraico, Edizione Studio Tesi, 1991, p. 218.
[10] F. TAGLIACOZZO, Gli ebrei romani raccontano la “propria” Shoah, Casa Editrice Giuntina, 2010, p. 81.