Parte la risoluzione delle controversie online di consumo

Può essere presentato reclamo da un consumatore contro un professionista e da un professionista contro un consumatore

Sono undici gli stati che hanno comunicato alla commissione i propri organismi di ADR.

Si tratta di: Croazia, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna

Non tutti i settori però sono sono coperti da organismi e dunque come consumatore non è detto che ci sia la possibilità di utilizzare la piattaforma per risolvere una controversia con i commercianti dei paesi sopra indicati.

L’elenco degli organismi comunque si può rinvenire alla pagina:

https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.adr.show

Per l’Italia gli organismi di ADR sono i seguenti:

  • ADR Center srl Italia Ulteriori informazioni
  • Concilia s.r.l. Italia Ulteriori informazioni
  • ODCEC Medì Italia Ulteriori informazioni
  • Organismo di conciliazione paritetica Consorzio Netcomm – Associazioni di consumatori Italia Ulteriori informazioni
  • Organismo di conciliazione paritetica TIM Telecom Italia SpA – Associazioni di consumatori Italia Ulteriori informazioni
  • Organismo di conciliazione partitetica Wind Telecomunicazioni SpA – Associazioni di consumatori Italia Ulteriori informazioni
  • SICOME SC

L’indirizzo multilingue della piattaforma  si può trovare su:

https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.home.chooseLanguage

Il link in lingua italiana per risolvere online le controversie di consumo si può trovare all’indirizzo:

https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.home.show&lng=IT

L’indirizzo per informarsi su come funziona il tutto si può trovare in:

https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.complaints.timeLine

Attualmente non sono disponibili punti di contatto nazionali nei seguenti paesi: Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Polonia, Romania

Per trovare gli indirizzi dei punti di contatto nazionali si clicca sul seguente link:

https://webgate.ec.europa.eu/odr/main/index.cfm?event=main.complaints.odrList

Il consulente del punto nazionale di contatto può:

a) rispondere alle domande e aiutare a presentare il reclamo.

b) aiutare a comunicare con il commerciante e/o con l’organismo di risoluzione delle controversie che tratta il reclamo

c) aiutare a presentare il reclamo (indicando anche i documenti da allegare)

d) dare informazioni generali sui diritti del consumatore (o del commerciante)

e) consigliare su altri mezzi di risoluzione delle controversie se la procedura ODR non funziona.

La conciliazione in Perù

Nel paese si parla di conciliazione, ma in realtà si tratta oggi di mediazione secondo i nostri canoni, dato che il conciliatore può fare “eventualmente” una proposta ed utilizza le stesse tecniche negoziali del mediatore nostrano.
A livello storico il primo documento che la riguarda attiene alla Constitución de Cádiz del 1812[1]: si trattava di una conciliazione obbligatoria operata dall’Alcalde.
Da ultimo se ne occupa la Ley de Conciliación N° 26872 del 12 novembre 1997[2] che è stata modificata da ultimo il 5 giugno 2012 dalla Ley Nº 29.876[3].
Vi sono poi da considerare tre regolamenti la cui lettura è importante per capire pienamente il sistema:
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 004-2005-JUS )[4];
  • Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 014-2008-JUS)[5];
  • Modifican el Reglamento de la Ley de Conciliación (Decreto Supremo Nº 006-2010-JUS)[6].
La conciliazione extragiudiziale è in Perù obbligatoria da oltre 200 anni.
E’ volontaria con riferimento all’accordo, ma non alla partecipazione.
Inizialmente era condizione di procedibilità per tutte le materie inerenti i diritti disponibili.
Il regolamento del 2005 recita che le parti possono disporre dei loro diritti in conciliazione fino a quando ciò non influisce su norme imperative o quando gli accordi sono contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
I diritti disponibili possono essere o meno suscettibili di valutazione economica.
Tra il 1999 ed il 2001 si sono specificati alcuni casi di volontarietà: chiamato con domicilio all’estero, quando fossero coinvolte le garanzie costituzionali o ancora per i processi cautelari[7]. Nel 2001 di sono aggiunti i casi in cui siano coinvolti beni degli incapaci, di violenza familiare e i giudizi nei quali lo Stato è parte.
Dal giugno 2012 si sono enucleati altri casi in cui essa è solo volontaria:
1) nel processo di esecuzione;
2) nella opposizione di terzo;
3) nella usucapione: questa indicazione è interessante e forse dovrebbe essere presa a modello anche dal nostro legislatore;
4) nel processo che investe i diritti di prelazione dei comproprietari;
5) impugnazione di convocazioni di assemblea generale da parte di soci od associati;
6) impugnazione delle delibere assembleari delle società;
7) nel processo contenzioso amministrativo:
8) nel processo inerente pensioni alimentari e rapporti di famiglia ove i diritti siano disponibili: anche quella che noi definiamo mediazione familiare è dunque volontaria (i conciliatori specializzati in materia di famiglia sono 315[8]);
9) per il risarcimento dei danni in caso di reati o contravvenzioni ambientali.
Evidentemente la pratica ha portato a circoscrivere l’obbligatorietà. Al momento è esclusa dall’obbligo la materia del lavoro che potrà andare in conciliazione solo sui diritti disponibili.
I delitti e le contravvenzioni penali non sono conciliabili a meno che non si tratti del semplice risarcimento per cui però non si deve aver azionato il procedimento giudiziale.
Per il resto è necessario sedersi attorno al tavolo[9].
La conciliazione viene nel paese condotta dai Giudici pace o dai Centri di conciliazione.
In realtà in Perù si distingue tra giudici di pace non giuristi (Juzgados de Paz) e giudici di pace avvocato (Juzgados de Paz Letrados).
I primi non giudicano secondo diritto, ma secondo giustizia ed equità e sono dislocati nelle zone difficili da raggiungere; hanno una competenza residua rispetto ai Juzgados de Paz Letrados e i loro provvedimenti sono impugnati davanti a questi ultimi.
Si parla in Perù di conciliazione strutturata e dunque non si può fare il conciliatore (se non si è giudice di pace) se non si è accreditati presso un Centro di conciliazione.
Il Centro di conciliazione (pubblico o privato)[10] può essere costituito da una persona fisica o da una giuridica, deve essere senza scopo di lucro e deve avere come finalità la conciliazione.
Il Centro di conciliazione deve essere accreditato al Ministero della giustizia[11].
E’ previsto anche un registro dei conciliatori, ma non è allo stato raggiungibile via internet.
La conciliazione è gratuita ed onerosa, quando è onerosa viene pagata dal chiamante a meno che a verbale non si stabilisca una ripartizione diversa dei costi. Davanti ai giudici di pace è condotta a seguito del pagamento di tassa amministrativa.
La conciliazione deve tenersi entro trenta giorni dalla domanda, ma il termine è prorogabile su richiesta delle parti.
L’accettazione del conciliatore avviene nelle 24 ore dal deposito ed è a suo carico la convocazione delle parti per la sessione.
La prescrizione e la decadenza sono sospese dalla domanda.
La partecipazione alla sessione è personale, salvo che la legge non preveda l’obbligo di rappresentanza legale (i casi sono quelli della persona giuridica e del domiciliato all’estero: la procura è in queste ipotesi notarile).
Interessante è che la conciliazione si chiude se entrambi le parti non partecipano a due sessioni consecutive; se una sola parte non partecipa ad una sessione sussiste un obbligo di seconda convocazione.
Particolare è la sottoscrizione del verbale che viene effettuata non solo con la firma, ma pure con l’impronta digitale e quando le parti non sanno firmare soltanto con l’impronta digitale.
L’accordo ha efficacia esecutiva e viene parificato alla sentenza.
La formazione dei conciliatori è a carico della Scuola Nazionale di Conciliazione presso il Ministero della Giustizia e dei Centri per l’Istruzione e la formazione di facilitatori debitamente autorizzati dal Ministero della Giustizia (alla fine del 2015 erano 37[12]).
I conciliatori devono ricevere una formazione sulle tecniche di negoziazione e sui mezzi alternativi (generale e specializzata) e sono soggetti ad un periodo di affiancamento[13].
Quelli che non sono giuristi devono partecipare ad un modulo supplementare di diritto che è generale e non riguarda la sola conciliazione.
I formatori possiedono particolari caratteristiche perché devono partecipare a corsi di formazione (anche continua), avere una esperienza almeno di un anno nella formazione degli adulti, essere conciliatori ed aver condotto almeno 12 conciliazioni con esito positivo.
Il Ministero vigila sui centri di conciliazione: il sistema è dunque simile a quello italiano e i Centri di conciliazione hanno obblighi analoghi a quelli dei nostri organismi, anche con riferimento alla statistica.
Ogni Centro di conciliazione deve avere nel suo organico un avvocato che supervisioni la legalità degli accordi. Anche il conciliatore se è avvocato può svolgere un duplice ruolo, ma il Ministero ne deve essere informato.
[1] F. Martín PINEDO Aubián, EVOLUCIÓN HISTÓRICA Y NORMATIVA DE LA CONCILIACIÓN EN EL PERÚ in
[7] Qui la conciliazione può avvenire solo se il deposito della domanda viene eseguito nel termine di 5 giorni dalla richiesta della misura.
[9] Una splendida monografia sul lavoro del conciliatore peruviano si può trovare inhttp://www.monografias.com/trabajos27/conciliacion-peru/conciliacion-peru.shtml

L’impasse in mediazione

Secondo il mediatore australiano Robert Angyal sono cinque le qualità che contraddistinguono il buon mediatore:
1) La capacità di mantenere la riservatezza
2) l’ottimismo
3) la persistenza
4) la pazienza
5) la capacità di evitare l’impasse
In un articolo dell’agosto scorso ci spiega mirabilmente ed in dettaglio il quinto punto.
E conclude che per selezionare il mediatore sarebbe opportuno chiedergli preventivamente:”Ha esperienza nell’evitamento dell’impasse?”.
Se il mediatore non sa di che cosa si parla è meglio affidarsi ad altre mani.
L’impasse può riguardare tre momenti: l’inizio della trattativa (Front-End), il suo corso (Mid-mediation) e la parte conclusiva (quest’ultimo momento lo definisce l’ultimo gap, Last-gap).
In Australia e più in generale nel mondo di derivazione anglosassone le parti di un conflitto, sia esso vissuto in mediazione oppure nel processo, sono abituati a farsi delle offerte.
Curiosamente invece nelle legislazioni europee le offerte delle parti non sono contemplate, mentre è contemplata quella del mediatore che invece nel mondo anglosassone attiene di regola alla conciliazione così come ci insegna l’UNICITRAL nelle Model law.
Conseguentemente nel mondo anglosassone l’impasse riguarda proprio l’effettuazione dell’offerta e l’incontro dei consensi sulla stessa.
Le dinamiche da impasse descritte comunque si presentano anche da noi.
All’inizio della mediazione l’impasse si può determinare perché ogni parte è convinta che sia l’altra a dover avanzare un’offerta oppure può accadere che la parti si facciano un offerta, ma pensino:”Siamo così lontani” e possano aggiungere 4 considerazioni
1) mi rendo conto che questa mediazione è uno spreco di tempo,
2) il mio interlocutore non sta negoziando in buona fede,
3) vedo che ho fatto bene a consigliare al mio cliente di non partecipare alla mediazione (per l’avvocato rappresentante),
4) le mie istruzioni dicono di concludere la mediazione a meno che l’altra parte non ritiri immediatamente questa offerta e faccia un’offerta più ragionevole (per l’avvocato rappresentante).
Questo impasse secondo Angyal sarebbe determinato dal fatto che le parti vorrebbero tracciare l’ambito del setting negoziale, ma che ognuna di loro sia portata a pensare che ad una propria offerta significativa corrisponderà una risposta negativa dell’altra parte e che ciò non possa che determinare una forte riduzione dello spazio negoziale.
Il buon mediatore dovrebbe spiegare alle parti questo meccanismo perché solo la conoscenza può portarle al superamento. In particolare dirà che:
1) fare una prima offerta non è poi un fatto miracoloso,
2) dato che nessun buon negoziatore la prenderebbe sul serio e nessun buon negoziatore si aspetterebbe che la sua prima offerta sia presa seriamente,
3) che le prime offerte servono soltanto ad avviare una contrattazione,
4) che può essere saggio fare una offerta di principio (quella che da noi è la posizione tracciata dall’avvocato sulla base ad esempio del risarcimento previsto da una tabella ecc. e che si esplica in citazione), non irragionevole, per tracciare il solco delle altre offerte (se ogni parte, infatti, parte dal presupposto che l’altra parte effettua proposte campate in aria la mediazione non può procedere).
Il secondo tipo di impasse (Mid-mediation) si verifica quando le parti pensano: “Sono le due e mezzo del pomeriggio, siamo qui dalle 10 del mattino e non ne verremo mai a capo e dunque riteniamo di chiudere”.
La causa dell’impasse è determinata dal fatto che una delle parti ha dimenticato quanto il mediatore ha spiegato all’inizio della procedura, ossia che ci vuole del tempo per spiegare come è nata la controversia; per chiarire i malintesi; per esplorare gli interessi delle parti; per effettuare il brainstorming su come questi interessi possano essere soddisfatti in tutto o in parte; per formulare le offerte; per prendere in considerazione le offerte e fare contro-offerte; e per venire a patti con l’idea che il compromesso è necessario per evitare il rischio di un risultato deteriore da processo od arbitrato.
Un mediatore efficace ricorderà quindi alle parti perché serve tempo ed aggiungerà trasudando ottimismo che:
1) “E ‘molto comune che si arrivi alle due e mezzo senza molti progressi evidenti. L’ho visto molte volte in passato.
2) Pensate soltanto a quale livello avete raggiunto in termini di chiarificazione del problema per preparare il terreno di una intesa.
3) Se continuare a negoziare in questo modo, c’è un’alta probabilità che possiate raggiungere una intesa”.
Il terzo tipo di impasse si verifica quando alla fine della negoziazione le parti dichiarano di non avere più offerte da avanzare, di avere raggiunto la massima concessione (“bottom line” per il chiamante e “top dollar” per il chiamato).
Le cause di questo impasse sono svariate:
1) La riluttanza a perdere alla fine nel conflitto o nel rapporto (the last dance).
2) “Ho già offerto troppo” (“Non sono disposto a dare quest’ultima goccia”; the last straw)
3) Gli avvocati sentono di dover dimostrare il loro valore continuando ad essere aggressivi.
Il mediatore efficace ha a disposizione diverse tecniche:
1) Spiegare la difficoltà della scelta di ogni parte concentrandosi sulle loro BATNA e cercare di convincerli che è meglio accordarsi piuttosto che combattere in tribunale.
2) Dividere la differenza.
3) Espandere la torta.
4) Trasferire l’ultima decisione ad un terzo.
5) Considerare la possibilità di avanzare scuse che può rendere l’ultimo sforzo meno costoso.
6) Affidare alla sorte l’ultima decisione (ad esempio tirare una moneta).

Spunti di riflessione per mediatori e non

BATNA

I grandi formatori di mediazione insegnano che le persone di fronte alla domanda: “Cosa farà se non raggiungerà un accordo oggi?”  spesso  non sanno nemmeno di avere una migliore alternativa all’accordo e quindi non proferiscono parola. E qui interviene il mediatore che appunto le può aiutare a trovare questa alternativa.

C’è però anche un’altra possibilità: le persone appartengono grosso modo a due categorie: 1) chi raggiunge i propri obiettivi 2) chi non li raggiunge. Chi raggiunge gli obiettivi non si preoccupa di rispondere alla domanda dell’avvocato del diavolo anche se conosce la risposta, perché nella sua testa ci sono già varie opzioni per raggiungere ciò che si prefigge. Chi non  raggiunge gli obiettivi invece non sa che cosa rispondere alla domanda, si affida ad un’unica opzione “vincere in giudizio” ed è per questo che probabilmente perderà. Il fatto di vincere nel processo, infatti, non costituisce raggiungimento dell’obiettivo, ma è solo un surrogato della incapacità di raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissi e non sarà vissuto bene (spreco di tempo, di denaro e di risorse fisiche e psicologiche). Una strategia vincente deve essere vissuta con gioia e in modo costruttivo, diversamente anche se la vittoria arriva, in realtà si tramuterà una sconfitta.

TIME LINE

Quando in sessione congiunta la parte o l’avvocato esprimono il loro punto di vista sentono dentro di loro di essere centrati sulla realtà.

Questa sensazione che suscita in loro quasi un senso di euforia, di grandiosità e che sfocia nel tentativo di svalutare l’altro (e/o di svalutare se stessi a secondo dei momenti dell’interazione), è in realtà semplicemente una contaminazione dello stato adulto con lo stato bambino (quando non una doppia contaminazione bambino-genitore della loro capacità di affrontare la realtà, ossia di essere adulti).

In terapia si cerca di neutralizzare le contaminazioni, di separare gli stati dell’IO e di capire che bisogni desidera soddisfare ogni stato.

In sessione riservata di mediazione si cerca di separare le credenze contaminanti del bambino (è tutto mio!) e del genitore (me lo ha detto l’avvocato: messaggio spesso non espresso a parole) appunto dai veri interessi che l’adulto qui e ora ci manifesta confrontandosi con la realtà (ma veramente io vorrei…).

Ma la tenacia delle credenze infantili e degli slogan genitoriali che sono dentro di noi è potente. E il mediatore che sa di avere in mano un adulto fragile (quello della parte), si affida dunque alla domanda dell’avvocato del diavolo (“Ma che cosa accade se oggi non chiude con un accordo?”).

Di fronte a questa domanda di un adulto (il mediatore) il bambino altrui gli muove guerra e cerca un alleato nel genitore (l’avvocato) contro l’adulto (il suo e quello del mediatore).

Spesso in altre parole aderisce allo slogan della figura genitoriale di riferimento (nel nostro caso rappresentato dall’avvocato) con la sua credenza infantile, determinando quella che si chiama convinzione di copione: “Se si va in giudizio vinco perché l’avvocato mi ha detto che ho ragione (contaminazione del genitore che proviene dall’avvocato) ed io ho sempre avuto ragione, quindi vinco senza alcuno sforzo (economico, psicologico, di tempo ecc; credenza del bambino tipo quella che avevamo all’università: “per questo esame ci vogliono tre mesi, ma no io lo studio in 15 giorni” perché sono più furbo degli altri ).

Il messaggio in estrema sintesi è:”La convinzione di aver ragione manifestata con aggressività mi ha aiutato da piccolo a sopravvivere e mi aiuterà anche ora senza particolari inconvenienti”.

Che cosa può fare allora il mediatore?

Una time line con cui aiuta il soggetto ad intravedere una via di uscita dal conflitto e allo stesso tempo gli fa toccare per mano quanto può essere pesante nel tempo mantenere fede alla doppia contaminazione.

Chi media può dunque cedere al desiderio di uscire dalla controversia e nel contempo di affrontare la realtà.

I DIRITTI

Quelli che gli uomini chiamano diritti sono spesso semplicemente strategie derivanti da pensieri, emozioni e comportamenti parassiti ovvero non autentici. Gli avvocati che non hanno intenzione di studiare le discipline psicologiche possono continuare a crogiolarsi nella convinzione di essere paladini della giustizia, ma sappiano che spesso alimentano semplicemente strategie che i loro clienti hanno imparato quando erano lattanti e che non hanno più alcun contatto con la realtà. Certo la segretaria e le bollette vanno pagate e dunque va benissimo che il cliente dica “Piuttosto che darli a te, li do all’avvocato”, ma non ci saranno mai cambiamenti degli individui che possano migliorare la società. Lo stesso vale purtroppo per i mediatori che sono costretti a rimettersi alla volontà delle parti in modo notarile, senza indagare quel che può esserci sotto ( se il sistema lo rende inevitabile va cambiato).

La mediazione italiana in numeri all’8 agosto 2015

L’Italia possiede, come è noto, un registro statale che è pubblico in relazione a organismi di mediazione[1], enti di formazione[2], mediatori[3] e formatori[4].

All’8 agosto 2015 sono censiti 18528 mediatori, 602 organismi di mediazione (di cui 130 cancellati), 226 enti di formazione (di cui 41 cancellati) e 931  formatori.

E dunque gli organismi di mediazione attivi sono 472 e gli enti di formazione 185. Questi numeri non si ritrovano in alcun paese europeo.

Dal registro italiano si possono ricavare utili informazioni, ad esempio in relazione alla preferenza dei mediatori per organismo: il regolamento ministeriale consente l’iscrizione sino a 5 organismi, ma a quanto pare non sono stati molti ad iscriversi a due o più organismi; il 90,18% dei mediatori ha optato per un solo organismo.

Il dato potrebbe aprire  a diverse considerazioni. Ad esempio si potrebbe notare che tra i mediatori e gli organismi c’è un vincolo fiduciario molto solido e dunque le norme e le circolari sulla incompatibilità che tendono ad evitare che un soggetto possa agire come rappresentante od assistente presso l’organismo di cui è mediatore, non sembrano tener conto della realtà del fatto.

In altre parole se 17610 mediatori non hanno inteso proporsi ad altri organismi significa che per varie ragioni hanno piena fiducia soltanto nel proprio: non si comprende pertanto per quale bizzarro motivo nella qualità di rappresentanti od assistenti dovrebbero scegliere un altro organismo e mettere i propri clienti in mano ad un ente che non conoscono o di cui non hanno fiducia, tenendo presente che c’è pure un vincolo di competenza territoriale che restringe le opzioni possibili.

Il CNF ha precisato in un comunicato stampa un paio di giorni fa che “Il Guardasigilli ha confermato inoltre che, così come già richiesto dal CNF, sarà oggetto di immediata rivalutazione qualsiasi interpretazione destinata a comprimere in maniera ingiustificata la operatività degli organismi di mediazione degli Ordini, e l’attività in essi svolta dagli avvocati“.

Vedremo se alle parole seguiranno i fatti. Intanto la tabella che segue si diffonde sul particolare della diffusione dei mediatori negli organismi.

Organismi Mediatori Percentuale
0 organismi 100 0,53%
1 organismo 16.710 90,18%
2 organismi 1487 8,02%
3 organismi 187 1,00%
4 organismi 35 0,18%
5 organismi 8 0,04%
6 organismi 1 0,05%
Totale 18528

Mi pare poi curioso che siano iscritti nel registro ben 100 mediatori che non appartengono ad alcuno organismo: l’unica ipotesi che mi sento di fare è che una volta iscritti i loro organismi siano venuti meno; se non fosse così vorrebbe dire che iscrizione al registro e pratica della mediazione sono fattori distinti. Quest’ultima ipotesi comporterebbe la fine della mediazione amministrata che peraltro da molti è auspicata

Un altro dato interessante riguarda la distribuzione dei formatori per ente di formazione.

Il dato più rilevante credo riguardi il fatto che il 73,89% dei formatori hanno scelto un solo ente di formazione. Qui però la percentuale va vista a rovescio nel senso che la formazione italiana in mediazione appare circoscritta ad una trentina di nomi (peraltro molto conosciuti nell’ambiente) che dunque hanno anche una responsabilità in merito. Qui sotto si può trovare il dettaglio numerico.

1 ente di formazione 688 73,89%
2 enti di formazione 121 12,99%
3 enti di formazione 53 5,69%
4 enti di formazione 31 3,32%
5 enti di formazione 18 1,93%
6 enti di formazione 8 0,85%
7 enti di formazione 4 0,42%
8 enti di formazione 2 0,21%
10 enti di formazione 1 0,10%
11 enti di formazione 2 0,21%
14 enti di formazione 2 0,21%
17 enti di formazione 1 0,10%
Totale 931

Concludo con una considerazione sull’età dei mediatori.

Da un campione di 1000 mediatori italiani risulta che hanno un’età compresa tra i 31 e i 61 anni. Il numero dei mediatori più rilevante riguarda coloro che hanno 39, 40 e 50 anni.

Le considerazioni che in passato sono state fatte, specialmente da una parte dell’avvocatura, in merito all’inesperienza dei mediatori sono quindi del tutto prive di fondamento.

[1] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX

[2] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx

[3] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX

[4] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboFormatori.aspx

MEDIAZIONE ITALIAN STYLE di Simona Sofra

mediazione Italian Style

MEDIAZIONE ITALIAN STYLE

Il metodo ADR nasce negli USA all’inizio del 900 e si sviluppa nel tempo adottando criteri tecnico-scientifici su come negoziare al meglio. In particolare sorge negli USA una vera e propria scienza di risoluzione e prevenzione dei conflitti fino alla realizzazione di un corso base specifico che è arrivato sino a noi, quindi diffusissimo, che ha stigmatizzato il metodo ADR.

I principi scientifici del metodo ADR si sono rivelati però, rispetto ad un paese come il nostro, privi di originalità, di creatività di fantasia, tutte caratteristiche tipicamente italiane. Un metodo alternativo di risoluzione dei conflitti, affinché funzioni nel nostro paese, deve trovare la sua giusta “sistemazione” nel senso che il Mediatore professionista dovrà far combaciare quel metodo alternativo di risoluzione del conflitto con le caratteristiche proprie, e direi “uniche”, del nostro paese.

Non è possibile infatti dimenticare il nostro folklore, le nostre origini né le nostre esigenze profondamente diverse dai paesi anglosassoni, e soprattutto americani. Ecco perché, e lo sottolineo ancora,  il Mediatore professionista deve prestare una speciale attenzione alle parti e nella mediazione internazionale, pur rimanendo imparziale, non sottovalutare mai le  pecularietà specifiche della nostra cultura particolarmente nel comportamento adottato dalla parte in mediazione.

Noi italiani siamo molto orgogliosi di tutta la produzione made in Italy ed è un marchio che difendiamo tenacemente. Allo stesso modo siamo sempre pronti al giudizio, alla critica sia riguardo situazioni private e personali sia riguardo a circostanze che ci vedono coinvolti professionalmente. Ma ugualmente anche i nostri valori sono unici e sostanzialmente diversi da quelli di altri paesi soprattutto nel peso e nel valore che diamo  per esempio alla casa di proprietà, alla famiglia, alla difesa dei nostri figli fino a mantenerli a vita; tutte situazioni che nei paesi limitrofi vengono valutati in altro modo, senza parlare poi degli USA.

Il nostro modo unico di parlare, gesticolare, intraprendere trattative, insomma di essere, mi ha portato a pensare che un metodo come l’ADR, sicuramente valido ed efficace, deve essere adattato ad un popolo come il nostro. E ciò può essere fatto solo dal Mediatore nominato in una procedura di ADR.

Nella mediazione internazionale che mi ha visto protagonista come avvocato della parte italiana attivante, si discuteva circa la restituzione di somme che la mia assistita aveva anticipato per la manutenzione di una casa ricevuta in comodato di uso gratuito dai proprietari tedeschi. Deceduti i proprietari con i quali aveva un rapporto amichevole e cordiale, i figli succeduti nella proprietà hanno atteso la risoluzione del contratto e hanno manifestato la loro volontà di non voler rinnovare il contratto tacitamente. Per la restituzione delle somme richiedevano i documenti giustificativi di spesa. Tutto ciò a mezzo raccomandata a/r.

La devozione di questa signora per questa casa non sua derivava dal fatto che l’immobile era stato costruito dalla madre e lei ci era cresciuta sino all’età adolescenziale, quindi tanti ricordi la legavano a quel luogo. Era chiaro che la sua richiesta andava ben oltre il rimborso delle spese, poiché quel modo freddo di comunicare la risoluzione contrattuale e quel modo violento di allontanarla improvvisamente da quella casa l’avevano destabilizzata. Questo legame però non era assolutamente compreso dai proprietari tedeschi forse proprio in virtù del fatto che  è inusuale per loro poter avere un attaccamento emotivo così grande ad un luogo.

La funzione del mediatore professionista in questo caso è importantissima poiché deve essere capace prima di tutto di provare empatia al fine di sentire e provare le stesse emozioni della parte e per provare empatia deve avere un ascolto attivo, cioè attento. Tutto ciò è necessario per portare all’altra parte le stesse emozioni e riuscire con le parti a raggiungere BATNA,  Best Alternative to a Negotiated Agreement – ovvero MAAN Migliore Alternativa all’Accordo Negoziale – affinché il tutto non si risolva in un mero richiedere – dimostrare – dare, come sarebbe potuto tranquillamente accadere in Tribunale. BATNA è il potere del Mediatore.

La differenza infatti con l’intraprendere un’azione giudiziale risiede proprio nel fatto che il giudice in quanto rappresentante dell’istituzione, applica la legge in maniera asettica, incurante del vero interesse sottostante delle parti. Capita infatti che, pur ottenendo un risultato positivo, spesso la parte non sia soddisfatta e ciò perché il conflitto rimane, anzi magari si accentua con l’ottenimento del risultato positivo della controparte. Tutto ciò è tanto più vero se pensiamo che l’incontro di mediazione raggiunge i risultati richiesti solo quando sono le parti ad essere presenti e non solo i loro avvocati.

L’istituto della mediazione infatti mira a riattivare la comunicazione tra le parti viziata dal conflitto; sarà pertanto indispensabile la presenza delle parti affinchè il mediatore si renda conto delle difficoltà emotive delle parti stesse e possa lavorare empaticamente sul loro riavvicinamento. Nella fattispecie internazionale la possibilità per la parte italiana di avere ancora contatti con il luogo; la casa infatti era di fondamentale importanza mentre di contro poteva essere altrettanto interessante per la controparte tedesca avere una persona di fiducia che si potesse interessare della gestione dell’immobile, pur non essendo proprietaria.

Posto quindi quanto appena detto riguardo l’importanza fondamentale per le parti di essere presenti in mediazione affinchè siano loro stesse a guidarla, la migliore alternativa all’accordo negoziale nella mediazione Italia – Germania poteva essere la restituzione delle somme sostenute per i proprietari e la cura a titolo gratuito dell’immobile (il giardinaggio, la pulizia ecc.) che avrebbe sollevato la parte tedesca da incombenze alle quali difficilmente avrebbe potuto attendere vista la lontananza. In tal modo anche il conflitto creatosi a causa di una comunicazione viziata e da malintesi succedutisi poi nel tempo avrebbe potuto ricomporsi.

Nella mediazione civile e commerciale è di fondamentale importanza l’interesse della parte e sul raggiungimento di quell’interesse deve lavorare il mediatore professionista. Nonostante il nostro sia un paese molto  litigioso da un punto di vista giudiziale, la lungaggine dei procedimenti civili e il loro costo spesso induce la parte a rinunciare a qualsiasi azione senza considerare che la mediazione, oltre ad essere stata introdotta per alcune materie obbligatoriamente, si può attivare volontariamente o per esempio, con riferimento alle imprese, oltre che volontariamente anche con la previsione di apposite clausole contrattuali.

La possibilità di difendere il marchio del made in Italy per le imprese italiane verrebbe tanto più garantito dalla presenza di clausole contrattuali ad hoc con le quali si ricorrerebbe in Mediazione piuttosto che in giudizio, stabilendo altresì fori alternativi, poiché si avrebbe la garanzia della tutela dell’interesse, oltre al fatto che sarebbero le parti stesse a trovare l’accordo a loro più confacente e a ristabilire una comunicazione venuta meno a causa del conflitto. Ho volutamente sottolineato il termine accordo per fare la differenza con il compromesso, che è sostanzialmente una rinuncia reciproca a qualcosa a seguito del quale non sempre le parti rimangono soddisfatte, diciamo pure un accordo mediocre e insoddisfacente!

Accade molto spesso infatti che, sorto il conflitto, le parti  non si parlano più, si fanno la guerra…quella giudiziaria, quando in realtà avrebbero solo bisogno di un facilitatore che le aiuti a mettersi di fronte al conflitto. La novella del D.lgs. 28/2010, che ha introdotto la presenza obbligatoria degli avvocati in mediazione per le materie obbligatorie, ha di fatto voluto garantire le parti nella redazione dell’accordo piuttosto che nella risoluzione del conflitto. Ed è pertanto assolutamente corretto che le parti vengano assistite, ma è altrettanto corretto e necessario che siano presenti alla mediazione.

Le ultimissime pronunce di alcuni Tribunali hanno voluto proprio evidenziare la necessità della loro presenza, specificando altresì come la procedura della mediazione sia già conosciuta all’avvocato in quanto “mediatore di diritto”. Il carattere personalissimo del conflitto determina un diritto indisponibile, pertanto non delegabile dalla parte al suo avvocato. Vi è addirittura una pronuncia del Tribunale di Parma del 09.03.2015 con la quale il Giudice, delegando le parti a procedere alla mediazione, non le obbliga certamente a trovare l’accordo, ma le obbliga a presentarsi in mediazione, per conoscere questa procedura informale e soprattutto per relazionarsi con il  conflitto.

Inevitabilmente l’avvocato è portato a prendere una posizione, quella del suo assistito, ma siccome la mediazione mira a ristabilire il dialogo tra le parti che parlano ma non comunicano più perché c’è lo scontro, ecco come diventa  fondamentale l’intervento del  terzo il mediatore che non offre soluzioni o quantomeno non propone soluzioni; il suo unico obiettivo è quello di riparare il guasto comunicativo sorto tra le parti. E quando queste cominciano a comunicare, le soluzioni che sorgono sono impressionanti e spesso lontano dalle ristrette soluzioni di diritto; nascono infatti dalla creatività e dal dialogo.

D’altronde sappiamo tutti che le posizioni sono solo la punta dell’iceberg che fuoriesce dal mare, esse vanno indagate e analizzate; ma nelle cause dinanzi ai Tribunali sono forse presi in considerazione  gli interessi, i bisogni, i valori che   sono alle fondamenta di ogni controversia?

E’ logico e naturale che, come per ogni causa dinanzi a un giudice, non tutte le mediazioni possono finire  positivamente, ma è vero anche che vi è una assoluta necessità di riattivare una comunicazione interrotta a tutti i livelli, e  forse tutti dovremmo risvegliare la nostra coscienza e chiederci per dirla alla  Einstein: “Come puoi pensare di ottenere risultati diversi se fai sempre le stesse cose?”.

                                                                           Avv. Simona Sofra              

                                                                           Mediatore civile e commerciale

                                                                           Mediatore Internazionale

Le origini della negoziazione assistita

Nell’antica Roma la negoziazione veniva in campo essenzialmente in cinque occasioni: 1) in politica, 2) per la combinazione di matrimoni[1], 3) per la trattazione degli affari, 4) quando nasceva controversia ed in ultimo 5) per comporre i conflitti tra stati[2].

A noi interessa qui la negoziazione concernente gli affari e le controversie.

Si parla di negotiatio quando si fa riferimento all’attività dei banchieri, finanzieri e dei commercianti all’ingrosso[3].

Questi soggetti si potevano rivolgere anche ad un mediator che riceveva un incarico di metterli in relazione ad un determinato affare[4]. Il mediator antico corrisponde all’attuale figura disciplinata dagli articoli 1754 e ss. del Codice civile.

E dunque inizialmente nella pratica degli affari commerciali si celebrava una negoziazione diretta.

In Roma vi era poi il disceptator domesticus che non si occupava degli affari, ma delle controversie che nascevano dalla vocatio in ius.

All’origine attore e convenuto praticavano il cosiddetto “accordo per via”[5], appunto sulla via del foro; il debitore che fosse colto dal creditore in una pubblica via o alle terme o ancora agli spettacoli (mai nella sua privata dimora o durante l’attività lavorativa) veniva invitato a recarsi dal praetor e se rifiutava il creditore si procurava due testimoni e lo portava in giudizio con la forza.

Durante il cammino era appunto in uso che le parti trovassero un accordo e tale accordo veniva “sanzionato” dal praetor, in altre parole esso veniva munito di esecutività.

Questa pratica ci viene ricordata anche dal Vangelo di Luca (12, 58-59): “Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice  ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico non uscirai di là finché non avrai pagato l’ultimo spicciolo.”

Parlare camminando e fianco a fianco era pratica efficace, ma non era molto comoda. E così ad un certo punto si decide di conciliare intra parietes[6], ossia in casa del disceptator domesticus che poteva essere un amico, un parente, un conciliatore di professione a pagamento od un giurista.

Il giurista non faceva il disceptator di professione, ma in quanto previsto dal corso degli onori e per un certo periodo di tempo, dalle 6 del mattino alle 6 di sera, doveva conciliare gratuitamente chiunque bussasse alla sua porta.

I Romani andavano poi frequentemente ad accordarsi sotto ad una colonna, nel Foro di Cesare; e i coniugi che litigavano si recavano a pregare al tempio di Giunone conciliatrice per evitare la separazione.

Il quadro descritto si interrompe sotto l’imperatore Caligola che pone gli accordi extragiudiziali fuori legge[7] e riprende sotto gli imperatori Arcadio ed Onorio; dobbiamo dire che in questo ultimo periodo la Chiesa contribuisce grandemente al componimento privato sia con la conciliazione, sia con l’arbitrato.

Ma la ripresa ha vita breve perché con le invasioni barbariche tutto cambia.

Il componimento bonario è nato per preservare una comunità: i barbari non avevano il senso della coesione sociale e della comunità.

I Romani pensavano poi, come noi del resto, che ci dovesse essere una proporzione tra difesa ed offesa; i barbari non seguivano questo principio e non praticavano dunque la vendetta come facevano ad esempio i Greci, ma la faida (tu offendi un membro della mia famiglia ed io brucio la tua casa e stermino tutti i tuoi familiari).

In questa cornice il re longobardo Rotari emana nel 643 d.C. il famoso editto[8] che lascia intatta la  tradizione della faida, ma consente di evitarla col duello giudiziario oppure col guidrigildo o ancora col giuramento.

Il processo antico per quasi mille anni – almeno in alcune zone della nostra penisola come il beneventano – si fonderà sulle seguenti soluzioni.

Nell’arena giudiziaria due campioni (chiamati inizialmente advocati), se le parti non sono esse stesse guerriere, si combattono e chi resta in vita vince la causa per il suo cliente; questo era l’iter ordinario che sostituì le così dette prove di Dio (es. farsi crocifiggere o camminare sui carboni ardenti).

Oppure si poteva “negoziare”, ossia si poteva proporre la pacificatio faidae, ossia il pagamento del prezzo della vittima che fissavano i parenti, sempre che fossero d’accordo a non praticare la faida ovviamente.

In tal caso al guidrigildum andava aggiunto un diritto per la corona detto fredus (da cui nascono le nostre contravvenzioni amministrative), il diritto fisso di faida e l’anagrip (quando si offendeva una donna si doveva risarcire chi ne avesse la tutela).

Per le questioni bagatellari si poteva ancora procedere tramite giuramento, ma originariamente ci volevano dodici testimoni (i sagramentali) che fossero considerati probi viri; solo gli ecclesiastici potevano giurare in proprio: la pratica è evidentemente rimasta nel nostro Codice di rito a vantaggio di tutti.

Per riassumere il processo dai Longobardi in poi ordinariamente consisteva in una “negoziazione assistita” che era  sostanzialmente un duello tra due advocati.

Lo Statuto comunale di Milano nell’XI secolo, come molti altri del resto, prevedeva una procedura simile: attore e convenuto portavano al vescovo i loro bastoni che venivano benedetti durante la Messa e conservati sino all’udienza dal giudice; all’udienza che si teneva nella pubblica piazza gli avvocati giuravano sull’innocenza del proprio cliente e poi si procedeva alla lotta o in proprio o tramite campioni delle parti.

Il giudice si limitava a prendere atto dell’esito del combattimento ed aveva anche la facoltà di concedere lo svolgimento di un’altra procedura (già presente nel codice di Hammurabi) a chi non potesse combattere e non avesse il denaro per procurarsi un campione: si veniva in sostanza autorizzati a porre una corda al collo di un fanciullo ed a gettarlo in un corso d’acqua; se il fanciullo annegava la causa era persa, se sopravviveva e tornava a galla era vinta.

Un altro tipo di negoziazione che è poi quella che ci interessa oggi in particolare nasce nella Francia del XVI secolo.

Quando per un affare andato male si doveva adire il tribunale, le cose si complicavano.

Per un divieto giustinianeo i mediatori non potevano essere chiamati a testimoniare se non con il consenso di entrambe le parti[9] ed i giudici che non avevano alcuna conoscenza della materia commerciale prendevano terribili abbagli nelle sentenze.

Quindi nel 1563 il re Carlo IX crea i tribunali di commercio con giudici che sono dei commercianti del luogo dove è ubicato il tribunale e che si occupano esclusivamente di controversie tra mercanti.

Con lo stesso editto il re francese consente ai tribunali di commercio di nominare nel loro seno degli esperti (arbitres rapporteurs = arbitri–relatori) che sentivano le parti e ne riferivano al Tribunale («e tre di loro, che non svolgano attività contenziosa, eletti tra di loro,  possano, se la natura della materia lo consente, se sono richiesti dalle parti, fornire il parere che ritengono,»)[10].

La norma assume poi che per la deflazione del contenzioso le parti debbano negoziare in buona fede e ciò è rimasto anche oggi,  aggiunge inoltre che il componimento della controversia può avvenire senza le sottigliezze e le coercizioni previste dalle leggi e dalle Ordinanze[11]: quest’ultima caratteristica sembra invece essere abbandonata nel mondo moderno, dato che la procedura partecipativa francese attuale richiama criteri di soluzione della controversia che la dottrina interpreta come riferimenti alle norme di diritto.

Carlo IX però non aveva simpatia per i legali e dunque pose loro il divieto di partecipare alla negoziazione (“E per tagliare corto tutte le lungaggini… le parti saranno tenute a comparire personalmente alla prima udienza per essere ascoltate se non c’è una legittima scusa di malattia od assenza, nel qual caso invieranno una risposta scritta di propria mano, o nel caso di malattia i loro parenti vicini ed amici che siano muniti di procura speciale, il tutto senza ministero di avvocato e procuratore”).

In conclusione quella di cui parliamo era una negoziazione assistita da giudici-periti, all’esito della quale questi ultimi potevano, se richiesti, emettere un parere che veniva utilizzato dal giudice per decidere.

La negoziazione assistita nasce in Francia dunque con la sola assistenza del giudice-perito.

Questo schema dei periti-giudici mercantili che aiutano le parti a negoziare e che poi, se la negoziazione fallisce, emettono un parere è stato reiterato nei secoli e lo si rinviene anche nellaprocédure participative ultima nata, a cui il Ministro Orlando ha sostenuto di ispirarsi per l’istituto della negoziazione assistita.

Nel XIX secolo l’art. 421 del Code Napoleon prevedeva appunto gli arbitri-conciliatori che su delega del giudice del commercio facevano l’esame dei conti: essi erano giudici onorari che avevano l’obbligo di sentire le parti e conciliarle, qualora fosse stato possibile, e dare in caso diverso il loro parere; questi arbitri dunque non giudicavano.

Gli arbitri-conciliatori con Napoleone arrivano in Italia: li ritroviamo nel Codice commerciale etneo del 1819, nel Codice di procedura civile italiano del 1859 e nel Codice di rito dell’Italia Unita del 1865.

Venendo a tempi più recenti, lo schema si rinviene negli articoli da 198 a 200 del nostro Codice di procedura civile, anche se in quest’ultimo non si fa riferimento all’incarico di arbitri, ma alla figura del consulente contabile.

Si tratta dunque dello schema di negoziazione assistita più ricco di storia che noi troviamo nella nostra legislazione.

Torniamo idealmente in Francia: nel 2008 sotto il governo di Sarkozy Rachida Dati, ministro della giustizia, si trova a dover affrontare una situazione molto delicata; sin dal 2000 si tenta senza successo di eliminare le giurisdizioni inferiori[12] (nel paese transalpino il denaro stanziato per la giustizia ancora oggi è pari se non più basso del nostro); nel 2008 appunto sembra arrivata la volta buona (in realtà ancora da ultimo le giurisdizioni inferiori sono state confermate sino al 2017) anche se l’apparato giudiziario e gli avvocati sono naturalmente inferociti.

Per di più sempre nel 2008 bisogna pensare ad attuare la direttiva 52/08[13] sulle controversie transfrontaliere che dovrebbe portare ad una legge sulla mediazione civile e commerciale e ciò aumenta il malumore della classe forense.

Rachida Dati in questa delicata situazione si affida ad una commissione di saggi (la commissione Guinchard).

La Commissione Guinchard ha ben presente la negoziazione con il giudice-perito; dal momento che c’è da fronteggiare la protesta degli avvocati si pensa però di “contaminare” il vecchio istituto con il diritto collaborativo canadese.

Si creano dunque gli avvocati assistenti che se vogliono possono rivolgersi ad un terzo che redige una perizia che può essere prodotta in giudizio.

E dunque si sostituisce all’antica delega giudiziale all’arbitro-relatore un incarico extragiudiziale dato dalle parti ad un terzo.

Il diritto collaborativo tuttavia prevede che chi si occupi della fase stragiudiziale non possa gestire anche quella giudiziaria; per la procédure participative questo limite viene rimosso.

E così l’avvocato assistente potrà occuparsi anche della fase giudiziaria.

Stipulerà con il collega una convenzione (che è sostanzialmente una clausola blindata di conciliazione) che indicherà l’oggetto, i termini e i fattori che determinano la soluzione. («Le parti devono determinare le questioni da cui dipende la risoluzione del litigio, gli elementi informativi necessari per l’elaborazione delle soluzioni e le modalità del loro scambio. Esse forniscono inoltre le regole che disciplineranno l’eventuale necessità di un perito e la sua retribuzione»).

Ma perché la procedura sia proficua il ricorso giudiziario deve considerarsi irricevibile, la convenzione dovrà sospendere la prescrizione, l’accordo dovrà diventare esecutivo tramite omologazione del giudice. Anche l’accordo parziale andrà sottoposto al giudice che giudicherà sui punti di disaccordo.

La procedura partecipativa riguarda i diritti disponibili; per negoziare su diritti indisponibili ci vuole, secondo la commissione, l’autorizzazione del giudice (questa indicazione è l’unica a non essere ripresa dall’attuale legge francese che non prevede la negoziazione per i diritti indisponibili); per il diritto di famiglia, seppure ad esempio il diritto al divorzio sia indisponibile, la procedura partecipativa si incardina invece nel processo.

In questa procedura la presenza dei legali è necessaria dal momento che permette di variare la convenzione, di stabilire i punti di accordo e di disaccordo, di adire il giudice per l’omologazione, di ottenere in caso di emergenza misure conservative o provvisorie, di stabilire se l’altra parte ha violato la convenzione e dunque se ci sono le condizioni per il giudizio.

Nel 2009 il disegno di legge che recepisce quasi alla lettera le indicazioni della Commissione arriva al Senato (tramite l’avv. Laurent Béteille), ma gli scopi non sono così nobili, si vuole in sostanza fronteggiare la mediazione giudiziaria che funziona in Francia dal 1995 (quella preventiva invece che si chiama in Francia médiation conventionnelle verrà codificata solo nel 2012).

Nel 2010 con il guardasigilli Michel Mercier la disciplina viene inserita nel codice civile e nel 2011 arriva la novella del Codice di rito (il tutto entra in vigore il 23 gennaio 2012).

Il 2013 si è rivelato un anno fallimentare per l’istituto (solo 7 omologazioni), così il CNB (Conseil National des Barreaux) ha richiesto all’attuale ministro della giustizia Christiane Tabuirà, di introdurre la procedura partecipativa come condizione di procedibilità.

Tale richiesta non è stata accolta perché in Francia si è deciso da tempo che tutti i MARL (Mode Alternative de Règlement de Litiges: così si chiamano oggi per circolare ministeriale) siano equiparati e volontari, di modo che il cittadino abbia incondizionata ed ampia scelta.

Si deve del resto tener presente che gli altri tentativi di introduzione di una disciplina analoga in Europa e nel resto del Mondo, non hanno mai sortito buoni frutti.

La discovery negli Stati Uniti è stata sottratta agli avvocati negli anni ’80 e da allora è controllata dal giudice.

La Conciliere directe (2000) in Romania, strumento obbligatorio per i crediti commerciali, è stata fallimentare, tanto che si è prevista nel 2010 la alternatività della mediazione.

Il tentativo preventivo di conciliazione obbligatorio tra avvocati (Απόπειρα εξώδικης επίλυσης= tentativo di transazione giudiziaria) che c’è in Grecia dal 1995 non ha dato alcun esito apprezzabile.

La P.P. è comunque, dobbiamo dirlo, strumento molto delicato e difficile da maneggiare, almeno in Francia.

In estrema sintesi sono previste due fasi:

1) negoziazione tra le parti in base alla convenzione stipulata liberamente e accordo o mancato accordo o accordo parziale;

2) omologazione per l’accordo e giudizio per il mancato accordo o per l’accordo parziale partendo non dagli atti introduttivi delle parti, ma dalla stipulata convenzione a cui sono allegati i documenti che le parti ritengono pertinenti.

Dal 1° aprile 2015[14] si è cercato comunque di rinvigorire i MARL.

In Francia gli atti introduttivi del giudizio di primo grado devono indicare le procedure intervenute ai fini di pervenire ad una risoluzione amichevole del litigio; e ciò in assenza di legittima giustificazione inerente l’urgenza o la materia considerata, in particolare quando essa riguardi l’ordine pubblico[15].

E dunque le parti, prima di radicare il giudizio, se non c’è urgenza o indisponibilità del diritto o contrarietà all’ordine pubblico, sono tenuti a scegliere tra conciliazione, mediazione, convenzione di p.p., transazione oppure  negoziazione diretta.

Tuttavia non si è prevista alcuna sanzione per il mancato inserimento in atti delle diligenze intervenute tra le parti e dunque se gli avvocati non le indicheranno o se saranno considerate insufficienti dal giudice egli potrà, se lo riterrà, soltanto proporre alle parti una conciliazione o una mediazione.

Un incentivo più mirato alla procedura partecipativa riguarda invero il processo davanti al Tribunal de grand instance (il nostro tribunale); la citazione va qui depositata in cancelleria entro il termine di quattro mesi dalla notifica, diversamente si decade. Ma qualora le parti decidano di stipulare una convenzione di p.p. il termine di decadenza viene sospeso sino alla estinzione della negoziazione assistita.

Vengo ora per concludere ad un breve confronto tra la procédure participative e la nostra negoziazione assistita.

La p.p. è stata introdotta dalla legge[16] con riferimento alla modifica del Codice civile e con decreto del primo ministro in riguardo alla novella del C.p.c.[17]

La negoziazione assistita è nata con decreto legge (132/14) che è stato poi convertito nella legge 162/14[18]. Manca qualsivoglia correlazione con il codice di procedura civile.

La disciplina francese contempla 28 norme disposte i nuove sezioni nei codici; la disciplina italiana è di 10 norme e non tocca i codici; l’intervento transalpino è dunque di ben altro peso.

La p.p. francese è poi sempre volontaria, la n.a. è volontaria e condizione di procedibilità.

Quella francese non deve aver visto l’intervento di un giudice o di un arbitro e, nel caso di insuccesso, determina l’esenzione da qualsiasi mediazione o conciliazione che negli altri casi fosse obbligatoria.

La definizione della convenzione di p.p (“Un accordo mediante il quale le parti di una controversia che non ha ancora visto l’intervento di giudice o di un arbitro si impegnano ad operare congiuntamente ed in buona fede per risolvere amichevolmente la loro controversia”) prevede la buona fede, ma non il concetto di lealtà come fa invece la n.a. italiana.

In Francia non viene disciplinato l’invito, ma solo il contenuto della convenzione (“deve precisare il termine,  l’oggetto della controversia e l’indicazione dei documenti e delle informazioni necessarie per risolvere la disputa e le condizioni del loro scambio”).

Circa il termine della convenzione in Francia si dice soltanto che va specificato.

In Francia la p.p. è possibile per tutte le materie ove i diritti siano disponibili. Da noi la volontaria incontra lo stesso limite dell’indisponibilità, ma la obbligatoria prevede due materie distinte.

Mentre in Italia anche le amministrazioni pubbliche possono partecipare ad una negoziazione assistita, ciò non è possibile in Francia ove si può solo conciliare o mediare se trattasi di controversia transfrontaliera.

In Francia la riservatezza è ancora stabilita dalle parti, in Italia dalla legge.

In Italia si specifica che gli avvocati siano iscritti all’albo, in Francia no perché i legali sono tutti iscritti all’albo.

In Francia sino al 1° aprile 2015 non c’era un obbligo in capo al legale di informare circa la possibilità di utilizzare uno strumento bonario di composizione. Da noi chi non informa il cliente della possibilità di una n.a. commette illecito deontologico.

In Francia si può adire il giudice se la convenzione resta ineseguita, o per misure provvisorie e conservative; da noi l’inesecuzione è irrilevante e bisogna aspettare il decorso del termine previsto per la procedura (restano salve però le richieste di provvedimenti urgenti e cautelari).

In materia di lavoro la p.p. è allo stato esclusa in Francia, ma stanno discutendo una legge (loi Macron) che mira ad introdurla, salva l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione in caso di insuccesso.

In Francia la convenzione di p.p. vede sempre il controllo del giudice che provvede con l’omologazione da cui deriva l’esecutività del provvedimento. Da noi l’accordo di n.a. è titolo esecutivo.

La normativa italiana non prevede l’affidamento di incarico a terzi: potremmo dire però che non lo preclude. I soli progetti lo prevedevano espressamente: poteva essere un tecnico, un avvocato esperto, un mediatore, un mediatore familiare.

La disciplina francese (il codice di rito) sul solco della tradizione descritta prevede la figura del perito; la cosa è molto positiva perché le parti lo pagano come concordano e ad una cifra inferiore di quella che spenderebbero su incarico del giudice.

La disciplina dell’incarico al perito è inoltre assai elastica in Francia.

Le parti determinano il suo mandato senza alcun limite. Lo pagano come convengono.

Il terzo è indipendente, cosciente, diligente, imparziale e rispetta il contraddittorio. Non può essere revocato da una sola parte.

La sua missione può cambiare e può essere affiancato da altro tecnico.

Se una parte non fornisce gli elementi necessari il tecnico va avanti con quello che possiede.

Può intervenire anche un terzo nella procedura.

La perizia indica osservazioni e reclami e può essere depositata in tribunale.

Un ultimo cenno al gratuito patrocinio.

In Italia è al centro delle critiche del mondo forense la norma dell’art. 3 c. 6 della legge 162/14: “Quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all’avvocato non è dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia[19], di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni. A tale fine la parte è tenuta a depositare all’avvocato apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo avvocato, nonché a produrre, se l’avvocato lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato”.

E dunque in Italia l’avvocato è tenuto a lavorare gratuitamente quando il suo assistito  sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.369,24 e voglia partecipare ad una una negoziazione assistita.

In Francia la materia è regolata dal Décret n°91-1266 du 19 décembre 1991 portant application de la loi n° 91-647 du 10 juillet 1991 relative à l’aide juridique[20].

In primo luogo destinatario della domanda è il bureau d’aide juridictionnelle territorialmente competente (art. 26).

Ciò vale sia per il caso della procédure participative, sia per la transazione che i colleghi transalpini possono  omologare dal 1998[21].

La domanda di partecipazione ad una procédure participative o a una transazione deve indicare tutti gli elementi tesi a stabilire la natura e l’oggetto della controversia e le misure avviate nel rispetto del segreto professionale (art. 34).

Il bureau d’aide juridictionnelle accerta se la questione per cui si è chiesto il patrocinio in transazione o in procédure participative sia suscettibile di dare luogo ad un ricorso giudiziario che non sia manifestamente inammissibile o infondato (art. 42) ed emette la decisione (art. 48).

La decisione menziona che in caso di fallimento della procedura eletta il beneficio non può essere concesso per altro tentativo di transazione o di n.a. sulla stessa controversia (art. 50).

Gli avvocati che vogliano essere pagati sono tenuti a comunicare al presidente del bureau d’aide juridictionnelle i documenti che si sono scambiati nella transazione o nella procédure participative(art. 118 c. 2), nel caso di non accordo per stabilire la complessità e l’importanza della questione, e pure gli accordi rinvenuti (art. 118-3).

Se si è raggiunto l’accordo e, se del caso vi è stata omologazione, il compenso dell’avvocato è calcolato in base alla natura della controversia e al valore ex art. 90 (art. 118-6), se l’accordo non è raggiunto è abbattuto del 50% o prevede al massimo un pagamento dei ¾ se è dimostrata dai documenti la particolare importanza e complessità della controversia; se non vi è accordo completo sulla controversia e vi son più parti l’ammontare dovuto all’avvocato è decurtato (artt. 104-109) dal 30% al 60%, via via a seconda del numero degli assistiti.

Qualora infine si richieda il gratuito patrocinio per una causa si deve specificare se prima è stato chiesto per la stessa questione che è andata in transazione o in procédure participative (art. 33) e ciò viene poi menzionato dalla decisione del bureau d’aide juridictionnelle  in merito alla concessione (art. 48).

[1] Il mezzano si definiva conciliator.

[2] A questa attività si dedicavano i Feciali. Cfr. C.A. CALCAGNO,  Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, Itinerari di ADR – Alternative Dispute Resolution a cura di marco marinaro, Aracne editrice, 2014, p. 21 e ss.

[3] Ma si trattava anche di impresa collettiva (negotiatio plurimum cum e sine societate) e di impresa individuale (negotiatio unius). V. amplius P. CERAMI.- A. DI PORTO – A. PETRUCCI,Diritto commerciale romano: profilo storico, C. Giappichelli, 2004, p. 61.

San Tommaso, qualche secolo dopo, distinguerà tra le forme di negotiatio ossia di mercatura, affermando come lecito solo lo scambio di beni che attraverso il lavoro hanno avuto una trasformazione migliorativa che li ha resi più idonei a soddisfare i bisogni umani. In questo senso non sarebbe dunque lecito lo scambio di denaro con denaro. Cfr. Summa Theologiae, II-II, q. 77,  a. 4.

[4] C. PARODI, Lezioni di diritto commerciale, Rosa Lavagnino Parodi, Genova, 1854, p. 70. Quindi facevano riferimento a quella figura individuata dagli art. 29 e ss. del Codice di Commercio e per noi dall’art. 1754 C.c.

[5] “E ivi esponendo le proprie ragioni finivano per lo più di intendersi e conciliare con equità”. V. L. SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Digesto Italiano, vol VIII p. I, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1896, p. 40. “E più tardi prima di disaminare la causa avanti al pretore, si tentava sempre un amichevole accordo tra le parti”(Duae experiundi viae, una summi iuris, altera intra parietes). Coloro che usavano del primo mezzo, dice il Noodt, usavano del rigore del diritto, e gli altri si mostravano più dolci ed umani: ita potuit actor daere. Humanitati, nec minus licuit ei aliter agere summo iure (G. NOODT, Ad edictum praetoris de pactis et transactionibus, Liber singularis, caput I, in G. NOODT, OPERA OMNIA, Johannes Van den Linden, Leida, 1724, pag. 484). P. S. MANCINI, G. PISANELLI, A SCIALOJA, Commentario del Codice di Procedura civile per gli Stati sardi, volume I parte II, Presso l’Amministrazione della Società Editrice, Torino, 1857, p. 109.

[6] Duae experiundi viae, una summi iuris, altera intra parietes (NOODT).

[7] Cfr. amplius C.A. CALCAGNO,  Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, op. cit. p. 36 e ss.

[8] Cfr. amplius C.A. CALCAGNO,  Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, op. cit. p. 44 e ss.

[9]Avendo noi fatto una legge che, trattandosi di cause pecuniarie, i mediatori non si possono costringere a fare testimonianza, alcuni abusano di questa disposizione e non vogliono fare testimonianza. Prescriviamo quindi che se ambedue le parti litiganti acconsentono che il mediatore faccia testimonianza, debba egli prestarla, suo malgrado; poiché in tal caso il consenso delle parti toglierà la proibizione da noi fatta che si possa costringere a fare testimonianza” . F. FORAMITI, Corpo del diritto civile, vol. IV, Tipografia di G. Antonelli, Venezia, 1844, col. 696-698.

[10]Conosceranno i Giudici e Consoli dei Mercanti di tutti i processi e le controversie che d’ora in poi interverranno tra i Mercanti, solamente nell’ambito dell’esercizio della mercatura, le loro vedove riconosciute, i fattori, servitori e istitori, riguardanti crediti, quietanze, fatture, lettere di cambio e di credito, ricevute, contratti di assicurazione,  compagnie, società o associazioni già in piedi o che si faranno; in queste materie e controversie noi abbiamo il pieno potere e l’autorità regale per commetterle alla cognizione, giudizio e decisione dei giudici sopradetti; e tre di loro, che non svolgano attività contenziosa, eletti tra di loro,  possano, se la natura della materia lo consente, se sono richiesti dalle parti, fornire il parere che ritengono, ad eccezione di quelle cause che siano riservate ai giudici e che siano pendenti davanti a loro, ovvero davanti ai  Giudici e Consoli dei Mercanti, se le parti consentono e richiedono”.

A Roma lo stesso compito lo svolgevano già i Sequestri su delega del Pretore.

Con Federico II i Baiuli si comportavano come il Pretore: ”Decideranno parimenti le querele che insorgessero tra la gente rustica sopra la variazione de’ confini, o altro incommodo che si pretendesse ne’ beni, e percezione dei loro frutti, chiamando ed interponendo la mediazione dei più pratici di detti confini e terre, che sieno uomini dabbene, e non sospetti; ed avuto il loro sentimento, renderanno a ciascuno il loro diritto”.

[11] «E per il bene pubblico e l’accorciamento di tutti i processi e delle controversie tra i Mercanti che sembra debbano negoziare in buona fede, senza le sottigliezze e le coercizioni previste dalle leggi e dalle Ordinanze»

[12] juridiction de proximité (sino a 3000 €)  e Tribunal d’instance (sino a 10.000 €).

[13] DIRETTIVA 2008/52/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale. In http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:136:0003:0008:IT:PDF

[14] Décret n° 2015-282 du 11 mars 2015 relatif à la simplification de la procédure civile à la communication électronique et à la résolution amiable des différends

[15]Sauf justification d’un motif légitime tenant à l’urgence ou à la matière considérée, en particulier lorsqu’elle intéresse l’ordre public, la requête ou la déclaration qui saisit la juridiction de première instance précise également les diligences entreprises en vue de parvenir à une résolution amiable du litige…”.

[16] LOI n° 2010-1609 du 22 décembre 2010.

[17] Décret n° 2012-66 du 20 janvier 2012.

[18] Manca a tutt’oggi la relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR): a stretto rigore e detto per inciso, il decreto-legge non poteva essere portato nemmeno in CDM.

[19] ART. 76. (L)

(Condizioni per l’ammissione)

  1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.369,24. (1)
  2. Salvo quanto previsto dall’articolo 92, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.
  3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.
  4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.

4-bis. Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti. (2)

4-ter.  La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. (3)

(1) L’originario importo di euro 9.296,22 è stato da ultimo così aggiornato dal D.M. 20 gennaio 2009, dall’art. unico, co. 1, Decreto 2 luglio 2012 e, successivamente, dall’art. unico, comma 1, Decreto 1° aprile 2014.

(2) Questo comma è stato inserito dal D. L. 23 maggio 2008, n. 92.

(3) Comma aggiunto dall’art. 4, comma 1,D. L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dall’ art. 9, comma 1, L. 1° ottobre 2012, n. 172.  Infine, il presente comma è stato così modificato dall’art. 2, comma 3, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.

[20]http://legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=8623451CF2EF1E799DDDE7CAAA44D111.tpdila23v_3?idSectionTA=LEGISCTA000006094290&cidTexte=JORFTEXT000000721124&dateTexte=20150528

[21] Più precisamente quando  la médiation conventionnelle  dà luogo ad una transazione le parti possono farla dotare di efficacia esecutiva dal presidente del Tribunal de grande istance o in alternativa ad un notaio. Ciò vale nel paese transalpino anche per tutti gli altri strumenti alternativi che si concludano con una transazione.

Pure in Germania esiste una norma analoga nel caso di transazione tra avvocati (Anwaltsvergleich).

In caso di sua inosservanza essa può essere eseguita immediatamente, senza necessità di un previo procedimento giudiziario per ottenere una decisione. In questo caso, se il debitore accetta la clausola di esecuzione forzata immediata e la transazione è depositata presso un Amtsgericht, la transazione può essere dichiarata esecutiva dal tribunale competente su richiesta di una parte (articoli 796a, 796b in combinato disposto con l’articolo 794, comma 1, n. 4b ZPO).Altrimenti, la transazione può essere conclusa sotto forma di certificato notarile, che ha efficacia esecutiva se il debitore ha accettato la clausola di esecuzione forzata immediata (articolo 794, comma 1, n. 5 ZPO): quest’ultima soluzione è adottata anche nei Paesi Bassi, in Slovenia ed in Slovacchia.

In Germania già dai primi anni del 2000 anche una transazione conclusa presso un organismo di conciliazione pubblico o riconosciuto dallo Stato ai sensi dell’articolo 15a EGZPO – al pari di una transazione conclusa presso un’autorità giudiziaria – costituisce titolo esecutivo, in base al quale può essere iniziata l’esecuzione forzata (articolo 794, comma 1, n. 1 ZPO).

Piccolo quadro su mediazione e giustizia in Italia oggi

Da un punto vista generale il nostro tasso di crescita (-20) alla fine del 2014 ci pone al 23° posto; il livello reddituale pro capite ci pone all’11° posto in Europa e siamo al 26° posto per indice di sviluppo umano. Tra i paesi i cui cittadini si dichiarano più felici siamo al 50° posto.

Quanto alla mediazione l’Italia possiede un registro statale che è pubblico in relazione a organismi di mediazione[1], enti di formazione[2], mediatori[3] e formatori[4].

L’Italia  è oggi al 24° posto per rapporto tra mediatori e numero di abitanti[5] dopo la Slovacchia e i Paesi Bassi: il che significa che possediamo più mediatori di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Irlanda del Nord, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Scozia, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia messi insieme.

Al 24 maggio 2015 sono censiti 13.687 mediatori, 470 organismi di mediazione (di cui 128 cancellati), 159 enti di formazione (di cui 38 cancellati) e 662  formatori.

Abbiamo un mediatore ogni 4441 abitanti, in Europa ove alla stato attuale ci sono 40.298 c‘è un mediatore ogni 11.080.

Peggio di noi per numero di mediatori su abitanti stanno solo Malta, l’Austria e la Romania.

In senso assoluto, ossia prescindendo dagli abitanti, abbiamo il doppio dei mediatori della Romania che possiede oggi 6824 mediatori.

Si consideri che negli Stati Uniti secondo le indicazioni governative[6] ci sono 8.400 neutri (mediatori, arbitri e conciliatori) per una popolazione di 318.900.000 e dunque un neutro ogni 37.964 abitanti dopo 50 anni di rivalutazione dei mezzi alternativi (l’Italia dal 2010 possiede già almeno il doppio dei mediatori che operano negli Stati Uniti e la cifra è solo provvisoria).

I neutri americani guadagnano in media $61,280 all’anno e $29.46 all’ora.

Non conosco stime su quanto guadagnino i mediatori europei. Né è a mia conoscenza quanto denaro sia stato stanziato dagli Stati per programmi giudiziari dei ADR: al contrario negli Stati Uniti sono per tradizione assai trasparenti anche in questa materia[7].

Le informazioni che vengono dal Ministero[8] ci portano poi a ritenere che il numero di mediatori italiani potrebbe anche duplicare e quindi causare anche una impennata dei mediatori europei.

In generale si può dire che i mediatori italiani sono mono organismo: al 17 maggio 2015 i dati in dettaglio sono quelli della tabella che segue.

1 organismo 12.303 93,16%
2 organismi 800 6,05%
3 organismi 91 0,68%
4 organismi 16 0,12%
5 organismi 6 0,04%

Da un campione di 1000 mediatori italiani risulta che hanno un’età compresa tra i 31 e i 61 anni.

Il numero dei mediatori più rilevante riguarda coloro che hanno 39, 40 e 50 anni.

La legislazione in materia di mediazione non è di sicuro la migliore possibile, dato che dopo il decreto del fare la maggior parte delle mediazioni (che riguardano circa 200.000 controversie l’anno) si esaurisce come se fosse un mero adempimento burocratico in fase di un primo incontro che peraltro al momento è a totale carico degli organismi; i mediatori dal decreto del fare in poi non percepiscono alcunché se non si passi alla mediazione effettiva, cosa che avviene ben di rado.

La formazione per gli avvocati mediatori non trova eguali forse nel mondo per la sua povertà (15 ore), mentre per i non avvocati è in linea con gli altri paesi europei (50 ore).

In materia di ADR del consumo abbiamo assunto un provvedimento di delega che si è semplicemente preoccupato di non mettere a disposizione risorse economiche e di salvare le conciliazioni paritetiche dagli strali europei: salvataggio peraltro effettuato in modo assai maldestro[9]; i contenuti della legge delegata che è stata presentata nel Consiglio dei Ministri dell’8 maggio 2015 sono oggi noti[10].

Quanto agli incentivi alla mediazione siamo un paese di terza fascia e dunque in zona mediana: il paese che incentiva maggiormente gli ADR è l’Ungheria (unitamente a Germania e Slovenia) che peraltro ha una legge sulla mediazione dal 2002, mentre il peggior paese era Malta, ma i dati del 2013 sono comunque da rivedere viste le recenti novità nel paese maltese.

La promozione pubblica dell’ADR ci porta in quinta fascia e quindi anche qui in zona mediana; lo stato più diligente è la Finlandia, quello meno la Bulgaria.

Abbiamo notificato alla Commissione Europea solo 4 Istituti che si occupano di ADR nel consumo[11]: il 9 luglio 2015 lo scenario dovrà necessariamente cambiare.

I dati della giustizia italiana non migliorano purtroppo il quadro.

Il tasso di ricambio è stato buono, del 140%; la produttività dei giudici è dunque alta, dobbiamo rimarcarlo, anche se quella del 2013 è stata inferiore rispetto al 2012 e 2010; ma l’arretrato è insuperabile in tempi ragionevoli: l’analisi dei fascicoli pendenti al 30 giugno 2014 registra un volume di procedimenti pari a 4.898.745[12].

Ogni cittadino italiano paga 44 € per la giustizia amministrata in tribunale, contro i 18 € della Lituania e Bulgaria ed i 142 € del Lussemburgo.

Con riferimento agli stanziamenti per la giustizia da parte dello Stato siamo allo 0,3 di percentuale del pil come Repubblica Ceca, Portogallo, Svezia, Ungheria, Slovenia, Paesi Bassi, Austria, Malta e Romania; meno di noi stanziano Danimarca, Irlanda, Estonia, Lussemburgo e sorprendentemente la Francia; fanalino di coda è Cipro.

La formazione obbligatoria dei giudici in Italia è solo iniziale, ci sono paesi che non ne hanno alcuna (Svezia e Malta), ma anche paesi come la Francia che hanno 4 tipologie di formazione obbligatoria nel corso della carriera[13].

Come formazione continua non obbligatoria siamo presenti col 38% dei giudici contro quella nulla di Malta e Cipro e quella massima del 110%  per l’Estonia.

E dunque se è vero che per una mediazione di buona qualità necessita una giustizia di buona qualità anche dal punto di vista organizzativo, non c’è in definitiva da aspettarsi miracoli nel paese italico.

Una recente indagine presentata il 26 marzo 2015[14] conferma che pur essendo migliorati del 5% negli ultimi 5 anni il tempo medio di una causa è di 2 anni e mezzo in primo grado e di 9 anni per la Cassazione. Inoltre la variabilità della performance tra i 139 tribunali è molto alta.

Insomma siamo molto lontani dai benchmark internazionali.

[1] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX

[2] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx

[3] https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX

[4] https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboFormatori.aspx

[5] Lo lasceremo presto visto che al 6 aprile 2015 risultavano ancora da elaborare le richieste di 378 organismi; e anche i formatori aumenteranno visto che mancano da scrutinare 101 Enti di formazione.

[6] Bureau of Labor Statistics, U.S. Department of Labor, Occupational Outlook Handbook, 2014-15 Edition, Arbitrators, Mediators, and Conciliators, on the Internet at http://www.bls.gov/ooh/legal/arbitrators-mediators-and-conciliators.htm (visited April 18, 2015).

[7] Al contrario le cifre di quanto viene stanziato negli Stati Uniti ogni anno per programmi di ADR endoprocessuale è assai chiaro. Cfr. http://www.ncsc.org/Topics/Civil/Alternative-Dispute-Resolution-ADR/State-Links.aspx?cat=State+Appropriations+and+Other+Funding+Sources+for

Corti Americane Fondi ricevuti annualmente per ADR dallo Stato in dollari per strumenti endoprocessuali adottati in programmi giudiziari
Alabama 100.000
Alaska 10.000
California[7] 29.000.000
Colorado 9.000
Florida 150.000
Georgia 249.066
Illinois 700.000
Kentucky 100.000
Massachusetts 382.719
Minnesota 50.000
Nebraska 345.000
Nevada 1.000.000
New Mexico 700.000
New York 6.506.148
North Carolina 986.660
Ohio 2.050.000
Oklahoma 307.000
Oregon 527.000
South Carolina 400.000
Tenesseee 100.000
Utah 50.000
Vermont 140.000
Virginia 200.000
Wisconsin 370.000
Wyoming 5.000
Totale 44.437.593

[8] Nel sito del Ministero è comparsa in data 8 aprile 2015 questa comunicazione.

“Organismi di mediazione – Registro informatizzato semplifica l’iscrizione

8 aprile 2015

Da lunedì 6 aprile 2015 solo gli organismi e gli enti che hanno inoltrato i propri dati mediante il sistema informatico, secondo quanto previsto nella circolare 18 settembre 2014, sono iscritti nel nuovo Registro degli organismi di mediazione e nel nuovo Elenco degli enti di formazione dei mediatori.

La circolare 18 settembre 2014 aveva disposto che dal successivo 3 novembre, le domande di iscrizione al Registro degli organismi di mediazione e all’Elenco degli enti di formazione dovevano essere presentate solo in modalità telematica utilizzando il nuovo sistema sviluppato in house dall’amministrazione che di fatto ha rivoluzionato il rapporto enti-amministrazione, semplificato il lavoro nella procedura d’iscrizione di organismi ed enti e la modifica dei dati già trasmessi.

Attualmente, sono in fase di compilazione 203 domande di organismi di mediazione e 72 di enti di formazione. Sono in lavorazione da parte dell’amministrazione 36 domande di organismi di mediazione e 17 di enti di formazione. Sono in coda per il controllo e la chiusura della procedura 175 iscrizioni di organismi di mediazione e 84 di enti di formazione. Infine, sono 227 gli iscritti nel nuovo registro organismi di mediazione e 69 nell’elenco degli enti di formazione.

Nel Registro e nell’Elenco, gli enti sono elencati seguendo l’ordine di registrazione e per ognuno sono disponibili i seguenti dati:

sedi operative dove si svolgono gli incontri di mediazione

provvedimenti di accreditamento

numero di registrazione

denominazione

sito web

e-mail

natura dell’organismo codice fiscale

partita iva

dati sulla cancellazione.”

[9] La norma di delegazione italiana che riguarda la Direttiva 2013/11/UE recita quanto segue:

“1. Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

  1. a) esercitare l’opzione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, secondo cui rientrano tra le procedure di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) utili ai fini dell’applicazione della medesima direttiva anche le procedure dinanzi a organismi di risoluzione delle controversie in cui le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite esclusivamente dal professionista, già consentite ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
  2. b) prevedere espressamente, ai fini dell’opzione di cui alla lettera a), che in tal caso le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente.

Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente“.

Nella delega si chiede in buona sostanza, oltre al fatto che l’operazione non costi alcunché allo Stato:

1) di considerare ADR le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali e le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.

2) che quest’ultime considerate ADR siano gestite collegialmente con un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e professionisti (così come richiesto del resto dalla Direttiva all’art. 6 c. 5).

Dobbiamo dire che la Direttiva esclude di principio questo tipo di procedure perché c’è il rischio di conflitto di interessi, ma permette di considerarle ADR a certe condizioni. Il considerando 28 della Direttiva specifica che devono sussistere i requisiti di indipendenza ed imparzialità previsti dalla Direttiva. Inoltre la qualità ed indipendenza degli organismi deve essere soggetta a valutazione periodica. Nella delega non c’è però alcuna traccia di queste ultime cautele richieste dalla UE.

[10] http://www.governo.it/Presidente/Comunicati/dettaglio.asp?d=78475

http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0165.pdf&leg=XVII#pagemode=none

[11] 1) Ombudsman Bancario, 2) Camera di Commercio di Roma, 3) Camera di Commercio di Milano, 4) Conciliation Body of Telecom. Cfr. http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[12] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_15_7.wp

[13] Cfr. a pag. 32 della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[14] http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/PP_CIV_ministero_s.pdf

Mediazione e giustizia nei paesi UE

  1. Introduzione

Rispetto al recente passato è giustificato un nuovo quadro dal momento che si sono incrementati i mediatori austriaci, bulgari, greci, lussemburghesi, polacchi, romeni e slovacchi; è poi in continua e massiccia evoluzione il registro dei mediatori italici; il Regno Unito ha implementato la Direttiva ADR consolidando il suo primato in materia di buone pratiche di ADR.

Richiamo qui le valutazioni che tengono conto della qualità della giustizia europea al 2013 a seguito della recente pubblicazione della Commissione Europea[1]; per alcuni paesi ho peraltro approfondito anche dati circa il 2014 (v. tabelle) .

Ho preso da ultimo spunti anche dal rapporto dell’ONU 2015 sulla Felicità mondiale di recentissima pubblicazione[2].

In estrema e scontata sintesi potrei ribadire, anche se non è una regola assoluta, che migliori sono i sistemi economici migliore è la giustizia e più adeguato spazio trova e può trovare la mediazione.

Un’attenta analisi dei dati che seguono può portare poi a pensare che i paesi con condizioni favorevoli per la mediazione[3] non sentano la necessità di implementare un registro statale di mediatori (per il Lussemburgo che ce l’ha ovviamente costituisce un valore aggiunto[4]).

Parimenti si può riscontrare che alcuni paesi[5] che non hanno a mio parere condizioni favorevoli per la mediazione (e che possiedono tra l’altro il più alto numero dei mediatori) sono per lo più dotati di registro: sembra quasi che i loro governi cerchino di supplire con l’elettronica a carenze interne su vari piani.

Ancora, i paesi con le condizioni migliori per mediare hanno approntato sostanzialmente una mediazione di carattere volontario per il cittadino, anche se il giudice in alcuni stati può ordinare una mediazione (Francia, Germania, Irlanda) e/o una sessione informativa ovvero c’è un obbligo recente (Germania 2012, Francia 2015) di indicare in atti introduttivi i tentativi bonari già effettuati o ancora ci sono stati progetti pilota per singoli settori di mediazione obbligatoria (Regno Unito).

Non pare inoltre che l’idea di deflazionare il contenzioso tramite la mediazione sia entrata nella mentalità dei cittadini europei: a parte l’Italia che conduce la classifica per numero di mediazioni (e di mediatori) tutte le altre nazioni possiedono numeri quasi irrilevanti.

Peraltro chi si occupa di mediazione sa che quella della deflazione del contenzioso non è che una funzione che si è attribuita all’istituto secondo un certo filone di pensiero: i governi invece la predicano incessantemente[6], ma poi incredibilmente alle parole non seguono i fatti che agevolino tale interpretazione.

Tra i paesi che hanno un numero di cause pendenti maggiore degli altri[7] soltanto Croazia e Germania primeggiano per incentivi e promozione pubblica dell’ADR.

E dunque questa è la conferma che in pochissimi investono a livello pratico nella potenzialità di deflazione del contenzioso operata dalla mediazione.

I paesi che hanno più mediatori per abitanti[8] sono anche quelli che promuovono di meno   pubblicamente i mezzi alternativi.

E la Commissione Europea nel descrivere questo fenomeno non si riferisce soltanto di allestimento di un  registro dei mediatori, ma a siti web che forniscono informazione sui metodi ADR, a campagne pubblicitarie attraverso i media, a opuscoli destinati al pubblico, a sessioni informative specifiche sui metodi ADR disponibili su richiesta, ad attività specifiche di comunicazione organizzate dai tribunali, a pubblicazione di valutazioni sull’uso dei metodi ADR, a pubblicazione di statistiche sull’uso dei metodi ADR, ad altro[9].

Sino a che non si uscirà da questa contraddizione per il mondo ADR ed i suoi operatori non ci sarà forse alcuna speranza di sviluppo.

Peraltro i paesi  che hanno più mediatori, ad eccezione della Slovenia, sono anche quelli che hanno meno giudici per 100.000 abitanti. La correlazione non mi pare casuale: a pensare male si potrebbe credere che in questi paesi non ci fossero le risorse economiche per assoldare nuovi magistrati e così si è pensato di utilizzare la mediazione per risolvere i problemi della giustizia.

Anche l’ADR nel consumo che l’Unione europea ha deciso di porre all’attenzione degli Stati sia con un Regolamento[10], sia con una Direttiva[11], viene considerato di primaria importanza soltanto in alcuni paesi: al momento si ha notizia che i soli Belgio, Regno Unito e Slovacchia hanno attuato la Direttiva 2013/11/UE, nonostante che il termine di adozione sia relativamente vicino (9 luglio 2015).

L’Italia in data 8 maggio 2015 ha licenziato uno schema di decreto legislativo i cui contenuti in dettaglio allo stato non sono noti.

ll 1° aprile 2015 l’IMCO (Internal Market and Consumer Protection) ossia il Comitato   del Parlamento Europeo che si occupa del mercato interno e della protezione del consumatore ha potuto visionare la piattaforma che consentirà l’attuazione dei provvedimenti in materia di ADR ed ha riscontrato che la traduzione nelle lingue minori e attualmente scarsa.

Inoltre è emerso che gli Stati membri sono piuttosto lenti nella designazione degli organismi ADR che devono essere inclusi nella piattaforma ODR[12].

Eppure i dati del contenzioso in materia di consumo, come vedremo in dettaglio, sono a dir poco disastrosi quanto ai tempi di definizione giudiziaria: la necessità di introdurre strumenti alternativi è dunque vitale.

In alcuni stati (anche in Italia) per la verità si precisa forse proprio in virtù della consapevolezza del fenomeno che l’attuazione della Direttiva 2013/11/UE deve passare attraverso una riforma dei Codici del consumo e ciò si può immaginare che possa prestare il fianco ad alcune resistenze e dunque ad un ritardo.

La situazione che risulta per tabulas ci dice che gli Istituti che si occupano di ADR in materia di consumo e che sono stati notificati alla Commissione Europea sono in numero esiguo in rapporto a quelle che potrebbero risultare le richieste: allo stato si tratta di 508 schemi di cui 203 stanno in Germania.

Croazia e Slovacchia inoltre non ne hanno notificato alla UE nemmeno 1.

Nel 2011 è stato calcolato che le perdite a causa dei problemi insorti per l’acquisto o vendita di beni e servizi in Europa ammontano allo 0,4 del GDP della UE[13].

Il che corrisponde, tanto per avere un ordine di grandezza, al GDP del 2014 di un paese come l’Azerbaijan.

A febbraio di quest’anno è stata realizzata una intervista in cui si è chiesto ai consumatori che cosa hanno fatto negli ultimi 12 mesi per risolvere il loro maggior problema negli acquisti: il 16% ha dichiarato che non ha fatto niente; il 23% che era improbabile si potesse ottenere qualcosa, il 19% che la risoluzione era troppo lunga ed il 12% che non sapeva come o dove lamentarsi.

Il 38% di quelli che hanno deciso di lamentarsi non erano poi soddisfatti di come è stata trattata la pratica: i meno soddisfatti erano quelli che avevano promosso un giudizio.

Il 21% delle imprese (specie le micro imprese tra 1 e i 9 dipendenti) che si occupano di commercio transfrontaliero online sostiene ancora che i costi dei reclami per i consumatori costituisce un grave problema che va risolto se si voglia creare un unico mercato digitale.

L’attuale sistema che è stato varato nel 2005 gestisce circa 35.000 reclami all’anno, ossia una goccia nel mare delle controversie in materia.

Entro il 9 luglio questa situazione dovrà cambiare pena l’inutilità di ogni sforzo della Comunità Europea.

Dal 1° gennaio 2016 sarà disponibile una piattaforma digitale che eviterà costosi procedimenti, consentirà ai commerciati di mantenere la reputazione aziendale e  buone relazioni con i clienti: almeno questo è quanto che ci comunica oggi la Commissione Europea[14].

In Europa al 12 maggio 2015 ci sono 39.800 mediatori su una popolazione di 446.487.619 abitanti.

In altre parole 1 mediatore per 11.218 abitanti in soli 7 anni (dalla Direttiva 52/08). La somma è peraltro destinata ad innalzarsi vistosamente e certamente tra i paesi più responsabili di ciò un ruolo chiave ce l’ha l’Italia che potrebbe anche raddoppiare i mediatori attuali (13.198) al tempo in cui il registro ministeriale si stabilizzerà.

Si consideri che negli Stati Uniti secondo le indicazioni governative[15] ci sono 8.400 neutri (mediatori, arbitri e conciliatori) per una popolazione di 318.900.000 e dunque un neutro ogni 37.964 abitanti dopo 50 anni di rivalutazione dei mezzi alternativi (l’Italia dal 2010 possiede già almeno il doppio dei mediatori che operano negli Stati Uniti e la cifra è solo provvisoria).

I neutri americani guadagnano in media $61,280 all’anno e $29.46 all’ora.

Non conosco stime su quanto guadagnino i mediatori europei. Né è a mia conoscenza quanto denaro sia stato stanziato dagli Stati per programmi giudiziari dei ADR: al contrario negli Stati Uniti sono per tradizione assai trasparenti anche in questa materia[16].

Un ultimo cenno alla presenza degli avvocati in mediazione: i paesi che hanno più avvocati in Europa ogni 100.000 abitanti sono il Lussemburgo (400), la Grecia (380), l’Italia (370) e Cipro (348).

Il Lussemburgo e Cipro non hanno previsto di privilegiare le categorie forensi né con riferimento alla figura del mediatore, né con riferimento alla difesa in mediazione.

La Grecia in un primo tempo ha scelto gli avvocati come mediatori per la mediazione interna, ma da ultimo ha liberalizzato il settore per tutte le professioni (si sarà accorta di aver fatto un errore?).

In Italia invece la figura del mediatore è ad appannaggio di ogni professione per quanto ci siano ad esempio gli organismi forensi che selezionano soltanto legali in attività; ma il nostro paese ha inserito l’assistenza legale obbligatoria in mediazione che non trova alcun paese nell’Unione. E forse nel Mondo.

  1. Spagna e Italia

Abbiamo detto che il registro spagnolo è tornato visibile dopo che  probabilmente è stata svolta un’attività di aggiornamento.

L’aumento dei mediatori spagnoli civili e commerciali di parecchie unità fa soltanto impennare le quotazioni del Regno Unito che ora per rapporto tra mediatori ed abitanti passa al secondo posto: la Spagna è comunque uno degli stati dove ci sono meno mediatori con riferimento alla popolazione.

Anzi tra i paesi che hanno un registro statale è quello che ha il miglior rapporto tra mediatori ed abitanti.

Nonostante un buon tasso di crescita 2014 della ricchezza (2,50%) ed una delle migliori legislazione e tradizione in materia di negoziato, il reddito pro capite del cittadino spagnolo è inferiore (11° posto) a quello del cittadino italiano (12° posto) ed il numero delle mediazioni civili e commerciali è esiguo (tra 500 e 2000); l’indice di sviluppo umano (27° posto) è più basso del nostro (26° posto).

Il paese si posiziona al 36° posto nel mondo tra i paesi ove i cittadini si dichiarano più felici.

I numeri della giustizia non sono poi apprezzabili: il tempo per definire una causa in primo grado è di 1423 giorni; 1885 giorni ci vogliono per un appello e 4105 giorni per l’ultima istanza di legittimità.

Il tasso di ricambio è del 93,6% e dunque aumenta l’arretrato; nel 2010 c’erano 8,1 casi pendenti per 100 abitanti.

A fronte di un tempo medio di 1 anno e mezzo per ottenere la soddisfazione di un credito nei confronti di un’impresa decotta, ci vogliono solo in primo grado 240 giorni per soddisfare un credito al consumo.

La Spagna in materia di definizione delle controversie ha però notificato alla Commissione Europea ben 67 Istituti che si occupano di arbitrato: e dunque rispetto all’Italia da questo punto di vista è avanti anni luce.

Lo stesso possiamo dire in campo di esdebitazione: al 12 maggio 2015 ci sono 996 mediatori per 108 organismi.

Stesse considerazioni non valgono invece per la definizione delle controversie relative agli appalti pubblici:  tra secondo e terzo grado ci vogliono 1740 giorni (la Spagna purtroppo è in numerosa e pessima compagnia da questo punto di vista).

Il numero dei giudici per 100.000 abitanti è solo di 11 elementi (come in Italia).

In una situazione di questo genere lo Stato dovrebbe puntare maggiormente sui mezzi alternativi come desidera peraltro anche la Suprema Corte iberica, ma gli sforzi, perlomeno quelli al 2013, non sono noti alla Commissione Europea e solo dalla fine de 2014 si è predisposto il registro dei mediatori.

Tutti questi elementi mi inducono a non prendere in considerazione, nonostante le note positive in altro campo, il paese spagnolo come punto di riferimento per un mediatore civile e commerciale, almeno allo stato attuale.

Abbiamo già fatto apprezzamenti simili sull’Italia, ma è opportuno aggiornare il riepilogo con i dati di giustizia che ha reso noti a Commissione Europea per il 2013 e con l’evoluzione del numero dei mediatori.

Il nostro paese ha solo un pregio dal mio punto di vista: oltre 200.000 mediazioni all’anno per la presenza di una non piena condizione di procedibilità.

Per il resto ho rinvenuto soltanto elementi negativi: l’Italia è alla fine del 2014 al 23° posto per tasso di crescita (-0,20), al 23° posto per rapporto tra mediatori e numero di abitanti[17] dopo la Slovacchia e prima dei Paesi Bassi: il che significa non solo che abbiamo 1 mediatore ogni 4.609 abitanti (al 12 maggio 2015 i mediatori in registro sono 13.189 per una popolazione di 60.788.845 abitanti), ma che possediamo più mediatori di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Irlanda del Nord, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Scozia, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia messi insieme.

Il nostro livello reddituale pro capite ci pone all’11° posto in Europa e siamo al 26° posto per indice di sviluppo umano. Tra i paesi i cui cittadini si dichiarano più felici siamo al 50° posto.

Dati questi ultimi che non sarebbero poi così malvagi, se non ci fossero così tanti mediatori, organismi  e inesistenti risorse economiche destinate al settore.

La legislazione non è poi a mio giudizio la migliore possibile, dato che la maggior parte delle mediazioni si esaurisce come se fosse un mero adempimento burocratico in fase di un primo incontro che peraltro al momento è a totale carico degli organismi; i mediatori dal decreto del fare in poi non percepiscono alcunché se non si passi alla mediazione effettiva, cosa che avviene ben di rado.

La formazione per gli avvocati mediatori non trova eguali forse nel mondo per la sua povertà (15 ore), mentre per i non avvocati è in linea con gli altri paesi europei (50).

In materia di consumo abbiamo assunto un provvedimento di delega che si è semplicemente preoccupato di non mettere a disposizione risorse economiche e di salvare le conciliazioni paritetiche dagli strali europei: salvataggio peraltro effettuato in modo assai maldestro[18]: vedremo comunque i contenuti della legge delegata che è stata presentata nel Consiglio dei Ministri dell’8 maggio 2015[19].

I dati della giustizia italiana non migliorano purtroppo il quadro.

Il tasso di ricambio è stato buono, del 140%; la produttività dei giudici è dunque alta, dobbiamo rimarcarlo, anche se quella del 2013 è stata inferiore rispetto al 2012 e 2010; ma l’arretrato è insuperabile in tempi ragionevoli: l’analisi dei fascicoli pendenti al 30 giugno 2014 registra un volume di procedimenti pari a 4.898.745[20].

Quanto agli incentivi siamo un paese di terza fascia e dunque in zona mediana: il paese che incentiva maggiormente gli ADR è l’Ungheria (unitamente a Germania e Slovenia) che peraltro ha una legge sulla mediazione dal 2002, mentre il peggior paese era Malta, ma i dati del 2013 sono comunque da rivedere viste le recenti novità nel paese maltese.

La promozione pubblica dell’ADR ci porta in quinta fascia e quindi anche qui in zona mediana; lo stato più diligente è la Finlandia, quello meno la Bulgaria.

Abbiamo notificato alla Commissione Europea solo 4 Istituti che si occupano di ADR nel consumo[21]: in previsione del 9 luglio 2015, temine in cui va attuata la Direttiva, direi che siamo a cavallo!

Ogni cittadino italiano paga 44 € per la giustizia amministrata in tribunale, contro i 18 € della Lituania e Bulgaria ed i 142 € del Lussemburgo.

Con riferimento agli stanziamenti per la giustizia da parte dello Stato siamo allo 0,3 di percentuale del pil come Repubblica Ceca, Portogallo, Svezia, Ungheria, Slovenia, Paesi Bassi, Austria, Malta e Romania; meno di noi stanziano Danimarca, Irlanda, Estonia, Lussemburgo e sorprendentemente la Francia; fanalino di coda è Cipro.

La formazione obbligatoria dei giudici in Italia è solo iniziale, ci sono paesi che non ne hanno alcuna (Svezia e Malta), ma anche paesi come la Francia che hanno 4 tipologie di formazione obbligatoria nel corso della carriera[22].

Come formazione continua non obbligatoria siamo presenti col 38% dei giudici contro quella nulla di Malta e Cipro e quella massima del 110%  per l’Estonia.

E dunque se è vero che per una mediazione di buona qualità necessita una giustizia di buona qualità anche dal punto di vista organizzativo, non c’è in definitiva da aspettarsi miracoli nel paese italico.

Una recente indagine presentata il 26 marzo 2015[23] conferma che pur essendo migliorati del 5% negli ultimi 5 anni il tempo medio di una causa è di 2 anni e mezzo in primo grado e di 9 anni per la Cassazione. Inoltre la variabilità della performance tra i 139 tribunali è molto alta.

Insomma siamo molto lontani dai benchmark internazionali.

  1. Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi

Con riferimento invece ai paesi appetibili per mediare prenderei in considerazione in prima battuta il Regno Unito che è al secondo posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti (i mediatori sono pochi), ha un reddito pro capite che è l’ottavo in Europa, un tasso di crescita per il 2014 che lo pone al sesto posto in Europa ed un livello di sviluppo umano che lo esalta al 14° posto su 187 paesi del mondo (è all’ottavo posto in Europa).

È al 21° posto tra i paesi i cui cittadini si dichiarano più felici.

Qui la mediazione è a pagamento: è forse l’unico paese al mondo dopo gli Stati uniti ove vivono mediatori professionisti che in qualche caso non sono costretti alla doppia occupazione.

In Scozia esiste poi un registro statale che fornisce in più adeguata pubblicità ai mediatori; vi è inoltre nel sempre nel Regno Unito un registro generale per gli enti fornitori di mediazione.

In ogni giudizio le parti ricevono dalle Corti dei moduli che riguardano la composizione bonaria dei conflitti e devono motivare il loro diniego di utilizzare la mediazione.

Non mi diffondo oltre sulle caratteristiche della mediazione nel Paese dal momento che insieme agli Stati Uniti il Regno Unito è considerato la patria dei mezzi alternativi: rimando, per chi volesse approfondire, al mio saggio già presente su mediaresenzaconfini.org[24]. Aggiungo soltanto che seppure la mediazione sia istituto volontario, è fortemente promosso dalle Corti britanniche.

Quanto al settore del consumo nel Regno Unito ci sono ben 70 schemi di ADR[25] e nessuno ha  voluto rinunciare al proprio modello e dunque non si è optato per un mediatore unico.

Gli ADR utilizzabili  dunque possono essere i più vari e nelle più varie combinazioni.

In questo spirito è uscita la prima regolamentazione[26] del settore in data 17 marzo 2015[27] (in vigore dal 7 aprile quanto agli articoli da 1 a 18) che riguarda  alcune delle autorità competenti ad autorizzare i provider di ADR ed i requisiti degli stessi provider affinché possano essere iscritti in apposito elenco prima del 9 luglio 2015.

Dunque il Paese si aggiunge nell’implementazione della Direttiva ADR alla Slovacchia[28] e al Belgio[29].

Ancora un cenno sulla formazione di base che nel Regno Unito: si conquista con 40 ore di corso.

Secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione[30] nel paese si terrebbero oltre 10.000 mediazioni all’anno.

I dati della giustizia nel Regno Unito ci informano che i giudici (6 in media per 100.000 abitanti nel 2012) per il 62% partecipano alla formazione continua e che la percentuale del Pil impiegata nel sistema giudiziario è alta: ammonta allo 0,6% (come in Bulgaria e Slovenia), ma qui stiamo parlando di 2.594.183.293 di euro[31](dato 2012).

Il numero  delle cause pendenti nel 2014 è di 2,8 ogni 100 abitanti e dunque è tra i più bassi: di meglio fanno solo Lettonia, Svezia, Bulgaria e Paesi Bassi.

Gli avvocati sono relativamente pochi: i barrister sono 15.500 e quindi 24 ogni 100.000 abitanti; isolicitor un po’ di più (158,644), e quindi 247 ogni 100.000 abitanti.

Per ottenere il pagamento da imprese insolventi occorre soltanto un anno.

La definizione degli appalti pubblici richiede tempi elevati: tra primo grado e secondo, 460 giorni; e dunque ci potrebbe essere terreno fertile per i mezzi alternativi.

In seconda battuta prenderei in considerazione la Germania, anche se non abbiamo dati ufficiali sui mediatori impiegati.

Secondo quelli che risultano da registri non statali è al settimo posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ha un reddito pro capite che è il settimo in Europa ed un livello di sviluppo umano che la posiziona al quarto posto (sesto nel mondo). La qualità della vita è ottima anche se il tasso di crescita la vede soltanto al 13° posto.

Il rapporto dell’ONU del 2015 sulla felicità lo vede al 26° posto.

La seconda posizione e non quella di vertice è però soprattutto motivata dal fatto che la legge sulla mediazione che è del 2012[32] doveva essere attuata attraverso apposito regolamento in relazione alla certificazione del mediatore; tale provvedimento è stato rimandato al 2016 poiché l’attenzione teutonica è stata catturata dall’attuazione della Direttiva 11/13.

Il 10 novembre 2014 il Ministero federale di giustizia e della tutela dei consumatori ha appunto presentato la proposta di legge sull’attuazione della Direttiva 2013/11/UE [33].

La Germania allo stato ha scelto l’arbitrato[34]. Il che non aiuta sicuramente lo sviluppo della mediazione.

Circa la formazione possiamo dire che sino a che non ci sarà una regolamentazione del mediatore certificato non avremo un quadro chiaro, ma in media i corsi in materia contemplano 120 ore.

Ancora, secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese, si terrebbero più di 10.000 mediazioni all’anno ed è questo una dato che sicuramente pesa.

Quanto alla giustizia la Germania ha tempi alti di definizione del primo grado (450-500 giorni), ma un tasso di ricambio del 100% e dunque ciò che entra viene definito: anche se il contenzioso per 100 mila  abitanti nel 2012 era di 6,1 liti, il sistema è in grado di assorbirlo.

Il pagamento da parte delle imprese insolventi avviene in tempi relativamente brevi: un anno e quattro mesi.

I giudici che sono 24 per 100.000 abitanti (più del doppio di quelli italiani) hanno una formazione obbligatoria di tre step (anche se non sono molto propensi a partecipare alla formazione continua: 6%). Esistono inoltre in Germania sin dal 2000, sul modello statunitense, dei giudici specializzati in negoziazione (Guterichter) che agiscono all’interno del processo per delega del magistrato giudicante e dunque il contatto tra magistratura ed ADR è assai risalente.

Il tallone d’Achille più vistoso è costituito dalla definizione giudiziaria dei casi di consumo: 470 giorni nei tre gradi di giudizio ed è forse per questo che il paese tedesco si sta concentrando sull’attuazione dei provvedimenti europei in materia ed ha scelto uno strumento alternativo di ordine imposto come l’arbitrato.

Ma c’è anche da aggiungere che la Germania a differenza dell’Italia che, come abbiamo notato, ha notificato alla Commissione Europea 4 Istituzioni che si occupano di consumo, ne ha notificate 203[35] e dunque le questioni di consumo trovano spesso nel paese teutonico un punto di riferimento nei mezzi alternativi.

Peraltro la Germania è al primo posto per incentivi all’ADR insieme alla Slovenia: ci ha creduto anche in sede endoprocessuale in tempi non sospetti, cioè anteriormente alla implementazione della Direttiva 52/08.

Anche la promozione pubblica dell’ADR è brillante: il paese è nella seconda fascia insieme a Croazia, Belgio, Polonia e Lituania.

Tutti questi elementi mi portano a considerare la Germania come seconda della mia speciale graduatoria, anche se la lingua in effetti potrebbe per noi italiani costituire un ostacolo.

In terza battuta posizionerei la Danimarca che è al quarto posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ha un reddito pro capite che è il secondo in Europa (anche se il tasso di crescita la vede soltanto al 14° posto) ed un livello di sviluppo umano che la posiziona al decimo posto su 187 paesi del mondo (quinto in Europa).

Per quanto riguarda la felicità degli abitanti si pone al 3° posto sui 158 paesi esaminati dall’ONU.

La Danimarca ha scelto di non applicare la direttiva 21 maggio 2008, n. 52 in virtù di una prerogativa prevista da un protocollo allegato ai trattati[36]: non partecipa pertanto alla politica comunitaria in materia.

Ma ciò non toglie che in questo paese si faccia ricorso ai metodi ADR almeno sin dal XVIII secolo: all’epoca era considerata la patria della conciliazione in Europa anche dalla stampa americana[37].

La mediazione privata in Danimarca non è disciplinata dalla legge e le relative spese restano a carico delle parti.

la legge prevede però il ricorso alla mediazione nelle cause civili dinanzi a uno dei tribunali distrettuali[38]o  regionali[39] o al tribunale marittimo e del commercio[40], nonché il ricorso alla risoluzione delle controversie nelle cause penali.

Se il giudice civile o commerciale ritiene che la mediazione sia adatta al caso sottoposto e se vi è richiesta delle parti in tal senso, può nominare un mediatore giudiziario e quindi porre le basi per una mediazione della causa civile (Retsmægling).

Non vi sono vincoli di materia, se non quelli di competenza del tribunale adito.

A fungere da mediatore, che deve essere imparziale e neutrale, può essere un giudice o un funzionario del tribunale competente, o un avvocato che sia stato approvato dal Domstolstyrelsen(amministrazione degli organi giudiziari danesi)[41] per agire in qualità di mediatore nel distretto di un tribunale regionale di competenza.

Sussiste un elenco dei mediatori giudiziari che operano gratuitamente (le parti pagano soltanto i loro avvocati) e che sono avvocati (Advokatretsmæglere). E’ aggiornato al 14 maggio 2014: sono 49[42].

Il costo della mediazione per lo Stato è orario e all’indennità di mediazione, quando il mediatore è un giudice, vanno aggiunte le spese di viaggio.

Una mediazione in media dura cinque ore e per ogni ora l’indennità è di 1.450 Kr.

Le spese di trasporto e di viaggio sono calcolate nella cifra fissa di 600 Kr.

Dunque indicativamente il costo di una mediazione è al massimo di 7850 Kr che corrispondono a 1.052,72 €[43].

Il luogo della mediazione lo scelgono le parti: può essere un’aula di tribunale, ma anche lo studio legale dell’avvocato se questi è un mediatore; alla mediazione possono partecipare anche i consulenti che avranno così un ruolo attivo nella stesura dell’accordo, ma in difetto le parti hanno sempre la facoltà di presentare l’accordo all’esame dei loro consulenti prima che la mediazione si concluda.

Il mediatore determina comunque lo svolgimento della procedura insieme alle parti con un atto scritto preventivo in cui i partecipanti riconoscono l’applicazione del principio di riservatezza (divieto di testimonianza del mediatore[44], dei consulenti legali[45]; confidenzialità delle sedute separate, obbligo di riservatezza e confidenzialità delle parti e di chiunque sia coinvolto nel procedimento[46]), assumono nella libera disponibilità i diritti oggetto della procedura e sono resi edotti della facoltà di richiedere una consulenza in qualsiasi momento della procedura.

Il mediatore può incontrarsi con le parti anche separatamente, previa autorizzazione di queste ultime.

Il mediatore giudiziario di norma non propone soluzioni od individua i punti di forza e di debolezza nelle argomentazioni delle parti.  Può solo eccezionalmente farlo, se le parti lo desiderano ed egli lo ritenga opportuno e giustificabile.

Durante la mediazione il legale mediatore non può in alcun modo pubblicizzare il proprio studio professionale.

Se vi è qualche minaccia per l’imparzialità il mediatore ne deve comunque riferire alla Corte e alle parti prospettando la sua sostituzione con altro mediatore giudiziario.

La procedura può essere terminata dalle parti in qualsiasi momento, dal mediatore giudiziario nel caso in cui si renda conto che una delle parti non è in grado di partecipare significativamente alla procedura e di difendere i propri interessi, che vi è uno squilibrio tra le parti che influisce sulla procedura e che non può essere affrontato, che le informazioni assunte non rendono etica la continuazione della procedura, che un eventuale accordo sarebbe contrario alle norme imperative o determinerebbe un’incriminazione, che il conflitto non è adatto ad una mediazione o infine che la mediazione non manifesta più alcuna utilità o vi sia qualche altro importante motivo per concludere[47].

Qualora la mediazione conduca a una composizione della controversia potrà essere redatto un documento formale, al quale potrà far seguito l’archiviazione della causa.

L’esecuzione forzata può avvenire sulla base di un accordo di conciliazione raggiunto di fronte a un tribunale o altra autorità per le cui decisioni la legge preveda l’esecuzione forzata[48].

L’esecuzione può inoltre avvenire sulla base di un accordo di conciliazione stragiudiziale, avente forma scritta e relativo a obbligazioni debitorie rimaste inadempiute, qualora l’accordo indichi esplicitamente di avere valore esecutivo[49].

Quanto alla mediazione penale è possibile rivolgersi al distretto di polizia che esamina il caso[50].

Dal 1° gennaio 2010 è entrata in vigore una legge[51] che prevede su base nazionale e con riferimento all’intero sistema penale, una conciliazione volontaria tra vittima del reato e reo tramite l’ausilio di un mediatore neutrale che è in sostanza un agente di polizia specializzato in mediazione.

Il commissario di ogni distretto di polizia riunisce un collegio per la risoluzione dei conflitti, nell’ambito del quale la vittima e l’autore del reato, alla presenza di un mediatore neutrale, possono incontrarsi successivamente al reato stesso.

La mediazione può avere luogo solo se le parti vi acconsentono.

I minori di 18 anni, tuttavia, possono partecipare solo previa autorizzazione del tutore legale.

La mediazione può avvenire solo previa ammissione di colpa da parte dell’autore del reato.

All’incontro di mediazione non può partecipare né un avvocato che rivesta tale qualità, né un altro poliziotto[52].

Durante la risoluzione del conflitto il mediatore assiste le parti nella discussione in merito al reato e può aiutarle nella formulazione di un eventuale accordo che desiderino concludere.

La mediazione non sostituisce la pena o qualsiasi altra conseguenza legale del reato.

La Danimarca da ultimo ha pubblicato il disegno di legge di recepimento della Direttiva 2013/11/UE  in data 29 gennaio 2015 ed è stata scelta la mediazione[53].

La Danimarca ha inoltre notificato all’Unione Europea ben 19 Istituti che si occupano di  ADR al consumo[54] e dunque anche il futuro dell’istituto nella materia del consumo appare promettente nel paese

 È importante anche un cenno sulla formazione del mediatore: in Danimarca non è obbligatoria, ma ci sono master che contemplano anche 720 ore di corso.

Secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione[55] però si terrebbero nel paese tra le 500 e le 2000 mediazioni all’anno: soprattutto per questo particolare la porrei al terzo posto nella mia classifica.

I dati sulla giustizia confermano la scelta: i giorni per definire il primo grado sono meno di 25 e dunque chi sceglie la mediazione lo fa per motivazioni relative all’adeguatezza dello strumento (come desiderano del resto gli stessi mediatori).

Il tasso di ricambio è del 100%: ciò che entra viene definito. Ogni 100 abitanti ci son due cause pendenti: il tasso di litigiosità è dunque basso.

Il pagamento da parte delle imprese insolventi avviene in un anno.

Più problematiche sono le definizioni del settore consumo (1010 giorni) ed appalti pubblici (1880), ma è anche vero che ciò potrebbe spingere gli operatori dei due settori verso l’ADR peraltro già presente in primo grado in materia di appalto.

In quarta posizione metterei la Francia che peraltro ha esportato il modello conciliativo obbligatorio in tutta Europa nel XIX secolo[56].

Da una parte la nuova legislazione (dal 1° aprile 2015) reca nuovo ossigeno ai mezzi alternativi perché gli atti introduttivi delle cause dovranno portare indicazione dei tentativi di composizione bonaria intervenuti tra le parti, ma è anche vero che nel paese transalpino vi sono tre o quattro strumenti (conciliazione, mediazione, procedura partecipativa e diritto collaborativo) che almeno in questa fase potrebbero ingenerare un po’ di confusione nel pubblico dei non addetti ai lavori.

Circa il consumo la Francia, al pari dell’Italia, con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière[57] ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

Ad ogni buon contro la Francia ha scelto come strumento principe la mediazione[58] e questo è assai positivo anche se la mancanza di un registro statale ingenera per ora dubbi sul numero effettivo dei mediatori.

Ha notificato inoltre alla Commissione Europea 21 Istituti che si occupano di ADR del consumo ed i Conciliatori di giustizia gestiscono anche queste controversie[59].

Allo stato attuale parrebbe al quinto posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ha un reddito pro capite che è il decimo in Europa, un tasso di crescita per il 2014 che la pone soltanto al 22° posto in Europa  ed un livello di sviluppo umano che la posiziona al 20° posto su 187 paesi del mondo (nono posto in Europa), ossia prima del Lussemburgo.

La felicità degli abitanti lo pone al 29° posto.

Altra nota dolente è la formazione del mediatore che non è regolamentata, anche se dal 2009 i mediatori aderiscono ad un Codice etico che impone un continuo apprendimento; i mediatori avvocati di solito frequentano corsi di almeno 130 ore; non sono rari i master ed il ricorso alle certificazioni[60].

Infine secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero tra le 2000 e le 5000 mediazioni all’anno.

Il settore della giustizia presenta gli elementi che seguono.

Un primo grado si definisce tra i 200 ed i 300 giorni. Il tasso di ricambio è del 98% e dunque aumenta l’arretrato anche se il numero di cause pendenti per 100 abitanti sono soltanto 2,2.

Le imprese insolventi pagano dopo un anno e otto mesi; in materia di consumo si sa solo che il primo grado si esaurisce in 460 giorni; vanno meglio pero le controversie sui pubblici appalti che si esauriscono in 330 giorni.

La Francia è solo al settimo posto per la promozione pubblica della mediazione e al terzo per gli incentivi.

Gli abitanti contribuiscono all’attività dei tribunali con 62 €.

La formazione obbligatoria dei giudici che sono 23 per 100.000 abitanti è molto accurata dato che ricomprende quattro step durante la carriera. I giudici transalpini invece non amano la formazione continua (8%).

La percentuale del Pil destinata ai tribunali è infine solo lo 0,2% del Pil.

I dati dunque non sono confortanti, ma aver preso la scia di Germania ed Inghilterra quanto agli strumenti di negoziato preventivi al giudizio, mi incoraggia all’ottimismo; se anche l’Italia scegliesse di dare traccia negli atti introduttivi dei mezzi alternativi praticati, potrei anche rivedere il mio negativo giudizio.

In quinta posizione vedrei l’Irlanda anche se allo stato attuale parrebbe al 13° posto per il rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti, ma il paese possiede un reddito pro capite che è il terzo in Europa, un tasso di crescita per il 2014 che la pone al primo posto ed un livello di sviluppo umano che la posiziona all’11°  posto su 187 paesi del mondo (si tratta del sesto paese europeo per migliore qualità di vita[61]).

Nel ranking della felicità si posiziona al 18° posto.

In ambito di consumo l’Irlanda ha preparato un primo progetto per il recepimento della Direttiva 2013/11/UE [62], dopo avere condotto una consultazione in merito a partire dal giugno 2014[63].

La formazione di base in mediazione ricomprende 60 ore.

 Vi sono settori regolamentati dalla mediazione giudiziaria obbligatoria (ad es. quello dei sinistri).

Ci sono tre agenzie[64] a cui le Corti di Dublino appaltano le mediazioni e nel 2013 ci sono stati solo 10 accordi.

Molto più sviluppata è la mediazione familiare che nel 2013 a Dublino ha coinvolto 1,814 parti che hanno trovato 408 accordi: nel 2011 è iniziato un programma inerente alla sessione informativa obbligatoria per quanto riguarda questo tipo di mediazione[65].

Secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero tra le 500 e le 2000 mediazioni all’anno.

Entro la fine dell’anno l’Irlanda avrà una nuova legge sulla mediazione.

I suoi contenuti che peraltro nel primo progetto risalgono al 2012 sono stati presentati da un rappresentante del Governo ai senatori irlandesi il 4 febbraio 2015.

Si introducono nuovi obblighi a carico del solicitor e del barrister.

Essi dovranno invitare il loro cliente a considerare l’utilizzo della mediazione quale strumento alternativo per risolvere il conflitto; fornire tutte le informazioni concernenti i servizi di mediazione compresi i nomi e gli indirizzi delle persone o delle organizzazioni qualificate per fornire tali servizi; procurare una stima delle spese legali che si possono presentare in caso di procedimento giudiziario, con una valutazione dei costi nel caso in cui il cliente non dovesse risultare vincitore. Di tale informazione dovrà darsi prova al giudice attraverso apposita documentazione.

Si sanciscono nuovi obblighi per il mediatore tra cui quello di spiegare alle parti la funzione della mediazione che resta volontaria, la sua conclusione (e come si raggiunge l’efficacia esecutiva attraverso l’intervento del tribunale o le modalità decise dalle parti stesse) e il principio di autodeterminazione delle parti.

Il mediatore dovrà inoltre indicare alle parti la sua formazione ed esperienza, la sua specializzazione (se richiesta dalle parti per una data materia) e dare ragguagli sulla formazione continua.

Il Tribunale potrà proporre la mediazione d’ufficio o su istanza delle parti e potrà sanzionare l’irragionevole rifiuto se ritiene sussistenti ragionevoli probabilità di successo.

Viene scartata l’ipotesi di creare una entità regolatoria statale perché i mediatori sono per lo più professionisti già soggetti ai loro rispettivi ordini e quindi ciò potrebbe costituire un aggravio di obblighi e oneri normativi. Si pensa però ad una entità formata da soli mediatori ed autofinanziata che dovrebbe apprestare gli standard di mediazione, pubblicizzare l’istituto, manutenere un registro statale, informare circa la sessione informativa di mediazione familiare che diverrà obbligatoria per legge[66].

La giustizia irlandese presenta le seguenti caratteristiche.

Sappiamo che l’intero contenzioso del 2013 è stato di 590.069 controversie (quelle civili ammontano a 245.650 di cui 174,409 nuove), che la Suprema Corte ha ammesso solo 295 ricorsi; ci sono stati 2094 appelli; a Dublino ci vogliono circa 2 mesi per una causa civile e che nel luogo ove ci sono più lungaggini si attendono 12 mesi[67].

Il pagamento da parte delle imprese insolventi avviene in quattro mesi e dunque in un tempo brevissimo; di contro il primo grado di una controversia di consumo dura 450 giorni.

Va detto però che l’Irlanda ha notificato alla Commissione Europea 5 Istituti che si occupano di ADR del consumo[68] e che al suo interno è costellata da Organismi che si occupano dei settori più svariati compreso quello dei militari in congedo e dei rapporti tra cittadino e forze dell’ordine

È in quarta fascia per promozione pubblica dell’ADR e per gli incentivi; i tribunali sono a carico dei cittadini per solo 22 €.

La formazione obbligatoria dei giudici che sono solo 4 ogni 100.000 abitanti è molto accurata; a quella continua partecipa il 25% dei giudici.

La percentuale di pil a carico dello Stato per la giustizia e solo dello 0,2 %.

Il numero degli avvocati si pone in una posizione mediana con 140 ogni 100.000 abitanti.

Conosciamo anche l’importo delle spese di ogni singolo giudice irlandese per il 2014: 1.697.382[69]e questa si chiama trasparenza!

Insomma l’Irlanda rappresenta ancora una verde promessa ove ci si può forse costruire un futuro nell’ambito del negoziato.

Al sesto posto posizionerei il Lussemburgo: è vero che per mediatori su abitanti si pone solo al 16° posto, ma si deve tener conto che il paese è assai piccolo (solo 2856 chilometri quadrati).

La legislazione della mediazione è peraltro di ottima fattura[70], vi è un registro dei mediatori statale  e la mediazione è volontaria come nei paesi che precedono.

La mediazione può essere gratuita o a pagamento.

Gli elementi forti che depongono per questo paese sono il tasso di crescita che è il terzo in Europa, ma soprattutto il reddito pro capite che è il primo (€ 77.840,50).

L’indice di sviluppo umano  per contro lo pone soltanto al 21° posto, ossia avanti all’Italia per cinque posizioni. Ma il ranking della felicità lo pone al 17° posto e dunque ci sopravanza di 33 posizioni.

In materia di consumo il progetto di legge di recepimento della direttiva 11-13 è stato depositato dal Ministro dell’Economia alla Camera dei Deputati il 16 febbraio 2015[71]. È il n. 6769.

Il punto di contatto è identificato con il Mediatore del Consumo, che oltre a informare i consumatori, ricevere reclami si occupa della risoluzione extragiudiziale delle controversie per cui non è competente altro organismo. Si può adire, tramite lettera, fax e posta elettronica.

Vi è poi un elenco tenuto dal Ministro dell’economia degli organismi di ADR.

Le parti devono poter aver accesso alle procedura senza l’assistenza dell’avvocato anche se ne possono chiedere la consulenza.

Anche per questo aspetto del consumo dunque la mediazione nei prossimi anni non può che esserne valorizzata.

Il Lussemburgo ha notificato alla Commissione Europea 5 Istituti che si occupano di ADR del consumo.

Un limite per noi che siamo abituati a 50 ore, è costituito dall’accesso alla professione che avviene con master universitario (4 anni). Sono valutati anche i percorsi di mediatori stranieri che siano compatibili.

Infine secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero meno di 500 mediazioni all’anno: bisognerebbe conoscere gli importi di ogni mediazione, ma detto così costituisce sicuramente un anello debole.

Quanto ai dati di giustizia abbiamo dei numeri assai contenuti: 3115 controversie civili, 1087 divorzi, 5317 controversie commerciali, 914 fallimenti e 6 concordati[72]. Non c’è stato ricorso alla mediazione giudiziaria e dunque nel paese si punta soprattutto alla mediazione preventiva.

Il tempo per definire un primo grado sta tra i 150 ed i 200 giorni ed il tasso di ricambio nel 2010 era addirittura del 162%: nel 2013 possiamo dire che non c’erano questioni rimaste sul ruolo in campo commerciale e solo 256 sul ruolo civile.

Il numero di cause pendenti per abitante sempre nel 2010 era dello 0,20, nel 2013 invece dello 0,01.

Ci vogliono poi un paio d’anni per essere saldati dalle imprese insolventi.

Abbastanza alto è invece il termine per definire le questioni di consumo: 530 giorni.

Il Lussemburgo nel 2013 era al terz’ultimo posto per promozione pubblica dell’ADR, ma da allora si sono fatti passi avanti: sono curioso di vedere le prossime rilevazioni della Commissione Europea; anche per incentivi era nella quarta fascia insieme a Lettonia, Cipro, Repubblica Ceca, Irlanda, Bulgaria Slovacchia e Austria e dunque dietro all’Italia che era in terza fascia.

Questi ultimi aspetti vanno decisamente migliorati, ma una giustizia che funziona ed il nuovo progetto di legge sulla Direttiva 11/13 mi fanno essere ottimista sull’impiego della mediazione nel paese.

In ultimo considererei i Paesi Bassi anche se i mediatori italiani qui potrebbero trovare una concorrenza insormontabile; un po’ perché il paese si pone al 24° posto per rapporto tra il numero dei mediatori e gli abitanti: vi sono  3793 mediatori (quasi la metà dei nostri attuali), e un po’ perché ci sono molti mediatori che mediano dalle tre lingue in su.

Ricordo incidentalmente che la conciliazione dei Paesi Bassi del XVII secolo è stata forse di ispirazione per quella francese del XVIII: i Paesi Bassi come la Danimarca avevano la condizione di procedibilità.

Per il resto il tasso di crescita del Paese pone gli Olandesi solo al 15° posto, ma il reddito pro capite è il quinto del Continente europeo e l’indice di sviluppo umano lo pone addirittura al quarto posto (terzo in Europa); peraltro è al 4° posto anche nella graduatoria della felicità degli abitanti.

Quanto alla formazione di base in mediazione si richiedono 60 ore di corso.

Nell’ambito del consumo il disegno di legge di recepimento della Direttiva 2013/11/UE  è stato approntato dal Ministero della Giustizia e depositato il 2 luglio 2014; è stato approvato con modifiche dagli Stati generali il 27 marzo 2015[73]; il Comitato parlamentare per la sicurezza e la giustizia (V & J) del Senato lo sta analizzando. Gli Istituti notificati alla Commissione Europea in base alle precedenti disposizioni legislative sono 4.

L’attuale disegno di legge riprende la definizione della direttiva circa i metodi di composizione e dunque vi possono rientrare i metodi ADR più diversi. Anche questo può dunque dare smalto alla mediazione.

Infine secondo lo studio “Riavviare” la Direttiva sulla mediazione nel paese si terrebbero oltre 10.000 mediazioni all’anno, ma il numero e la capacità linguistica dei mediatori sono appunto forti deterrenti per un trasferimento.

In ultimo i dati della giustizia[74]. Per definire il primo grado ci vogliono dai 50 ai 100 giorni; il tasso di ricambio è del 98% e dunque almeno nel 2013 c’era una minima sopravvenienza; ci sono 1,9 cause pendenti ogni 100 abitanti; per essere saldati da un’impresa insolvente necessitano 13 mesi.

In materia di consumo invece i dati non sono così buoni visto che occorrono 930 giorni per definire una controversia.  Gli Istituti notificati alla Commissione Europea sono 4[75].

Il paese è al 5° posto per la promozione pubblica dell’ADR; non è forse un caso che non vi sia un registro statale. È in terza fascia come l’Italia per gli incentivi.

I giudici che sono 13 per 100.000 abitanti hanno tre step di formazione obbligatoria e solo per il 23% partecipano alla formazione continua.

La percentuale di PIL destinata alla giustizia è infine dello 0,3 % come per l’Italia.

Continua in allegato Mediazione e giustizia nei paesi UE

[1] Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[2] Cfr. http://www.huffingtonpost.it/2013/09/09/rapporto-felicita-mondo-onu_n_3894028.html

[3] Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi. Peraltro quattro paesi su 7 (Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia e Paesi Bassi) vantano una tradizione plurisecolare in materia di mezzi alternativi al processo

[4] I Paesi Bassi ne hanno com unque uno non statale esaustivo.

[5] Italia, Bulgaria, Slovacchia, Malta e Romania.

[6] A parte la Spagna che non ritiene, almeno a livello di principio, fondamentale l’accordo.

[7] Portogallo, Croazia, Spagna, Grecia, Italia e Germania.

[8] In ordine dai migliori ai peggiori: Slovenia, Bulgaria, Slovacchia, Italia, Paesi Bassi, Malta, Austria e Romania.

[9] Cfr. a pag. 30 della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[10] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0001:0012:IT:PDF

[11] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0063:0079:IT:PD

[12] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=COMPARL&reference=PE-554.714&format=PDF&language=EN&secondRef=01

[13] Il GDP ossia il gross domestic product rappresenta il totale del valore dei beni e servizi scambiati in un dato anno.

[14] COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT A Digital Single Market Strategy for Europe – Analysis and Evidence

Accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the

European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions A Digital Single Market Strategy for Europe {COM(2015) 192 final} 6.5.15 in http://ec.europa.eu/priorities/digital-single-market/docs/dsm-swd_en.pdf

[15] Bureau of Labor Statistics, U.S. Department of Labor, Occupational Outlook Handbook, 2014-15 Edition, Arbitrators, Mediators, and Conciliators, on the Internet athttp://www.bls.gov/ooh/legal/arbitrators-mediators-and-conciliators.htm (visited April 18, 2015).

[16] Al contrario le cifre di quanto viene stanziato negli Stati Uniti ogni anno per programmi di ADR endoprocessuale è assai chiaro. Cfr. http://www.ncsc.org/Topics/Civil/Alternative-Dispute-Resolution-ADR/State-Links.aspx?cat=State+Appropriations+and+Other+Funding+Sources+for

Corti Americane Fondi ricevuti annualmente per ADR dallo Stato in dollari per strumenti endoprocessuali adottati in programmi giudiziari
Alabama 100.000
Alaska 10.000
California[16] 29.000.000
Colorado 9.000
Florida 150.000
Georgia 249.066
Illinois 700.000
Kentucky 100.000
Massachusetts 382.719
Minnesota 50.000
Nebraska 345.000
Nevada 1.000.000
New Mexico 700.000
New York 6.506.148
North Carolina 986.660
Ohio 2.050.000
Oklahoma 307.000
Oregon 527.000
South Carolina 400.000
Tenesseee 100.000
Utah 50.000
Vermont 140.000
Virginia 200.000
Wisconsin 370.000
Wyoming 5.000
Totale 44.437.593

[17] Lo lasceremo presto visto che al 6 aprile 2015 risultavano ancora da elaborare le richieste di 378 organismi; e anche i formatori aumenteranno visto che mancano da scrutinare 101 Enti di formazione.

[18] La norma di delegazione italiana che riguarda la Direttiva 2013/11/UE recita quanto segue:

“1. Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

  1. a) esercitare l’opzione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, secondo cui rientrano tra le procedure di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) utili ai fini dell’applicazione della medesima direttiva anche le procedure dinanzi a organismi di risoluzione delle controversie in cui le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie sono assunte o retribuite esclusivamente dal professionista, già consentite ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
  2. b) prevedere espressamente, ai fini dell’opzione di cui alla lettera a), che in tal caso le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente.

Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le autorità interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente“.

Nella delega si chiede in buona sostanza, oltre al fatto che l’operazione non costi alcunché allo Stato:

1) di considerare ADR le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali e le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.

2) che quest’ultime considerate ADR siano gestite collegialmente con un numero uguale di rappresentanti dei consumatori e professionisti (così come richiesto del resto dalla Direttiva all’art. 6 c. 5).

Dobbiamo dire che la Direttiva esclude di principio questo tipo di procedure perché c’è il rischio di conflitto di interessi, ma permette di considerarle ADR a certe condizioni. Il considerando 28 della Direttiva specifica che devono sussistere i requisiti di indipendenza ed imparzialità previsti dalla Direttiva. Inoltre la qualità ed indipendenza degli organismi deve essere soggetta a valutazione periodica. Nella delega non c’è però alcuna traccia di queste ultime cautele richieste dalla UE.

[19] http://www.governo.it/Presidente/Comunicati/dettaglio.asp?d=78475

[20] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_15_7.wp

[21] 1) Ombudsman Bancario, 2) Camera di Commercio di Roma, 3) Camera di Commercio di Milano, 4) Conciliation Body of Telecom. Cfr.http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[22] Cfr. a pag. 32 della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Quadro di valutazione UE della giustizia 2015  9.3.2015 in  http://ec.europa.eu/justice/effective-justice/files/justice_scoreboard_2015_it.pdf

[23] http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/PP_CIV_ministero_s.pdf

[24] http://mediaresenzaconfini.org/2012/10/27/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-nel-regno-unito-inghilterra-e-galles-parte-i/; http://mediaresenzaconfini.org/2012/11/08/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-nel-regno-unito-parte-ii-scozia-ed-irlanda-del-nord/

[25] Però il Regno Unito ne ha notificato solo 18 alla Commissione Europea. Cfr.http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[26] La seconda parte delle norme pertiene al dopo elezioni.

[27] The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015.

[28] Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015.http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[29] che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[30]Cfr. http://www.mondoadr.it/cms/articoli/presentato-al-parlamento-europeo-lo-studio-riavviare-la-direttiva-sulla-mediazione.html

[31] Cfr. CEPEJ Report on “European judicial systems – Edition 2014 (2012 data): efficiency and quality of justice”

[32] Cfr. http://mediaresenzaconfini.org/2013/05/07/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-in-germania-news/

[33]http://www.bmjv.de/SharedDocs/Downloads/DE/pdfs/Gesetze/RefE%20zum%20Verbraucherstreitbeilegungsgesetz.pdf?__blob=publicationFile

[34] http://www.computerundrecht.de/38453.htm

[35] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[36]V. http://europa.eu/cit. La Danimarca peraltro non ha aderito nemmeno all’area dell’euro.

[37] Cfr. C.A. Calcagno, Breve storia della risoluzione del conflitto. i sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, Aracne editrice S.r.l., 2014, p. 89 e ss.;http://www.aracneeditrice.it/aracneweb/index.php/pubblicazione.html?item=9788854875159

[38] Byretterne.

[39] L’Østre Landsret (tribunale regionale della Danimarca orientale) o il Vestre Landsret (tribunale regionale della Danimarca occidentale).

[40]  Sø- og Handelsretten. Svolge la sua funzione dal 1862.

[41] La sua formazione in mediazione deve essere inoltre certificata dal suo COA e comunque deve partecipare nella materia a programmi di formazione continua.

[42]http://www.domstol.dk/saadangoerdu/retsmaegling/Documents/Liste%20over%20advokatmaeglere.pdf

[43] Cfr. http://www.domstol.dk/saadangoerdu/retsmaegling /

[44] § 2770 del Codice di rito.

[45] § 170 del Codice di rito.

[46] § 277 del Codice di rito.

[47] Linee guide etiche del procedimento di mediazione davanti al tribunale marittimo e del commercio del 29 gennaio 2009 in http://www.domstol.dk/saadangoerdu/retsmaegling/

[48] Ai sensi dell’articolo 478, paragrafi 1 e 2, del Lov om Rettens Pleje – Retsplejeloven (legge in materia di amministrazione della giustizia).

[49] Ai sensi dell’articolo 478, paragrafi 1 e 4 del Lov om Rettens Pleje – Retsplejeloven (legge in materia di amministrazione della giustizia).

[50] In Danimarca sono 14 sul territorio. L’indirizzo, il numero di telefono e altre informazioni di contatto del distretto di polizia in questione si possono reperire sul sito Internet della Polizia di Stato danese (cfr. http://www.politi.dk).

[51] Legge n. 467, del 12 giugno 2009, relativa ai collegi per la risoluzione dei conflitti in connessione con le fattispecie di reato (Lov om konfliktråd i anledning af en strafbar handling). Si può trovare sul sito di informazione legislativa https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=125406

[52] Ordinanza del 15 ottobre 2010 (Bekendtgørelse om konfliktråd i anledning af en strafbar handling).

[53] https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=167846#Kap1

[54] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[55]Cfr. http://www.mondoadr.it/cms/articoli/presentato-al-parlamento-europeo-lo-studio-riavviare-la-direttiva-sulla-mediazione.html

[56] C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione del conflitto. I sistemi di composizione dall’origine al XXI secolo, op. cit., p. 96  ss.

[57] http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id

[58]http://www.economie.gouv.fr/files/files/directions_services/mediateur/rapport_president_recommandations_mediation.pdf

[59] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[60] Cfr. http://mediaresenzaconfini.org/2015/04/01/il-mediatore-professionale-in-francia-nel-2014/

[61] I primi paesi sono nell’ordine: Norvegia, Australia, Svizzera, Paesi Bassi,  Stati Uniti, Germania, Nuova Zelanda, Canada, Singapore, Danimarca, Irlanda, Svezia, Islanda e Regno Unito.

[62] http://www.djei.ie/trade/eudirectives/CurrentPosition.pdf

[63] http://www.enterprise.gov.ie/en/Publications/ADR_Consultation.pdf

[64] South Dublin Mediation Service, Mediation Ballymun and Mediation Northside.

[65]ww.courts.ie/Courts.ie/library3.nsf/(WebFiles)/BA7D7195FC5AAD7280257D1F0030ECD4/$FILE/Courts%20Service%20Annual%20Report%202013.pdf

[66] http://www.inis.gov.ie/en/JELR/Pages/SP15000032

[67]http://www.courts.ie/Courts.ie/library3.nsf/(WebFiles)/BA7D7195FC5AAD7280257D1F0030ECD4/$FILE/Courts%20Service%20Annual%20Report%202013.pdf

[68] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

[69]http://www.courts.ie/courts.ie/library3.nsf/pagecurrent/5D12A39F06827AD080256DA60033FE87?opendocument&l=en

[70] Cfr. http://mediaresenzaconfini.org/2013/04/10/sistemi-di-composizione-dei-conflitti-in-lussemburgo/

[71] http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

[72] http://www.justice.public.lu/fr/publications/rapport-activites-judiciaires/rapports-juridictions-judiciaires-2013.pdf

[73] https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150127/gewijzigd_voorstel_van_wet_3

[74] Cfr. anche https://www.rechtspraak.nl/Actualiteiten/Persinformatie/Pages/De-Nederlandse-rechtspraak-in-cijfers.asp

[75] http://ec.europa.eu/consumers/solving_consumer_disputes/non-judicial_redress/adr_in_your_country/index_en.htm

L’attuazione della Direttiva ADR nel Regno Unito

Nel Regno Unito è entrata in vigore da circa un mese parte della disciplina di attuazione[1] della Direttiva 2013/11/UE[2] (Direttiva sull’ADR i consumatori) e dunque il Paese si aggiunge alla Slovacchia[3] e al Belgio[4].

L’Italia in data 8 maggio 2015 ha licenziato uno disegno preliminare di decreto legislativo peraltro non noto nelle sue particolarità, ma dal tenore simile a quello inglese: almeno a leggere il comunicato stampa[5].

In attesa di maggiori dettagli la presente nota è destinata alla conoscenza della vigente disciplina oltre Manica[6], disciplina che è stata ritenuta – dobbiamo dirlo – poco opportuna politicamente perché è stata varata pochi giorni prima delle nuove elezioni del Parlamento che come sappiamo hanno portato al trionfo del partito conservatore[7].

Perché approfondirla? Perché gli organismi di ADR italiani saranno presto in concorrenza con quelli inglesi e dunque dovranno possedere pari requisiti se vorranno rimanere sul mercato.

L’obiettivo della Direttiva è, come sappiamo, quello di incoraggiare la crescita e la fiducia dei consumatori in tutta l’Unione europea, aumentando l’accesso alle ADR in relazione alle controversie contrattuali, in ogni ambito, relative alla vendita di beni o alla prestazione di servizi[8].

La Direttiva impone agli Stati membri di garantire che qualsiasi controversia possa essere sottoposta a un organismo ADR, che sia stato approvato da un’autorità competente, se il professionista (trader in UK) coinvolto lo desideri ovvero se sia obbligato dalla normativa nazionale ad utilizzare l’ADR.

La Direttiva impone inoltre ai professionisti di informare i consumatori circa le opzioni di ADR che si rendano disponibili nel caso in cui essi non siano in grado di risolvere tra loro una controversia: ciò dovrebbe aumentare la consapevolezza circa le possibilità di composizione fornite dagli strumenti alternativi.

A questo proposito la Direttiva ADR prevede che gli Stati membri garantiscano l’apprestamento di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in merito alle violazioni degli oneri di informazione a carico dei professionisti: il Regno Unito ha deciso dal 9 di luglio 2015 di applicare l’Enterprise Act 2002 [9]che nella sua ottava parte consente al consumatore di ottenere dal tribunale una ingiunzione nei confronti del professionista inadempiente[10].

 Le disposizioni contenute nella Direttiva ADR dettano inoltre regole concernenti uno standard minimo di qualità dell’ADR che deve essere disponibile in tutta Europa, fatto salvo il diritto degli Stati membri ad introdurre ulteriori e più elevati requisiti in determinati settori: il Regno Unito non ha ritenuto in particolare di sfruttare tale ulteriore facoltà, ma ne ha previsto la possibilità soprattutto in relazione a quegli organismi che possono imporre una soluzione[11].

 La disciplina che andiamo ad analizzare è relativa a tutto il Regno Unito: per la verità avrebbe dovuto essere esaminata anche dal parlamento irlandese, ma i Dipartimenti irlandesi coinvolti dal recepimento hanno convenuto che la disciplina varata potesse essere presa come base anche in Irlanda del Nord.

Il Governo britannico ritiene inoltre che la norma sia compatibile con la protezione fornita dalla Convenzione dei diritti dell’Uomo.

L’articolato è stata preceduto da una consultazione avvenuta nel 2011 quando la Comunità Europea stava ancora approntando la Direttiva ADR, poi pubblicata nel 2013, a cui è seguita un’altra consultazione nel marzo 2014[12] e i cui dati sono affluiti nel giugno dello steso anno, tesa soprattutto a verificare come realizzare l’obbligo di varare uno strumento ADR per ogni settore.

Il legislatore britannico ha tenuto conto del fatto che esistevano nel Paese ben 70 schemi di ADR e che nessuno voleva rinunciare al proprio modello: non si è dunque ipotizzato un mediatore unico per il settore del consumo.

Gli ADR utilizzabili  dunque possono essere i più vari e nelle più varie combinazioni.

In questo spirito è uscita la prima regolamentazione[13] del settore in data 17 marzo 2015[14] che riguarda  alcune delle autorità competenti ad autorizzare i provider di ADR ed i requisiti degli stessi provider affinché possano essere iscritti in apposito elenco prima del 9 luglio 2015.

In dettaglio le seguenti autorità hanno poteri di regolazione o supervisione per legge per il loro settore e gestiscono  gli organismi di ADR che recheranno le prestazioni nel loro ambito:

  • Civil Aviation Authority
  • Gambling Commission
  • Gas and Electricity Markets Authority
  • Office of Communications
  • The lead enforcement authority for the purposes of the Estate Agents Act 1979(a)

Il Secretary of State si occupa delle prestazioni di ADR rese dal Pensions Ombudsman e di quelle offerte dagli organismi di ADR nei settori di cui non si occupano le sopra esposte autorità.

Il Financial Conduct Authority regola le prestazioni di ADR fornite dal Financial Ombudsman Service[15].

Il Legal Services Board regola le prestazioni di ADR fornite dall’Office for Legal Complaints.

La disciplina che vedremo si rinviene negli articoli da 1 a 18 (cui si riferiscono alcuni allegati di cui forniremo traduzione) ed è già in vigore dal 7 aprile 2015.

La restante parte della norma (art. 19-20) riguarda gli oneri di informazione (e sanzioni) dei trader nei confronti dei consumatori ed entrerà in vigore il 9 luglio 2015[16].

Il Segretario di Stato[17] deve predisporre una revisione della presente normativa anche sulla base dell’attuazione degli altri Stati membri, ove possibile; ha l’obbligo inoltre di verificare che gli obiettivi siano stati raggiunti e se vi siano dei nuovi da raggiungere; infine elabora un rapporto da pubblicare ogni 5 anni[18].

Il Segretario di Stato è anche tenuto a designare l’unico punto di contatto[19].

La normativa di implementazione della Direttiva ADR si applica ai rapporti tra consumatore e trader.

Il consumatore è  una persona fisica che agisce per scopi che sono interamente o principalmente al di fuori del commercio, dell’industria, dell’artigianato e della professione. Il trader è una persona che agisce per scopi che gli pertengono di carattere commerciale, industriale, artigianale o professionale, sia in proprio o tramite un’altra persona che agisce in suo nome o per conto suo[20].

La normativa di implementazione non si applica ad un contratto nella misura in cui riguardi i servizi sanitari forniti da professionisti sanitari a pazienti per valutare, mantenere o ristabilire il loro stato di salute, ivi compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici[21].

Diciamo subito che l’ADR in materia di consumo non è obbligatorio, a meno che ci siano settori ove già sussista l’obbligatorietà del procedimento[22].

Un organismo ADR è una entità stabilita nel Regno Unito[23] che a seguito di domanda[24] a pagamento (se si tratta di richiesta fatta al Segretario di Stato[25]) approvata da un’Autorità competente, viene inserito in un elenco che va inviato senza indugio al punto unico di contatto[26].

Il punto unico di contatto pubblica sul suo sito a sua volta un elenco di organismi ADR[27] che invia alla Comunità Europea, un rapporto sul funzionamento degli organismi di ADR ed il loro sviluppo (entro il luglio del 2018 ed ogni 4 anni), identifica le migliori pratiche, le eventuali carenze, formula raccomandazioni per migliorare l’efficienza ed efficacia degli organismi ADR[28].

L’Autorità competente è invece tenuta a pubblicare sul suo sito anche un elenco consolidato degli Organismi ADR europei che viene fornito dalla Commissione Europea[29] e su richiesta, ad inviarla tramite supporto durevole (mail, carta ecc.)[30].

Ogni variazione pertinente l’organismo ADR interno va comunicata all’Autorità competente che provvede alle modifiche dell’elenco[31]; ogni anno deve essere inoltre pubblicata sul  sito di ogni Organismo ADR una relazione sull’attività dell’anno precedente[32] con un dato contenuto[33] ed ogni due anni l’Organismo ADR deve inviare una relazione sul biennio trascorso[34] all’Autorità competente che valuta se sussistono i requisiti della permanenza in elenco[35] ed eventualmente provvede alla rimozione[36].

Ogni organismo ADR opera attraverso un funzionario di ADR (ADR official) che può essere un dipendente dell’organismo oppure un professionista legato da contratto autonomo o ancora un soggetto nominato per condurre fattivamente un ADR o fare da manager del caso[37].

La disciplina afferente l’inclusione nell’elenco degli organismi ADR è assai articolata (del resto lo è pure la Direttiva ADR): i requisiti possono essere effettivi oppure l’organismo si può ripromettere di ottenerli entro un dato tempo[38].

Per essere incluso nell’elenco un Organismo ADR deve indicare all’Autorità competente:

  1. a) il proprio nome, le informazioni di contatto e l’indirizzo del sito web;
  2. b) le informazioni riguardanti la struttura e il finanziamento, comprese le informazioni che l’autorità competente può richiedere in merito ai suoi funzionari ADR, la loro remunerazione, la durata in carica e da chi sono stati assunti;
  3. c) le regole della procedura di risoluzione alternativa delle controversie che sia stata adottata;
  4. d) le eventuali spese da riscuotere;
  5. e) se gestisce già una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, la durata media;
  6. f) la lingua in cui è preparato a ricevere la domanda e a condurre la procedura;
  7. g) una dichiarazione per quanto riguarda i tipi di controversie oggetto della procedura di risoluzione alternativa delle controversie operata;
  8. h) i motivi, se del caso, per cui può rifiutare di trattare una controversia;
  9. i) una dichiarazione motivata che illustra come rispetta, o si propone di rispettare, i requisiti di cui all’allegato 3 (che vedremo)[39].

L’ente di ADR deve trattare sia le controversie domestiche sia quelle transfrontaliere; non può trattare controversie di cui sia parte chi remunera o ha assunto uno dei suoi funzionari ADR[40].

Mantiene un sito aggiornato su cui è spiegata la procedura adottata, fornisce informazioni anche su supporto durevole a chi lo richiede; garantisce al consumatore che tramite il suo sito possono essere condotte interamente procedure on-line; permette al consumatore anche l’invio via posta della domanda.

Consente lo scambio di informazioni tra le parti per via elettronica o, se una parte lo desidera, per posta.

Accetta le controversie di cui al regolamento (UE) n 524/2013[41].

Importanti al fine della inclusione sono i concetti di competenza, indipendenza ed imparzialità.

  1. L’organismo di ADR:

(A) assicura che un funzionario ADR possieda una comprensione generale della legge e le necessarie conoscenze e competenze in materia di risoluzione extragiudiziale o giudiziale delle controversie dei consumatori, per essere in grado di svolgere le proprie funzioni con competenza;

(B) nomina ogni funzionario ADR per un mandato di durata sufficiente a garantirne l’indipendenza delle azioni e garantisce che nessun funzionarioe ADR può essere distolto delle sue mansioni senza giusta causa;

(C) garantisce che nessun funzionario ADR disbrighi le sue funzioni in un modo da favorire la parte in una controversia, o il rappresentante di un parte;

(D) remunera un funzionario ADR in un modo che non sia legato al risultato della procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(E) quando nomina più di un funzionario di ADR, assicura che ogni funzionario ADR, senza indebito ritardo, riveli all’Ente circostanze che possono, o possono essere viste

(I) pregiudicare l’indipendenza o l’imparzialità del funzionario ADR; o

(Ii) dar luogo a un conflitto di interessi con una delle parti della controversia, che il funzionario ADR potrebbe essere chiamato a risolvere;

(F) garantisce che l’obbligo di comunicazione del conflitto di interessi sia un impegno continuo per tutta la procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(G) assicura che nel caso in cui i suoi funzionari ADR siano impiegati o remunerati esclusivamente da un’associazione di categoria o da un’associazione di imprese, l’Ente abbia a sua disposizione un budget, che sia sufficiente a consentire le svolgimento delle funzioni di organismo ADR ;

(H) assicura che, qualora il modello operativo della procedura alternativa di risoluzione delle controversie sia quello di avere un organo collegiale di rappresentanti di entrambe le organizzazioni professionali o le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni dei consumatori, i suoi funzionari ADR abbiano un numero uguale di rappresentanti degli interessi dei consumatori e degli interessi dei commercianti[42].

È poi disciplinato il conflitto di interessi

  1. L’Organismo di ADR pone in essere la seguente procedura nel caso in cui un funzionario di ADR dichiari o sia scoperto avere un conflitto di interessi in relazione ad una disputa domestica o a una disputa transfrontaliera

(A) ove possibile, il funzionario di ADR è sostituito da un altro funzionario di ADR per gestire la specifica controversia;

(B) se il funzionario di ADR non può essere sostituito da un altro funzionario di ADR

(I) il funzionario di ADR deve astenersi dal condurre la procedura di risoluzione alternativa delle controversie, e

(Ii) l’Ente deve, se possibile, proporre alle parti che presentano la controversia un altro organismo ADR competente a trattare il caso;

(C) se la controversia non può essere trasferita ad un altro organismo ADR, l’Ente

(I) deve informare le parti della controversia delle circostanze del conflitto di interessi,

(Ii) deve informare le parti che hanno il diritto di opporsi a che la persona in conflitto continui a gestire la controversia, e

(Iii) che può continuare a trattare con la controversia, solo se nessuna delle parti ha da obiettare al proposito.

Viene poi disciplinata la trasparenza

L’organismo ADR mette a disposizione del pubblico le seguenti informazioni sul suo sito web in modo chiaro e facilmente comprensibile, e fornisce, su richiesta, queste informazioni a qualsiasi persona su un mezzo durevole:

(A) le informazioni di contatto, compreso l’indirizzo postale e indirizzo e-mail;

(B) l’indicazione che è stato approvato come organismo ADR da parte dell’Autorità competente, una volta che è stata concessa questa approvazione;

(C) i suoi funzionari ADR, il metodo di nomina e la durata del loro incarico;

(D) il nome di qualsiasi rete di organismi che facilita la risoluzione alternativa delle controversie transfrontaliere, di cui sia membro;

(E) il tipo di dispute domestiche e delle controversie transfrontaliere, che è competente a trattare, compresi gli scaglioni di valore applicabili;

(F) le norme della procedura di risoluzione alternativa delle controversie gestita e dei motivi per i quali si può rifiutare di trattare una determinata controversia in conformità al paragrafo 13;

(G) la lingua in cui è preparato a ricevere una domanda iniziale;

(H) la lingua in cui  può condurre la procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(I) i principi che l’organismo applica, e le principali considerazioni che l’ente valuta quando cerca di risolvere una controversia;

(J) i requisiti preliminari, se del caso, che una parte di una controversia deve possedere prima che la procedura alternativa di risoluzione delle controversie possa iniziare;

(K) una dichiarazione dalla quale si evinca se una delle parti della controversia possa recedere dalla procedura alternativa di risoluzione delle controversie, una volta che abbia avuto inizio;

(L) i costi, se del caso, a carico di una delle parti, e le regole, se del caso, in base a cui l’organismo richiederà costi aggiuntivi  al termine della procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(M) la durata media di ogni procedura di risoluzione alternativa delle controversie gestite dall’organismo;

(N) gli effetti legali dell’esito del processo di risoluzione delle controversie, ed in particolare se sussista l’esecutività dello stesso e le sanzioni per il mancato rispetto dell’esito, se del caso;

(O) una dichiarazione da cui si evinca se la procedura verrà condotta oralmente o per iscritto (o in entrambi i modi);

(P) il report annuale di attività ai sensi della Regola 11[43].

Ancora è disciplinata l’efficacia.

  1. L’organismo

(A) assicura che la sua procedura alternativa di risoluzione delle controversie sia disponibile e facilmente accessibile per entrambe le parti indipendentemente dal luogo in cui si trovano anche per via elettronica e via non elettronica;

(B) assicura che-

(I) le parti di una controversia non siano obbligate ad ottenere una consulenza indipendente o a farsi rappresentare od accompagnare da un terzo anche se possono scegliere di farlo;

(Ii) la risoluzione alternativa delle controversie è disponibile gratuitamente o con un supplemento minimo per i consumatori;

(C) notificherà alle parti di una controversia di aver ricevuto tutti i documenti contenenti le informazioni pertinenti relative alla controversia che costituiscono il dossier completo;

(D) notificherà alle parti l’esito della procedura di risoluzione alternativa delle controversie entro un termine di 90 giorni dalla data in cui ha ricevuto il dossier completo a meno che, nel caso di una disputa molto complessa, l’organismo possa estendere questo periodo, previa informazione alle parti di questa estensione e della durata prevista del tempo che sarà necessaria per concludere la procedura di risoluzione alternativa delle controversie[44].

Vi è ancora da considerare l’equità (fairness)

  1. L’organismo

(A) assicura che durante la procedura di risoluzione alternativa delle controversie le parti possano, entro un ragionevole periodo di tempo, esprimere i loro punti di vista;

(B) fornisce ad una parte di una controversia entro un periodo di tempo ragionevole, su richiesta,  gli argomenti, le prove, i documenti e i fatti presentati dall’altra parte della controversia, tra cui la dichiarazione fatta, o il parere dato, da un esperto;

(C) garantisce che le parti possano, entro un periodo di tempo ragionevole, commentare le informazioni e i documenti di cui al paragrafo (B);

(D) informa le parti che non sono obbligate a dare mandato ad un consulente legale, ma che possono richiedere una consulenza indipendente o farsi rappresentare o assistere da terzi in qualsiasi fase della procedura alternativa di risoluzione delle controversie;

(E) notifica alle parti l’esito della procedura di risoluzione alternativa delle controversie su un supporto durevole e fornisce alle parti l’indicazione dei motivi su cui si basa il risultato.

  1. Fatti salvi i paragrafi 9 e 10, in relazione ad una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, che mira a risolvere una controversia proponendo una soluzione, l’organismo assicura che le parti

(A) abbiano la possibilità di ritirarsi dalla procedura alternativa di risoluzione delle controversie in qualsiasi momento se non sono soddisfatti delle prestazioni o del funzionamento della procedura di risoluzione alternativa delle controversie;

(B) prima che la procedura alternativa di risoluzione delle controversie abbia inizio, siano informati del loro diritto di recedere dal procedimento di risoluzione alternativa delle controversie in ogni fase;

(C) siano informati, prima di accettare o di scegliere la proposta di una soluzione

(I) che hanno la scelta di prestare o meno il consenso;

(Ii) che la loro partecipazione alla procedura di risoluzione alternativa delle controversie non esclude la possibilità di chiedere un risarcimento attraverso un procedimento giudiziario;

(Iii) che la soluzione proposta può essere diversa dal risultato determinato da un giudice che applichi le norme di legge; e

(Iv) l’effetto giuridico di aver accettato o scelto la soluzione proposta;

(D) prima di esprimere il proprio consenso ad una soluzione proposta o accordo amichevole, abbiano  un periodo ragionevole di tempo per riflettere.

  1. I paragrafi 8 (a) e 8 (b) non si applicano all’organismo per un parte che sia-

(A) un commerciante; e

(B) obbligato, in virtù di una legge secondo le regole di una associazione di categoria al quale l’operatore può appartenere, a partecipare ad una procedura alternativa di risoluzione delle controversie.

  1. Il paragrafo 8 non si applica all’organismo per un parte che sia-

(A) un commerciante; e

(B) obbligato, in virtù di una legge o secondo le regole di una associazione di categoria al quale l’operatore può appartenere, ad accettare la soluzione proposta dall’Organismo se il consumatore accetta la soluzione[45].

Vediamo ora la disciplina del principio di legalità.

  1. In relazione a una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, che mira a risolvere una controversia mediante l’imposizione di una soluzione per il consumatore, l’organismo assicura che-

(A) in una situazione in cui non vi sia alcun conflitto di leggi, la soluzione imposta dall’organismo non privi il consumatore della protezione concessa ai consumatori dalle disposizioni che non possono essere derogare convenzionalmente in virtù di eventuali decreti legislativi;

(B) in una situazione di conflitto di legge

(I) se la legge applicabile al contratto di vendita o del contratto di servizio è determinato a norma dell’articolo 6, (1) e (2), del regolamento (CE) n 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (2) la soluzione imposta dal corpo non comporti privazione per il consumatore della protezione concessa ai consumatori dalle disposizioni che non si possono derogare in virtù della legislazione dello Stato membro in cui il consumatore ha la residenza abituale;

(Ii) se la legge applicabile al contratto contratto di vendita o di servizio è determinato ai sensi dell’articolo 5 (1) (3) della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (3) la soluzione imposta dall’organismo non possa privare il consumatore della protezione concessa ai consumatori dalle disposizioni che non si possono derogare in virtù delle disposizioni imperative della legge dello Stato membro in cui il consumatore risiede abitualmente.

  1. Ai sensi del paragrafo 11 la “residenza abituale” è da determinarsi ai sensi del regolamento (CE) n 593/2008 (4)[46].

Seguono i motivi per cui un organismo può rifiutare di trattare con una controversia.

  1. L’organismo può rifiutare di trattare una disputa domestica od una controversia transfrontaliera che è competente a trattare in presenza dei seguenti motivi-

(A) prima di presentare la denuncia all’organismo, il consumatore non abbia cercato di contattare l’operatore interessato al fine di discutere il reclamo del consumatore e cercato, come primo passo, di risolvere la questione direttamente con il professionista;

(B) la controversia è futile o vessatoria;

(C) la controversia è o è stata affrontata da un altro organismo ADR o da un tribunale;

(D) il valore del credito è inferiore o superiore alle soglie monetarie stabilite dall’organismo;

(E) il consumatore non ha presentato il reclamo all’organismo entro il periodo di tempo dallo stesso indicato, a condizione che tale periodo di tempo non sia inferiore a 12 mesi dalla data in cui il commerciante ha comunicato al consumatore che non è in grado di risolvere il reclamo direttamente con lui[47];

(F) il tipo di controversia comprometterebbe seriamente il buon funzionamento dell’organismo.

  1. L’organismo assicura che la sua politica in materia di diniego di trattamento di una controversia, anche in relazione al livello di qualsiasi soglia monetaria imposta, non altera in modo significativo l’accesso dei consumatori alle sue procedure alternative di risoluzione delle controversie.
  2. Fatto salvo il caso previsto dal paragrafo 16, qualora un organismo si rifiuti di trattare una controversia, entro tre settimane dalla data in cui ha ricevuto il dossier, deve informare entrambe le parti e fornire una spiegazione ragionata dei motivi per cui non intende trattare la controversia.
  3. Qualora a seguito della scadenza del termine di cui al punto 15 (tre settimane), risulti all’Organismo che una delle parti ha cercato di indurlo in errore per quanto riguarda l’esistenza o la non esistenza di uno dei motivi perché la controversia venisse rifiutata, l’ente può rifiutare immediatamente di trattare ulteriormente la controversia[48].

Vediamo infine la traduzione della parte di normativa che entrerà in vigore il 9 luglio 2015. L’art. 19 si riferisce alle informazioni che i traders devono fornire ai consumatori.

Quando un trader è obbligato ad usare un ADR fornito da un organismo ADR-

(a) in base alla legge; o

(b) per le regole dall’associazione di categoria a cui il trader appartiene,

il trader deve mettere a disposizione il nome e l’indirizzo del sito web dell’organismo ADR

(C) sul sito web del professionista, se il trader ha un sito web; e

(D) nei termini e nelle condizioni di vendita o dei contratti di servizio tra il professionista e un consumatore generale.

(2) Qualora un trader abbia esaurito la sua procedura interna di reclamo relativamente ad un contratto di vendita o ad un contratto di servizio,  deve informare il consumatore, tramite un mezzo durevole

(A) che il professionista non può risolvere il reclamo con il consumatore;

(B) del nome e dell’indirizzo del sito web di un organismo ADR che sarebbe competente a trattare la domanda, se il consumatore desiderasse utilizzare uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie; e

(C) se il professionista sia obbligato, o intenda sottoporsi ad un procedimento di risoluzione alternativa delle controversie gestito da tale organismo ADR.

(3) Gli obblighi di informazione per il trader di cui ai paragrafi (1) e (2) si applicano in aggiunta agli oneri di informazione a cui sono soggetti i trader in materia mezzi extragiudiziali, che siano contenuti in qualsiasi altra legge[49].

[1] http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksi_20150542_en.pdf

Chi volesse avere maggiori informazioni sullo strumento può contattare Peter Lovitt (Department for Business, Innovation and Skills) Tel: 020 7215 0189 or email: peter.lovitt@bis.gsi.gov.uk

La seconda parte della normativa è prevista per il varo nell’estate del 2015.

Per uno schema della implementazione che il Governo intende realizzare cfr.http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksitn_20150542_en.pdf

[2] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:165:0063:0079:IT:PDF

[3] Legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo entrata in vigore il 1° gennaio 2015.http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[4] che ha recepito la Direttiva 2013/11/UE  con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione. Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015.

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[5] CONTROVERSIE DEI CONSUMATORI

Attuazione della direttiva europea sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (decreto legislativo – esame preliminare)

Il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi, un decreto legislativo di attuazione della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori).

La direttiva 2013/11/UE  nasce dalla necessità di offrire ai consumatori una soluzione semplice ed extragiudiziale alle controversie tra consumatori ed imprese. Per il recepimento della direttiva sono state apportate essenzialmente integrazioni e modifiche al Codice del consumo (decreto legislativo n.206/2005), al fine di mantenere una disciplina unitaria della materia salvaguardando il più possibile l’impostazione del Codice medesimo. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente, qualunque sia l’esito della procedura di composizione extragiudiziale.

Per organismo ADR si intende qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è iscritto in un apposito elenco istituito presso ciascuna Autorità competente (Ministero della giustizia, unitamente al Ministero dello sviluppo economico, Consob, AEEGSI, AGCOM e Banca d’Italia). Ogni Autorità definisce il procedimento per l’iscrizione e verifica il rispetto dei requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità nonché il rispetto del principio di tendenziale non onerosità, per il consumatore, del servizio.

È fatto obbligo agli organismi ADR di mantenere un sito web che fornisca alle parti facile accesso alle informazioni ma al contempo deve essere consentita al consumatore la possibilità di presentare reclamo anche con modalità diverse da quella telematica.

Il Ministero dello sviluppo economico è designato come unico punto di contato con la Commissione europea e al fine di definire uniformità di indirizzo nel compimento delle funzioni delle Autorità competenti  è istituito presso lo stesso Ministero un tavolo di coordinamento e di indirizzo.

http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=78481

[6] Per il memorandum cfr.http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/542/pdfs/uksiem_20150542_en.pdf

[7] http://www.telegraph.co.uk/news/general-election-2015/

[8] Art 5

(omissis)

“sales contract” means a contract under which a trader transfers or agrees to transfer the ownership of goods to a consumer, and the consumer pays or agrees to pay the price, including any contract that has both goods and services as its object;

“service contract” means a contract, other than a sales contract, under which a trader supplies, or agrees to supply a service to a consumer and the consumer pays, or agrees to pay, the price;

(omissis)

[9] Amendment to Schedule 13 to the Enterprise Act 2002

20.—(1) In Schedule 13 to the Enterprise Act 2002(1) (listed Directives and Regulations), after paragraph 12(2) insert—

“13.  Article 13 of Directive 2013/11/EU of the European Parliament and of the Council of 21 May 2013 on alternative dispute resolution for consumer disputes and amending Regulation (EC) 2006/2004 and Directive 2009/22/EC.”.

(2) The law in the United Kingdom set out in Schedule 8 to these Regulations is specified for the purposes of section 212 of the Enterprise Act 2002 to the extent that it gives effect to the listed Directive set out in that Schedule.

(1)2002 c.40.

(2)Paragraph 12 was inserted by reg. 16(b) of the Privacy and Electronic Communications (EC Directive) (Amendment) Regulations 2011 (S.I. 2011/1208).

[10] http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2002/40/part/8

[11] a)an enactment contains the power for a competent authority to impose additional requirements which go beyond those set out in Schedule 3, and

(b)such requirements, including issuing binding solutions on traders, are imposed for the purpose of ensuring a higher level of consumer protection, such requirements shall be deemed to be included in Schedule 3 for the purposes of this regulation, regulations 12 and 13(1) and (2) and paragraph (i) of Schedule 2.

[12] https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/288199/bis-14-575-implementing-alternative-dispute-resolution-directive-and-online-dispute-resolution-regulation-consultation.pdf

[13] La seconda parte delle norme pertiene al dopo elezioni.

[14] The Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015.

[15] L’implementazione della Direttiva ADR comprende la seguente modifica della disciplina:

SCHEDULE 7

Consequential amendments

Financial Services and Markets Act 2000

1.—(1) The Financial Services and Markets Act 2000(1) is amended as follows.

(2) In section 404B (complaints to the ombudsman scheme)(2)—

(a)after subsection (1) insert—

“(1A) Subsection (1) does not apply if the consumer and the relevant firm agree that it should not apply.”;

(b)after subsection (2) insert—

“(2A) The way in which a complaint mentioned in subsection (2) is to be determined by the ombudsman is to be as mentioned in subsection (4).

(2B) Subsection (2A) does not apply if the consumer and the relevant firm agree that it should not apply.”; and

(c)for subsection (3) substitute—

“(3) In the following provisions of this section “relevant complaint” means—

(a)a complaint mentioned in subsection (1) other than one in relation to which subsection (1A) applies, or

(b)a complaint mentioned in subsection (2) other than one in relation to which subsection (2B) applies.”.

(3) In Schedule 17 (the ombudsman scheme)(3)—

(a)in paragraph 1 after “In this Schedule—” insert—““ADR Directive” means Directive 2013/11/EU of the European Parliament and of the Council of 21 May 2013 on alternative dispute resolution for consumer disputes and amending Regulation (EC) No 2006/2004 and Directive 2009/22/EC(4);

“ADR entity” means any entity which is listed by a member State in accordance with Article 20(2) of the ADR Directive;”;

(b)in paragraph 2—

(i)renumber the existing paragraph as sub-paragraph (1); and

(ii)at the end of sub-paragraph (1) insert—

“(2) The FCA must exercise any function falling within sub-paragraph (3) in a way which is consistent with enabling the scheme operator, at all times, to qualify as an ADR entity and to meet the quality requirements in Chapter II of the ADR Directive.

(3) The following functions of the FCA fall within this sub-paragraph—

(a)making rules for the purposes of section 226;

(b)approving rules made for the purposes of section 227;

(c)specifying an amount under section 229(4);

(d)approving rules made under section 230;

(e)taking steps under sub-paragraph (1);

(f)appointing or removing members of the board under paragraph 3(2);

(g)taking steps under paragraph 3A(1);

(h)making rules under paragraph 7(3);

(i)making rules under paragraph 13;

(j)consenting to scheme rules under paragraph 14(7), other than rules relating to fees;

(k)approving the fixing, variation, addition or removal of standard terms under paragraph 18, other than terms relating to the making of payments to the scheme operator; and

(l)approving arrangements under paragraph 19(3).”;

(c)in the heading immediately preceding paragraph 13, omit “procedural”;

(d)in paragraph 13, in sub-paragraph (1)—

(i)after “unless” insert “— (a)”, and

(ii)at the end of paragraph (a) insert“, or

(b)in the case of a complaint other than a relevant complaint within the meaning of section 404B, the respondent agrees that the complaint should be entertained despite the complainant having referred it under the ombudsman scheme after the applicable time limit has expired.”; and

(e)in paragraph 14 after sub-paragraph (3) insert—

“(3A) The scheme operator must exercise the function of making scheme rules in a way which is consistent with enabling the scheme operator to qualify as an ADR entity and to meet the quality requirements in Chapter II of the ADR Directive.”.

(1)2000 c. 8.

(2)Sections 404-404G were substituted for the original section 404 by the Financial Services Act 2012, section 14(1).

(3)Schedule 17 was amended by the Financial Services Act 2012, section 39 and Schedule 11, paragraphs 13-30; the Consumer Credit Act 2006, sections 59(2), 61(10) and Schedule 2; the Financial Services and Markets Act 2000 (Regulated Activities) (Amendment) (No. 2) Order 2013, S.I. 2013/1881; the Electronic Money Regulations 2011, S.I. 2011/99; the Payment Services Regulations 2009. S.I. 2009/209; the Crime and County Courts Act 2013, section 17 and Schedule 9; the Tribunals, Courts and Enforcement Act 2007, section 62(3) and Schedule 13.

(4)OJ No L 164, 18.6.2013, p63.

[16] PART 1

General

Citation and commencement

1.—(1) These Regulations may be cited as the Alternative Dispute Resolution for Consumer Disputes (Competent Authorities and Information) Regulations 2015.

(2) Parts 1 to 3 come into force on 7th April 2015.

(3) Parts 4 and 5 come into force on 9th July 2015.

[17] Che peraltro è Autorità in relazione alle controversie gestite dall’Ombusdam delle pensioni.

[18] Review

2.—(1) The Secretary of State must from time to time—

(a) carry out a review of these Regulations,

(b) set out the conclusions of the review in a report, and

(c) publish the report.

(2) In carrying out the review, the Secretary of State must, so far as is reasonable, have regard to how Directive 2013/11/EU of the European Parliament and of the Council of 21st May 2013 on alternative dispute resolution for consumer disputes and amending Regulation (EC) No 2006/2004 and Directive 2009/22/EC(c) is implemented in other Member States.

(3) The report must in particular—

(a) set out the objectives intended to be achieved by these Regulations,

(b) assess the extent to which those objectives have been achieved, and

(c) assess whether those objectives remain appropriate and, if so, the extent to which they could be achieved in a way that imposes less regulation.

(4) The first report under this regulation must be published before the end of the period of five years beginning with the day on which Parts 1 to 3 of these Regulations come into force.

(5) Reports under this regulation are afterwards to be published at intervals not exceeding five years.

[19] Art. 17

Designation of single point of contact

  1. The Secretary of State is the single point of contact for the purposes of these Regulations.

[20] “Consumer” and “trader”

  1. In these Regulations—

“consumer” means an individual acting for purposes which are wholly or mainly outside that individual’s trade, business, craft or profession;

“trader” means a person acting for purposes relating to that person’s trade, business, craft or profession, whether acting personally or through another person acting in the trader’s name or on the trader’s behalf.

[21] Contracts to which these Regulations do not apply

  1. These Regulations do not apply to a contract to the extent that it is for health services provided by health professionals to patients to assess, maintain or restore their state of health, including the prescription, dispensation and provision of medicinal products and medical devices (and “health professionals” has the meaning given by Article 3(f) of Directive 2011/24/EU of the European Parliament and of the Council on the application of patients’ rights in cross-border healthcare)(1).

[22] Dal memorandum:

  1. Regulating small business

The legislation applies to small business. There is no flexibility to vary implementation

of the Directive according to the size of firms. In line with the flexibility of the ADR Directive, this measure will not be making ADR compulsory for businesses in areas where it is not currently, so the majority of businesses will retain a choice as to hether to use ADR or not.

[23] 6.  In regulation 5 a trader is “established”—

(a)if the trader is an individual, where the trader has his or her place of business;

(b)if the trader is a company or other legal person or an association of persons, where it has its statutory seat, central administration or place of business, including a branch, agency or any other establishment.

[24] (6) Where an application is approved, the competent authority must as soon as is reasonably practicable give written notice to the ADR applicant.

(7) Where an application is rejected, the competent authority must as soon as is reasonably practicable give written notice of this fact to the ADR applicant, which must include the grounds on which it has rejected the application.

[25] E dunque nei settori non regolati dalle autorità che abbiamo visto sopra.

Fees

15.—(1) Where the competent authority is the Secretary of State, the competent authority may charge—

(a)an ADR applicant a fee in respect of the costs incurred by or on behalf of the Secretary of State in evaluating an application made under regulation 9, and

(b)an ADR entity a periodic fee, in respect of costs incurred by or on behalf of the Secretary of State in carrying out the functions of the Secretary of State under regulations 10 to 14.

(2) The fees referred to above shall not exceed the amount of all reasonable costs and expenses incurred by or on behalf of the Secretary of State in evaluating an application and carrying out the other functions referred to above, which shall include a sum calculated at the rate of £750 for every day, (based upon an eight hour day) spent by each person in carrying out the relevant function (which shall be pro-rated in respect of any period less than a day spent by any person).

(3) The fees are payable on invoice, to the Secretary of State, or such person as the Secretary of State may direct, and any unpaid fee may be recovered by the Secretary of State as a civil debt.

(4) The Secretary of State is not required to approve an application under Regulation 9(4) if there is a fee outstanding under this regulation in relation to that application.

[26] “ADR entity”

  1. In these Regulations “ADR entity” means a body whose name appears on a list maintained in accordance with regulation 10.

Listing of ADR entities

10.—(1) A competent authority must maintain a list of the ADR applicants which have been approved by it to become an ADR entity under regulation 9(4) and that list must include the information in Schedule 4 in respect of each ADR applicant.

(2) A competent authority must, without undue delay following compilation of a list, send the list to the single point of contact.

(3) If under regulation 11(1) a competent authority receives notification from an ADR entity containing information which differs from the information included in relation to that ADR entity in the list maintained under paragraph (1), the competent authority must—

(a) amend the list to reflect the change in that information, and

(b) without undue delay, send the amended list to the single point of contact.

Art. 5

(omissis)

“single point of contact” means the person designated in regulation 17.

[27] Functions of single point of contact

18.—(1) The single point of contact must—

(a)compile a consolidated list of ADR entities from the lists which it receives from time to time from each competent authority under regulations 10 and 13(4), and

(b)without undue delay, send the consolidated list to the European Commission.

(2) On or before 9th July 2018, and within each successive period of four years after that date, the single point of contact must—

(a)publish on its website a report on the development and functioning of ADR entities; and

(b)send a copy of that report to the European Commission.

(3) The report must, in particular—

(a)identify best practices of ADR entities,

(b)identify the shortcomings (if any), supported by statistics or any other data, that hinder the functioning of ADR entities in relation to domestic or cross-border disputes, and

(c)where appropriate, make recommendations on how to improve the effective and efficient functioning of ADR entities.

(4) The single point of contact may, for the purpose of enabling it to prepare the report, require a competent authority to provide such information as it may require relating to the development and functioning of an ADR entity for which it is the relevant competent authority.

(5) A competent authority must, if requested by the single point of contact under paragraph (4), provide the requested information in such form and within such period as may be required by the single point of contact.

[28] In collaborazione con l’Autorità competente.

[29] Notification of the consolidated ADR entity list

  1. A competent authority must make the consolidated list of ADR entities published by the European Commission—

(a)publicly available on its website by means of a link to the relevant European Commission website; and

(b)available on request by a member of the public on a durable medium

[30] “durable medium” means paper or email, or any other medium that—

(a)allows information to be addressed personally to the recipient,

(b)enables the recipient to store the information in a way accessible for future reference for a period that is long enough for the purposes of the information, and

(c)allows the unchanged reproduction of the information stored;

[31] Ongoing information obligations of an ADR entity

11.—(1) In the event of a change to the information which an ADR entity has supplied under regulation 9(1), the ADR entity must, without undue delay, provide written notification of the change to the competent authority.

[32] 2) An ADR entity must, within a month of the first anniversary of the approval date and within a month of each subsequent anniversary, publish on its website a report (“an annual activity report”) relating to the preceding year which contains the information in Schedule 5.

[33] SCHEDULE 5

Information to be included in an ADR entity’s annual activity report

athe number of domestic disputes and cross-border disputes the ADR entity has received;

bthe types of complaints to which the domestic disputes and cross-border disputes relate;

ca description of any systematic or significant problems that occur frequently and lead to disputes between consumers and traders of which the ADR entity has become aware due to its operations as an ADR entity;

dany recommendations the ADR entity may have as to how the problems referred to in paragraph (c) could be avoided or resolved in future, in order to raise traders’ standards and to facilitate the exchange of information and best practices;

ethe number of disputes which the ADR entity has refused to deal with, and percentage share of the grounds set out in paragraph 13 of Schedule 3 on which the ADR entity has declined to consider such disputes;

fthe percentage of alternative dispute resolution procedures which were discontinued for operational reasons and, if known, the reasons for the discontinuation;

gthe average time taken to resolve domestic disputes and cross-border disputes;

hthe rate of compliance, if known, with the outcomes of the alternative dispute resolution procedures;

ithe co-operation, if any, of the ADR entity within any network of ADR entities which facilitates the resolution of cross-border disputes.

[34] SCHEDULE 6

Information which an ADR entity must communicate to the relevant competent authority every two years

athe number of disputes received by the ADR entity and the types of complaints to which the disputes related;

bthe percentage share of alternative dispute resolution procedures which were discontinued before an outcome was reached;

  1. c) the average time taken to resolve the disputes which the ADR entity has received;
  2. d) the rate of compliance, if known, with the outcomes of its alternative dispute resolution procedures;

eany recommendations the ADR entity may have as to how any systematic or significant problems that occur frequently and lead to disputes between consumers and traders could be avoided or resolved in future;

  1. f) where the ADR entity is a member of any network of ADR entities which facilitates the resolution of cross-border disputes, an assessment of the effectiveness of its co-operation in that network;
  2. g) where the ADR entity provides training to its ADR officials, details of the training it provides;

han assessment of the effectiveness of an alternative dispute resolution procedure offered by the ADR entity and of possible ways of improving its performance.

[35] Ongoing assessment of an ADR entity

  1. Following receipt of the information received under regulation 11(3) the competent authority must review the information and assess whether the ADR entity still meets the requirements in Schedule 3.

[36] Removal of approval

13.—(1) A competent authority must provide notice in writing to an ADR entity approved by it under regulation 9(4) if the competent authority has reason to believe that—

(a)the ADR entity no longer meets a requirement in Schedule 3; and

(b)the reason the ADR entity no longer meets the requirement is within its control.

(2) The written notice must—

(a)identify the requirement in Schedule 3 which is no longer met; and

(b)require the ADR entity to meet the requirement promptly or in any event within 3 months of the date of the notice.

(3) If the ADR entity fails to meet the requirement notified to it on or before the expiry of the period specified in paragraph (2), and the competent authority considers that the failure to meet the requirement is sufficiently serious, the competent authority must—

(a)send notice in writing to the ADR entity of the withdrawal of its approval, and

(b)without undue delay, remove the ADR entity from the list maintained by it under regulation 10(1).

(4) If a competent authority removes an ADR entity from the list under paragraph (3) it must, without undue delay, send the revised list to the single point of contact.

[37] ADR official” means an individual employed, contracted or appointed by an ADR entity to oversee its alternative dispute resolution procedure, whether as a case-handler or in a management capacity;

[38] Assessment of application to become an ADR entity

9.—(1) An ADR applicant may apply to the relevant competent authority to become an ADR entity.

(2) The ADR applicant must supply with an application—

(a)the information in Schedule 2; and

(b) such other information as the competent authority may require in order to assess whether the ADR applicant meets therequirements in Schedule 3.

(3) The information referred to in paragraph (2) must be provided in such form as the competent authority may require.

(4) The competent authority may only approve an application if it is satisfied that—

(a)the ADR applicant is established in the United Kingdom; and

(b)the requirements in Schedule 3—

(i)have been met by the ADR applicant, or

(ii)will be met by the ADR applicant within a reasonable period of time of the application being granted.

[39] SCHEDULE 2

Information that an ADR applicant must supply

  1. a) the ADR applicant’s name, contact details and website address;
  2. b) information regarding the structure and funding of the ADR applicant, including such information as the competent authority may require regarding its ADR officials, their remuneration, term of office and by whom they are employed;
  3. c) the rules of the alternative dispute resolution procedure to be operated by the ADR applicant;
  4. d) any fees to be charged by the ADR applicant;
  5. e) where the ADR applicant already operates an alternative dispute resolution procedure, the average length of the alternative dispute resolution procedure;
  6. f) the language in which the ADR applicant is prepared to receive initial complaint submissions and conduct the alternative dispute resolution procedure;
  7. g) a statement as to the types of disputes covered by the alternative dispute resolution procedure operated by the ADR applicant;
  8. h) the grounds, if any, on which the ADR applicant may refuse to deal with a dispute;
  9. i) a reasoned statement which sets out how the ADR applicant complies, or proposes to comply, with the requirements set out in Schedule 3.

[40] SCHEDULE 3

Requirements that a competent authority must be satisfied that the body meets

Alternative dispute resolution services offered by the body

  1. The body—

(a)offers alternative dispute resolution services in relation to a domestic dispute or cross-border dispute brought by a consumer against a trader;

(b)is not formed for the purpose of dealing only with one particular domestic dispute or cross-border dispute;

(c)does not offer alternative dispute resolution services in relation to a domestic or cross-border dispute in circumstances where an ADR official responsible for the dispute is either employed or remunerated directly by a trader who is a party to the dispute.

[41] Access to the ADR entity

  1. The body—

(a)maintains an up-to-date website which provides the parties to a domestic dispute or cross-border dispute with information regarding the alternative dispute resolution procedure operated by the body;

(b)provides the information referred to in sub-paragraph (a) to a party on a durable medium, if a party requests it;

(c)ensures that its website enables a consumer to file an initial complaint submission and any necessary supporting documents online;

(d)permits the consumer to file an initial complaint submission by post, if the consumer wishes;

(e)enables the exchange of information between the parties via electronic means or, if a party wishes, by post;

(f)accepts disputes covered by Regulation (EU) No 524/2013 of the European Parliament and of the Council of 21 May 2013 on online dispute resolution for consumer disputes(1).

[42] Expertise, Independence and Impartiality

  1. The body—

(a)ensures that an ADR official possesses a general understanding of the law and the necessary knowledge and skills relating to the out-of-court or judicial resolution of consumer disputes, to be able to carry out his or her functions competently;

(b)appoints each ADR official for a term of office of sufficient duration to ensure the independence of that person’s actions and provides that no ADR official can be relieved of his or her duties without just cause;

(c)ensures that no ADR official discharges his or her duties in a way that is biased as regards a party to a dispute, or the representative of a party;

(d)remunerates an ADR official in a way that is not linked to the outcome of the alternative dispute resolution procedure;

(e)where it appoints more than one ADR official, ensures that an ADR official, without undue delay, discloses to the body a circumstance that may, or may be seen to—

(i)affect the ADR official’s independence or impartiality; or

(ii)give rise to a conflict of interest with a party to the dispute which the ADR official is asked to resolve;

(f)ensures that the obligation to disclose a conflict of interest is a continuing obligation throughout the alternative dispute resolution procedure;

(g)ensures that in circumstances where its ADR officials are employed or remunerated exclusively by a professional organisation or business association, the body has a ring-fenced budget at its disposal which is sufficient to enable it to carry out its functions as an ADR entity;

(h)ensures that where the operating model of its alternative dispute resolution procedure is to have a collegial body of representatives of both professional organisations or business associations, and consumer organisations, its ADR officials comprise an equal number of representatives of consumer interests and trader interests.

[43] Transparency

  1. The body makes the following information publicly available on its website in a clear and easily understandable manner, and provides, on request, this information to any person on a durable medium—

(a)its contact details, including postal address and e-mail address;

(b)a statement that it has been approved as an ADR entity by the relevant competent authority once this approval has been granted;

(c)its ADR officials, the method of their appointment and the duration of their appointment;

(d)the name of any network of bodies which facilitates cross-border alternative dispute resolution of which it is a member;

(e)the type of domestic disputes and cross-border disputes which it is competent to deal with, including any financial thresholds which apply;

(f)the procedural rules of the alternative dispute resolution procedure operated by it and the grounds on which it can refuse to deal with a given dispute in accordance with paragraph 13;

(g)the language in which it is prepared to receive an initial complaint submission;

(h)the language in which its alternative dispute resolution procedure can be conducted;

(i)the principles the body applies, and the main considerations the body takes into account, when seeking to resolve a dispute;

(j)the preliminary requirements, if any, that a party to a dispute needs to have met before the alternative dispute resolution procedure can commence;

(k)a statement as to whether or not a party to the dispute can withdraw from the alternative dispute resolution procedure once it has commenced;

(l)the costs, if any, to be borne by a party, including the rules, if any, on costs awarded by the body at the end of the alternative dispute resolution procedure;

(m)the average length of each alternative dispute resolution procedure handled by the body;

(n)the legal effect of the outcome of the dispute resolution process, including whether the outcome is enforceable and the penalties for non-compliance with the outcome, if any;

(o)a statement as to whether or not alternative dispute resolution procedures operated by it can be conducted by oral or written means (or both);

(p)the annual activity report required to be prepared under regulation 11(2).

[44] Effectiveness

  1. The body—

(a)ensures that its alternative dispute resolution procedure is available and easily accessible to both parties irrespective of where they are located including by electronic means and non-electronic means;

(b)ensures that—

(i)the parties to a dispute are not obliged to obtain independent advice or be represented or assisted by a third party although they may choose to do so;

(ii)the alternative dispute resolution is available free of charge or at a nominal fee for consumers;

(c)notifies the parties to a dispute as soon as it has received all the documents containing the relevant information relating to the dispute constituting the complete complaint file;

(d)notifies the parties of the outcome of the alternative dispute resolution procedure within a period of 90 days from the date on which the body has received the complete complaint file except that, in the case of a highly complex dispute, the body may extend this period but must inform the parties of this extension and the expected length of time that it will need to conclude the alternative dispute resolution procedure.

[45] Fairness

  1. The body—

(a)ensures that during the alternative dispute resolution procedure the parties may, within a reasonable period of time, express their points of view;

(b)provides a party to a dispute within a reasonable period of time, upon request, with the arguments, evidence, documents and facts put forward by the other party to the dispute, including a statement made, or opinion given, by an expert;

(c)ensures that the parties may, within a reasonable period of time, comment on the information and documents provided under paragraph (b);

(d)informs the parties that they are not obliged to retain a legal advisor, but that they may seek independent advice or be represented or assisted by a third party at any stage of the alternative dispute resolution procedure;

(e)notifies the parties of the outcome of the alternative dispute resolution procedure on a durable medium and gives the parties a statement of the grounds on which the outcome is based.

  1. Subject to paragraphs 9 and 10, in relation to an alternative dispute resolution procedure which aims at resolving a dispute by proposing a solution, the body ensures that the parties—

(a)have the possibility of withdrawing from the alternative dispute resolution procedure at any stage if they are dissatisfied with the performance or operation of the alternative dispute resolution procedure;

(b)before the alternative dispute resolution procedure commences, are informed of their right to withdraw from the alternative dispute resolution procedure at any stage;

(c)are informed, before agreeing to or following the proposed solution—

(i)that they have a choice as to whether or not to agree to, or follow, the proposed solution;

(ii)that their participation in the alternative dispute resolution procedure does not preclude the possibility of them seeking redress through court proceedings;

(iii)that the proposed solution may be different from an outcome determined by a court applying legal rules; and

(iv)of the legal effect of agreeing to, or following the proposed solution;

(d)before expressing their consent to a proposed solution or amicable agreement, are allowed a reasonable period of time to reflect.

  1. Paragraphs 8(a) and 8(b) do not apply to the body in respect of a party who is—

(a)a trader; and

(b)obliged, under an enactment or under the rules of a trade association to which the trader may belong, to participate in an alternative dispute resolution procedure.

  1. Paragraph 8 does not apply to the body in respect of a party who is—

(a)a trader; and

(b)obliged, under an enactment or under the rules of a trade association to which the trader may belong, to accept the solution proposed by the body if the consumer accepts the solution.

[46] Legality

  1. In relation to an alternative dispute resolution procedure which aims at resolving a dispute by imposing a solution on the consumer, the body ensures that—

(a)in a situation where there is no conflict of laws, the solution imposed by the body does not result in the consumer being deprived of the protection afforded to the consumer by the provisions that cannot be derogated from by agreement by virtue of any enactment;

(b)in a situation involving a conflict of laws—

(i)where the law applicable to the sales contract or service contract is determined in accordance with Article 6(1) and (2) of Regulation (EC) No 593/2008 on the law applicable to contractual obligations(2) the solution imposed by the body does not result in the consumer being deprived of the protection afforded to the consumer by the provisions that cannot be derogated from by virtue of the law of the member State in which the consumer is habitually resident;

(ii)where the law applicable to the sales contract or service contract is determined in accordance with Article 5(1) to (3) of the Rome Convention of 19 June 1980 on the law applicable to contractual obligations(3) the solution imposed by the body does not result in the consumer being deprived of the protection afforded to the consumer by the provisions that cannot be derogated from by virtue of the mandatory rules of the law of the member State in which the consumer is habitually resident.

  1. For the purposes of paragraph 11 “habitual residence” is be determined in accordance with Regulation (EC) No 593/2008(4).

[47] Trovo assai interessante che gli Inglesi diano per scontato il fatto che il professionista informi il consumatore di non poter risolvere il suo problema.

Non è previsto infatti il caso che il commerciante non risponda al reclamo del consumatore, ma è previsto il solo caso in cui il consumatore non abbia contattato il professionista prima dell’organismo ADR (appunto come ipotesi di rifiuto della prestazione da parte dell’organismo).

Direi altro popolo: o forse solo noi abbiamo bisogno del silenzio rifiuto o del silenzio assenso…

[48] Grounds to refuse to deal with a dispute

  1. The body may only refuse to deal with a domestic dispute or a cross-border dispute which it is competent to deal with on one of the following grounds—

(a)prior to submitting the complaint to the body, the consumer has not attempted to contact the trader concerned in order to discuss the consumer’s complaint and sought, as a first step, to resolve the matter directly with the trader;

(b)the dispute is frivolous or vexatious;

(c)the dispute is being, or has been previously, considered by another ADR entity or by a court;

(d)the value of the claim falls below or above the monetary thresholds set by the body;

(e)the consumer has not submitted the complaint to the body within the time period specified by the body, provided that such time period is not less than 12 months from the date upon which the trader has given notice to the consumer that the trader is unable to resolve the complaint with the consumer;

(f)dealing with such a type of dispute would seriously impair the effective operation of the body.

  1. The body ensures that its policy regarding when it will refuse to deal with a dispute, including in relation to the level of any monetary threshold it sets, does not significantly impair consumers’ access to its alternative dispute resolution procedures.
  2. Subject to paragraph 16, where a body refuses to deal with a dispute, it must, within three weeks of the date upon which it received the complaint file, inform both parties and provide a reasoned explanation of the grounds for not considering the dispute.
  3. Where following the expiry of the period referred to in paragraph 15, it appears to the body that one of the parties has sought to mislead the body as regards the existence or non-existence of one of the grounds for it to decline to deal with a dispute, the body may immediately decline to deal further with the dispute.

[49] Consumer information by traders

19.—(1) Where a trader is obliged to use alternative dispute resolution services provided by an ADR entity under—

(a)an enactment; or

(b)the rules of a trade association to which the trader belongs,

the trader must provide the name and website address of the ADR entity—

(c)on the trader’s website, if the trader has a website; and

(d)in the general terms and conditions of sales or service contracts between the trader and a consumer.

(2) Where a trader has exhausted its internal complaint handling procedure when considering a complaint from a consumer relating to a sales contract or a service contract, the trader must inform the consumer, on a durable medium—

(a)that the trader cannot settle the complaint with the consumer;

(b)of the name and website address of an ADR entity which would be competent to deal with the complaint, should the consumer wish to use alternative dispute resolution; and

(c)whether the trader is obliged, or prepared, to submit to an alternative dispute resolution procedure operated by that ADR entity.

(3) The trader information requirements set out in paragraphs (1) and (2) apply in addition to any information requirements applicable to traders regarding out-of-court redress procedures contained in any other enactment.

Il Brasile punta decisamente su mediazione, conciliazione ed arbitrato

Nel 2010 con la risoluzione 125 del 29 novembre[1] il Consiglio Nazionale di Giustizia[2] poneva importanti regole in tema di gestione dei conflitti.

Si richiedeva in particolare la creazione di nuclei di magistrati competenti in materia di risoluzione consensuale, di centri giudiziari di risoluzione consensuale del conflitto, la formazione dei magistrati  con riferimento alla mediazione e conciliazione, la creazione di mediatori e conciliatori che operassero nei centri giudiziari  e che avessero come caratteristiche  la riservatezza, la competenza, l’imparzialità, la neutralità, l’indipendenza e autonomia, il rispetto per l’ordine pubblico e le leggi vigenti.

Queste indicazioni sono state recepite oggi con il nuovo Codice di procedura civile.

Con la Lei Nº 13.105, de 16 de Março de 2015 il Brasile ha varato appunto il nuovo codice di procedura civile[3] che è stato pubblicato in gazzetta ufficiale (DOU) il 17 marzo 2015  ed è entrato in vigore dal 13 aprile 2015.

La nuova normativa che appare di assoluta rilevanza trova la sua ratio ed il suo perno nei mezzi alternativi di risoluzione dei conflitti (conciliazione, mediazione, arbitrato).

Il Brasile punta in particolare sulla conciliazione e sulla mediazione giudiziaria.

Detti adempimenti vengono fissati dal giudice una volta ricevuta la domanda, a meno che la stessa non sia relativa a ricorso per decreto ingiuntivo.

Alla conciliazione e alla mediazione che si tiene alla prima udienza, devono essere presenti le parti ed i loro avvocati di fiducia od il difensore pubblico[4].

L’attore in citazione deve indicare la sua scelta in merito alla celebrazione o meno di una mediazione o  conciliazione[5]: ma non vincola il convenuto che può comunque pretenderne la tenuta.

L’art. 334 stabilisce in particolare i contenuti dell’udienza di mediazione o conciliazione.

Se la domanda iniziale contiene i requisiti essenziali e non si tratta di ricorso per decreto ingiuntivo, il giudice fisserà udienza di conciliazione o di mediazione con un preavviso di almeno trenta (30) giorni, dovendo essere citato il convenuto con almeno venti (20) giorni di anticipo[6].

Il conciliatore o mediatore osserveranno le disposizioni del codice e le disposizioni della legge sulla organizzazione giudiziaria per la conduzione dell’udienza di conciliazione o di mediazione, [7].

Si possono tenere più di una sessione finalizzate alla conciliazione e alla mediazione, ma non possono trascorrere più di (2) mesi dalla data della prima sessione,  termine necessario per la composizione delle parti[8].

Sarà il difensore dell’attore ad intimare la comparizione al convenuto[9].

L’udienza di conciliazione o di mediazione non si terrà:

1) se entrambe le parti manifestino espressamente il proprio disinteresse per l’auto composizione;

2) nei casi in cui l’auto composizione non è ammessa[10].

L’attore dovrà indicare nell’atto introduttivo, il suo disinteresse per l’auto composizione, ed il convenuto dovrà farlo con comparsa di costituzione almeno dieci giorni prima della data fissata per l’udienza di mediazione o conciliazione[11].

L’incombente peraltro viene sospeso anche nel caso in cui il convenuto abbia eccepito l‘incompetenza del tribunale adito dall’attore: in tal caso la conciliazione o la mediazione verranno rifissate una volta stabilita la competenza[12].

In caso di litisconsorzio, il disinteresse per l’auto composizione deve essere manifestato da tutti i litisconsorti[13].

L’udienza di conciliazione o di mediazione può tenersi anche con mezzi elettronici, in osservanza della legge[14].

La non comparizione ingiustificata dell’attore o del convenuto all’udienza di conciliazione o mediazione è considerata attentato alla dignità della giustizia e viene sanzionata con una multa del 2% del vantaggio economico preteso o del valore della causa, che andranno all’Unione federale o allo Stato[15].

All’udienza le parti devono essere accompagnate dai loro avvocati o difensori pubblici[16].

Ogni parte potrà costituire un suo rappresentante con procura speciale che contenga i poteri di transigere e conciliare[17].

Tra una sessione e l’altra di conciliazione o mediazione devono passare almeno 20 minuti[18].

L’accordo raggiunto che porterà un termine sarà omologato per sentenza[19].

Il convenuto può presentare contestazione entro 15 giorni dall’udienza di mediazione o conciliazione, o dalla sessione nella quale non vi fosse stata comparizione, o ancora dalla sessione in cui non ci sia stato accordo ovvero dalla data del verbale che attesta che l’incombente non si è tenuto[20]. Tale facoltà spetta anche al litisconsorte.

Anche nei procedimenti di tutela anticipata e cautelari[21] si celebrano mediazione e conciliazione[22]: è questa una ottima scelta del legislatore brasiliano anche se in controcorrente rispetto ad altri paesi ove l’incombente è possibile, ma non necessario.

Quando inizia il processo il giudice tenta comunque la conciliazione a prescindere dal fatto che siano stati esperiti l’arbitrato o la mediazione[23].

Nei procedimenti di famiglia (separazione e divorzio, filiazione, custodia, diritto di visita, riconoscimento e scioglimento dei rapporti di fatto[24]) la legge prescrive che “ogni sforzo sarà fatto per la risoluzione consensuale della controversia e la Corte si avvarrà di professionisti provenienti da altri campi del sapere per condurre mediazioni e conciliazioni”[25].

Ricevuto il ricorso in materia di famiglia il giudice dispone, se è il caso, le misure provvisorie di tutela, ed ordina al convenuto di partecipare all’udienza di mediazione o conciliazione[26].

L’intimazione di comparizione deve contenere soltanto i dati necessari a tale udienza e prevedere in allegato il ricorso introduttivo, di modo che sia assicurato al convenuto il diritto di esaminare i contenuti in qualsiasi momento[27].

Tra l’intimazione effettuata nei confronti del convenuto[28] e l’udienza fissata per la conciliazione e la mediazione devono trascorrere almeno 15 giorni[29].

All’udienza di conciliazione o mediazione le parti devono essere accompagnate dal loro legale di fiducia o dal difensore pubblico[30].

L’udienza di mediazione e conciliazione può essere suddivisa nelle sessioni che sono necessarie per consentire la soluzione consensuale, fatte salve le misure giudiziarie per impedire l’estinzione del diritto[31].

Secondo poi la nuova disciplina i procedimenti amministrativi andranno parimenti sottoposti a camere di conciliazione o mediazione create a tutti i livelli territoriali.

L’accordo rinvenuto in mediazione o conciliazione costituisce titolo esecutivo extragiudiziale[32].

Interessante è la distinzione tra conciliatore e mediatore che è un po’ diversa da quella a cui siamo abituati e riguarda l’assenza o la presenza di rapporti precedenti tra le parti. Il conciliatore inoltre può proporre una soluzione del conflitto, cosa che non fa invece il mediatore.

Molto stringenti sono i requisiti che attengono alla esperienza processuale e che sono richiesti ai mediatori e conciliatori giudiziari. Il giudice può addirittura scegliere di creare i propri conciliatori e mediatori nel proprio organico,  attraverso pubblico concorso per prove e titoli.

I mediatori e conciliatori (mediador  o conciliador judicial) sono considerati ausiliari di giustizia e le loro attribuzioni sono stabilite dalle norme sull’organizzazione giudiziaria[33].

I compensi dei mediatori e conciliatori sono decisi dal singolo tribunale in base ad una tabella che rispetta i criteri forniti dal Consiglio Nazionale di Giustizia.

Il tribunale determina la percentuale di sessioni gratuite che devono essere sostenute dagli organismi privati, al fine di gestire le controversie in gratuito patrocinio come prezzo dell’accreditamento.

E dunque sia gli organismi, sia i mediatori, sia i conciliatori possono essere iscritti nei panel dei tribunali.

Presenterò qui la traduzione delle norme, anche ulteriori, che, a mio giudizio, sono fondamentali non solo per il tema indicato, ma anche per l’andamento del processo, nella speranza nemmeno tanto velata che anche il legislatore italiano ci possa dare uno sguardo.

L’art. 3 c.1 prevede che nelle forme di legge possa esplicitarsi l’arbitrato[34].

L’art. 3 c. 2  precisa che lo Stato promuoverà, sempre che sia possibile, una soluzione consensuale del conflitto[35].

L’art. 3 c. 3 stabilisce che la conciliazione, la mediazione o altro metodo di soluzione consensuale dei conflitti devono essere stimolati dai giudici, dagli avvocati, dai difensori pubblici e membri del Pubblico Ministero, anche nel corso del procedimento giudiziario[36].

L’art. 5 stabilisce opportunamente che colui che in qualche modo partecipa al processo deve comportarsi secondo buona fede[37].

L’art. 6 pone  un dovere di cooperazione: tutti i soggetti del processo dovrebbero cooperare al fine di ottenere, entro un termine ragionevole, una decisione equa ed efficace[38].

L’art. 42 pone la regola della ripartizione della giurisdizione: le cause civili saranno trattate e decise dal giudice, nei limiti della propria competenza, nel rispetto del diritto delle parti di partecipare ad un arbitrato, come disciplinato dalla legge[39].

L’art. 77 pone altri principi fondamentali che dovrebbero essere adottati nel nostro paese: le parti, gli avvocati e tutti i partecipanti al processo devono:

I spiegare i fatti conformemente alla verità

II non formulare pretese o presentare una difesa quando sono consapevoli del fatto che sono prive di fondamento.

III non produrre prove e non fare atti inutili o non necessari alla difesa[40].

Anche l’art. 78 ci pone un principio importante: è vietato alle parti, ai loro avvocati, ai giudici, ai procuratori e difensore d’ufficio e ad ogni persona che partecipa al processo di usare un linguaggio offensivo negli scritti presentati[41].

Si considera poi litigante di cattiva fede colui (art. 80):

I Che deduce pretese o difese contro un testo espresso di legge od un fatto incontroverso;

II Altera la verità dei fatti;

III Usa il processo per conseguire un obbiettivo illegale;

IV Oppone una resistenza ingiustificata all’andamento del processo;

V Procede in modo temerario in qualche incidente o atto del processo;

VI Provoca un incidente manifestamente infondato;

VII Interpone appello con un intento manifestamente dilatorio[42].

Chi si comporta come litigante di cattiva fede sopporta il seguente trattamento (art. 81): d’ufficio o su richiesta, il giudice condanna il litigante di cattiva fede a pagare una multa, che dovrà essere superiore all’1% e inferiore al 10 % del valore di causa, per indennizzare la controparte per il pregiudizio che ha sofferto e supportare le spese di avvocato e qualunque altra spesa[43].

La sez. V si occupa dei conciliatori e mediatori di giustizia, riprendendo le linee già tracciate dal Consiglio nazionale di Giustizia.

L’art. 165 precisa che i tribunali devono creare dei centri di risoluzione del conflitto per la tenuta di udienze o sessioni di mediazione e conciliazione e devono sostenere programmi atti a favorire la auto composizione[44].

I conciliatori, che servono preferibilmente dove non esiste una precedente relazione tra le parti, potrebbero suggerire soluzioni della controversia, rimanendo proibito l’uso di qualsiasi tipo di minaccia o di intimidazione per costringere le parti a conciliare (art. 165 c. 2)[45].

Si pensi che il riferimento alla minaccia e alla intimidazione erano già presenti nella legislazione portoghese del XIX secolo.

Il mediatore, che svolge le funzioni di preferenza nei casi in cui sussiste un precedente rapporto tra le parti, aiuterà gli interessati a comprendere le questioni e gli interessi in conflitto, in modo che possano, attraverso il ripristino della comunicazione, identificare reciprocamente soluzioni consensuali che generano benefici reciproci (art. 165 c. 3)[46].

La conciliazione e la mediazione sono informate ai principi di indipendenza, imparzialità, autodeterminazione, riservatezza, oralità, informalità e decisione informata (art. 166).

§ 1 La riservatezza si estende a tutte le informazioni prodotte nel corso del procedimento, il cui contenuto non può essere utilizzato per scopi diversi da quello fornito con espressa decisione delle parti.

§ 2. A causa del segreto d’ufficio inerenti alle loro funzioni, il conciliatore e mediatore, così come i membri del loro team, non possono fornire o testimoniare su fatti o elementi derivanti da ​​conciliazione o mediazione.

§ 3. È consentito applicare tecniche di negoziazione, con l’obiettivo di creare un ambiente favorevole all’auto composizione.

§ 4. La mediazione e la conciliazione sono disciplinate dalla libera volontà dei soggetti interessati, anche per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali[47].

I conciliatori, mediatori degli organismi privati di conciliazione e mediazione devono essere registrati in un registro nazionale e nei registri del tribunale di giustizia o del tribunale distrettuale federale, che terrà un archivio di professionisti qualificati, con l’indicazione del loro campo professionale (art. 167) [48].

§ 1. Il requisito di una minima formazione sarà fornito attraverso corsi condotti da ente accreditato in base a parametri curricolari stabilito dal Consiglio Nazionale di Giustizia insieme con il Ministero della Giustizia; il conciliatore o mediatore che sia certificato può richiedere di essere inserito nel registro nazionale e del tribunale di giustizia o tribunale distrettuale federale[49].

§ 2 Effettuata la registrazione, che può essere preceduta da pubblico concorso, il tribunale trasmette al dirigente della corte del distretto o della sezione o sottosezione giudiziaria ove opererà il conciliatore o il mediatore i dati necessari per l’inserimento nella lista, e si osserverà un’assegnazione alternata e casuale, nel rispetto del principio di uguaglianza all’interno della stessa area di prestazione professionale[50].

§ 3. L’accreditamento degli organismi e la registrazione dei conciliatori e mediatori comprende tutti i dati rilevanti per l’attuazione, come ad esempio il numero di processi a cui hanno partecipato, il loro successo o fallimento, la materia su cui vertevano le cause, e ogni altro dato che il tribunale ritenga pertinenti[51].

§ 4. I dati raccolti ai sensi del § 3 sono classificati sistematicamente da parte del tribunale, che li pubblica, almeno una volta all’anno, per informare la popolazione e per fini statistici e di valutazione della conciliazione, mediazione, degli organismi privati di conciliazione e di mediazione, dei conciliatori e dei mediatori[52].

§ 5. I conciliatori e mediatori giudiziari iscritti nella lista se avvocati non possono praticare la legge nei giudizi per cui hanno prestato funzione di conciliazione o di mediazione[53].

§ 6. Il giudice può scegliere di creare i propri conciliatori e mediatori nel proprio organico, attraverso pubblico concorso per prove e titoli, ai sensi delle disposizioni del presente capo[54].

L’art  168 prevede che le parti possono scegliere, di comune accordo, il conciliatore, il mediatore o l’organismo privato di conciliazione e mediazione[55].

Non è necessario che i mediatori siano registrati nei panel dei tribunali (art. 168 c. 1)[56].

Se le parti non si mettono d’accordo viene scelto un mediatore o un conciliatore del panel del tribunale, in coerenza con la formazione professionale (art. 168 c. 2)[57].

Quando raccomandato potrà essere nominato più di un mediatore o di un conciliatore[58].

Eccettuati i mediatori che entrano nell’organico del giudice, il conciliatore e il mediatore riceveranno per il loro compenso quanto previsto dalla tabella fissata dal tribunale, in base ai parametri stabiliti dal Consiglio Nazionale di Giustizia(art. 169)[59].

La mediazione e la conciliazione possono essere espletate anche in regime di volontariato, osservata a legislazione  pertinente e la regolamentazione del tribunale (art. 169 c. 1)[60].

Il tribunale determinerà la percentuale di sessioni gratuite che devono essere sostenute dagli organismi privati, al fine di gestire le controversie in gratuito patrocinio come prezzo dell’accreditamento (art. 169 c. 2)[61].

In caso di impedimento, il conciliatore o mediatore lo comunica immediatamente, preferibilmente per via elettronica, e restituisce gli atti al giudice del caso o al coordinatore del centro giudiziario di risoluzione dei conflitti, che provvederà a redistribuire l’incarico (art. 170)[62].

Il conciliatore o il mediatore per il termine di un anno dall’ultima udienza o sessione che li pertiene non possono rappresentare, assistere o patrocinare alcuna delle parti (art. 172)[63].

Sarà cancellato dal registro dei conciliatori e mediatori colui che:

I – agisce con dolo o colpa nello svolgimento della conciliazione o mediazione condotta sotto la sua responsabilità o viola qualsiasi degli obblighi derivanti dall’art. 166, §§ 1 e 2 (violazione del principio di riservatezza e del divieto di testimoniare);

II – agisce in mediazione o conciliazione, sebbene sussistesse motivo o sospetto di impedimento;

  • 1. I casi di cui al presente articolo saranno appurati in un procedimento amministrativo.
  • 2. Il giudice del caso o il giudice coordinatore del centro di conciliazione e di mediazione, se del caso, verifica l’inadeguatezza delle prestazioni del mediatore o del conciliatore e potrà sospenderne l’attività per 180 (centottanta) giorni, con una decisione motivata rimettendo immediatamente il caso al tribunale per avviare le relative procedure amministrative[64].

L’Unione, gli Stati, il Distretto Federale e i Comuni creeranno camere di mediazione e di conciliazione, con compiti relativi alla risoluzione dei conflitti consensuale nel campo amministrativo, come ad esempio:

I – risolvere i conflitti che coinvolgono organi ed enti della pubblica amministrazione;

II – valutare l’ammissibilità della risoluzione dei conflitti attraverso la conciliazione all’interno della pubblica amministrazione;

III – promuovere, se del caso, la conclusione di un accordo di TAC (art. 174)[65].

Le disposizioni della presente sezione non escludono altre forme di conciliazione extragiudiziale e di mediazione relative agli organi istituzionali o svolte da professionisti indipendenti, che possono essere regolate dalla legge specifica (art. 175)[66].

Le disposizioni della presente sezione si applicano, se del caso, agli organismi privati di conciliazione e la mediazione (paragrafo unico)[67].

[1] http://www.cnj.jus.br/busca-atos-adm?documento=2579;http://www.cnj.jus.br/images/atos_normativos/resolucao/resolucao_125_29112010_compilada.pdf

[2] http://www.cnj.jus.br/sobre-o-cnj

[3] Cfr. per un primo commento http://www.jornaljurid.com.br/doutrina/processual-civil/conciliacao-mediacao-e-acesso-a-justica-no-novo-codigo-de-processo-civil

[4] Art. 250.  O mandado que o oficial de justiça tiver de cumprir conterá:

(omissis)

IV – se for o caso, a intimação do citando para comparecer, acompanhado de advogado ou de defensor público, à audiência de conciliação ou de mediação, com a menção do dia, da hora e do lugar do comparecimento;

[5] Art. 319 VII – a opção do autor pela realização ou não de audiência de conciliação ou de mediação.

[6] Se a petição inicial preencher os requisitos essenciais e não for o caso de improcedência liminar do pedido, o juiz designará audiência de conciliação ou de mediação com antecedência mínima de 30 (trinta) dias, devendo ser citado o réu com pelo menos 20 (vinte) dias de antecedência.

[7] § 1° O conciliador ou mediador, onde houver, atuará necessariamente na audiência de conciliação ou de mediação, observando o disposto neste Código, bem como as disposições da lei de organização judiciária.

[8] § 2° Poderá haver mais de uma sessão destinada à conciliação e à mediação, não podendo exceder a 2 (dois) meses da data de realização da primeira sessão, desde que necessárias à composição das partes.

[9] § 3° A intimação do autor para a audiência será feita na pessoa de seu advogado.

[10] § 4° A audiência não será realizada:

I – se ambas as partes manifestarem, expressamente, desinteresse na composição consensual;

II – quando não se admitir a autocomposição.

[11] § 5° O autor deverá indicar, na petição inicial, seu desinteresse na autocomposição, e o réu deverá fazê-lo, por petição, apresentada com 10 (dez) dias de antecedência, contados da data da audiência.

[12] Art. 340

(omissis)

  • 3° Alegada a incompetência nos termos do caput, será suspensa a realização da audiência de conciliação ou de mediação, se tiver sido designada.
  • 4° Definida a competência, o juízo competente designará nova data para a audiência de conciliação ou de mediação.

[13] § 6° Havendo litisconsórcio, o desinteresse na realização da audiência deve ser manifestado por todos os litisconsortes.

[14] § 7° A audiência de conciliação ou de mediação pode realizar-se por meio eletrônico, nos termos da lei.

[15] § 8° O não comparecimento injustificado do autor ou do réu à audiência de conciliação é considerado ato atentatório à dignidade da justiça e será sancionado com multa de até dois por cento da vantagem econômica pretendida ou do valor da causa, revertida em favor da União ou do Estado.

[16]  § 9° As partes devem estar acompanhadas por seus advogados ou defensores públicos.

[17]  § 10.  A parte poderá constituir representante, por meio de procuração específica, com poderes para negociar e transigir.

[18] § 12.  A pauta das audiências de conciliação ou de mediação será organizada de modo a respeitar o intervalo mínimo de 20 (vinte) minutos entre o início de uma e o início da seguinte.

[19] § 11.  A autocomposição obtida será reduzida a termo e homologada por sentença.

[20] Art. 335.  O réu poderá oferecer contestação, por petição, no prazo de 15 (quinze) dias, cujo termo inicial será a data:

I – da audiência de conciliação ou de mediação, ou da última sessão de conciliação, quando qualquer parte não comparecer ou, comparecendo, não houver autocomposição;

II – do protocolo do pedido de cancelamento da audiência de conciliação ou de mediação apresentado pelo réu, quando ocorrer a hipótese do art. 334, § 4o, inciso I;

[21] Art. 305 § 3° Apresentado o pedido principal, as partes serão intimadas para a audiência de conciliação ou de mediação, na forma do art. 334, por seus advogados ou pessoalmente, sem necessidade de nova citação do réu.

[22] Art. 303 § 1° punto II II – o réu será citado e intimado para a audiência de conciliação ou de mediação na forma do art. 334;

[23] Art. 359.  Instalada a audiência, o juiz tentará conciliar as partes, independentemente do emprego anterior de outros métodos de solução consensual de conflitos, como a mediação e a arbitragem.

[24] Art. 693.  As normas deste Capítulo aplicam-se aos processos contenciosos de divórcio, separação, reconhecimento e extinção de união estável, guarda, visitação e filiação.

[25] Art. 694.  Nas ações de família, todos os esforços serão empreendidos para a solução consensual da controvérsia, devendo o juiz dispor do auxílio de profissionais de outras áreas de conhecimento para a mediação e conciliação.

[26] Art. 695.  Recebida a petição inicial e, se for o caso, tomadas as providências referentes à tutela provisória, o juiz ordenará a citação do réu para comparecer à audiência de mediação e conciliação, observado o disposto no art. 694.

[27] § 1° O mandado de citação conterá apenas os dados necessários à audiência e deverá estar desacompanhado de cópia da petição inicial, assegurado ao réu o direito de examinar seu conteúdo a qualquer tempo.

[28] § 3° A citação será feita na pessoa do réu.

[29] § 2° A citação ocorrerá com antecedência mínima de 15 (quinze) dias da data designada para a audiência.

[30] § 4° Na audiência, as partes deverão estar acompanhadas de seus advogados ou de defensores públicos.

[31] Art. 696.  A audiência de mediação e conciliação poderá dividir-se em tantas sessões quantas sejam necessárias para viabilizar a solução consensual, sem prejuízo de providências jurisdicionais para evitar o perecimento do direito.

[32] Art. 784.  São títulos executivos extrajudiciais: IV – o instrumento de transação referendado pelo Ministério Público, pela Defensoria Pública, pela Advocacia Pública, pelos advogados dos transatores ou por conciliador ou mediador credenciado por tribunal;

[33] Art. 149.  São auxiliares da Justiça, além de outros cujas atribuições sejam determinadas pelas normas de organização judiciária, o escrivão, o chefe de secretaria, o oficial de justiça, o perito, o depositário, o administrador, o intérprete, o tradutor, o mediador, o conciliador judicial, o partidor, o distribuidor, o contabilista e o regulador de avarias.

[34] É permitida a arbitragem, na forma da lei.

[35] O Estado promoverá, sempre que possível, a solução consensual dos conflitos.

[36] A conciliação, a mediação e outros métodos de solução consensual de conflitos deverão ser estimulados por juízes, advogados, defensores públicos e membros do Ministério Público, inclusive no curso do processo judicial.

[37] Aquele que de qualquer forma participa do processo deve comportar-se de acordo com a boa-fé.

[38] Todos os sujeitos do processo devem cooperar entre si para que se obtenha, em tempo razoável, decisão de mérito justa e efetiva.

[39] As causas cíveis serão processadas e decididas pelo juiz nos limites de sua competência, ressalvado às partes o direito de instituir juízo arbitral, na forma da lei.

[40] I – expor os fatos em juízo conforme a verdade;

II – não formular pretensão ou de apresentar defesa quando cientes de que são destituídas de fundamento;

III – não produzir provas e não praticar atos inúteis ou desnecessários à declaração ou à defesa do direito;

[41] É vedado às partes, a seus procuradores, aos juízes, aos membros do Ministério Público e da Defensoria Pública e a qualquer pessoa que participe do processo empregar expressões ofensivas nos escritos apresentados.

[42]  Considera-se litigante de má-fé aquele que:

I – deduzir pretensão ou defesa contra texto expresso de lei ou fato incontroverso;

II – alterar a verdade dos fatos;

III – usar do processo para conseguir objetivo ilegal;

IV – opuser resistência injustificada ao andamento do processo;

V – proceder de modo temerário em qualquer incidente ou ato do processo;

VI – provocar incidente manifestamente infundado;

VII – interpuser recurso com intuito manifestamente protelatório.

[43] De ofício ou a requerimento, o juiz condenará o litigante de má-fé a pagar multa, que deverá ser superior a um por cento e inferior a dez por cento do valor corrigido da causa, a indenizar a parte contrária pelos prejuízos que esta sofreu e a arcar com os honorários advocatícios e com todas as despesas que efetuou.

[44] Os tribunais criarão centros judiciários de solução consensual de conflitos, responsáveis pela realização de sessões e audiências de conciliação e mediação e pelo desenvolvimento de programas destinados a auxiliar, orientar e estimular a autocomposição.

[45] O conciliador, que atuará preferencialmente nos casos em que não houver vínculo anterior entre as partes, poderá sugerir soluções para o litígio, sendo vedada a utilização de qualquer tipo de constrangimento ou intimidação para que as partes conciliem.

[46] O mediador, que atuará preferencialmente nos casos em que houver vínculo anterior entre as partes, auxiliará aos interessados a compreender as questões e os interesses em conflito, de modo que eles possam, pelo restabelecimento da comunicação, identificar, por si próprios, soluções consensuais que gerem benefícios mútuos.

[47] Art. 166.  A conciliação e a mediação são informadas pelos princípios da independência, da imparcialidade, da autonomia da vontade, da confidencialidade, da oralidade, da informalidade e da decisão informada.

  • 1° A confidencialidade estende-se a todas as informações produzidas no curso do procedimento, cujo teor não poderá ser utilizado para fim diverso daquele previsto por expressa deliberação das partes.
  • 2° Em razão do dever de sigilo, inerente às suas funções, o conciliador e o mediador, assim como os membros de suas equipes, não poderão divulgar ou depor acerca de fatos ou elementos oriundos da conciliação ou da mediação.
  • 3° Admite-se a aplicação de técnicas negociais, com o objetivo de proporcionar ambiente favorável à autocomposição.
  • 4° A mediação e a conciliação serão regidas conforme a livre autonomia dos interessados, inclusive no que diz respeito à definição das regras procedimentais.

[48] Os conciliadores, os mediadores e as câmaras privadas de conciliação e mediação serão inscritos em cadastro nacional e em cadastro de tribunal de justiça ou de tribunal regional federal, que manterá registro de profissionais habilitados, com indicação de sua área profissional.

[49]  Preenchendo o requisito da capacitação mínima, por meio de curso realizado por entidade credenciada, conforme parâmetro curricular definido pelo Conselho Nacional de Justiça em conjunto com o Ministério da Justiça, o conciliador ou o mediador, com o respectivo certificado, poderá requerer sua inscrição no cadastro nacional e no cadastro de tribunal de justiça ou de tribunal regional federal.

[50] § 2° Efetivado o registro, que poderá ser precedido de concurso público, o tribunal remeterá ao diretor do foro da comarca, seção ou subseção judiciária onde atuará o conciliador ou o mediador os dados necessários para que seu nome passe a constar da respectiva lista, a ser observada na distribuição alternada e aleatória, respeitado o princípio da igualdade dentro da mesma área de atuação profissional.

[51] § 3° Do credenciamento das câmaras e do cadastro de conciliadores e mediadores constarão todos os dados relevantes para a sua atuação, tais como o número de processos de que participou, o sucesso ou insucesso da atividade, a matéria sobre a qual versou a controvérsia, bem como outros dados que o tribunal julgar relevantes.

[52] § 4° Os dados colhidos na forma do § 3o serão classificados sistematicamente pelo tribunal, que os publicará, ao menos anualmente, para conhecimento da população e para fins estatísticos e de avaliação da conciliação, da mediação, das câmaras privadas de conciliação e de mediação, dos conciliadores e dos mediadores.

[53] § 5° Os conciliadores e mediadores judiciais cadastrados na forma do caput, se advogados, estarão impedidos de exercer a advocacia nos juízos em que desempenhem suas funções.

[54] § 6° O tribunal poderá optar pela criação de quadro próprio de conciliadores e mediadores, a ser preenchido por concurso público de provas e títulos, observadas as disposições deste Capítulo.

[55] As partes podem escolher, de comum acordo, o conciliador, o mediador ou a câmara privada de conciliação e de mediação.

[56] O conciliador ou mediador escolhido pelas partes poderá ou não estar cadastrado no tribunal.

[57] Inexistindo acordo quanto à escolha do mediador ou conciliador, haverá distribuição entre aqueles cadastrados no registro do tribunal, observada a respectiva formação.

[58] § 3° Sempre que recomendável, haverá a designação de mais de um mediador ou conciliador.

[59] Art. 169.  Ressalvada a hipótese do art. 167, § 6°, o conciliador e o mediador receberão pelo seu trabalho remuneração prevista em tabela fixada pelo tribunal, conforme parâmetros estabelecidos pelo Conselho Nacional de Justiça.

[60]  A mediação e a conciliação podem ser realizadas como trabalho voluntário, observada a legislação pertinente e a regulamentação do tribunal.

[61]  Os tribunais determinarão o percentual de audiências não remuneradas que deverão ser suportadas pelas câmaras privadas de conciliação e mediação, com o fim de atender aos processos em que deferida gratuidade da justiça, como contrapartida de seu credenciamento.

[62] No caso de impedimento, o conciliador ou mediador o comunicará imediatamente, de preferência por meio eletrônico, e devolverá os autos ao juiz do processo ou ao coordenador do centro judiciário de solução de conflitos, devendo este realizar nova distribuição.

[63] Art. 172.  O conciliador e o mediador ficam impedidos, pelo prazo de 1 (um) ano, contado do término da última audiência em que atuaram, de assessorar, representar ou patrocinar qualquer das partes.

[64] Art. 173.  Será excluído do cadastro de conciliadores e mediadores aquele que:

I – agir com dolo ou culpa na condução da conciliação ou da mediação sob sua responsabilidade ou violar qualquer dos deveres decorrentes do art. 166, §§ 1o e 2o;

II – atuar em procedimento de mediação ou conciliação, apesar de impedido ou suspeito.

  • 1° Os casos previstos neste artigo serão apurados em processo administrativo.
  • 2° O juiz do processo ou o juiz coordenador do centro de conciliação e mediação, se houver, verificando atuação inadequada do mediador ou conciliador, poderá afastá-lo de suas atividades por até 180 (cento e oitenta) dias, por decisão fundamentada, informando o fato imediatamente ao tribunal para instauração do respectivo processo administrativo.

[65] A União, os Estados, o Distrito Federal e os Municípios criarão câmaras de mediação e conciliação, com atribuições relacionadas à solução consensual de conflitos no âmbito administrativo, tais como:

I – dirimir conflitos envolvendo órgãos e entidades da administração pública;

II – avaliar a admissibilidade dos pedidos de resolução de conflitos, por meio de conciliação, no âmbito da administração pública;

III – promover, quando couber, a celebração de termo de ajustamento de conduta.

[66] As disposições desta Seção não excluem outras formas de conciliação e mediação extrajudiciais vinculadas a órgãos institucionais ou realizadas por intermédio de profissionais independentes, que poderão ser regulamentadas por lei específica.

[67] Parágrafo único.  Os dispositivos desta Seção aplicam-se, no que couber, às câmaras privadas de conciliação e mediação.

 

Stato di attuazione della direttiva ADR nella UE al 24 febbraio 2015

In data di ieri in qualità di semplice uditore ho partecipato ad un convegno internazionale ospitato dall’Università di Genova e intitolato Consumatori e giustizia, “Fuori dall’aula!”.

Il Convegno non ha affrontato in dettaglio la situazione internazionale, ma più che altro si è soffermato su quella interna e così mi è venuto in mente di fare qui il punto sul recepimento delladirettiva 2013/11/UE (direttiva sull’ADR i consumatori) che deve avvenire, come è noto, entro il 9 luglio 2015.

Allo stato gli unici due paesi che hanno ottemperato entro il termine sono il Belgio e la Slovacchiache hanno già proceduto al recepimento.

Su alcuni paesi della UE non ho rinvenuto notizia alcuna: Croazia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Malta, Cipro, Spagna, Portogallo, Austria. E dunque non ho purtroppo alcuna idea se siano o meno in piedi progetti di legge.

Un funzionario della UE che si occupa di ADR e consumo ha asserito ieri in video conferenza cheSpagna e Portogallo avrebbero optato per l’arbitrato.

La situazione attuale non è delle più rosee nel senso che ad esempio con riferimento alla direttiva 52/08 sulla risoluzione delle controversie transfrontaliere soltanto 6 paesi su 29 avevano sforato i termini del recepimento[1]; ci sono ovviamente ancora 5 mesi di tempo, ma occorre maggiore rapidità.

In merito all’attuazione della direttiva 11/13 possiamo dire in generale che alcuni stati hanno deciso di modificare il proprio codice del consumo (Belgio, Francia, Lussemburgo, Italia).

Vediamo ora di fornire le notizie che si sono rinvenute nel dettaglio.

BELGIO

Il Belgio ha recepito la direttiva 11/13 con la legge 4 aprile 2014 (pubblicata il 12 maggio 2014) che doveva entrare in vigore il 1° gennaio 2015: si tratta del primo paese UE ad aver effettuato l’attuazione[2], seppure la prima normativa entrata in vigore come vedremo è stata quella slovacca.

Con regio decreto del 16 dicembre 2014 tuttavia l’entrata in vigore della legge è stata posticipata al 1° giugno 2015[3]

Il predetto paese il 10 aprile 2014 ha dettato anche la normativa secondaria che semplicemente si limita a stabilire l’entrata in vigore, poi come detto, posticipata[4].

Il Belgio ha dunque modificato il suo codice del consumo.

Ci sarà un organismo pubblico indipendente con personalità giuridica, denominato “servizio di mediazione per il consumatore”, che è un punto di contatto e di servizio per la risoluzione delle controversie di consumo.

Il servizio di mediazione per il consumatore riceve qualsiasi richiesta di ADR di controversie di consumo: è di fatto un Ombudsman

Il Servizio pubblico federale dell’Economia, PMI, lavoratori autonomi ed Energia tiene l’elenco dei soggetti che svolgono attività di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori e che soddisfano determinate condizioni (v. articolo XVI.25) e pubblica tale elenco sul suo sito web.

E dunque abbiamo in Belgio un sistema misto pubblico-privato di organismi che vanno in elenco ed un Mediatore pubblico generale che è punto di contatto[5].

BULGARIA

A quanto pare l’Europa non intende formare gli operatori di ADR e per quanto riguarda l’Italia non si sa ancora che cosa farà.  L’associazione professionale dei mediatori di Bulgaria (PAMB) ha organizzato la prima formazione specializzata per la direttiva 11/13 il 2 luglio 2013[6]. Non ci sono però notizie circa eventuali disegni di legge di recepimento della direttiva.

DANIMARCA

La Danimarca ha pubblicato il disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13 in data 29 gennaio 2015 ed è stata scelta la mediazione[7].

FINLANDIA

Il Ministro della Giustizia della Finlandia ha approntato il provvedimento di attuazione della direttiva 11/13 che verrà votato in primavera dal Parlamento. La Finlandia sembra aver scelto l’arbitrato[8].

FRANCIA

Anche la Francia con l’art. 15 della LOI n° 2014-1662 du 30 décembre 2014 portant diverses dispositions d’adaptation de la législation au droit de l’Union européenne en matière économique et financière[9] ha deciso di delegare al Governo l’attuazione della direttiva con ordinanza che andrà a modificare il Codice del Consumo.

La stessa soluzione sembra peraltro quella che ha intenzione di mettere su il nostro governo inserendo un nuovo titolo nel Codice del consumo e regolando quindi finalmente l’elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (v. art. 141 c.2) che saranno i nostri organismi di ADR.

Ad ogni buon contro la Francia ha scelto come strumento principe la mediazione[10].

GERMANIA

Il 10 novembre 2014 Ministero federale di giustizia e la tutela dei consumatori ha presentato la

proposta di legge sull’attuazione della direttiva 11/13[11].

La Germania allo stato ha scelto l’arbitrato.

IRLANDA

L’Irlanda ha preparato un primo progetto per il recepimento della direttiva 11/13[12], dopo avere condotto una consultazione in merito a partire dal giugno 2014[13].

LUSSEMBURGO

Il progetto di legge di recepimento della direttiva 11-13 è stato depositato dal Ministro dell’Economia alla Camera dei Deputati il 16 febbraio 2015[14]. È il n. 6769.

Anche il Lussemburgo ritiene opportuno integrare il Codice del Consumo.

Il punto di contatto è identificato con il Mediatore del Consumo, che oltre a informare i consumatori, ricevere reclami si occupa della risoluzione extragiudiziale delle controversie per cui non è competente altro organismo. Si può adire, tramite lettera, fax e posta elettronica.

Vi è poi un elenco tenuto dal Ministro dell’economia degli organismi di ADR.

Le parti devono poter aver accesso alle procedura senza l’assistenza dell’avvocato anche se ne possono chiedere la consulenza.

PAESI BASSI

Il disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13 è stato approntato dal Ministero della Giustizia e depositato il 2 luglio 2014; è stato approvato con modifiche dagli Stati generali il 27 marzo 2015[15]; il Comitato parlamentare per la sicurezza e la giustizia (V & J) del Senato lo analizzerà ed eventualmente lo emenderà a partire dal 10 marzo il 2015.

L’attuale disegno di legge riprende la definizione della direttiva circa i metodi di composizione e dunque vi possono rientrare i metodi ADR più diversi.

REPUBBLICA CECA

In Repubblica Ceca stanno rivedendo (15/1/15) il testo del disegno di legge di recepimento della direttiva 11/13[16].

ROMANIA

L’Autorità nazionale per la protezione dei consumatori (ANPC) ha proposto per la consultazione pubblica un progetto di legge di recepimento della direttiva 11/13[17].

In questo momento stanno discutendo sul fatto se gli avvocati siano soggetti o meno alla direttiva 11-13 perché il segreto professionale potrebbe essere a repentaglio.

La questione è scoppiata in Belgio dopo il recepimento della direttiva  perché i legali sostengono che se dovessero sottoporre ad un organismo di ADR l’oggetto del loro mandato professionale e se dunque fossero soggetti della direttiva 11-13, come qualsivoglia altro professionista, potrebbe esserci una lesione del segreto professionale. E dunque hanno sollecitato la creazione di una entità autonoma cui possano sottoporsi i loro conflitti coi consumatori

Da noi siamo ancora fermi alla legge di delegazione e dunque l’avvocatura italiana forse non ha ancora pensato a questo risvolto.

SLOVACCHIA

La Slovacchia ha recepito la direttiva 11/13 con la legge 21 ottobre 2014 sull’arbitrato del consumo che modifica alcune leggi.

La normativa è entrata in vigore il 1° gennaio 2015[18].

Non c’è bisogno di sottolineare che il paese come strumento ha scelto l’arbitrato[19].

SLOVENIA

Il 9 dicembre 2014 è stato varato il disegno di legge sulla composizione extragiudiziale delle controversie di consumo (ZIRPS)[20].

La Slovenia ha scelto di adeguarsi alla definizione della direttiva e dunque mette in campo mediazione, arbitrato, la combinazione dei due ed altro.

SPAGNA

Il 21 novembre 2014 il Ministro dell’Economia e Competitività informa che è impegnato a considerare la modifica del quadro giuridico esistente in materia di assicurazioni e banche, come risultato della trasposizione forzata della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio del 2013.

In secondo luogo, nell’ambito del Consiglio di cooperazione dei consumatori è stato istituto un gruppo di lavoro per intraprendere una revisione delle norme di tutela dei consumatori nel settore delle assicurazioni, per eliminare duplicazioni, sovrapposizioni o contraddizioni che si verificano tra la normative statali o regionali. Inoltre il Ministero della Salute si è impegnato per quanto di sua pertinenza[21].

UK

Il governo britannico ha appena annunciato di volere attuare la direttiva 11/13 come sistema residuale.
Nel Regno Unito ci sono ben 70 schemi di ADR e nessuno vuole rinunciare al proprio modello e dunque non è ipotizzabile un mediatore unico per il settore del consumo.

Anche in Italia siamo nella stessa situazione. Le varie Autorità (energia, telecomunicazioni ecc.) e le Associazioni dei consumatori vogliono mantenere le proprie regole e la propria fetta di mercato.

E dunque alla fine avremo un elenco di organismi che seguono regole diverse a seconda del settore ed il consumatore (italiano e straniero) con tutta probabilità rinuncerà alla tutela extragiudiziale.

Gli Inglesi che sono più pragmatici hanno preso atto di questa situazione: peraltro da loro la mediazione telefonica per gli small claims già funziona benissimo.

E così creeranno un nuovo sistema ‘residuale’ di ADR per colmare le attuali lacune;
nomineranno il Trading Standards Institute (STI) quale autorità competente del Regno Unito per monitorare i fornitori di ADR nei settori non regolamentati; estenderanno di otto settimane il periodo standard di prescrizione di sei anni per i procedimenti giudiziari (per le controversie contemplate dalla direttiva) nei casi in cui ADR è in corso alla scadenza del periodo di sei anni; e con una normativa secondaria che verrà adottata in primavera si stabiliranno nuovi obblighi di legge per le imprese circa la fornitura di informazioni ai consumatori per quanto riguarda la disponibilità di sistemi di ADR[22].

[1] Lussemburgo, Spagna, Germania, Repubblica Ceca, Cipro e Paesi Bassi.

[2]

http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi/article_body.pl?numac=2014011245&caller=list&article_lang=F&row_id=1&numero=46&pub_date=2014-05-12&pdda=2014&dt=LOI&language=fr&fr=f&choix1=ET&choix2=ET&pdfa=2014&pddj=01&fromtab=+moftxt+UNION+montxt&nl=n&pddm=05&pdfj=31&sql=dt+%3D+%27LOI%27+and+pd+between+date%272014-05-01%27+and+date%272014-05-31%27+&pdfm=05&rech=74&tri=dd+AS+RANK+&trier=promulgation

[3] http://www.ejustice.just.fgov.be/cgi_loi/change_lg.pl?language=fr&la=F&cn=2014121603&table_name=loi

[4] http://reflex.raadvst-consetat.be/…/M…/2014/05/12/127623.pdf

[5]http://www.lexgo.be/nl/artikels/2014/06/Update%3A%20inwerkingtreding%20van%20het%20Wetboek%20economisch%20recht,87232.html

[6] https://www.facebook.com/PambMediationBulgaria/posts/310623339074281?fref=nf

[7] https://www.retsinformation.dk/Forms/R0710.aspx?id=167846#Kap1

[8]http://www.kuluttajariita.fi/fi/index/ajankohtaista/tiedotteet/2015/01/kuluttajariitajarjestelmaaonmuutettava.html

[9] http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000029999826&categorieLien=id

[10]http://www.economie.gouv.fr/files/files/directions_services/mediateur/rapport_president_recommandations_mediation.pdf

[11]http://www.bmjv.de/SharedDocs/Downloads/DE/pdfs/Gesetze/RefE%20zum%20Verbraucherstreitbeilegungsgesetz.pdf?__blob=publicationFile

[12] http://www.djei.ie/trade/eudirectives/CurrentPosition.pdf

[13] http://www.enterprise.gov.ie/en/Publications/ADR_Consultation.pdf

[14] http://chd.lu/wps/PA_Archive/FTSShowAttachment?mime=application%2fpdf&id=1292969&fn=1292969.pdf

[15] https://www.eerstekamer.nl/behandeling/20150127/gewijzigd_voorstel_van_wet_3

[16]  Upravené znění návrhu zákona, kterým se mění zákon č. 634/1992 Sb., o ochraně spotřebitele, ve znění pozdějších předpisů, a některé další zák ony (předkládá ministr průmyslu a obchodu Ing. Jan Mládek, CSc.) – č.j.

http://www.vlada.cz/cz/ppov/lrv/programy-zasedani-a-vasledky/program-141–zasedani-lrv-125884/

[17]http://www.anpc.gov.ro/anpcftp/legislatie/140827/proiect_lege_solutionare_alternativa_litigii_140827.pdf

[18] http://www.zakonypreludi.sk/zz/2014-335

[19] Cfr. http://www.ulclegal.com/sk/bulletin-pro-bono/2014/10/5289-zakon-o-spotrebitelskom-rozhodcovskom-konani

[20] http://www.gzs.si/pripone/42005/Predlog Zakona o izvensodnem reševanju potrošniških sporov_9_12_2014.doc

[21]http://www.mineco.gob.es/stfls/mineco/economia/ficheros/pdf/SEGUROSHojasdereclamacione.pdf

[22] http://hsfnotes.com/adr/2015/01/05/uk-government-announces-plans-for-implementation-of-the-eu-adr-directive-and-odr-regulation/

La misura dell’uguaglianza

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In tutti i corsi di mediazione si distingue la mediazione dai sistemi di ordine imposto per il fatto che questi ultimi si basano sulla contrapposizione dei diritti, mentre la prima si fonda sulla composizione degli interessi e dei bisogni.

Si dice poi che il mediante deve essere soddisfatto della sua scelta e l’utile che ne ricava è l’unica misura delle sue scelte.

Chi media considera i parametri di riferimento della mediazione più convincenti in quanto si assume che ad un diritto si può rinunciare, mentre ad un bisogno no; da ciò discende che i bisogni delle persone stanno tutti sullo stesso piano e quindi hanno pari dignità per il mediatore

Da dove nascono questa idee?

L’idea di fondarsi sui bisogni appartiene alla convenzione di diritto naturale ed infatti, un filosofo come Christian Wolff, padre della mediazione moderna assume che la mediazione è appunto istituto di diritto naturale.

Ma per conoscere la forza del bisogno bisogna comparare quel che si riceve con quello che si dà convenendo: l’uomo antico conosceva bene il concetto di migliore alternativa all’accordo negoziale (che noi definiamo dagli anni ’70-’80 anche BATNA)

Il diritto sociale ha modificato questa originaria impostazione e dunque potremo dire che i mediatori sono tornati alle dinamiche del diritto naturale.

Una bellissima spiegazione di tutto ciò la troviamo nell’opera di uno filosofo e matematico calabrese del ‘700, Gregorio Aracri, e qui la trascrivo, in lingua moderna, a beneficio di tutti.

“Ma in che consiste questa uguaglianza? Ognuno, che contrae e pattuisce vuol senza meno tanto ricevere, quanto egli dà. Tutta la giustizia della convenzione, riguardata per questo aspetto, dipende dunque dall’essere ciò che si dà uguale a quello che si riceve; né giustamente può alcun voler avvantaggiarsi più di quello che dà. Si vuol dunque trovare una misura, per cui si conosca il rapporto di eguaglianza o ineguaglianza, che passa tra i diritti, che nelle convenzioni reciprocamente si trasferiscono. Questa misura parlandosi dell’uomo naturale, io credo altra non poter essere, che la quantità del bisogno di ciascun contraente; e quindi la quantità dell’utile, ch’egli dalla convenzione ritrae, dedottane la quantità di male o danno, ch’egli soffre per la traslazione del diritto proprio (GROZIO). A quale fine si fanno e si son sempre fatte le convenzioni? Per soddisfare alle proprie necessità. Se vengono dunque spinti gli uomini a trasferire un proprio diritto, lo fanno al fine di acquistare ciò che credono valevole a supplire ad un loro bisogno.
La soddisfazione dunque di una necessità, che prema e l’effetto che nei contratti produce, mi pare che sia la regola che misuri l’uguaglianza. Sembra ineguale per esempio la permuta di un fondo con un piccolo gregge, o con alquanti cibi. Ma se il padrone di quel fondo trova maggior comodità nel possedere quel gregge, o nell’acquistare quei cibi, che non nel ritenere la sua terra: il suo bisogno, e l’effetto che in lui produce quella permuta, rende giusto il contratto per parte sua. La storia dei popoli selvaggi dimostra che gli uomini naturali non abbiano mai fatto uso di altra regola nell’uso della permuta per conoscere l’uguaglianza, se non di quella che noi diciamo (GOGUET).
Ognuno pertanto, il quale voglia determinarsi a fare qualunque convenzione, deve valutare la necessità, ond’egli viene mosso a farla: e comparandola con quello che egli ritrae, e che in cambio egli dà o promette di dare o fare; concludere se deve o no per suo migliore bene addivenire alla convenzione.
Quindi quantunque possa sembrare a prima vista ingiusta una convenzione per ineguaglianza, potrà essere nondimeno valida e giusta, quando coloro che convengono lo facciano con cognizione e liberamente (Nell’Iliade Libro VI v. 235 avviene uno scambio tra armi d’oro e armi di rame, da ciò si conclude che il valore delle cose e e delle azioni dipende solo da chi dà o fa e chi riceve).
Io parlo dell’uomo affetto dalla sola legge di natura, e tolgo di mezzo quelle idee che riguardo ai contratti debbono aversi nelle società civili, nelle quali questa regola riceve varie modificazioni sia dalle leggi, o dai costumi o dallo stato dei contraenti”.

Gregorio Aracri, Elementi di dirittto naturale, Napoli, 1787 p. 179-182

https://books.google.it/books?id=bZRFEihCkS4C&pg=PA123&dq=Elementi+di+diritto+naturale&hl=it&sa=X&ei=aTnZVJCgNISzPMbxgHA&ved=0CCgQ6AEwAQ#v=onepage&q=Elementi%20di%20diritto%20naturale&f=false

Galileo e la mediazione

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L’Inquisizione si convinse che il cannocchiale dovesse servire a spiare nelle case dei vicini.
E Galileo non poté spiegare che a questa cosa proprio non ci aveva pensato: le stelle per l’Inquisizione non esistevano e non sarebbero mai esistite, perché il centro dell’Universo doveva rimanere la Terra.
Il cannocchiale insomma non poteva che avere uno scopo riprovevole e qualcuno doveva distruggerlo perché la tranquillità dei vicini non doveva essere messa a rischio.
Né l’Inquisizione, né Galileo potevano sospettare che un giorno grazie al cannocchiale saremmo andati sulla Luna e avremmo cercato un nuovo futuro per l’umanità.
Così è per la mediazione, quando l’hanno concepita doveva servire a trovare un punto d’incontro tra i pensieri degli uomini; poi si pensò anche che gli uomini invece di uccidersi potevano anche perdonarsi e che la mediazione poteva servire ad aiutarli a perdonarsi.
Queste due funzioni della mediazione non erano contemplate nella nostra Italia ove la vendetta era la base del codice di cavalleresco, il processo non era che un duello legalizzato e i pensieri degli uomini dovevano rimanere rigorosamente divisi perché i vari potentati potessero dominare e sopravvivere.
La mediazione doveva quindi sparire perché era cosa riprovevole e sparì nel 1848, ma i suoi nemici non ebbero mai il coraggio di dire a che cosa servisse. l’Inquisizione al cannocchiale aveva dato almeno uno scopo, alla mediazione nessuno dei detrattori lo ha dato nella bella Italia, e questo sino al XXI secolo.
E morire senza che qualcuno ti riconosca uno scopo è quanto di più atroce ti possa succedere.
Ma poi nel 2010 la mediazione è tornata (per motivi politici?) e si è detto allora che doveva servire a deflazionare il contenzioso, no anzi – vero CNF – doveva servire alla composizione degli small claims, attività che più o meno equivalgono al cannocchiale per spiare in casa dei vicini.
Dopo sei millenni ieri mattina il Sole24Ore ha dato finalmente uno scopo nobile alla mediazione: “quella abnorme e odiosa speculazione degli enti privati di mediazione, a spese degli incolpevoli cittadini costretti per legge ad esperire la procedura di mediazione”.
Galileo non può spiegare che se metti scientemente le lenti a casaccio il cannocchiale non può funzionare, che al limite in Italia ci sono anche gli Enti pubblici e che i grandi numeri della mediazione sono gestiti da loro, che la pronuncia del Tar Lazio è servita invero a loro solo per eliminare la concorrenza.
Non può dire queste cose perché farebbe il gioco dell’Inquisizione che ha deciso di distruggere ancora la mediazione per rimpiazzarla con la negoziazione assistita e con l’arbitrato endoprocessuale.
Senza contare che Galileo ha paura, lo hanno incarcerato levandogli anche il pane e l’acqua, deve stare buono ed aspettare il destino che graziosamente l’Inquisizione gli riserverà.
Ma un giorno la mediazione servirà a creare un mondo armonioso: per questo l’Inquisizione la vuole distruggere, l’armonia e la pace sono pericolose perché se le persone non si vedono più come avversari possono diventare fratelli, anche se il sangue non li lega, possono pensare autonomamente al loro futuro e non avere più padroni che dicono loro che cosa fare e come farlo; queste sono attività sacre e per l’Inquisizioni sono addirittura più dannose di quelle riprovevoli.

Tecniche di costellazioni familiari in mediazione

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Seminario di “Tecniche di  Costellazioni Familiari in Mediazione”   tenuto dalla Professoressa Luhe Palma Coordinadora Académica del Área de Mediación y de Justicia Restaurativa del Instituto Andaluz Interuniversitario de Criminología Facultad de Derecho Universidad de Sevilla

Appunti di Carlo Alberto Calcagno

In tedesco il termine costellazioni significa configurazione, ossia immagine

In inglese ci si riferisce al sistema stellare

In spagnolo si usano due termini, configuration per immagini e constellation per sistema stellare.

Il termine che a noi interessa è configurazione, ossia immagine.

Ogni persona costituisce immagine di un sistema più grande. Così ci insegna Burt Hellinger di cui ho avuto l’onore di essere allieva.

Egli aggiunge che negli individui esistono problemi che arrivano da generazioni precedenti e che spesso la persona soffre senza nemmeno sapere il perché.

Con la costellazione familiare si può capire dove sta il problema.

Hellinger ha scoperto l’ordine sistemico che ha chiamato ordine dell’amore e scoprì anche come l’amore può scorrere.

Nel sistema tutto è incluso, non è contemplata l’esclusione: i morti e i vivi sono presenti così come è presente la vittima e l’aggressore. Diversamente ad esempio non si capirebbe come famiglie di ebrei abbiano partorito figli nazisti.

Questo aspetto ad esempio ci aiuta a capire i meccanismi di una malattia come la schizofrenia.

In tutte le famiglie ci sono dei disordini e per disordine si intende esempi di amore cieco.

Se ad esempio io soffro di attacchi di panico ed ho paura di morire, posso essere vittima di amore cieco per  qualche familiare. Può essere che un mio familiare stia per morire e che io non voglia accettarlo e che con la mia continua preoccupazione creda di poterlo aiutare. Ma in realtà questo non può accadere, perché nella famiglia i miei genitori sono le radici ed io un ramo; un ramo non può fare nulla per le radici, mentre sono le radici a poter fare per il ramo; e dunque a me non resta che ringraziare chi muore per tutto ciò che mi ha dato, per avermi donato la vita (io non posso fare altrettanto per lui, sono solo un ramo) ed accettare il mio posto di ramo ancora lasciato per un poco nel mondo.

I figli non possono morire per i genitori, ma sono i genitori che muoiono per i figli.

Noi sentiamo di crescere perché i nostri genitori ci alimentano. Se un figlio non ha genitori o chi li può sostituire alla fine muore. Ma al contrario se muore un figlio il genitore può sopravvivergli.

L’uomo che mette incinta una donna la mette a rischio di morte e di vita nello stesso tempo.

Esistono solo due categorie: la vita e la morte; il buono ed il cattivo e gli altri aggettivi che noi usiamo sono soltanto sciocchezze.

In questo senso l’aborto è una cosa terribile: i figli continuano a vivere nel cuore dei genitori anche se questi ultimi non lo sanno.

Quando in una stessa famiglia ad un neonato si dà il nome di un bambino in precedenza defunto, c’è il rischio di condurlo verso la morte perché gli si fa occupare un posto non suo.

In altre parole se il bambino non fosse morto, colui che prende il suo nome non sarebbe nato; la madre è rimasta incinta per superare il dolore della morte. Da ciò deriva che chi vive si senta inadeguato. Capita questa cosa l’inadeguatezza sparisce e si può vivere con gioia.

Noi siamo qui perché molti sono morti, camminiamo sopra i morti e non lo sappiamo, ma l’anima del sistema non lo dimentica .

Il sistema è come un sole ed i raggi sono gli individui: i raggi del sole non si possono rompere; è l’amore che unisce i raggi del sistema.

La stessa commissione dei delitti può spesso essere dovuta ad un atto di amore..

Per uscire da un sistema ed entrare in un altro bisogna fare qualcosa.

Ogni sistema è unico, non ci sono sistemi generali, ed in ogni sistema ci sono ordini e nessuno può essere escluso dall’amore che è sopra tutto; poi c’è l’ordine della gerarchia: coloro che sono più in alto gerarchicamente hanno maggiori diritti; se si cambia posto il sistema si destabilizza e le persone soffrono.

Noi cambiamo sovente la gerarchia e per questo soffriamo: se ad es. una donna si separa dal marito e considera il figlio migliore del padre e lo loda considerandolo perfetto, il figlio sostituisce il padre, ed in seguito accadrà che  comandi la madre e la faccia soffrire.

Ciò procura un disordine che fa venire fuori molti problemi.

O ancora se in un liceo arriva un professore ed afferma che sino a quel momento tutto quello che è stato fatto non va bene, gli altri professori si arrabbiano e fanno sì che il nuovo venuto non faccia alcunché; se invece il professore arriva e dice “che buon lavoro avete fatto, posso dare anche il mio contributo?” allora gli altri acconsentono; questo significa rispettare la gerarchia.

Se un figlio minore si colloca davanti al maggiore occupa un posto che non gli compete.

Ogni sistema va configurato, ma lo si deve fare con molto rispetto, con il consenso dell’altro.

Una mancanza enorme di rispetto è entrare in un sistema senza permesso; così come non si può entrare in un sistema per mera curiosità; il terapista deve sempre assicurarsi che il suo intervento sia o meno sufficiente chiedendolo al paziente; se il paziente dice che può bastare, l’indagine del terapista deve fermarsi.

Se una coppia con figlio si scioglie ed un coniuge si fa una nuova famiglia con un altro figlio c’è una gerarchia da rispettare se si vuol vivere serenamente: la seconda moglie deve rispettare la prima ed il secondo figlio deve rispettare il primo. Non importa che cosa pensi la prima moglie della seconda, perché ciò non impedirà al secondo nucleo che rispetti la gerarchia di trovare la serenità.

Costellazione in definitiva significa mantener il proprio posto.

Ci può aiutare a capire la teoria dei frattali: gli individui sono terminali di un enorme pc e di una enorme energia e tutti abbiamo accesso ad una informazione a livello incosciente. Non importa vivere o morire, separarsi o divorziare: il legame tra gli individui che sono e che furono non si rompe.

Il sistema ha dei vincoli che ci aiutano nel trovare il posto giusto

Il movimento della vita è come entrare in una piscina. Se non sappiamo nuotare affoghiamo. E quindi abbiamo anche bisogno di imparare tecniche per non affogare. Ma non basta perché è come se uno portasse una pietra attaccata al collo: e dunque saper nuotare non mi impedisce di andare a fondo; per nuotare liberamente bisogna anche che io sappia eliminare la pietra. Per eliminare la pietra devo conoscere quale è la mia posizione nella piscina, ossia nel sistema. Prima devo configurare il sistema e scoprire dove sono e siccome noi possiamo occupare un solo posto e non un altro, devo capire quale è il mio; io non sono né peggiore né migliore degli altri, ma sono unico ed unico è il mio posto.

A volte pensiamo che siamo migliori degli altri, ma la vita non richiede questo, la vita vuole che occupiamo il nostro posto ed allora siamo sereni e serena è anche la relazione con gli altri. E non dobbiamo pensare che cambiare di posto riguardi soltanto noi: ogni cambiamento si ripercuote nel sistema ed il sistema non si ferma ai vivi, può riguardare anche quattro generazioni.

Tutte le relazioni poi sono basate sul principio di compensazione.

Quando in una relazione faccio qualcosa che piace a lui provoco una decompensazione perché lui si sente in debito e vuole a sua volta compensare il suo debito facendo qualche cosa che piaccia a me; così la relazione cresce e si fa qualcosa che va a coprire la decompensazione.

Anche se diciamo ad esempio che siamo disinteressati se facciamo tre doni e non ne riceviamo alcuno ci arrabbiamo.

la vita però non possiamo compensarla, non possiamo compensare i nostri genitori che ci hanno dato la vita; questo grande debito possiamo compensarlo solo restituendo a qualcun altro la vita e allora abbiamo bisogno di fare qualcosa di buono per la società.

Ci facciamo frati, suore, adottiamo un figlio. Non è importante avere un figlio fisicamente, ma è pressante la necessità di dimostrare creatività agli altri.

Tutto ciò è dovuto alla nostra necessità di compensazione.

Ciò che accade nel bene, accade anche nel male.

Quando uno subisce un danno desidera che quello che lo ha provocato soffra a sua volta; il nostro sistema penale prevede che si restituisca meno dolore; così il reo si sente sempre debitore verso la vittima.

Ma nelle relazioni individuali e familiari chi attacca riceve un attacco ancora più forte  che viene compensato con un attacco sempre più pesante in una escalation senza fine.

La sentenza del giudice in generale non forma il meccanismo di decompensazione. e allora la compensazione sta nel pretendere una somma di denaro od i figli in affido.

Chi si occupa di conflitti deve preoccuparsi di guardare sempre dove sta la decompensazione. Bisogna indagare la necessità dell’uno e quella dell’altro.

La decompensazione e la compensazione creano molto problemi; anche il nostro fisico che si decompensa alla lunga si ammala.

Per questo in mediazione familiare quando una parte non accetta di partecipare, va sostituito con un attore  ( ad es. un allievo della scuola) che reciti quella data parte in modo da individuare in ogni caso gli elementi di decompensazione e compensazione nel coniuge presente.

Contributo unificato e Persona di avv. Giorgio Pernigotti

Ho letto con interesse la recentissima ordinanza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, depositata lo scorso 23 ottobre e rubricata al n. 00183/2014: provvedimento, non isolato, che pone diverse riflessioni sulla conformità del contributo unificato alla disciplina comunitaria e ai principi interni scaturenti dalla nostra Costituzione.

Si tratta di un provvedimento esteso ed articolato (35 pagine, più o meno) con il quale il Collegio Trentino affronta le criticità che l’elevato ammontare del contributo solleva, confutando, ad un tempo, possibili obiezioni e giunge al finale esito di sospendere il giudizio e di rinviare alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’articolo 267 del TFUE, per la soluzione di questione pregiudiziale.

Non è mio intendimento, in questa sede, farne un commento analitico, fatica che lascio a chi è più perito di me; invero, credo sia sufficiente la lettura del testo dell’ordinanza (qui il link http://www.regione.taa.it/archivi/tar_trento/dettaglio_trga_tn.asp?nrProvv=201400366&nrRicorso=201400183&IDMassima=oppure clicca qui sent201400366) =),  per comprendere appieno i diversi lineamenti affrontati.

 Mi limito a suggerire alcune brevi riflessioni.

Noto un notevole impegno, da parte dei giuristi, nel seguire le vicende delle riforme in atto che investono l’ordinamento processuale civile, la responsabilità dei magistrati, la negoziazione assistita, il divorzio. Non ho scorto, probabilmente per mia disattenzione, particolare attenzione sull’assunto fondante, sul tema che il Tribunale Trentino ha posto al centro di qualsivoglia equilibrato intervento legislativo: il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

Si tratta di mettere al punto mediano di ogni nostro ragionamento, ossia di non dimenticare mai, che ogni persona ha un diritto inviolabile alla difesa,  che sovrasta ogni interesse finanziario dello Stato e che non è comparabile, come ben attesta il Collegio, con interessi dissimili quali lo smaltimento dell’arretrato o lo snellimento delle procedure.

Quando, per multiformi giustificazioni, questo diritto della persona viene compresso (o limitato o, perfino, escluso in fatto), significa che si è trafitto nelle fondamenta il concetto di Stato di Diritto, pensato e voluto dai nostri Costituenti e dalle Carte fondative dell’Unione Europea.

Ancora.

Possiamo trasportare le motivazioni che il Collegio ci offre in una materia amministrativa particolare come quella degli appalti pubblici dove, in effetti, il costo di accesso alla tutela giurisdizionale è assai elevato, in diverso ambito?

Ritengo di si, laddove servano a compiere un vaglio sulla legittimità dell’imposizione tributaria rispetto al principio che abbiamo collocato al centro e che riguarda la persona, il cittadino.

Sussiste in ambito processuale civile o tributario una verosimile lesione del diritto all’accesso e alla tutela in sede giurisdizionale realizzata dalla natura o dal meccanismo di applicazione del tributo?

Non rispondo, volutamente, anche se posseggo una mia personale opinione.

Lascio la risposta a chi legge, a chi, diversamente, da me, continua ad operare nelle aule di giustizia. Ai Colleghi esercenti che incontrano i loro clienti, i quali invocano tutela e debbono fare i conti in tasca con il balzello, un’imposizione da versare subito, per intero, indipendentemente da una fine anticipata del procedimento e salvo una successiva (eventuale) ripetizione.

Piccola considerazione.

Un tributo così articolato, forse, si potrebbe modulare diversamente, ripensare, adattare.

Indubbiamente, quando assume natura di sanzione, per omissioni o carenze negli atti o altro, pare sgradevole, al limite della liceità e a prescindere dall’importo, se modico o importante. Un tributo, lo stesso tributo, che si trasforma in sanzione per risultato moltiplicante, lascia perplessi.

È un tributo che incute timore, spaventa, sotto questa versione. È capace di condizionare  le scelte di difesa, come afferma correttamente il Collegio Trentino.

Un’esortazione.

Solleviamo, ogni tanto, il capo dal nostro particolare, dalla nostra specialità, dal caso concreto per guardare l’orizzonte in cui viviamo e ci collochiamo.

Osserviamo se quell’orizzonte è ancora limpido, se in quell’orizzonte la persona, come nucleo di diritti e di doveri, rifulge integra, può muoversi, può dialogare con le Istituzioni e con le altre persone in condizioni di reciprocità e di parità, a cominciare da quella più debole.

Solo così avremo salvaguardato ciò che costituisce la ragione fondante di ogni ordinamento e di ogni prospettiva di riforma.

La negoziazione assistita, l’arbitrato in corso di causa, e quanto di più non vanno messi da parte, oscurati: semplicemente, procedono dopo.

Avv. Giorgio Pernigotti

Breve nota sull’arbitrato in corso di causa

395

In attesa di sapere se la Camera approverà o meno il testo[1] licenziato dal Senato sull’arbitrato endoprocessuale, vorrei fare qui un salto nel passato.

Nel 1477 Re Ferdinando I, oltre a sposarsi, emanò una interessante prammatica  in materia di liti tra congiunti[2].

Il Sovrano istituì un arbitrato endoprocessuale facoltativo,  simile a quello di cui al decreto-legge 132-14, seppure su altra materia.

E’ l’unico caso che io abbia potuto rinvenire nella legislazione antica, di facoltatività a lite iniziata ed infatti, si parla di compromesso.

Esaminiamo dunque il testo che francamente mi pare migliore di quello originario od emendato del decreto 132-14, anche perché lascia le parti padrone dell’arbitrato[3].

Per togliere gli odj, che tra’ congiunti accadono, per cagion della lite fu stabilito, che tra i congiunti sino al quarto grado di consanguineità, o affinità inclusive, secondo il diritto civile, nelle cause civili, o miste, quante volte pria del termine dato a provare si domandi da qualunque di detti congiunti il compromesso, debb’accordarsi in persona di due altri congiunti o amici comuni, perché procedino e sentenziino de jure, o de facto, ovvero de jure aut de facto, come tra le parti si sarà concordato“.

Si tratta di una soluzione originale: a Roma le XII Tavole prevedevano in materia di misurazione dei fondi,  in caso di immissioni e per i beni contesi, la delegazione automatica in arbitrato[4]; anche nei secoli successivi fu previsto soprattutto in materia familiare e societaria[5] ed era di solito obbligatorio.

Poi sul finire del ‘700 troviamo una legislazione, quella del Principato di Trento, ove quello preventivo venne sostituito dalla mediazione (proprio da due mediatori che presero il posto dei due arbitri) perché evidentemente l’istituto arbitrale non aveva dato i frutti sperati.

L’arbitrato partenopeo non poteva avere luogo se sul caso fosse stato emesso un provvedimento giurisdizionale, e per obbligazioni liquide.

Il compromesso non avrà luogo dove sienv’istrumenti, sentenze, ed obbligazioni liquide, nemmeno nelle cause feudali”.

Per gli arbitri partenopei, ed in generale per i boni homines antichi[6], era previsto il giuramento.

Gli Arbitri devono giurare che nel procedere alla cognizione, e decision della Causa avranno Dio e la verità innanzi agli occhi“.

Il termine per l’emissione della decisione era molto stretto. I meccanismi di nomina del collegio arbitrale infallibili.

“Debbano la causa terminare per sentenza dentro due mesi, se saranno concordi, se discordi, nell’ultimo giorno, e pria  debbono eleggere un terzo non sospetto, chiamate la parti, le quali in promptu dovranno nominare i sospetti: il che se le parti, o alcuna di esse non voglia nominarli, l’arbitro eletto per parte di quella, che avrà nominato in contumacia dell’altra parte, che non volle nominare, elegga il terzo; e se l’una, e l’altra parte non abbino voluto nominare, essi Arbitri sotto simil giuramento eleggano il terzo, il quale entro un mese insieme con detti Arbitri, o con uno di essi, spedisca la causa col suo laudo”.

Ricordo anche al Ministro della Giustizia che calmiererà i compensi degli arbitri futuri[7] che un tempo agli arbitri andava la quinta parte del compenso destinato ai giudici a patto che avessero concordato il lodo: il dissenziente non veniva compensato.

Avranno gli Arbitri e il terzo, quando accaderà eleggerlo, per loro salario la quinta parte della trigesima, che un tempo si pagava ai giudici, da dividersi tra coloro, che siino stati concordi nel sentenziare”.

Peraltro questa ultima norma è stata confermata con real dispaccio del 22 maggio 1762 e dunque è presumibile che nell’Ottocento si rispettasse questa regola e proporzione.

Se il lodo non veniva emesso nei tempi vi erano pesanti sanzioni.

“Se dentro il prescritto termine non avranno spedita la causa, saranno tenuti alla pena del doppio di quello venisse tassato per loro salario, da pagarsi in solidum per qualunque d’essi Arbitri; e di più a domanda delle parti, o d’una di quelle sian costretti per nuova coercizione, e minaccia di multa, tostochè abbino accettato il compromesso, diffinire effettivamente la causa lor compromessa”.

Il lodo era impugnabile al giudice che doveva decidere entro un mese, senza formalità, se non c’era dolo degli arbitri.

“2.Se alcuna delle parti si sentisse gravata dalla sentenza , o laudo, adisca il giudice del luogo, dove fu promulgato il laudo, il quale intes’i i primi Arbitri, dentro un mese, senza figura di giudizio, visa facti veritate, atque esidem actis, se non arguisca dolo ex proposito vel re ipsa, spedisca la causa del gravame”.

Ma in caso di dolo si celebrava un vero e proprio processo, anche se il termine di un mese andava rispettato o al limite poteva prorogarsi di un altro mese. L’esecuzione della sentenza non era differibile, ma si poteva ricorrere successivamente[8].

Ma se si allegasse altra lesione, possa giustificarsi per altre prove nel termine da stabilirsi dal giudice purché dentro un mese, o al più d’un altro mese approvi, o disapprovi la sentenza degli Arbitri, o la modifichi, e ciò che per lui sarà giudicato si mandi in esecuzione, né si ascolti se si graverà, se non fatta l’esecuzione reale con pleggeria de restituendo in caso di ritrattazione. 

Dopo l’esecuzione, il Sagro Consiglio, o il deputando da quello, o la G.C. della Vicaria conosca il predetto gravame. Simile osservanza abbi luogo nei compromessi, e laudi fatti tra estranei, dopo il compromesso volontariamente fatto, e per gli arbitri accettato[9].

[1] Art. 1

Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria

  1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.

Tale facoltà è consentita altresì nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale. Per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro in materia di responsabilità extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, nei casi in cui sia parte del giudizio una pubblica amministrazione, il consenso di questa alla richiesta di promuovere il procedimento arbitrale avanzata dalla sola parte privata si intende in ogni caso prestato, salvo che la pubblica amministrazione esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta.

2.Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000. Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso.

2-bis. La funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale di cui al presente articolo sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato.

3.Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.

4.Quando la trasmissione a norma del comma 2 è disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. È in facoltà degli arbitri, previo accordo tra le parti, richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori trenta giorni. Quando il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato. Se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile. Quando, a norma dell’articolo 830 del codice di procedura civile, è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità.

5.Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile.

5-bis. Con il decreto di cui al comma 5 sono altresì stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica.

[2] Odia, qua inter conjunctos pr. I, tit. 14 de Arbitris.

[3] Non si stabilisce come fa il nostro legislatore che “Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale”.

[4] Cfr. C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione del conflitto, Aracne Editrice Srl, 2014, p. 407 e ss.

[5] Peraltro l’antenato della negoziazione assistita (1563) è proprio la conciliazione delegata su richiesta delle parti a soggetti che poi nell’Ottocento verranno detti arbitri-conciliatori.

[6] Cfr. C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione del conflitto, op. cit., p. 424 e ss.

[7] “5.Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile”.

[8] Così anche per un editto del 1560 di Francesco II. Cfr. C.A. CALCAGNO, Breve storia della risoluzione del conflitto, op. cit., p. 427.

[9] ALESSIO DE SARIIS, Codice delle leggi del Regno di Napoli, Libro nono, Degli offici pubblici e degli officiali, 1796, pagg. 14-16.

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