Il capo IV delle Costituzioni titola “Del segno da portarfi dagli Ebrei”.
Questo Capo era destinato ad impedire che Ebrei e Cristiani avessero tra di loro rapporti.
Il paragrafo 1 delle Costituzioni che riprende analoga norma emanata da Carlo Emanuele I il 15 dicembre del 1603[1] prevede che “Tutti gli Ebrei, ed Ebree, toftoché faranno giunti all’età di anni quattordici, dovranno portare fcopertamente tra’ il petto, e braccio deftro un fegno di color giallo dorato di feta, o di lana, e di lunghezza un terzo di rafo, talmente ché poffano manifeftamente diftinguerli da’ Criftiani, fotto pena di lire venticinque per ciafcuno, e per ogni volta, che contravverranno”.
Il paragrafo 2 pone un eccezione al precedente. “Saranno però difpenfati dall’obbligo di portar il detto Segno in tempo, che fi ritroveranno per viaggio, finchè non ritornino alla loro abitazione”.
Abbiamo visto che le origini dei segni distintivi sono romanistiche, ma trovarono nuovo vigore a seguito di alcune vicende avvenute in Oriente[2].
Nell’831 e.V. il califfo Ali al Wathek divenne nemico degli Ebrei, a causa delle fraudolente pratiche di cui furono riconosciuti colpevoli nella gestione delle finanze, durante il regno del suo predecessore, e in seguito al loro rifiuto di ricevere il Corano come vera ed autentica rivelazione.
Tutto ciò determinò che fossero pesantemente tassati e obbligati a pagare grandi somme all’erario.
Il califfo Motavel, che gli successe nell’845 e.V. fu ancora più severo: li costrinse ad indossare cinture di cuoio a titolo di distinzione, comandò loro di andare solo su asini e muli con staffe di ferro, e li privò di tutti i loro onori, titoli e uffici.
Il suo editto si diffuse in tutti i luoghi soggetti al dominio turco e di qui all’Europa[3].
Le leggi venete del XIV secolo richiesero un segno distintivo perché gli Ebrei potessero essere riconosciuti ed espulsi dalle adunanze dei Cristiani.
Nel Regno pontificio Innocenzo III richiese agli Ebrei di portare un qualche segno distintivo[4]; nel 1464 dovevano indossare un mantello rosso: ne erano esentati soltanto i medici[5].
Carlo V prescrisse agli uomini di indossare un cappello giallo e un pezzo di tela gialla alle donne[6].
Le Costituzioni di Sua Maestà del 1770 imporranno identicamente a quelle del 1729 di portare scopertamente tra il petto ed il braccio destro un segno di color giallo dorato di seta di seta o di lana, e di lunghezza un terzo di raso.
Nel Codice estense del 1771[7] viene comandato, con poche esenzioni, ai maggiori di dodici anni di portare nel cappello un nastro rosso alto un dito.
A Venezia sin dal 1396 gli Ebrei dovevano portare sul petto una “O” gialla grande come un pane che successivamente si mutò in una berretta gialla, poi in un cappello rosso ed infine in una tela nera cerata[8].
E l’elenco potrebbe purtroppo continuare.
Il Capo IV verrà abolito in Piemonte solo nel 1816 e così accadrà anche per lo Statuto Genovese e nelle Leggi toscane, ma restrizioni simili erano ancora in vigore nel Ducato di Modena nel 1848.
(Continua)
[1] Il paragrafo 1 verrà abolito solo con la legge 1 marzo 1816.
[2] L. VIGNA – V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli Ebrei in Piemonte, op. cit., p. 48.
[3] W. F. MAVOR, Universal history, ancient and modern: from the earliest records of time, to the general peace of 1801, Volume 13, The history of dispersion of the Jews, Hopkins and Seimour, New York, 1804, p. 28.
[4] G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, p. 14.
[5] Per concessione del pontefice Paolo II. Cfr. G. LEVI, op. cit., p. 204.
[6] Simile a quello delle meretrici che però era di colore bianco.
[7] Tit. IX par. XV del Codice estense del 26 aprile 1771.
[8] Annali di Statistica Serie Terza volume 9, Tipografia dei fratelli Bencini, 1884, p. 170.