I nemici della conciliazione

 

Se Cristo non fosse stato crocifisso sotto Tiberio è probabile che avrebbe subito identica sorte sotto Caligola.
L’Evangelista Luca ci racconta che Gesù pronunciò questo parole: “Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico non uscirai di là finché non avrai pagato l’ultimo spicciolo.[1].
Il Salvatore si limitò a descrivere e a raccomandare quel che avveniva da secoli nel mondo romano; ma ne va da sé comunque che dopo queste parole i cattolici che hanno osteggiato la conciliazione o comunque gli strumenti alternativi al giudizio si sono dovuti confrontare anche con la propria fede.
Il Praetor[2] a Roma aveva il compito di prevenire[3] e dirimere[4] le liti, ma poteva darsi che l’accordo tra i litiganti si formasse nel percorso tra il luogo dove il creditore coglieva il debitore ed il tribunale.
Sino a Giustiniano la citazione in giudizio (vocatio in ius) si faceva, infatti, di privata autorità: l’attore sorprendeva il suo avversario in luogo pubblico e gli intimava di andare in giudizio; se questi si rifiutava il creditore chiamava dei testimoni[5], e al loro cospetto poteva prendere il debitore con una mano[6] ; se questi tentava di fuggire, poteva mettergli tutte e due le mani addosso e trascinarlo nel Foro[7]: nel tragitto dunque poteva capitare che i contendenti stringessero un accordo.
Tuttavia la difficoltà della citazione per atto privato e le limitazioni col tempo apposte[8], il desiderio di sottrarsi al diritto e al rigore delle formule, fecero nascere presso i Romani l’uso di tentare la conciliazione in casa propria o di un congiunto o di un giureconsulto.
Qui esponevano le proprie ragioni e finivano per lo più di intendersi e conciliare con equità[9].
E anche se tale tentativo domestico non andava a buon fine si poteva appunto fruire dei buoni uffici del Pretore[10].
Questo era lo stato dell’arte descritta e caldeggiata da Gesù, ma torniamo a Caligola.
Continua a leggere…I nemici della conciliazione ultimo 


[1]            Luca 12, 58-59.
[2]            In origine con il termine Praetor si intendeva qualunque magistrato e quindi anche i consoli che conducevano l’esercito,  ma avevano anche la potestà di  giudicare (Praeibat iure et exercitu;  Varrone,  De ling. Lat.  Lib. 4, c. 14 et 16).  Tuttavia erano sempre fuori Roma per le campagne militari e allora nel 387 a. C. si istituì in Roma il magistrato che da quel momento in poi mantenne questo nome.
[3]            Cod. Iust., Novella 17 e passim.
[4]            Dig., Lib. 21, De rebus creditis.
[5]            Sempre che il convenuto non fosse un infame, perché in tal caso di testimoni non ce n’era bisogno. Erano infami ad esempio gli attori o i giocolieri.
[6]            Ut invitum obtorto collo ad tribunal rapere posset. Procedura analoga avevamo in Atene come ci ricordaC. CANTÙ, Appendice alla Storia Universale, vol. Unico Delle Legislazioni, Pomba & C., Torino, 1839,p. 115che dice essere necessari i testimoni per attestare la regolarità della citazione; tuttavia ad Atene non si poteva costringere un cittadino a partecipare ad un giudizio, salvo per i delitti per cui era previsto l’arresto.
[7]            Ma se il convenuto era malato o vecchio, l’attore doveva mettergli a disposizione un carro trainato da giumenti.
[8]            Il pudore delle matrone esigeva un riguardo, quindi chiamate in giudizio non era lecito metter loro le mani addosso, né si poteva chiamare in giudizio le donzelle impuberi sotto l’altrui potestà soggette (L. 22, in princ. D. de in ius vocando). La giurisprudenza esentava poi dall’obbligo di comparire colui che dimorava in casa, cosicché l’attore non poteva citarlo nel suo proprio domicilio, ma doveva attenderlo allorché ne usciva («Plerique putaverunt, dice la I. 18. D. de in ius vocando, «nillum de domo sua in ius vocari licere: quia domus tutissimum cuique refugium alque receptaculum sii : cumque qui a inde in ius vocaret vim inferro videri«); non si poteva citare un contadino al tempo della vendemmia per non distrarlo dal lavoro dei campi; particolari categorie (donne, magistrati) potevano dare delle garanzie e promettere che sarebbero comparse in giudizio, pena anche una multa: a quel punto era esclusa qualsiasi tipo di costrizione fisica. V. G. ARCERI, Storia del diritto, volume unico, Stabilimento Tipografico Perrotti, Napoli, 1853, p. 320-21.
[9]            V. L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria cit. p. 40. “E più tardi prima di disaminare la causa avanti al pretore, si tentava sempre un amichevole accordo tra le parti: Duae experiundae viae, una summi iuris, altera inter parietes, Coloro che usavano del primo mezzo, dice il Noodt, usavano del rigore del diritto, e gli altri si mostravano più dolci ed umani: ita potuit actor dare. Humanitati, nec minus licuit ei aliter agere summo iure (Tract. De pactis ed transact., cap. I, pag. 399 e 400)” P. S. MANCINI, G. PISANELLI, A SCIALOJA, Commentario del Codice di Procedura civile per gli Stati sardi, volume I parte II, Presso l’Amministrazione della Società Editrice, Torino, 1857, p. 109. Cfr. Orazio, Libro II epistola I.
[10]           Dig., Lib. 13, § 3, De usufructu ecc.

Informazioni sulla mediazione civile e commerciale (decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)

La mediazione civile e commerciale non è una peculiarità del nostro paese: esiste in quasi tutti i paesi dell’Unione Europea (grazie anche ad una direttiva comunitaria – la 52/08 – che ne ha prescritto l’uso nelle controversie transfrontaliere) ed in tantissimi paesi del mondo ( cfr. http://ec.europa.eu/civiljustice/adr/adr_gen_en.htm; https://e-justice.europa.eu/ ).

Ad essere più precisi possiamo dire che dal punto di vista storico nasce prima la mediazione del processo.

In Italia dal 20 di marzo 2011 le persone che vorranno promuovere giudizio in alcune materie[1] dovranno partecipare ad una mediazione.

Potrà anche accadere che il giudice durante il corso del giudizio (primo grado ed appello) chieda alle parti di partecipare ad una mediazione.

Partecipare ad una mediazione non significa assolutamente che le persone debbano trovare un’intesa e che vi sia comunque un contenuto precostituito dell’eventuale accordo.

Partecipare ad una mediazione significa fare un’esperienza che può arricchire la persona.

Non a caso la Suprema corte della California scrive sul suo sito che questa esperienza può essere utilmente fatta prima di ricorrere ad un giudizio o all’inizio del giudizio stesso (“Because of these potential advantages, it is worth considering using ADR early in a lawsuit or even before you file a lawsuit”.).

La mediazione se sfruttata al meglio può, infatti, comportare diversi vantaggi:

a) riservatezza della procedura: tutto quello che viene detto dalle parti durante la procedura rimane segreto e non può essere utilizzato in un futuro giudizio, né può essere oggetto di testimonianza o giuramento. Il mediatore non può deporre sulla procedura; al contrario il processo civile è di norma pubblico;

b) risparmio di tempo rispetto al giudizio e all’arbitrato: la mediazione dura solitamente poche ore e si esaurisce spesso in un incontro tra le persone;

c) risparmio di denaro rispetto al giudizio e all’arbitrato; c’è una tabella ministeriale trasparente che regola le indennità da corrispondere agli organismi pubblici e le stesse tabelle degli organismi privati devono essere approvate dal Ministero;

d) controllo in ogni momento della procedura di risoluzione del conflitto: non c’è un giudice od un arbitro che assumono delle decisioni, ma sono le parti che si autodeterminano in ogni momento e possono anche alzarsi dal tavolo della mediazione senza che ciò li possa in qualche modo pregiudicare;

e) ripristino della comunicazione tra le persone che controvertono: questo è l’unico compito del mediatore;

f) miglioramento del rapporto tra cliente e consulente;

g) arricchimento del rapporto tra i consulenti;

h) eventuale raggiungimento di un accordo che ponga fine al litigio con la massima soddisfazione possibile;

i) creazione tra i medianti di una nuova base per i rapporti presenti e futuri.

Le persone che partecipano ad una mediazione devono però conquistare e mantenere uno spirito collaborativo e così devono fare anche i loro consulenti.

Non a caso si dice che la nuova legge sulla mediazione (decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28) tende a moralizzare le persone perché si decidano ad affrontare seriamente e personalmente i loro problemi.

Se vuoi conoscere maggiori particolari sulla figura del mediatore e su come opera http://www.formedicomunicazione.com/il_mediatore_civile_e_commerciale.htm

Se vuoi conoscere maggiori informazioni sulla mediazione nelle materie che sono oggetto di partecipazione obbligatoria
http://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=2053

Se vuoi leggere un commento storico-giuridico delle norme del decreto legislativo sulla mediazione
http://www.filodirittoeditore.com/index.php?p=libri&lid=10

Se vuoi conoscere maggiori informazioni sul regolamento di attuazione della procedura
http://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=2082

Se vuoi conoscere maggiori informazioni sulla storia della conciliazione e della mediazione clicca qui

http://www.iusreporter.it/dblog/articolo.asp?articolo=281

http://www.civile.it/news/visual.php?num=76700

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