Dante risvegliato da un tuono, si ritrova nel I cerchio[1] o Limbo[2] ove stanno i bambini non battezzati e coloro che non peccarono ma che morirono senza la fede (lo stesso Virgilio).
In questo cerchio i dannati non soffrono tormenti materiali ma soltanto quelli spirituali.
Il regno della dannazione come Dante lo ha concepito, si stende verso il centro della terra, sotto Gerusalemme, in nove cerchi concentrici che vanno restringendosi dall’alto in basso, a forma di imbuto, e in essi i dannati sono distribuiti in modo che le pene, in relazione alle colpe, sono tanto più gravi tanto più si scende.
Questa progressione di gravità corrisponde alla teoria aristotelica – esposta da Virgilio nel canto XI dell’Inferno – sulla quale è basata la struttura morale dell’Inferno dantesco che consiste in una triplice ripartizione dei peccati, per incontinenza, violenza o matta bestialità, malizia.
Il primo genere di peccati è meno grave perché la passione durante la loro commissione ha soverchiato la ragione; il secondo ed il terzo tipo di peccati sono più gravi perché c’è il concorso della volontà e della ragione.
I peccatori del primo tipo si ritrovano nel 2°,3°,4°,5°cerchio; al secondo tipo di peccato appartengono i dannati del 7° cerchio, mentre dei peccatori de 3° tipo si parlerà nell’8° e 9° cerchio.
A parte vanno considerati appunto i peccatori del 1° e del 6° cerchio.
I peccatori del 1° cerchio hanno come pena il desiderio eternamente insoddisfatto di vedere Dio.
D. apprende come si salvarono i credenti nel Cristo venturo: i Patriarchi dell’Antico Testamento, furono trasportati in paradiso da Cristo, quando discese agli inferi dopo la Passione (vv. 1-66).
D. si trova poi di fronte un nobile castello al centro del cerchio (Elisio), dove vivono i grandi dell’antichità: il poeta ha la possibilità di incontrare Omero, Orazio, Ovidio, Lucano, i grandi eroi di Troia e di Roma, i grandi filosofi e scienziati (Platone, Socrate, Averroe) che sono raccolti in un luogo luminoso. Attraversato il limbo, D. giunge in un luogo totalmente oscuro (vv. 67-151).