Un sorriso (Atto unico-parte nona)

Sentiero a Pralongià

Un uomo

Scusa se sono noioso, ma io sono sempre più convinto che tu non abbia mai amato sino in fondo, che tu non abbia mai conosciuto la  condizione di amore straordinario.
Non c’è volontà che tenga per chi ci si trova in mezzo, o meglio c’è un’unica volontà, quella di raggiungere l’oggetto amato ad ogni costo, fino al totale annientamento della dignità e della personalità.
Diventare lo zimbello del mondo è un gioco crudele, ma il giocatore non se ne preoccupa, spera di guadagnare quel che gli altri si sono già spartiti ed insegue ciò che un giorno ha creduto di intravedere, la proiezione di un’ombra cui non sa rinunciare, perché è in fondo la sua ombra e nulla più.
Fantasie, dirai, da schiacciare come un cerino spento, magari fosse così facile! e non sono nemmeno tanto d’accordo sul fatto che ci siano anche altri interessi al mondo.
Non c’è cosa più assorbente dell’innamoramento o che ad esso possa contrapporsi nel cuore dell’uomo con la stessa potenza, se non forse l’odio, che è, in ogni modo, un altro sentimento.
Chi è innamorato non pensa che alla paura di lasciarsi sfuggire l’amore che fugge; lavoro, soldi, carriera perdono qualsiasi valore e significato, e con essi se ne va anche il poco rispetto che l’altro poteva nutrire, perché l’amato bene non può soffrire la debolezza della devozione assoluta, che è poi, se vuoi, la forza cieca della fede, incomprensibile agli occhi di chi non l’ha.
Chi è innamorato ragiona un po’ come colui che ha studiato tutta una vita senza riuscire a concretizzare la sua fatica, e talvolta, come nel mio caso, i due tipi si fondono con esiti miserabili: ambedue si consolano pensando che nessuno potrà portar via loro il sentimento e la cultura; si sentono degli eletti, troppo elevati per essere compresi, insomma per dirla con le parole dell’Ottocento, degli eroi romantici. 

Una donna

Ma se tu sai tutte queste cose, se sai distinguere dentro di te l’antica fiamma, perché non te ne tieni lontano come faccio io?
Non ha molto senso sfidare le situazioni che ci vedrebbero perdenti.
Quando poi si conoscono anche gli effetti in tutta la loro portata, ritenere gli altri sfortunati perché non hanno provato l’amore straordinario, mi sembra illogico.
La saggezza è uno dei requisiti fondamentali perché spinge sempre verso l’autoconservazione, e non c’è nulla di più saggio che fuggire le esperienze che non si è in grado di affrontare.
Ci vuole anche umiltà nel riconoscere i propri limiti ed essi  cominciano proprio nel punto in cui c’è qualche cosa che possa impedire di ampliarli.
La vita dovrebbe servire ad estendere al massimo le proprie capacità, ma ciò non è possibile se la tensione ci spezza e non possiamo certo decidere quando l’arco debba tirare l’ultima freccia.
Noi siamo arcieri che mirano all’infinito.

Un uomo

Mi piace questa definizione, ma non capisco come ci si possa limitare nel tiro quando siamo irresistibilmente attratti dalla linea dell’orizzonte e non possiamo sapere in anticipo quanta forza ci voglia per raggiungerlo.
Solo se ci tendiamo col massimo sforzo possiamo dire di averci provato: quel che rischiamo è, al limite, un buco… nell’acqua.
Te lo dice uno che non vorrebbe vivere l’esperienza della risacca, ma è inevitabile, nessuno lo può impedire, nemmeno il mare.

Una donna

Poetico il concetto, ma cosa vuoi dire?
Quando l’arco si è rotto non è facile ripararlo in modo che possa resistere ad una nuova tensione: il legno non la può sopportare ed è certamente più adatto di me e di te allo sforzo.
Spesso riteniamo che la natura abbia raccolto in noi tutti i doni migliori di cui disponeva, ma non è così.
Siamo fragili specie nell’esercizio di quelle che riteniamo nostre esclusive prerogative o forse perché sono soltanto nostre facoltà e non abbiamo termini e momenti di confronto con altre creature.
In materia di sentimenti non c’è un nemico da vincere, se non la nostra identità che è quasi impossibile da superare e che forse è neutralizzabile soltanto a termine.
Non a caso quando una storia sta finendo ci si accusa di essere cambiati, di non essere più gli stessi.
Ma anche questo è un equivoco: noi non siamo diversi rispetto a quello che eravamo, ma siamo diventati diversi da quello che siamo realmente; è una differenza apparente ed inautentica e soprattutto temporanea. Ciò nonostante o forse per questo viene sottolineata inevitabilmente ogni volta che un rapporto deve finire.


Un uomo

Che utilità può avere l’apertura alla vita se il risultato è quello di restare immutati ed immutabili?
Quale è il significato di un’esistenza che non scalfisce l’essenza delle persone?
Celebrare il proprio fallimento giorno per giorno non sembra molto allettante, ma se così è, che senso hanno l’autoconservazione e la prudenza?
Che cosa si può perdere se non la monotonia?
Che differenza c’è tra il vivere sotto, sopra o sulle righe?
Io non capisco come può appagarti il dormire di notte o l’alzarti di mattino, in fondo se tu non lo facessi nulla cambierebbe.

(Continua)

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