Corsi e ricorsi storici
Forte era la speranza che il legislatore del 1865 riponeva nella procedura amministrata dai giudici conciliatori, anche se nei fatti essa era avversata dai municipi, dai notai, dagli agenti delle tasse e dagli uffici giudiziari in genere e pure dal governo che non aveva soverchio desiderio di nominare i conciliatori.
Insomma gli attacchi alla conciliazione erano esattamente quelli che stiamo vivendo nel 2011.
La gente che in allora era davvero povera, per lo più analfabeta ed incapace ad affrontare qualsivoglia viaggio, aveva trovato in loco comunque una figura di riferimento per poter gestire anche situazioni complesse come ad esempio quelle ereditarie.
Interessante è che spesso si facevano conciliazioni anche per la correzione di errori catastali: una parte chiedeva all’altra il rimborso delle imposte pagate per errore ed il verbale con cui l’altra parte si impegnava a pagare il dovuto,veniva appunto inviato a catasto .
Insomma i conciliatori, in un regime di conciliazione valutativo, svolgevano una funzione sociale importante.
Ma ciò non andava bene all’amministrazione finanziaria. Gli agenti delle tasse quando i verbali di conciliazione superavano le lire 30 li consideravano sempre atti simulati e nulli.
Gli uffici del catasto si rifiutavano di ricevere i verbali di conciliazione che concernevano immobili .
Gli atti di compravendita, divisione, mutuo, liberazione, rinuncia all’eredità o accettazione con beneficio di inventario, che venissero presentati ai ricevitori del registro o conservatori delle ipoteche, venivano dichiarati nulli ed inefficaci, se non c’era in piedi una vera e propria controversia .
Alcuni notai addirittura restituirono il sigillo allo Stato per protesta.
Sulla spinta delle lagnanze notarili il Ministero della giustizia ritenne dunque che in tutti i casi in cui non fosse elevata dalle parti contestazione di sorta, ossia non vi fosse una vera e propria controversia davanti al conciliatore, l’intervento di conciliazione fosse contrario alla legge e si risolvesse in una usurpazione di funzioni del notaio o del cancelliere; i verbali di conciliazione in tal caso dovevano considerarsi nulli .
Anche la tassazione era comunque assolutamente nemica della pratica conciliativa.
Il legislatore dell’Unità evidentemente alla ricerca del consenso stabilì inizialmente l’esenzione dal bollo e dal registro .
Ma dopo pochi mesi il bollo riprese ad imperare. Dal 1865 al contributo unificato dei nostri tempi registrammo così una vera e propria ossessione degli uffici giudiziari per la tassazione degli atti.
L’art. 7 del codice di rito del 1865 stabilì dunque che i verbali di conciliazione fossero esenti sino a 30 lire dalla tassa di registro e che fossero assoggettati all’imposta di bollo ; tutti gli altri atti tra le parti scontavano invece bollo e registro.
Se l’accordo conciliativo riusciva erano dovuti i diritti di cancelleria per il processo verbale, per la scritturazione oltre le 4 facciate, per la copia del verbale e la notifica.
Non lo faccio notare per eccesso di noiosa pignoleria, ma solo per indicare che una conciliazione costava poco meno di un’intera causa (eccettuata la fase di esecuzione si assestava circa su 1 lira e 80 centesimi) e quindi ciò non facilitava gli accordi.
Peraltro anche la sola nomina degli arbitri era costosa (1 lira e 13 centesimi) e se interveniva nell’ambito di una conciliazione le parti si ritrovavano a dover pagare somme davvero importanti.
Per superare il problema economico s’iniziarono a praticare, nei casi in cui si poteva, le conciliazioni orali che all’epoca nessuno si sognava di non adempiere: non era sentita dunque alcuna necessità di una tutela esecutiva, seppure la legge la stabilisse entro la competenza del conciliatore.
Qualche anno dopo in un regime dunque di mediazione facoltativa, la relazione Zanardelli al re (1882) forniva alcuni dati statistici sulla conciliazione (quelle orali non erano naturalmente censite).
Premesso che 70,84 su 100 cause venivano in Italia risolte dai conciliatori, 32 cause su 100 venivano conciliate (82 su 100 a Napoli e 91 su 110 in Sicilia per quanto qui la conciliazione preventiva fosse praticamente inesistente) .
L’esito era dunque incoraggiante nonostante tutte le difficoltà. Ma arrivò il Fascismo e pose fine all’esperienza. Oggi torniamo a rivivere tutto questo e ci si mettono anche i politici
Il PD da sempre contrario alla legge sulla mediazione da subito (perlomeno gli riconosciamo la coerenza) ha presentato così due ordini del giorno dall’identico tenore per rinviarla
L’IDV , il PDL ed il PD hanno presentato tre identici emendamenti alla legge mille proroghe per rinviare la mediazione di un anno.
E la commissione Giustizia, seppure in sede consultiva, ha adottato un parere favorevole al rinvio .
Gli editori italiani ringraziano e tirano un sospiro di sollievo, pur non essendo nemici della mediazione.
Il regolamento sulla mediazione ha, infatti, previsto che per diventare formatore di mediatori ci vogliano ben tre pubblicazioni cartacee dotate di ISBN.
Queste pubblicazioni in Italia non le ha effettuate quasi nessuno perlomeno alla data di entrata in vigore del regolamento interministeriale (il D.m. 18 ottobre 2010 n. 180 è entrato in vigore il 5 novembre 2010).
L’effetto è stato pertanto dirompente: gli editori si sono ritrovati subissati di richieste; non potendo vendere gli ISBN senza effettuare pubblicazioni (viste le dettagliate istruzioni della domanda ministeriale in merito alla prova da fornire circa la stampa dei volumi), né stampare più libri sulla stessa materia nello stesso momento e pubblicarli in concorrenza tra loro, hanno rimandato la pubblicazione perlomeno al 20 di marzo 2011.
Ma ora è successo il miracolo (salvo che il ministro Alfano non riesca ad imporre il suo pensiero favorevole alla partenza; pensiero espresso peraltro pochi minuti fa in Consiglio dei Ministri) e potranno rimandare il soddisfacimento di ogni richiesta al 20 di marzo 2012.
Così non ci saranno in Italia nuovi libri sull’argomento, né formatori e conseguentemente nemmeno nuovi mediatori ed il 20 di marzo 2012 saremo, nella migliore delle ipotesi, allo stesso punto di oggi.
Solo che il governo che ci sarà non potrà che assumerne la responsabilità, perché questo rinvio è voluto da tutto l’arco costituzionale.
Ma forse nessuno se ne ricorderà perché gli Italiani litigheranno sì, ma solo per trovare un posto alla mensa dei poveri.
Brindiamo pure alla morte della conciliazione e ai soldi che il Ministero ha sprecato per il battage pubblicitario di dicembre 2010, al denaro che molti sottoccupati hanno investito per diventare mediatori con l’illusione di trovare una professione nel prossimo futuro, ai soldi buttati dagli organismi che si sono iscritti al registro prima di sapere che il regolamento ministeriale avrebbe approvato tabelle insostenibili anche per un monopolista , agli organismi che hanno valutato le tabelle ministeriali e che quindi non s’iscrivono più al registro (perché un aumento dei valori tabellari li costringerebbe comunque a fornire una prestazione fuori mercato), ai soldi spesi dai conciliatori dal 1993 per tutti i corsi base e di aggiornamento che non sono serviti assolutamente a nulla se non all’arricchimento personale, ai cittadini che hanno scoperto tramite il telegiornale che una causa ad Agrigento è durata 200 anni.
Avv. Carlo Alberto Calcagno
P.s. Per chi voglia saperne di più sul tema può scaricare questo mio contributo