L’opinione circa la necessaria improduttività del denaro cominciò a mutare a livello teorico tuttavia soltanto nel XIII secolo nelle Università francesi ove si rispolverano le nozioni romanistiche e si parlò dapprima di usura compensatoria ed usura lucratoria[1] e poi di danno emergente e di lucro cessante[2].
Si consideri che la credenza della improduttività del denaro era diffusa presso altri popoli del mondo: nel IV secolo gli stessi Islamici stimavano usura anche la vendita dell’oro e dell’argento da parte dell’orefice, perché veniva corrisposto un prezzo superiore al loro intrinseco[3].
Per essere legittimo il prestito di denaro doveva, in altre parole, essere gratuito.
Ciò comportava inevitabilmente che chi avesse un patrimonio in denaro non ne prestasse[4] e che chi ne avesse bisogno non potesse che ricorrere agli usurai[5] i quali dovendo correre un gran rischio nel prestare denaro, innalzavano sempre più i tassi d’interesse.
L’interesse modico, anche quello legale o disposto con sentenza dal giudice, fu addirittura paragonato alla guerra e all’omicidio; nell’867 Basilio il Macedone dichiarò l’interesse anche minimo “contrario al diritto umano e divino”[6].
Con il commercio ed il prestito gli Ebrei accumularono sì ingenti fortune[7], ma non potendo investirle in beni stabili, si trovarono costretti ad inventarsi sempre nuovi modi d’impiego che si rivelassero lucrosi.
In particolare ricordiamo che sostennero con le loro sostanze anche l’Impero di Carlo Magno: per venire incontro alle richieste del sovrano gli Israeliti si dedicarono sino all’828, con il consenso imperiale e della Chiesa, al traffico di schiavi che erano più che altro bambini di povera estrazione e che venivano venduti agli islamici spagnoli, ma svolsero anche il ruolo di mediatori tra Cristiani ed Islamici, e coltivarono la via del commercio, al pari dei Veneti, con l’Oriente[8].
Nel 1009 la violazione del Santo sepolcro da parte islamica venne attribuita indistintamente agli infedeli e ciò comportò una strage di Israeliti che si ridussero, secondo uno scrittore del tempo, ad un piccolissimo numero[9].
Fatte le debite proporzioni solo con riferimento alla consistenza della popolazione ebrea del tempo, si può affermare che in quell’età buia i Cristiani si abbandonarono a stragi di portata analoga a quelle naziste dello scorso secolo[10].
Gli studiosi[11] ritengono che Hitler abbia fatto uccidere circa sei milioni di Ebrei. Per comprendere sino in fondo le proporzioni e la portata di questo ultimo olocausto si può qui aggiungere che un secolo prima gli Ebrei venivano stimati tra i due ed i sette milioni in tutto il mondo.
Con la morte dei capitalisti – così gli Ebrei erano chiamati – mancarono però le risorse economiche per condurre al compimento qualsiasi attività e gli uomini per sopravvivere dovettero ricorrere anche all’antropofagia.
Del resto gli Ebrei rimasti non erano di sicuro incentivati ad aiutare i poveri ed i loro debitori visto che un po’ tutte le legislazioni vietavano e vieteranno ai poveri stessi di mostrare all’ebreo benefattore segni di rispetto[12].
Praticamente ad ogni bando di crociata[13] chi non poteva raggiungere i luoghi sacri si sfogava, in mancanza di meglio, uccidendo Ebrei[14], tanto che lo stesso S. Bernardo[15] inorridito scrisse un’epistola[16] in cui esortò le moltitudini ad astenersi dagli omicidi, dai furti e dalle rapine e di accontentarsi di cancellare i debiti usurari contratti dai Crociati che si recavano in Terrasanta; ma quando si recò in Francia ad illustrare di persona questo scritto rischiò addirittura la sua incolumità[17].
Al pari dei servi nei tempi medi gli Ebrei furono inoltre considerati oggetto di regalia specie in Germania, e dunque di proprietà dei feudatari, dell’Imperatore o addirittura della Chiesa[18].
Gli Ebrei, in quanto erranti, non potevano legarsi per definizione alla terra come i servi della gleba, non si poteva ammettere che appartenessero semplicemente a se stessi.
E così si pensò che appartenessero agli uomini in qualità di cose mobili.
In Germania per questa condizione venivano definiti leibeigenen[19] e anche se questa parola oggi viene tradotta con la locuzione “servi della gleba”, significava cosa in parte diversa, significava che solo l’Imperatore poteva farne quel che voleva, anche spogliarli ed ucciderli[20] oppure semplicemente cancellare i debiti che con loro avessero contratto i Cristiani.
Il guaio però era che i signorotti del tempo si curavano poco degli editti dell’Imperatore e si arrogavano dunque le facoltà imperiali[21].
Così fece ad esempio attorno al 1344 il duca Luigi di Baviera: egli impose agli Ebrei di restituire le obbligazioni a favore dei figli del Conte di Wuttenberg; questi aveva contratto con gli Ebrei un debito altissimo e aveva ipotecato i diritti derivanti dalle ducali regalie. Gli Israeliti non restituirono le obbligazioni, ma scoppiata la peste nera, furono uccisi dalla popolazione e quindi non riuscirono ad esigere il credito[22].
Nel 1348 Carlo IV regalò alcuni leibeigenen alla città di Worms. E ogni anno al martedì grasso gli Ebrei, sia i poveri sia i ricchi leibeigenen, sostituivano per tre giorni i cavalli per far girare le mole delle macine mentre un aguzzino li frustava. Solo nel 1697 essi riuscirono a riscattarsi con denaro da questo “impegno”.
In Francia la condizione degli Ebrei non fu migliore.
A partire da Luigi IX che rimise ai Cristiani un terzo dei debiti che avevano contratto coi Giudei i suoi successori non brillarono per grande considerazione della questione ebraica. Filippo Augusto s’impossessò di tutte le cose di pregio che i Giudei possedessero e dei loro crediti, confiscò nel 1180 i feudi che essi avevano ricevuto in pegno dai Baroni per le somme ricevute per il viaggio in Terra Santa e li bandì per ben due volte dal suo regno.
Nel 1253 gli Ebrei rientrarono in Francia e furono nuovamente vittime di questa politica: nel 1295 furono nuovamente espulsi dalla Francia e ripararono in Inghilterra.
Filippo il Bello con un editto del 1306 dichiarò delitto d’usura ogni minimo interesse e con un altro legittimò l’interesse per gli Ebrei al 21 per cento. Ospitò gli Ebrei che fuggivano dall’Inghilterra ed in una notte li spogliò di tutto e li cacciò nel 1311 dalla Francia.
Il suo successore Luigi X richiamò gli Ebrei in Francia e a loro permise di citare gli antichi debitori a condizione di cedere a lui due terzi degli incassi ed una percentuale sulle future usure.
Sotto Filippo il Lungo contadini e pastori fanatici compirono molte stragi di Giudei col pretesto di recuperare la Terra Santa e alla fine il re espulse gli Ebrei rimasti: prima però li accusò di aver congiurato con i lebbrosi per avvelenare le acque e compì a sua volta dei massacri.
Anche Carlo VI nel 1395 confiscò tutti i loro beni e li cacciò.
Napoleone mantenne una politica molto severa contro gli Ebrei: stabilì che le cambiali ad essi rilasciate non fossero esigibili se non veniva dimostrato che avessero fornito realmente e senza frode la valuta; li sottopose alla necessità di patenti annuali per esercitare mestieri e traffici; proibì a coloro che non avessero domicilio nei dipartimenti dell’Alto e del Basso Reno di prendervelo e stabilì che per fissare il domicilio negli altri dipartimenti fosse necessario abbandonare l’usura e diventare possidenti[23].
Vorrei concludere questa breve e per niente esaustiva disamina con un breve stralcio di un’opera[24] del cattolico D’AZEGLIO che così si esprime nel 1848 sull’arte feneratizia ebraica.
“…ammetto che l’usura, la frode nel traffico sia la maggior pecca degli Israeliti. Ma viva Dio, essi non possono possedere, né farsi agricoltori; non possono studiare, esser avvocati, notai, medici, chirurghi; non possono occupare impieghi pubblici; respinti dalla Società, non ne ottengono amministrazioni private, non possono esercitare arti o mestieri se non pochissimi, ed incontrano anche in questi ogni difficoltà per farvisi esperti: tutte le vie sono chiuse per loro, tutti modi negati onde campare onestamente la vita; ed a queste legali esclusive s’è aggiunta sin qui, l’altra più tremenda, dell’anatema e del disprezzo, più o meno aperto o esplicito, de’ loro concittadini; contro il quale non è natura d’uomo o di popolo tanto ferrea, tanto intera ed ardita, che non ne fosse fiaccata, resa inerte, incapace d’ogni qual cosa richieda virtù, prontezza ed energia. E dopo che, per colpa nostra, sono gl’Israeliti ridotti a queste tristi ed abbiette condizioni; dopo che per non morire letteralmente di fame, una sola via vien loro lasciata, quella del commercio e del giro del denaro; ci vorremmo stupire che non fossero intemerati e scrupolosi fautori della più rigida onestà, che non avessero gelosa cura di non ledere i nostri interessi ne’ contratti stretti coi loro persecutori? Ma la verità del fatto che nelle contrattazioni sieno più sleali gli Israeliti dei Cristiani, è perlomeno molto dubbio ”.
[1] Nel Settecento si riteneva tuttavia che l’usura lucratoria fosse proibita dalle leggi umane e divine, ma che la consuetudine e l’alto dominio del Principe la potessero rendere lecita. V. D. CONCINA, Esposizione del dogma che la chiesa romana propone a credersi intorno l’usura colla confutazione del libro intitolato Dell’ impiego del danaro, Palumbo, 1746, 168 e ss.
[2] C. CATTANEO, Ricerche economiche sulle interdizioni della legge civile agli Israeliti, op. cit., p. 34.
[3] Leone Africano p. III. Nella collezione di Ramusio. Lo stesso Corano esprime sull’usura un giudizio netto. Cfr. la Sura II, 275:”Coloro che invece si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato da Satana. E questo è perché dicono:<<Il commercio è come la usura!>>. Ma Allah ha permesso il commercio e proibito l’usura. Chi desiste dopo che gli è giunto il monito del suo Signore, tenga per sé quello che ha ed il suo caso dipende da Allah. Quanto a chi persiste ecco i compagni del fuoco. Vi rimarranno in perpetuo”. Il Corano, versione Newton classici a traduzione di Hamza Roberto Piccardo, 2006, p. 63.
[4] Questo fu forse anche l’obbiettivo di tale impostazione. Sin dall’antichità si volle, infatti, inculcare nei popoli l’idea che il denaro andava conservato perché avrebbe potuto sempre far comodo.
[5] Detti capitalisti.
[6] Nel secolo X venne considerato usurario l’interesse del 4 per cento (“il terzo della centesima”). Novelle Leone, 83.
[7] Ancora nella metà dell’Ottocento si stimava che gli Ebrei avessero in mano un ottavo del numerario dell’Europa e dell’America, pur costituendo un centesimo della popolazione europea ed un millesimo di quella americana.
[8] C. CATTANEO, Ricerche economiche sulle interdizioni della legge civile agli Israeliti, op. cit., p. 21 e ss.
[9] Rodulfo Glabro, Appo Sism. Tomo IV.
[10] Cfr. C. CATTANEO, Ricerche economiche sulle interdizioni della legge civile agli Israeliti, op. cit. p. 105.
[11] BENZ, GILBERT, MARTIN, DAWIDOWICZ, LUCY.
[12] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 50.
[13] Ad ogni partenza di crociati si faceva una strage di Ebrei. M. D’AZEGLIO, Dell’emancipazione civile degli Israeliti, op. cit. p. 14.
[14] Non vi era, infatti, la capacità di distinguere tra infedele ed infedele.
[15] 1090-1153.
[16] Epistula 363.
[17] C. CATTANEO, Ricerche economiche sulle interdizioni della legge civile agli Israeliti, p. 30 e 31. Innocenzo III in seguito minaccerà di scomunica i Cristiani che avessero fatto commercio con gli Ebrei e il Concilio Laterano I (1215) proibisce ai Giudei le sole usure che fossero troppo esagerate. L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 79.
[18] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 47.
[19] O Servi Camerae specialis.
[20] Forse perché, specie al tempo del Barbarossa, i giuristi ritenevano l’Imperatore come Dio in terra.
[21] Cfr. G. LEVI, op. cit., p. 225-226.
[22] G. LEVI, Op. cit., p. 291-292.
[23] Cfr. G. LEVI, Op. cit., p. 246.
[24] M. D’AZEGLIO, Dell’emancipazione civile degli Israeliti, op. cit. p. 37-38.