ARGOMENTO IN BREVE
Ancora nel 5° cerchio Dante è spaventato ma Virgilio lo rassicura (vv. 1-33) Sulla torre appaiono tre furie che chiedono a Medusa di impietrire Dante (vv. 34-63).
Uno spirito celeste interviene redarguendo i demoni ed apre con la verga la porta della città (vv. 64-105).
I due poeti entrano quindi nel 6° cerchio[1] ove sono puniti dentro sepolcri infuocati gli eresiarchi (bestemmiatori, capi di una setta), gli eretici, gli epicurei che non credettero nell’immortalità dell’anima (vv. 106-133).
RIASSUNTO
1 – 33 PAURA DI DANTE E CONFORTO DI VIRGILIO
Il pallore di D. spinge V. a nascondere maggiormente la sua preoccupazione per non accrescere nel discepolo i timori.
Si ferma un attimo porgendo l’orecchio per udire se si percepisce qualche rumore che preannunci l’aspettato aiuto, pronuncia tra sé e sé alcune parole reticenti, ma a Dante ne rivolge altre di conforto.
Questi impaurito chiede a Virgilio se alcuna mai delle anime del Limbo abbia percorso questa strada; V., che comprende il pensiero nascosto del discepolo, lo rassicura; conosce bene il cammino che già un’altra volta ha percorso per scendere, scongiurato da una maga, nel cerchio più basso, “per trarne un spirito”.
34 – 60 APPARIZIONE DELLE FURIE
Mentre ascolta le parole di conforto Dante è attratto improvvisamente dall’apparizione delle tre Furie sulla cima della torre arroventata: esse sono tinte di sangue ed hanno per capelli dei serpenti aggrovigliati.
Virgilio le indica a D.: Megera (che simboleggia la violenza del VII cerchio) a sinistra, a destra Aletto (la frode di chi non si fida dell’VIII cerchio), nel centro Tesifone (la frode di chi si fida del IX cerchio).
Esse gridano e si graffiano il petto invocando la venuta di Medusa per impietrire l’ardito visitatore vivo.
Allora V. ordina a D. di chiudere gli occhi e di voltarsi avvertendolo che, se mai guardasse, vano sarebbe sperare nel ritorno: e non contento aggiunge ancora le sue mani per chiudere gli occhi al discepolo.
61 – 103 ARRIVO DEL MESSO CELESTE
Dante dopo essersi rivolto al lettore esortandolo ad aguzzar l’ingegno per cogliere il significato profondo del suo racconto, procede nella sua narrazione.
Un improvviso e spaventoso fracasso sulla palude annuncia l’avvento di qualcosa di straordinario.
Virgilio toglie le mani dagli occhi di D. e lo invita a guardare. Sta giungendo un messo celeste che passa lo Stige a piedi asciutti e dinnanzi al quale fuggono i dannati e i demoni: giunge alla porta e con una verga e la spalanca.
Poi volgendosi ai demoni li rimprovera aspramente ricordando loro che non ci si può opporre al volere divino e infine, senza dire alcuna parola ai due poeti, se ne ritorna indietro.
104 – l33 DANTE E VIRGILIO ENTRANO NEL CERCHIO 6°
Allontanatosi il messo, D. e V. entrano nella città di Dite senza trovare resistenza.
I demoni, le Furie, tutto è sparito, non resta che la squallida solitudine del cerchio 6°’ che sembra un vasto e silenzioso cimitero.
Nell’aspra e nuda landa si aprono dei sepolcri arroventati: i coperchi sono alzati e si sentono i gemiti e i pianti dei dannati uscire dagli avelli. Chiestane spiegazione a V., D. viene a sapere che qui stanno gli eretici e prosegue il cammino tra le mura e le arche infuocate.
[1] I peccatori di questo cerchio si considerano a sé stanti in quanto non possono essere ricompresi nella tripartizione aristotelica; difatti il peccato offende soltanto un dogma della religione cattolica.