Lezioni della storia

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Nel 1861 il nostro paese approvò il seguente bilancio:

Passivo
627.645.514 lire
Attivo
360.260.585 lire
Disavanzo
267.385.128 lire

Ora per avere un termine di raffronto nel 1861 lo stipendio più alto era quello Presidente della Cassazione che ammontava a 18.000 lire all’anno.

Rispetto al 1860 il disavanzo era quadruplicato.

Il Ministro del bilancio di quel tempo (BASTOGI) si scusò perché la guerra aveva alterato l’economia della Lombardia, Emilia e Toscana, non era stato possibile rinvenire il Bilancio del 1860 di Umbria e Marche e l’anomalia più grande era da riscontrarsi nell’unione delle provincie napoletane e della Sicilia al regno d’Italia che aveva comportato il pagamento di 168 milioni di spese militari.

Il Ministro BASTOGI conclude con parole che appaiono al contempo di una sconvolgente e profetica miopia:

“Conforta però il pensiero che una assai rilevante parte del notato disavanzo non potrà rinnovarsi per gli anni avvenire, come quella che riscontrasi nella parte straordinaria del bilancio. Egualmente ci può essere di conforto l’idea di vedere sensibilmente ridotte le spese ordinarie, allorquando l’intrapresa unificazione del pubblico servizio nelle varie parti del regno sarà un fatto compiuto, e sarannosi inoltre attuate, in quanto alla pubblica amministrazione, quelle riforme in cui stassi in ora alacramente studiando.
Ma, siccome al disavanzo, che ciò non ostante sussisterà pur sempre, quantunque in più ristrette proporzioni, converrà provvedere dando opera a che siano accresciute le risorse della pubblica finanza, così il ministro si riserva di presentarvi a tal fine appositi progetti.
Intanto però è indispensabile che al presente stato di cose si provveda con mezzi straordinari, sui quali siete pregati di emettere il vostro giudicio”.

A me ricorda qualcosa, non so a voi.

Il 21 febbraio 1861 il Ministro di agricoltura, industria e commercio (CORSI) presentò un progetto di legge recante Istituzione delle Camere di Commercio.
A tenore della norma le Camere di Commercio avrebbero avuto compiti amministrativi meramente consultivi , ma l’art. 2 del progetto si intitolava “Delle attribuzioni delle Camere arbitrali come tribunali di conciliazione”.
La cosa interessante era che si affidavano alla conciliazione delle camere le “questioni che potessero sorgere tra i proprietari di fabbriche e lavorazione di ogni genere ed i loro operai”.
La conciliazione era in progetto obbligatoria come la nostra del 410 C.p.c. tra il 1998 ed il 2010 e funzionava dunque come condizione di procedibilità per poter adire i tribunali.
Al principio di ciascun anno le camere avrebbero dovuto nominare “dal loro seno” tre membri e formare una “lista composta di direttori di fabbriche e capi di operai”.
Nel momento in cui nasceva una questione l’operaio o gli operai avrebbero scelto sulla lista formata come sopra tre individui, “i quali uniti ai tre eletti dalla camera costituiranno un tribunale di conciliazione, dinanzi il quale le parti esporranno senz’alcuna formalità le rispettive pretese. I componenti di esso si adopreranno a conciliarle. Non riuscendo nell’intento, le parti saranno rinviate a provvedersi dinanzi il tribunale.
Il processo verbale di conciliazione sarà esecutivo” .
Questo testo che ricorda un poco la norma fondativa del tribunale di pace di Norimberga del 1773, non andò in porto, ma è assai interessante, perché un progetto simile verrà ripreso nel 1893 e diverrà legge col collegio dei probiviri che reggerà, come sappiamo, le sorti del mondo del lavoro sino al 1928.

Ora dico.. c’era bisogno di aspettare 130 anni per riparlare di conciliazione camerale nel nostro paese?

Il progetto di Ordinamento giudiziario pel regno d’Italia venne presentato al Parlamento il 9 febbraio 1862 dal Ministro della Giustizia Vincenzo Marino MIGLIETTI.

Fu il primo Ministro di Grazia e Giustizia e Affari ecclesiastici del Regno d’Italia nel Governo Ricasoli I ed a lui dobbiamo grande riconoscenza non solo perché stabilì che ci fosse un’unica Corte di Cassazione, ma perché volle fortissimamente l’istituzione dei Tribunali di Commercio e soprattutto del Conciliatore. Così presentò all’aula l’istituzione del Giudice conciliatore:”I Giudici conciliatori hanno fatto ottima prova nelle provincie del Mezzogiorno: destinati a sopire senza osservanza di rito giudiziario le minori vertenze, esercitano in ciascun comune un ufficio benefico di conciliazione e di concordia, e mentre provvedono al bisogno di una giustizia facile, non dispendiosa ed essenzialmente locale, contribuiscono altresì a mantenere le buone relazioni e a stringere sempre più i rapporti di amichevole vicinato tra i singoli comunisti. Come istituzione eminentemente proficua ho creduto utile dovessero i giudici conciliatori estendersi a tutte le provincie del regno, ed è per questo che li ho posti al primo gradino nella scala delle autorità giudiziarie fissandone la missione,le condizioni d’idoneità, di nomina, d’esercizio, l’indole e la durata delle funzioni e le norme delle relative supplenze”.

Mi pare che il Ministro avesse le idee molto chiare…

Sarebbe bello che il nuovo Governo leggesse questa pagina e si rendesse conto che la conciliazione/mediazione fa parte del nostro DNA, perché serve a ricucire i rapporti tra la gente[1].


[1] Ognuna di queste notizie è ricavata dal testo: ATTI DEL PARLAMENTO ITALIANO, SESSIONE DEL 1861, VIII legislatura, vol. II Tipografia Eredi Botta, Torino 1862.

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