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I tempi sono maturi.
Ma io no.
Ho ancora bisogno di scrivere.
Vorrei che le parole mi entrassero dagli occhi con la luce e poi uscissero dalle mani, come un tramite in perenne vibrazione.
Non una fibra gettata tra le ore cui devo sempre pensare a dare un senso.
Chissà perché poi… e chi l’ha prescritto… che dobbiamo essere noi a dare un senso al tempo e alla vita.
Vorrei che il senso si facesse da sé o non si facesse proprio, transitasse insomma e uscisse via per poterlo vedere da qualche parte.
Guardo le piante che tenaci si attaccano alla vita e mi chiedo che bisogno abbia il vento di offenderle continuamente e talvolta di insterilirle.
Non sono belli i fiori e non è gradevole il loro profumo?
E poi ci sono i frutti, perché impedire di generare alla terra?
Sembra quasi che la natura risponda anch’essa ad una logica di mercato: distruggere perché il prezzo della bellezza diventi carissimo.
Ma la bellezza resiste ed anche il tornado più pericoloso non è in grado di estirparla, se non per il breve tempo del suo passaggio.
Grazie a Dio.
Anche la devastazione ha in fondo il suo miele, perlomeno nella nostra immaginazione che si sforza di ricordare quel che non c’è più.