Dal 20 di marzo 2011 è ormai noto che chiunque voglia promuovere un giudizio civile o commerciale in determinate materie[1] deve partecipare ad un procedimento di mediazione.
Si obietta da più parti, in particolar modo da quella dei giuristi, che non si può obbligare una persona a partecipare ad una mediazione.
Siamo sicuri che in assenza di mediazione obbligatoria sarebbe salvaguardata la nostra libertà? Ci sentiamo liberi nell’attuale sistema vigente nella nostra penisola?
In fondo partecipare ad una mediazione significa semplicemente sedersi intorno ad un tavolo e parlare; le persone non sono obbligate a trovare un’intesa, né tantomeno a trovarne una che abbia un contenuto precostituito.
La funzione della mediazione non è principalmente quella di trovare un accordo (che potremmo definire un valore aggiunto), ma è piuttosto quella di aiutare le parti coinvolte in una controversia a comunicare direttamente tra di loro al fine di definire l’oggetto reale della discussione e poi di mettere sul banco tutte le possibili soluzioni del conflitto e infine di scegliere quelle che soddisfano al meglio gli interessi di tutte le parti.
Il tutto secondo la più assoluta volontarietà ed autodeterminazione.
Il percorso merita dunque di essere conosciuto e sperimentato.
Senza contare che l’uomo diventa facilmente preda di stereotipi e di pregiudizi: la nostra stessa mente, secondo gli esperti, è organizzata in base a schemi mentali[2] stereotipati[3].
Queste immagini mentali hanno uno scopo difensivo perché garantiscono il mantenimento di una cultura, di un’organizzazione sociale a cui sentiamo di appartenere e nell’ambito della quale ci siamo creati una certa posizione sociale[4].
Ma inevitabilmente ci condizionano. Per superare i condizionamenti a livello sociale ed individuale si è pensato alla più diverse strategie, ma si è constatato che il metodo più efficace per cambiare il nostro modo di approcciare la realtà è il semplice contatto tra gli uomini: però un contatto diretto, vis à vis.
Si potrebbe ribattere che non si può essere obbligati ad incontrare una persona, ma sarebbe un replica triste e disarmante, che mi auguro non tutti i lettori possano condividere anche perché denota, nel migliore dei casi, soltanto immaturità.
La mediazione è in altre parole un’avventura di cui l’essere umano non dovrebbe privarsi se vuole crescere e progredire.
Non a caso la Suprema corte della California scrive sul suo sito che questa esperienza può essere utilmente fatta prima di ricorrere ad un giudizio o all’inizio del giudizio stesso[5].
Tiziano Terzani diceva spesso che si vive una volta sola e che quindi non si può non visitare in lungo ed in largo la bellezza del nostro mondo.
Lo stesso concetto vale per la mediazione: l’incontro con il nostro “avversario di procedura” e col mediatore potrebbe essere l’unico che il buon Dio ci ha riservato, la sola occasione per costruire in fondo un futuro più sereno, un futuro che può transitare attraverso luoghi del cuore e dell’animo che nemmeno sospettavamo esistessero in noi e negli altri.
Ecco perché consiglio di andare in mediazione: non tanto per il fatto che si risparmia tempo e denaro, ma perché si può acquisire una ricchezza inaspettata, un tesoro di emozioni e di legami che spesso si può sviluppare nel tempo.
Un tesoro che non ha bisogno di formule esecutive, ma di esecutori felici e consapevoli dell’importanza di un legame.
“Tu per me, fino ad ora, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini, e non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altra. Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo“[6].
Nell’importanza dei legami credono almeno in ben dieci stati in Europa oltre al nostro.
L’ADR è stato reso obbligatorio con riferimento a varie fattispecie.
Il procedimento informativo sulla conciliazione preventiva è previsto obbligatoriamente dalla legislazione francese a partire dal 2003[7] e la conciliazione è poi obbligatoria in caso di divorzio e nei procedimenti davanti al conseil des prud’hommes [8].
Sempre in Francia la commissione dipartimentale di conciliazione in materia di contratti di locazione abitativi conduce un tentativo di conciliazione che è obbligatorio: del pari avviene per la vendita diretta ed in tema di pubblicità in relazione alla partecipazione delle industrie[9].
In caso di immatricolazione dei veicoli a motori e per i reclami davanti alla Banca centrale tedesca si tiene invece un arbitrato obbligatorio[10].
La mediazione obbligatoria si ritrova prima nei singoli länder (ossia nei dipartimenti; v. ad es. in Baviera), e poi in toto a partire dal 2002.
In Germania, che è una repubblica federale, un dipartimento può prevedere per legge regionale[11] che non sia ammissibile intentare una causa se non dopo aver esperito un tentativo di conciliazione presso un organo di conciliazione riconosciuto.
Ciò vale per le controversie patrimoniali di valore non superiore a 750 € e per determinate controversie nell’ambito del diritto di vicinato o in materia di diffamazione. In questi casi, l’azione giudiziaria proposta senza aver prima esperito un tentativo di conciliazione viene respinta in quanto inammissibile.
Alla metà del 2007 ben otto Länder hanno previsto l’obbligo di effettuare un tentativo di conciliazione extragiudiziale[12].
I procedimenti di conciliazioni inerenti alla formazione professionale[13] sono sempre obbligatori. E così per le imprese quelli in materia di prodotti finanziari[14].
In Austria esiste ancora e dal 2002 una conciliazione preventiva obbligatoria quando si tratti di una controversia in materia locatizia e di proprietà immobiliare, anche di pubblica utilità; la mediazione è poi obbligatoria nelle liti di vicinato[15].
Ricordo che la legge austriaca sulla mediazione (2003)[16] ha fatto scuola in Europa e da ultimo è stata ripresa attualmente anche dal progetto di legge spagnolo sulla materia.
In Irlanda è necessaria la partecipazione a metodi ADR per il settore della pubblicità, delle pensioni, della vendita diretta e dei servizi finanziari[17].
In Inghilterra vi è attualmente una forte spinta verso la mediazione obbligatoria[18] e comunque nel Regno Unito c’è il ricorso obbligatorio degli operatori commerciali all’Ombudsman per i servizi finanziari[19].
In Belgio la mediazione è obbligatoria per le industrie nei seguenti settori: telecomunicazioni, assicurazioni, poste, diritti dell’infanzia, rapporti con il governo, rapporto con le istituzioni dell’Unione Europea, banche, energia, collocamento privato, pensioni, prodotti finanziari[20].
In Danimarca la conciliazione è obbligatoria per le imprese nel settore del turismo in merito ai viaggi e all’alloggiamento[21] e nel settore dei mutui ipotecari[22].
In Estonia l’arbitrato è obbligatorio in materia di assicurazione[23] per le imprese, mentre è volontaria la conciliazione.
In Svezia la mediazione è obbligatoria per le controversie che ineriscono la locazione ad uso commerciale[24].
Con decreto n.138/2000, è stato introdotto in Romania l’art. 720 1[25]a tenore del quale rapporti commerciali in contestazione, quando sono suscettibili di valutazione monetaria, devono essere preventivamente risolti attraverso la conciliazione diretta (conciliere directa) con l’altra parte.
In California se il valore della controversia è inferiore ai 50.000 $[26]si è obbligati partecipare ad un arbitrato obbligatorio, a meno che il giudice non consenta la mediazione[27]; e per valori superiori (v. ad esempio al procedura davanti alla Corte di Santa Barbara) è sempre il giudice che decide, sentite le parti, quale ADR è consono alla natura della controversia[28] e può comunque ordinare una sessione informativa di mediazione.
Non mi pare che i cittadini californiani si sentano meno liberi o pensino che ciò infici i loro diritti costituzionali. In ogni caso sono alle prese con un dato economico: ogni giorno di giudizio costa alla Comunità 3.943 $[29]; ciò di certo frena molte delle elucubrazioni teoriche.
Altra obiezione che viene mossa alla mediazione obbligatoria è che essa non è gratuita come accade per altre procedure obbligatorie che sono o sono state presenti nel nostro ordinamento (ricorsi al CO.RE.COM., tentativo di conciliazione obbligatorio in materia di lavoro ecc.)
In tutta Europa la mediazione è a pagamento: sono esclusi sostanzialmente i settori della famiglia, del lavoro e i procedimenti dei consumatori.
La nostra mediazione civile e commerciale non si applica ai procedimenti dei consumatori: ciò non perché lo abbiamo deciso noi, ma perché lo prevede la direttiva della Commissione 52/08.
La nostra mediazione civile non si applica ai procedimenti di famiglia[30] né ai procedimenti di lavoro[31].
E ci sono comunque in Italia anche crediti di imposta, esenzione totale dal bollo, esenzione dal registro sino a 50.000 € (ed oltre si paga solo sull’eccedenza).
Sono previste esenzioni del pagamento dell’indennità per i meno abbienti con l’unico difetto che il costo è stato addossato semplicemente sugli organismi.
Ed anche le “previsioni di sollievo” per i non abbienti sono in linea con gli altri paesi europei più illuminati: siamo sicuramente tra i paesi più avanzati, anche questo va detto.
Da noi c’è inoltre un incontestabile risparmio di denaro rispetto al giudizio e all’arbitrato; esiste una tabella ministeriale trasparente che regola le indennità da corrispondere agli organismi pubblici e le stesse tabelle degli organismi privati devono essere approvate dal Ministero: i nostri livelli tabellari sono simili a quelli dell’Estonia che di certo non possiede né la nostra economia, né il nostro welfare.
In California per una mediazione obbligatoria le Corti corrispondono al mediatore del panel un costo orario di 100-150$ per le prime tre ore: se le parti vogliono proseguire la mediazione, anche con lo stesso mediatore, le ore successive, che hanno ben diversa tariffazione[32], sono a loro esclusivo carico: per cui i 600 € che sono previsti da noi per lo scaglione che più o meno corrisponde al range della mediazione obbligatoria californiana (25.000- 50.000 $), “rischiano” di renderci fortemente competitivi.
Che il risparmio sia sicuro non ci piove anche in base alla statistica: il nostro paese è al 15° posto in Europa per costi processuali; da noi un processo costa oggi in media 19.000 €, il che non sarebbe gravissimo se non fossimo all’ultimo posto in Europa per i tempi di risoluzione delle liti con ben 2205 giorni di media[33].
Il che significa che i nostri tempi medi di un processo[34] sono quattro volte quelli di qualsiasi altro paese che non voglia utilizzare la mediazione e che se ci fosse la mediazione al cittadino un processo costerebbe un terzo del valore stimato attuale.
Inoltre l’assistenza legale non è obbligatoria in mediazione, almeno per ora (del doman non v’è certezza…), e quindi il costo si può eliminare alla radice o comunque, in regime di facoltatività dell’assistenza, si può ricavare maggior frutto da quelli che sono in realtà i veri balzelli della giustizia, le parcelle dei professionisti che acquistano un peso sempre più soffocante proporzionalmente al tempo necessario per ottenere una decisione.
Ci sono paesi in cui la mediazione obbligatoria od in genere l’ADR obbligatorio è gratuito?
Sì ci sono. Uno di questi casi è la stessa California: però le parti devono scegliere da un panel giudiziario il “neutro” che mette a disposizione la Corte perché diversamente il costo è a carico delle parti. Discorso interessante vige invece per l’arbitrato: la Corte può comunque intervenire di supporto se l’arbitrato è affidato ad arbitri extra panel nel caso in cui si è in presenza di una grave disparità economica tra le parti.
Inoltre in questo paese e possiamo dire in tutti gli Stati Uniti, l’ADR funziona secondo programmi che vengono sovvenzionati dallo Stato: si considera che un programma giudiziario di ADR possa avere successo nel momento in cui vi è un risparmio annuale di almeno 250.000 $[35] e tutti gli operatori (compresi i mediatori) devono contribuire al raggiungimento di questo obiettivo che permette appunto alle Corti di avere programmi di ADR finanziati (v. ad esempio il programma CADRe nella Contea della California).
Non mi pare che in Italia ci siano le condizioni (e la volontà politica) per affrontare l’ADR in modo analogo: non ci sono soprattutto le risorse.
Un’altra obiezione sollevata è quella che il mediatore può fare una proposta che le parti non hanno richiesto e che quindi queste ultime possono perdere il controllo della controversia.
A parte che questa perdita di controllo è il primo frutto incontestabile di qualsiasi processo (od altro strumento aggiudicativo), si può rilevare che in Europa, anche nel settore dei consumatori dove imperano i provvedimenti dei vari ombudsman, si va avanti a forza di provvedimenti che in qualche modo vincolano le parti forti del rapporto: chi non adempie alle raccomandazioni, pareri o delibere dell’autorità si paga in alcune nazioni il procedimento di reclamo ed in altri finisce pure sul “libro nero” del Ministero dell’Economia.
Il magistrato tedesco attuale esamina con le parti il nocciolo della lite, può anche fare domande e alla fine può formulare una proposta di conciliazione che sottopone all’approvazione delle parti. La conciliazione in Germania mira proprio a far sì che le parti coinvolte nella controversia raggiungano un’intesa tramite la formulazione di una proposta di compromesso da parte del conciliatore. Si tenga inoltre presente che nel settore privato si può adire il giudice tedesco solo se non si è accolta la proposta del conciliatore[36].
In Finlandia la commissione per i reclami dei consumatori e quella delle assicurazioni sono tenute ad effettuare un tentativo di conciliazione a seguito del quale può effettuare, in caso di fallimento, una proposta di conciliazione[37].
In Austria la conciliazione in materia di telecomunicazioni può comportare l’effettuazione di una proposta da parte dell’organo deputato[38].
Nei Paesi Bassi ci sono ombudsman che intervengono nelle controversie in primo luogo per trovare una soluzione comune. Se non ci riescono emettono allora un parere non vincolante.
Ciò accade per i reclami contro un provvedimento della pubblica amministrazione[39] od in materia commerciale[40]. Nonostante la non vincolatività però il fornitore accetta nella maggior parte dei casi la decisione dell’ombudsman.
Ci sono poi pareri che sono vincolanti in materia di legge sulle locazioni[41] e con riferimento alle controversie dei consumatori in una quarantina di settori[42].
In Svezia la commissione che si occupa di mediazione in ambito di locazioni commerciali può tentare la conciliazione nell’ambito delle materie per cui decide in luogo del tribunale ordinario. In tal caso se le parti non riescono a conciliarsi in base alla proposta dell’una o dell’altra di esse, e purché non sia evidente che mancano i presupposti per giungere alla conciliazione, la commissione presenta una propria proposta di conciliazione. Se le parti non accolgono tale proposta, la commissione si occupa direttamente della controversia[43].
Da noi accade qualche cosa di meno, perché comunque la proposta, anche quella richiesta dalle parti non è mai vincolante.
Si obietta ancora che in difetto di accettazione della proposta vi è (o potrebbe esserci) un addebito “punitivo” di spese ex art. 13 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, ma questo accade ordinariamente al vincitore di un giudizio civile che non accetti la proposta (Cfr. art. 91 C.p.c.); a ben vedere è una falsa questione nella mediazione italiana, perché contrariamente a ciò che pensa il Ministero della Giustizia ben raramente ci potrà essere coincidenza tra proposta e sentenza.
Le parti del procedimento di mediazione ricorreranno di certo ai ripari imponendo al mediatore di tener conto non solo dei loro diritti, ma anche dei loro interessi, cosa che un giudice non farà mai.
L’idea delle sanzioni relazionate all’abuso del processo è feconda nel 2011 ad esempio in California con riferimento all’arbitrato giudiziario[44].
Ma qui la logica trova corrispondenza nei fatti grazie alla natura dell’istituto aggiudicativo (vincolante o meno) e alla particolare qualifica dei collaboratori della Corte.
Possiamo dire che in California dal 1979 possono essere arbitri i giudici in pensione, i commissionari delegati dalla corte (che sono giudici in pensione od avvocati di grande esperienza) e gli avvocati dello Stato: non deve stupire dunque che ci possa essere coincidenza tra lodo e sentenza del successivo giudizio (trial de novo) che la parte ha deciso “incautamente” di promuovere.
Anche quando il caso sia rimesso in una procedura più elastica dell’arbitrato ad uno special master[45] o ad un referee[46] che può fare alle parti, tra le altre cose, una proposta che può essere recepita in un provvedimento della Corte, vi è una fortissima probabilità che sussista coincidenza tra la proposta e la sentenza del successivo giudizio.
Ma il sistema delineato dal decreto 4 marzo 2010, n. 28, non sembra avere queste caratteristiche, perché non vi è un procedimento aggiudicativo (la proposta del mediatore non lo è mai) e perché il mediatore può avere la più disparata estrazione ed anche in presenza di un giurista, come si è detto, si può facilmente impedire che la controversia abbia un contenuto transattivo paragonabile a quello di una sentenza.
Può anche accadere che il giudice durante il corso del giudizio (primo grado ed appello) chieda alle parti di partecipare ad una mediazione.
Qui la situazione desta forse meno obiezioni perché comunque l’invito del giudice si corona se le parti sono d’accordo ad andare in mediazione: il che ci mette comunque in una posizione di “privilegio” perché nella citata California le parti possono esprimere la loro opinione in relazione al tipo di ADR che preferiscono, ma per il resto il dominus della situazione è il magistrato a cui viene assegnato il caso.
Il decreto legislativo, forse volutamente, non descrive più di tanto la mediazione delegata e consente quindi di supplire alle possibili preoccupazioni ed obiezioni utilizzando, compatibilmente con la nostra legislazione, esperienze straniere di spessore.
Ci riferiamo ad esempio a quella spagnola in tema di mediazione familiare che può essere comunque anche per noi oggetto di uno spunto arricchente: la direttiva 52/08 quando disciplina la mediazione delegata, fa riferimento appunto anche a questo tipo di esperienza.
La mediazione endoprocessuale (mediación intrajudicial) ai sensi dell’art. 770 c. 7 LEC (il Codice di procedura civile spagnolo) si svolge in tre fasi ben definite ed indipendenti.
Si fa riferimento in primo luogo ad una prima comparizione obbligatoria davanti al giudice ai sensi dell’art. 158 C.c.[47]; in essa il giudice deve appunto spiegare alle parti che la mediazione è soprattutto tesa a ripristinare il dialogo, che l’accordo è un di più, che può essere parziale o totale, che comunque ogni accordo implica una qualche rinuncia alle proprie posizioni e che quindi non si dovrà firmare in fretta, ma dopo opportuno confronto con i propri legali, che né il giudice né il mediatore, ma solo i loro avvocati, possono consigliarli in merito ai diritti e alle azioni da intraprendere, perché il dovere del giudice è quello di emettere sentenza se non vi sarà accordo e quello del mediatore esclusivamente di ripristinare la comunicazione, che infine il diritto al processo è comunque integro e non verrà ritardato dalla mediazione.
L’udienzatermina con la redazione di un’informativa che conterrà tutti i dati pertinenti per avviare il procedimento di mediazione e che viene consegnata ai legali e alle parti. Una copia viene trattenuta dal Tribunale.
La seconda fase coincide con la sessione informativa sul concetto di mediazione; si deve innanzi tutto distinguere tra la facoltà di chiedere la sospensione del processo ex art. 92 C.c. per partecipare ad una mediazione e la richiesta al giudice di fissazione dell’udienza informativa, incombente che non sospende il processo: all’esito della sessione informativa poi le parti potranno richiedere una sospensione del processo.
La sessione informativa si svolge in un’aula del Tribunale che deve essere idonea allo scopo, dove si ritrovano il giudice o il cancelliere, le parti, i legali ed il mediatore.
Il giudice od il cancelliere informano le parti ed i loro legali che la mediazione è totalmente volontaria e che si può interrompere (anche il mediatore lo può) in qualsiasi momento senza dover fornire una spiegazione e che ciò non avrà alcuna influenza sulla successiva fasce contenziosa che le parti decideranno di coltivare.
Viene poi spiegato come saranno le future sessioni della mediazione, i principi fondamentali della mediazione (volontarietà e riservatezza), che diritti ed obblighi hanno le parti, che per ogni sessione ci potrà essere una relazione, che l’accordo finale potrà essere omologato dal giudice, che la mediazione ha un eventuale costo[48], che alla mediazione possono partecipare gli avvocati, i bambini, l’eventuale famiglia allargata.
Alla fine di questa sessione viene assegnato alle parti un termine, più o meno lungo a discrezione del mediatore che dovrà condurre la procedura, per decidere se desiderano o meno di iniziare le sessioni di mediazione.
Se le parti aderiscono di solito viene fissata la prima seduta.
In questa sessione viene anche precisato che le parti dovranno chiedere al giudice di sospendere il processo e che in tal caso ci sarà comunque completa salvezza dei diritti processuali.
La terza ed indipendente fase coincide l’effettiva procedura di mediazione, che si impernia su diverse sessioni, con un termine massimo, secondo le leggi regionali che regolano la mediazione di 2 o 3 mesi, rinnovabile per un altro periodo simile.
Le sessioni della mediazione hanno di solito cadenza settimanale. A differenza della sessione informativa non prevedono la presenza dei legali.
Ogni sessione si può chiudere con una relazione informativa redatta però possibilmente con lo stesso linguaggio utilizzato dalle parti. La relazione successivamente verrà elaborata dagli avvocati in termini giuridici[49].
Vero è per concludere che la mediazione se sfruttata al meglio può comportare diversi vantaggi e non vi sono obiezioni che li possano eclissare:
a) riservatezza della procedura: tutto quello che viene detto dalle parti durante la procedura rimane segreto e non può essere utilizzato in un futuro giudizio, né può essere oggetto di testimonianza o giuramento. Il mediatore non può deporre sulla procedura; al contrario il processo civile è di norma pubblico;
b) risparmio di tempo rispetto al giudizio e all’arbitrato: la mediazione dura solitamente poche ore e si esaurisce spesso in un incontro tra le persone;
d) controllo in ogni momento della procedura di risoluzione del conflitto: non c’è un giudice od un arbitro che assumono delle decisioni, ma sono le parti che si autodeterminano in ogni momento e possono anche alzarsi dal tavolo della mediazione senza che ciò li possa in qualche modo pregiudicare;
e) ripristino della comunicazione tra le persone che controvertono: questo è l’unico compito del mediatore;
f) miglioramento del rapporto tra cliente e consulente;
g) arricchimento del rapporto tra i consulenti;
h) eventuale raggiungimento di un accordo che ponga fine al litigio con la massima soddisfazione possibile;
i) creazione tra i medianti di una nuova base per i rapporti presenti e futuri.
Carlo Alberto Calcagno, Il valore delle obiezioni mosse alla mediazione civile e commerciale, 2011, in http://www.mediazioneconciliazione.com/
Si specifica però che tali costi e spese, oltre al compenso dell’arbitro, saranno quelle da sostenersi a partire dal momento della elezione del nuovo processo.
Se la parte che elegge il processo ha proceduto in forma pauperis e non è riuscita a ottenere una sentenza più favorevole, i costi e le spese legali e per i testimoni sono imposte solo nel caso possano compensarsi con gli eventuali risarcimenti concessi a favore di quella parte.
Se la parte che elegge il processo de novo ha proceduto in forma pauperis e non è riuscito a ottenere una sentenza più favorevole, i costi dell’arbitrato sono imposti esclusivamente nella misura in cui resta un importo sufficiente a seguito della deduzione in compensazione effettuata per i testimoni e le spese legali. (Cfr. sezione 1441, 21 Codice di Procedura civile della California).