XIX Canto
Nell’ottavo cerchio.
Nella terza bolgia i poeti trovano i Simoniaci, che hanno fatto commercio di cose sacre, confitti e capovolti entro piccoli pozzi e con le piante dei piedi accese di viva fiamma (vv. 1-30); vengono sprofondati più in basso nelle buche, man mano che sopraggiungono nuovi dannati.
Come in vita pensarono a riempire le loro borse, ora sono « imborsati» nelle buche; presi dai beni materiali, non sollevarono lo sguardo al cielo, ed ora sono infilati con la testa nella terra; rovesciarono la legge della Chiesa, e si trovano capovolti; calpestarono la fiamma dello Spirito Santo, che ora 1ambisce i loro piedi, a mo’ di un’aureola a rovescio, simbolo della loro dannazione eterna.
I poeti si fermano a parlare con Niccolò III[1], della famiglia Orsini, il quale profetizza la dannazione dei suoi successori, dice che egli cascherà più in basso quando il suo posto sarà preso da Bonifacio VIII[2] (1313), a cui succederà a sua volta Clemente V (1314)[3] (vv. 31-87).
Dopo l’invettiva di Dante contro i Papi Simoniaci, l’avarizia dei pontefici e la donazione di Costantino (vv. 88-120), i due riprendono il cammino e giungono al ponte della quarta bolgia (vv. 121-133).
XX Canto
Nell’ottavo cerchio.
Nella quarta bolgia del cerchio ottavo i poeti vedono gli indovini ed i maghi, costretti a camminare lentamente con il viso stravolto sulla schiena tacendo e lagrimando (vv. 1-18).
In vita eccedettero nel parlare e ora devono tacere, corsero con la mente troppo in avanti e ora sono costretti a un passo lento e legato. Ma, soprattutto, volsero lo sguardo oltre il limite concesso agli umani e ora hanno il viso eternamente rivolto l’indietro.
Dante ne prova compassione e Virgilio lo rimprovera (vv. 19-30). Appaiono Anfiarao[4], Tiresia[5], Arunta[6], Manto[7] (vv. 31-57); il maestro additando Manto tebana, dà la spiegazione dell’origine di Mantova (vv. 58-99) e nomina infine altri indovini: Euripilio[8], Michele Scotto[9], Guido Bonatti[10], Asdente[11] (vv. 100-130).
[1] Niccolò III (Roma 1210 ca. – 1280), papa (1277-1280), perseguì una politica di progressivo affrancamento dello Stato Pontificio dall’influenza dei sovrani stranieri. Nato da una ricca famiglia guelfa, al secolo Giovanni Gaetano Orsini, divenne cardinale nel 1244 e lavorò nella diplomazia pontificia. Fu eletto papa il 25 novembre 1277; durante il pontificato cercò di ostacolare le ambizioni del re di Sicilia Carlo I d’Angiò, non rinnovandogli l’incarico di senatore romano e vicario di Toscana. Nel 1278 indusse Rodolfo I d’Asburgo a consegnare i domini della provincia romagnola al papato, proteggendo in seguito con abilità le nuove acquisizioni. Nel 1279 Niccolò emanò una bolla per riunificare temporaneamente i francescani dopo una disputa interna riguardante l’interpretazione del concetto di povertà perfetta. Sostenitore di grandi opere pubbliche in Vaticano, fu il primo papa del suo secolo a vivere a Roma. Secondo il Villani ricevette denari da Giovanni da Procida per dare il suo assenso alla congiura contro Carlo d’Angiò. Dante mette in bocca a lui la profezia della dannazione di Bonifacio VIII e Clemente V, cosi da assegnare loro un posto nell’Inferno mentre sono ancora vivi
[2] Bonifacio VIII (papa) (Benedetto Caetani; Anagni ca. 1235-Roma 1303). Papa dal 1294, dopo l’abdicazione di Celestino V, lottò per affermare di fronte alle nuove forze politiche e alle nascenti nazionalità i princìpi della teocrazia medievale (bolla Unam sanctam, 1302). Tutti i suoi sforzi ebbero una conclusione drammatica nell’oltraggio di Anagni che precipitò la sua fine: nel settembre 1303, poco prima di pronunciare la scomunica contro il re di Francia Filippo IV il Bello, fu catturato in Anagni dagli emissari di quest’ultimo, Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna. Frutto di leggende lo schiaffo che Sciarra avrebbe dato al papa e da cui prese nome l’episodio (schiaffo di Anagni). Grande nemico di Dante, di cui provocò l’esilio, Bonifacio VIII fu accusato dal poeta di tutti i peggior vizi e dannato in anticipo tra i simoniaci, per essersi insediato sul trono papale con l’inganno e per avere perseguito una politica di potere e arricchimento personale.
[3] Clemente V (Villandraut, Gironda 1260 ca. – Roquemaure, Gard 1314), papa (1305-1314), il primo a risiedere nella città di Avignone, che rimase sede pontificia fino al 1377. Al secolo Bertrand de Got, studiò diritto canonico a Orléans e a Bologna. Dopo essere stato vescovo di Comminges (1295-1299) e arcivescovo di Bordeaux (1299-1305), fu eletto papa soprattutto grazie alle manovre di Filippo IV di Francia. La decisione di Clemente di vivere ad Avignone dal 1309, determinata dall’importanza della Francia in quel periodo e dai disordini politici romani, legò il pontefice al giogo di Filippo IV. Nel 1312 Filippo, che aveva bisogno di denaro per le guerre fiamminghe, costrinse Clemente a sopprimere l’ordine dei templari per impossessarsi delle loro ricchezze. Clemente si oppose però al tentativo del re di infliggere una condanna postuma per eresia a papa Bonifacio VIII, che a suo tempo gli si era opposto energicamente. Clemente fondò l’università di Perugia nel 1307 e istituì le cattedre di lingue orientali a Parigi e a Oxford. Le Constitutiones Clementinae, una raccolta di decretali, promulgate da Clemente nel 1311, sono di grande importanza per il diritto canonico. Dante lo pone tra i simoniaci perché si dice che comprò il pontificato appunto col favore di Filippo IV il Bello, promettendogli l’uso delle decime del reame per cinque anni. Inltre è visto in modo molto negativo perché con lui inizia la cattività avignonese e perché si oppose alla politica imperiale di Arrigo VII.
[4] Anfiarao. Fu uno dei sette re di Tebe. Prevedendo la propria fine in battaglia, si nascose, tradito dalla moglie, fu costretto alI’ assedio di Tebe, dove morì, inghiottito dalla terra che si spalancò sotto i suoi piedi.
[5] Tiresia. Indovino ebano. Ovidio narra che si mutò in femmina dopo aver colpito con una verga due serpenti in amore; solo sette anni più tardi riacquistò il suo sesso, colpendo di nuovo i due serpenti.
[6] Arunte. Indovino etrusco; predisse la vittoria di Cesare contro Pompeo.
[7] Manto. Indovina tebana, figlia di Tiresia. Sfuggì alla tirannide di Creonte, re di Tebe, dopo la morte del padre. Dopo aver vagabondato per diverse terre, si fermò nel luogo dove sarebbe sorta la città di Mantova, che da lei prese il nome.
[8] Euripilo. Greco, partecipò alla spedizione di Troia. lnsieme a Calcante indicò alla flotta greca il momento proprizio per saIpare dal porto di Aulide.
[9] Michele Scotto. Scozzese vissuto nella seconda metà del XIII secolo. Fu alla corte di Federico II come astrologo e filosofo.Tradusse dall’ arabo molte opere di Aristotele.
[10] Guido Bonatti. Vissuto nel 1200, forlivese, astrologo alla corte di Federico II e, più a lungo, a quella di Guido da Montefeltro.
[11] Asdente. Benvenuto da Parma, calzolaio e indovino vissuto nel 1200. Aveva denti grossi e disordinati, da cui l’ironico soprannome (asdente = senza denti).