
<<Perché lo tradisce… è proprio una stupida… come fa a non capire che lui….>>
<<Ma non vedi che è un essere senza grinta… quali sicurezze può dare ad una donna un uomo così… è un insensibile… ecco perché!>>
<<Ciò che tu chiami sensibilità, gentilezza, in realtà non è altro che egoismo… non ti rendi conto che sta soffocando l’individualità di quella poveretta?>>
E così, trascinata la cosa sul piano personale, mi guarderesti con ira: lo intuirei dal tremito intermittente del labbro superiore; forse piangeresti o rimarresti con gli occhi incollati al teleschermo, nonostante l’ultimato passaggio dei titoli di coda.
Eppure sarebbero eccitanti le tue mani, se sui palmi così delicati, s’appoggiassero fortemente gli zigomi, in modo da impedirmi di guardarti o di accarezzarti; per non parlare del tuo magnifico collo che si lascerebbe intravedere con le vene gonfie di risentimento e del respiro affannoso che non riusciresti a calmare con l’addome.
Non mi rimarrebbe che farti il solletico: e tu ondeggeresti il bacino con movimenti secchi, per divincolarti; saresti un’anguilla lucente e profumata…
Ma oramai nei miei sogni sono arrivato all’orecchio con i sottili giochetti a cui non sapresti resistere. <<Amore… così non vale… e poi è tardi e non ho nessuna intenzione di perdonarti>> e con un bacio morirebbe in gola il perdono che non volevi concedermi…
Sono gli enormi palazzoni della periferia a ricordarmi che tu non leggeresti drammi da perdenti, non guarderesti improbabili telequiz autobiografici, non piangeresti mai in mia presenza, né abbozzeresti una parolaccia e nemmeno ti faresti convincere da un bacio, per quanto appassionato esso fosse; in altre parole, che il sogno è svanito e la giornata volge al termine.
<< Puoi lasciarmi qui, ieri ho visto in vetrina una maglia che mi piace!>> ed io mi sento male: ora scendi e non ti ho nemmeno chiesto se e quando ci rivediamo.
T’accorgi immediatamente dell’ombra che è scesa sul mio volto, nonostante le luci incerte dei portici.
<<Se vuoi, puoi aspettarmi, faccio in un attimo… ma davvero vuoi aspettarmi?>>
<<T’aspetto, t’aspetto… non ti preoccupare… vai tranquilla… t’aspetto…>> e la speranza ricomincia anche se per i pochi metri che ci dividono dal teatro, anche se gli istanti si consumeranno in una nuova attesa: l’attesa che in fondo vorrei si rinnovasse nei giorni a venire; ti guardo volare da un marciapiedi all’altro e la mia immaginazione si solleva con te: non temere… t’aspetterei anche se volessi comprare l’intero negozio.
Non trascorre un minuto che sbuchi dall’altro lato della strada, apparentemente soddisfatta dell’acquisto compiuto; attraversi con passo felpato e risali.
<<Hai trovato quel che cercavi? sei stata un lampo!>>
<<L’avevo già provata ieri… poi mancavano i soldi… oggi l’ho soltanto ritirata.>>
E’ soltanto questione di girare l’isolato ed arriviamo a destinazione. <<Puoi lasciarmi qui, di solito entro da questa parte.>>
No, cara, non ti permetterò di scappare così, quando tutto è ancora indeterminato. <<Ti dispiace se faccio manovra sulla piazzetta? poi scendi…>>
<<No, no… fai pure.>> Spengo il motore, sto per aprire la bocca ma giochi d’anticipo, tirando fuori dal sacchetto una maglia marrone.
<<E’ semplice, semplice… a casa ho solo cose nere… mi sta bene, sai….>>
<<Oh, sul fatto che ti stia bene non nutro alcun dubbio…>>
So che è una risposta banale ma non ho trovato di meglio; inarchi le sopracciglia ed emetti un piccolo grido come per dire “basta con questa adulazione!”; o forse no, il tuo è soltanto un tentativo per celare un miscuglio di timidezza e soddisfazione.
<<Mi darai la possibilità di rivederti?>>
<<Un po’ di tempo lo troveremo… perché non vieni a teatro qualche volta? certo è costoso, ma se va in scena qualcosa di bello vale davvero la pena.>>
Ecco un modo elegante per stabilire che non ci sarà un altro appuntamento (o forse per introdurmi un pochino nella tua vita?), tuttavia non voglio darmi per vinto. <<Si verrò… allora ti chiamo la settimana prossima?>>
<<Sì, va bene, ciao.>>
<<Grazie di tutto…>> e apri la portiera del mio piccolo mondo per uscire così come sei entrata, con fascino e sicurezza.<<Perché mi ringrazi? sono io che ringrazio te…>> <<…beh, vuol dire che ci ringraziamo a vicenda.>>
Mi chiedo se ripenserai ai momenti passati insieme, quando le luci si spegneranno e comincerà lo spettacolo; se rientrerai con il desiderio di amare o di essere amata e se soprattutto t’avrò rubato almeno una particella di quella energia con cui sembri bruciare il pessimismo e la solitudine.
Ed è comunque meraviglioso immaginarti nel letto, rattrappita, sotto ad un lenzuolo selvatico che inizia a scaldare soltanto ad ore impossibili.
Questa notte non vorrei ti bastasse girare sul fianco per cedere al sonno; mi piacerebbe invece punzecchiare i tuoi sensi con un’inspiegabile irrequietezza.
Vederti finalmente coi capelli scompigliati che s’appiccicano al guanciale e alle labbra umide del dormiveglia, lasciando trame sottili e ammaliatrici, come quelle d’un ragno che si prepari ad attaccare la preda.
Farti schiudere le palpebre dalle ciglia lunghe e incantevoli mentre, tra un sospiro d’impazienza e l’altro, provi a sintonizzare il cuore sui rari rumori della strada: e sentire il suo battito allentarsi nell’attesa di chissà quale messaggio…
E continuare a pensarti nel buio così stranamente silenzioso con la consapevolezza di rincorrere un treno in corsa. Un treno che certamente ride e continua ad illuminare immense gallerie, troppo strette per fermarsi ad aspettarmi.
Del resto io sono perennemente in ritardo, perché mi perdo a sognare piccole stazioni dove non sale mai nessuno.
Ma le ruote girano ormai verso casa: m’inebria il frammentarsi della città nei mille incroci luminosi dove si arenano inesorabilmente frenetici vicoletti.
Sono anche mie, quelle avare e magiche viuzze che regalano talvolta due occhi appena intravisti: piccole schegge di luce per accendere qualche istante della vita quotidiana. O forse sono soltanto ombre dell’idea di amore e di bellezza che mi porto dentro.(Continua)