Senza maschera (Capitolo V-Epiloghi-parte ventesima)




3


O forse no.
Le pasticche oramai hanno perso le loro proprietà organolettiche.
Io mi sono accorto di aver rivestito con nobili sentimenti soltanto un istinto; tante parole scritte e dette solo per portarti a letto, per un seno che forse non è nemmeno così favoloso come immagino (disse la volpe all’uva…).
Ora mi alzo e passo accanto al telefono, per la prima volta mi ritrovo a non sperare che squilli… dato che l’ho staccato; vado in bagno e comincio a rasarmi con grande cura, come per un appuntamento.
Mi lascio cadere nella vasca, chiudo gli occhi, circonfuso dal calore, e mi prometto che ci saranno altre opportunità.
 

*.*.*.*

Sono passati due anni e di occasioni me ne hai data una soltanto o forse me la sono soltanto inventata: comunque  è andata come è andata, cioè miseramente e come al solito per colpa della mia impazienza  e di qualche parola di troppo.
Ma al pensiero di te mi assale ancora una ventata di emozioni, mi pare quasi di vedere l’ombra del mio desiderio camminare in quel giorno che sai o che vorrei ricordassi.
Ecco cosa rimane dei tuoi capelli morbidi nei miei occhi impazziti, dei seni abbondanti di vitalità segreta solo apparentemente trascurata dalla t-short, del tuo passato totalmente indifferente alla mia voglia di presente.
È stato bello coltivare l’illusione, è stato dolce continuare la speranza che mutasse un accenno o che l’ombra si trasformasse in una piccola vitale promessa…
Tu sei rimasta a lungo nelle immagini di quella strada assolata dove il sudore era emozione, odore acre e forte come il timore di avvicinarti.
Ed io continuo a domandarmi se mi sarebbe bastato il coraggio di prenderti per mano a darti coraggio.
Ma avevo le mani bagnate: credo che non mi avrebbe aiutato nemmeno un ti amo ben detto e meno pauroso della risposta.
Quel che so è di non averlo mai detto, perché questo dolore non aveva e non ha il dono della sintesi e così la pena nel ritrovarmi a sorridere da solo e di me stesso, sulla strada che mi ha portato lontano.
Ma che ricordo la tua fronte corrucciata (oggi forse con qualche ruga…ma che importa…) un po’ per gioco, un po’ di risentimento, le tue labbra mature ed infantili allo stesso tempo, anche nell’indifferenza.
I tuoi occhi così cattivi alle volte e meravigliosamente teneri.
I tuoi occhi con cui giocare senza rimpianto.
I tuoi occhi per cui morire ancora un po’ per giorno.
I tuoi occhi immaginari fuori dalla mia finestra, sulla finestra di ogni casa ove i miei occhi curiosi si posano a vivere la vita degli altri.
I tuoi occhi neri ed è tutto dire.
 

*.*.*.*

Ogni appuntamento è del resto trascorso come in un cinema dove abbiamo assistito ad una proiezione di cui sono stato l’unico interprete; tu hai sempre mantenuto l’atteggiamento del critico che non vede l’ora d’uscire dalla sala per scrivere:”Che bello questo film…” o più spesso, “che delusione, così, proprio non me l’aspettavo!”
Eppure, da regista scrupoloso quale mi ritengo, so bene di averti impresso in ogni piccolo fotogramma; quindi non ho capito la ragione per cui, ogni volta che sono passati i titoli di coda dei nostri rari incontri, io abbia avuto così tanto bisogno di rivederti, quasi non fossi una bambina in carne ed ossa ma il più irresistibile dei miraggi subliminali.
Ma forse tu, al contrario, sei sempre riuscita a sfuggire alla pellicola, quasi la luce non fosse che inchiostro simpatico per la mia fantasia.
Sarà che un film d’amore deve annoverare nel cast almeno due innamorati per dar modo ai presenti di appassionarsi: in effetti non si può pretendere di avvincere per delle ore con le sensazioni di un solo protagonista, uno spettatore che, tra l’altro, non le condivide; al cinema si va per sognare e non solo per ritrovarsi sullo schermo, per quanto oggetto idolatrato; dopo un po’ sopraggiunge una noia mortale.
Probabilmente ho continuato a sbagliare l’ambientazione, la mia anima è troppo angusta per rappresentare un sentimento; talvolta faccio fatica a portar dentro persino la cinepresa e le inquadrature vengono spesso di sbieco, come se l’immagine dovesse sfuggire da un momento all’altro… ed in effetti sfugge.
Ma anche se avessi scelto come ambientazione la spiaggia più lunga ed affascinante del mondo, comunque ti avrei trovato calma e avida di sole, il mio solito, imperturbabile, crogiolo di armonie.
E chi sarebbe, se non un bambino in cerca di sua madre, il fanciullo che corre nell’afa consapevole soltanto della tua unicità; no, non farebbe certo la figura del divo, uno che pronuncia il tuo nome col fiatone e poi s’illude di sussurrare parole che una donna non abbia mai udito.
Ti ho immaginato più volte ad ascoltarmi indulgente proprio come una mamma che ami lo stupore d’un figlio per le cose più naturali; ho visto e rivisto quel sorriso che mi ha confuso e ho pensato e ripensato agli insensati discorsi in cui a volte mi sono e mi sarei lanciato, se tu lo avessi permesso.
Ho preteso sicuramente che t’accorgessi di quel nulla meraviglioso che mi circondava; ma non è accaduto e così non ho potuto aggiungere che non c’erano spiagge, né il mare con i suoi spruzzi e lo sguazzare festoso dei bimbi e nemmeno che già esistevano i baci della gioventù che si vuole bene; né soprattutto che nell’inquadratura c’eri soltanto tu: diversamente, nell’imbarazzo, avresti certamente appoggiato sui gomiti le spalle incantevoli e mi avresti confessato, aggrottando la fronte, un insopprimibile desiderio d’amare.
 

*.*.*.*

Sia come sia, concluso il primo tempo, è apparsa la pubblicità del dopobarba, quella con “l’uomo che non deve chiedere mai”; io sono passato travestito da gelataio triste, con quella lucina rossa che sa tanto di fioche speranze, e ti ho regalato, senza neppure una timida richiesta, la mia vita da sgranocchiare durante il secondo tempo.
La prima scena che ho voluto girare ci ha trovato in un comodo letto matrimoniale; naturalmente tu stavi dormendo ed è stato davvero un gioco puerile descrivere i tuoi sogni, così piani e ordinari, imbevuti d’ambizione e di grinta.
Ma, per chissà quale assurda macchinazione, io non ho pensato alla tua grettezza e ai bizzarri motivi che mi avrebbero condotto a sposare una donna totalmente priva di fantasia; no, queste idee non mi hanno sfiorato assolutamente, piuttosto mi sono ripreso a piangere come un disgraziato e a cercare, con mano insicura, la tua sagoma deliziosa, talmente avviluppata nelle lenzuola da apparire marmorea.
E dopo qualche tentativo sono pure riuscito a svegliarla, quella dolce e amata vocina che, ancora impastata di gloria e tenera indifferenza, ha chiaramente sbottato:<<Uffa, amore… lasciami dormire… domani ho una riunione importante!>>
Allora ho percepito, in tutta la sua poetica drammaticità, quel nulla meraviglioso a circondarmi e ci sono stato soltanto io, ad appoggiare i gomiti sul davanzale, mentre giungevano le prime luci d’una nuova e promettente giornata.
Mi rendo conto soltanto ora che la cosa più saggia sarebbe quella di cambiare il copione che ho scritto per te, anche se, per un regista impegnato come il sottoscritto, questa non è decisione da prendere a cuor leggero: necessitano tempo e riflessione.
Mi chiedo come si possa riconoscere dall’oggi al domani che la nostra storia non farà cassetta, né soddisferà la critica più esigente e che soprattutto non troverà nessun produttore disposto a finanziarla; e dove prenderò il coraggio per ammettere che tu non sarai mai l’attrice che avevo in mente e che io, come attore, farei meglio a darmi all’ippica.
Una soluzione però ci sarebbe: affidare a te la regia e rassegnarmi al ruolo di comparsa che, in fondo, può pure gratificare; e se desideri che io continui a recitare la parte del gelataio triste sul palcoscenico della tua vanità, non avrò poi molto da ribattere… alla fine dei conti sono un professionista.
Forse chiederò in cambio un sorriso o ancor meno: basterà immaginarti accanto, mentre sogni le meschine realtà a cui vorrei partecipare.
Ma ti prego di lasciarmi girare ancora una ripresa, tanto il cinema è finzione e lo capiscono persino gli spettatori che ti stanno così a cuore; si tratta semplicemente di inquadrare una cabina telefonica vuota.
Una cabina telefonica vuota con un telefono che squilla senza che qualcuno si prenda la briga di rispondere; della mia attività di regista voglio conservare almeno questo spezzone perché vedi, oggi rappresenta la mia vita, ma domani chissà… 
(Continua)

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

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