
E’ una trafila comune che vale, con qualche ininfluente modifica, pure per l’innamorato respinto; perché soffermarsi sulle reali ragioni del rifiuto? dire vino al vino e pane al pane sarebbe troppo complicato…
Dimmi la verità, sei contenta di trascinarmi a fondo piano, piano; dove lo trovi un altro sensibile imbecille che riesce pure a scrivere dei racconti; da una parte fai anche vista di non volerli, ma dall’altra… dall’altra, se avessi uno spillo scoppieresti.
Tu mi consideri così, adorando te stessa: beh, come sai allora siamo in due.
Ma io sono talmente solo che non posso fare a meno di volerti bene? Anche.
Sai, la solitudine è un sentimento infinito, contiene tutto l’amore e la speranza che vuoi… anche di più; con la differenza che la mia continua a riempirsi dell’immagine che di te mi sono fatto, mentre la tua è soltanto colma di te o meglio, di un simulacro che gli altri ti han cucito addosso.
Non so davvero, chi tra i due, sia in posizione più conveniente… o meglio lo posso solo intuire: tu sei in vantaggio nel tempo e nello spazio perché io mi ritroverò tra vent’anni a rivedere questo racconto e ci sarai ancora dentro.
E’ finito il primo tempo, si riaccendono le luci e come d’incanto, riprende vita il tuo mondo: chissà per quale motivo mi viene in mente che col buio siamo tutti uguali, burattini e burattinai; non esistono rapporti di forza, nessuno potrebbe immaginare che io sia l’innamorato e tu, l’oggetto impossibile dei miei desideri.
La vita reale però non si gioca di notte, di notte si dorme e nella migliore delle ipotesi si sogna.
Mi guardo intorno e constato di essere probabilmente la sola persona in tutto il teatro a non avere compagnia; un patetico che s’è messo in ghingheri per intrattenere un posto vuoto.
I miei occhi di complessato egocentrico cercano invano di catturare qualche sguardo distratto; poi arrivi tu. <<Ti trovi bene, non è certo un posto dei più felici… hai gradito il primo atto?… gli atti sono tre;>> ed i tuoi capelli sembrano toccare i braccioli della poltrona, con quelle profumate sfumature che svaporano giù dalla guancia, quasi offerta, con un sorriso, alla mia attenzione.
<<Qui sto benissimo, non ti preoccupare… la commedia è molto bella… mi sto proprio divertendo.>>
Certo lo speravo, ma non credevo saresti venuta da me prima della fine dello spettacolo. <<Ora devo andare, ci vediamo dopo>> e mi lasci nuovamente solo: adesso però posso guardare in giro con fare decisamente più baldanzoso.
Mi giro e mi rigiro come fossi il birillo di un giocoliere impazzito, per carpire un’espressione di ammirazione, un lampo di approvazione o un piccolo broncio; qualcosa di tangibile insomma, che dimostri la mia vittoria… di Pirro.
Ma nulla accade: si spengono nuovamente le luci ed inizia il secondo atto. Devo avere qualcosa dentro ad un orecchio, perché continuo a grattarmi in modo indecoroso; l’avevi detto che c’erano le zanzare ed io non volevo crederlo. <<A febbraio, figuriamoci… non è possibile! ti avevo risposto;>> eppure se queste non sono zanzare mi è venuto improvvisamente un attacco d’orticaria.
O forse è il brusio degli attori tra le quinte che vanamente mi suggerisce di dimenticarti e che poi non dovrebbe essere così difficile, dato che tu non sei mai esistita, se non nella mia mente; come sarebbe bello poterlo credere davvero!
Il palcoscenico è però troppo lontano perché possano intuire che io riesco a soffrire soprattutto dell’immaginario; e allora non c’è uscita: che tu esista o meno è un fatto del tutto secondario; per risolvere i miei problemi dovrei eliminare la fantasia, cosa che appare al momento poco praticabile.
Tra l’altro farla finita per amore non denota grande originalità, dicono sia necessaria perlomeno una ragione in sintonia con i tempi; e, del resto, lo stesso protagonista di questa tragedia insegna come sia più dignitoso rinchiudersi nei propri ricordi…
E poi scusa, se mi togliessi di mezzo, dove troveresti un altro in cui credere e da cui fuggire? Perderesti completamente la fiducia negli uomini ed io non voglio assolutamente che accada… tutte storie, troveresti un altro imbecille.
Insomma ogni scusa, anche la più assurda, è buona per continuare a distruggermi… ed ogni sforzo è in fondo inutile, perché tu da tempo hai deciso che la fiducia si ripone soltanto nella vita: lo capisco dal distacco con cui vai offrendo quei volantini, ora che un altro atto si è concluso.
Immagini patinate che illustrano viaggi da sogno a cui tu non hai nemmeno pensato: ciò che t’importa è forse soltanto di regalare queste illusioni… tanto anche gli altri non le vivranno, ma almeno tu potrai dire di averle… distribuite.
Sei proprio una bellissima vigliacca, non c’è che dire. <<Davanti, in sesta fila, c’è un posto libero… vuoi trasferirti?>>
<<Adesso? sì va bene.>> Ti seguo come un cagnolino scodinzolante che vorrebbe saltare in braccio alla padrona e non muoversi più, perché il vociare intorno lo terrorizza. <<Avevi ragione ci sono le zanzare… mi hanno messo fuori uso un orecchio.>>
<<Non me ne parlare, tra l’altro io ho un sangue che se ci fosse un solo insetto in tutto il teatro verrebbe a succhiarmi!>>
<<Immagino… sai, c’è una battuta nel terzo atto che non è originale del copione, voglio vedere se la dice…>>
<<Figurati se non la dice… vedrai che la dirà… ma tu come fai a sapere che il copione è stato modificato?>>
<<Uhm… da quella persona che hai incontrato lunedì sera>> e ho proprio paura di essermi tradito…
<<Ah… io vado perché non possiamo parlare con il pubblico… tu stai lì buono e vedrai che ti sistemi.>>
<<Allora ci vediamo all’uscita?>>
<<Sì.>>(Continua)