Canto XXXIV
Ci troviamo nel cerchio nono, nella quarta zona, alle sette e mezzo di sera del 9 aprile 1330, sabato santo; nell’emisfero australe corrispondono alle sette e mezzo del mattino del 10 aprile.
I traditori dei propri benefattori sono nella quarta zona, detta Giudecca, nome coniato da D. ma in uso allora, in alcune città italiane, per designare il Ghetto.
Battuti da un forte vento, provocato dalle ali di Lucifero, i dannati sono interamente confitti entro il ghiaccio, come pagliuzze attraverso il vetro, distesi o diritti o stravolti.
D. scorge Lucifero che sta in una buca da cui si discende al centro della terra[1], ed è sospeso nel vuoto: è mostruoso, ha sei ali e tre facce, una rossa, una gialla ed una nera[2].
Con le sue ali da pipistrello, il diavolo crea il tremendo vento che gela il Cocito; dai suoi sei occhi gocciolano continuamente lacrime, che si mischiano alla bava e al sangue che sempre cola dalle tre bocche (vv. 16-54).
Nelle sue tre bocche, come spiega Virgilio, il diavolo maciulla Giuda[3], Bruto[4] e Cassio[5], traditori di Cristo e di Cesare, cioè delle maggiori autorità spirituali e temporali (vv. 55-69).
V. fattosi abbracciare al collo da D., si lascia calare giù lungo le coste vellose di Lucifero sino al centro della terra, lo attraversa e, capovolgendosi risale lungo le gambe del mostro infernale.
I due poeti oltrepassano così il centro della terra e della gravità[6] e si incamminano per uno stretto e buio e malagevole ruscelletto sotterraneo; dopo aver camminato senza riposo giungono per un pertugio tondo all’emisfero antartico, e rivedono le stelle (vv. 70-139).
[1] E di qui si prosegue in una caverna naturale fino agli antipodi della sfera terrestre, nell’emisfero australe. Il principe dei diavoli, cadendo, ha provocato la voragine dell’inferno ed è andato a conficcarsi al centro della terra, ossia, secondo la cosmologia tolemaica, al centro dell’universo creato da Dio, quindi nel punto più lontano dall’Eterno. Dante ha qui raggiunto il fondo, dovrà infatti capovolgersi per intraprendere il tragitto, la salita lungo il cunicolo che lo porterà a rivedere il cielo e da lì risalire verso la divinità, meta ultima del viaggio.
[2] Simboli, per i commentatori antichi, rispettivamente dell’odio, dell’impotenza e dell’ignoranza in contrapposizione alle tre virtù espresse dalla Trinità (la potenza del Padre l’amore del Figlio e la sapienza dello Spirito); per i moderni della corruzione della volontà (rosso), dell’ira (il giallo) e della corruzione dell’intelletto (il nero).
[3] Nella bocca centrale. Essendo la sua colpa più grave non solo è sbranato ma anche graffiato da Lucifero.
[4] Nella bocca sinistra.
[5] Nella bocca destra.
[6] Nell’occasione ed in seguito alle pressanti domande di D. che non si capacita di dove si trovi né di quanto stia accadendo (cfr. vv. 88-105), Virgilio coglie l’occasione per spiegare l’origine dell’Inferno, questione strutturale e morale di primaria importanza nella religiosità del tempo. Quando gli angeli si ribellarono a Dio, Lucifero, loro capo, fu precipitato dall’Empireo nell’emisfero australe (meridionale) allora occupato anche da terre, che, alla sua vista e passaggio, si ritirarono inorridite sotto il velo delle acque e andarono ad occupare l’ emisfero boreale (settentrionale) dove ora si concentrano tutte le terre emerse. La terra che ora si erge sopra la distesa marina dell’emisfero meridionale e che forma la montagna del Purgatorio, è fuggita al contatto con Lucifero dal centro della terra, risalendo fino alla superficie delle acque e lasciando al suo posto la cavità che Dante e Virgilio hanno raggiunto, da cui parte la burella che attraversano per riuscire a riveder le stelle.