L’eremita (Seconda parte) (Scena unica-parte settantunesima bis)


Il cielo di Abelardo

L’eremita
La verità è che io non conosco nulla, ignoro anche quanto di bello mi circonda e sono così stanco da non aver più neppure la forza di immaginare…immaginare…dare contorni alla realtà, contorni miei, come fossi un pittore e volessi dar forma a un’idea.

Abelardo
Immaginare…..è bella questa parola:l’imago presso i Romani non significava solo immagine, ma anche pensiero, ricordo, sogno, spirito…è un termine che evoca qualcosa di evanescente eppure dal profilo, dai contorni  precisi e ben definiti. Ora mettiti  a sedere e dimmi quale immagine di Dio hai nel cuore…quale immagine di Dio ti porti dentro?

L’eremita
L’ho sempre pensato come viene rappresentato nei dipinti:un vecchio austero, dalla barba e i capelli bianchi, dall’occhio vigile e benevolo…

Abelardo
Attento: io ti ho chiesto quale immagine di Dio ti porti nel cuore. Forse ne hai un’idea mutevole e cangiante, come quella di certe nuvole che mescolate dal vento assumono forme buffe e a volte animalesche. Forse ne hai invece una più precisa ed allora ti chiedo: è un Dio che castiga o un Dio misericordioso? un Dio della gioia e della festa oppure un Dio imbronciato?

L’eremita
Non saprei…penso a Lui come a un Dio giusto, anche se spesso non comprendo perché si accanisca, perché certe cose vadano in un certo modo…mi pare quasi impotente a volte, come se non avesse più voce, più nulla da dire a noi figli…

Abelardo
Tu sei fatto a Sua immagine e somiglianza e non puoi con le tue azioni che rispecchiare l’immagine, l’idea, la rappresentazione, il ricordo, il pensiero, lo spirito stesso di Dio che hai nel cuore. Non dimenticarlo mai. Non c’è nulla di più bello che lasciarsi raggiungere da Cristo, perché solo così tu puoi passare dal Vangelo alla vita, dalla vita al Vangelo fino a confondere l’uno nell’altra, così come le nubi si confondono col vento. Il nostro Dio è un Dio sempre presente, malgrado la nostra storia prenda le sue pieghe. Tu dici che a volte non lo comprendi, ma in realtà tu non comprendi la tua sofferenza. Apri gli occhi e cerca di vedere che la sofferenza è il momento in cui Dio ti parla in modo diverso:con ognuno di noi uomini Dio vive ciò che ha vissuto con Suo figlio. Allo stesso modo: Egli ha compatito. Tu lo giudichi impotente – così l’hai definito – ma non è così: Egli ha compatito, “ha sofferto con” ed il Suo silenzio oggi per te scende dal Cielo come una lacrima. E’ il silenzio della Sua sofferenza.

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

87 pensieri riguardo “L’eremita (Seconda parte) (Scena unica-parte settantunesima bis)”

  1. ancora una volta mi avete trasmesso che i nostri talenti devono essere messi a disposizione degli altri, che nulla si fa per se stessi, perchè la vera gioia è condividere, non condividere un successo, ma il pensiero, il mesaggio profondo di ciò che intendiamo trasmettere. Grazie. Federico

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  2. Io non so se Carlo si riconosce nelle parole di Giulia, ma anche se così non fosse egli dovrebbe esser grato a Dio per aver condiviso questo blog con lei. E’ il primo atto grande di condivisione, il primo esempio, grande esempio che ci avete trasmesso.

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  3. credo che Giulia ci abbia lasciato una grande lezione sul talento artistico, sul senso di tale talento. Desidererei che davvero tutti i ragazzi ne facessero tesoro e che anche loro un po’ per volta si avvicinassero alla scrittura come mezzo di condivisione dello Spirito. E’ del resto anche la scrittura un modo per dar forma all’imago di cui si parlava! Grazie infinite per questa bellissima pagina. Emilio

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  4. mi colpisce soprattutto la delicatezza e la umiltà dell’intervento di Giulia, l’approccio quasi contemplativo della scrittura di Carlo come se fosse consapevole di essere in presenza dello Spirito. E’ un dono grande del Signore avervi incontrato.

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  5. la capacità di scrivere e comunicare…brava Giulia! Forse un uomo non potrebbe ricevere complimento più bello, un uomo che ama le Lettere, intendo. Scrivere diventa una sorta di missione, un messaggio di fraternità che è comune a tutti gli uomini. Vi ringrazio per questa ulteriore “perla” che si è unita alla pagina, per il valore altissimo che hai dato alla Scrittura…spero che i ragazzi ne facciano tesoro. Sono parole di altissimo valore non solo culturale ma soprattutto spirituale.

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  6. cara Giulia e caro Carlo, oggi è per noi l’ultimo giorno di scuola. Volevamo ringraziarvi per tutte le “lezioni” che ci avete donato, per l’opportunità di crescita grande di cui quest’anno abbiamo goduto, per il vostro esempio, per l’amicizia che ancora oggi ci avete dimostrato essere possibile tra omo e donna, una amicizia molto ciceroniana, alla Laelius, fondata sulla stima e sulla riconoscenza e gratitudine reciproca. Questo è il valore grande che abbiamo preso dal vostro cesto e l’abbiamo messo nel nostro. Insieme al valore della preghiera e dell’amore per la poesia. Torneremo presto a trovarvi. Grazie da tutti noi della II liceo classico F.
    In particolare:Elisabetta, Carlo, Fabio, Paola, Laura, Marta, Alberto…insieme a Patrizia ed Enrica

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  7. Ancora una volta le parole vengono dal cuore, dallo Spirito. Ancora una volta il miracolo dell’Amore gratuito ed oblativo si compie…scrivere è un dono, un dono per chi lo possiede e per chi lo sa usare con l’umiltà straordinaria che leggo da sempre su queste pagine. Grazie per come avete saputo spiegare il senso unico e particolare di questo blog, per come avete spiegato che cos’è la scrittura, quali possono essere i suoi fini. Grazie per i vostri talenti, i vostri carismi, la vostra voce che all’unisono ci convoglia tutti verso Dio. Paolo

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  8. Io credo che in questa pagina sia successa una cosa straordinaria e credo che neppure Giulia se ne sia resa pienamente conto, carissima Giulia, quello che io ho letto non é la Giulia che parla con l’eremita, come giá detto sopra, é come se Abelardo avesse avuto il bisogno di tirare fuori un pó della sua parte femminile…tu Giulia sei diventata strumento, non di te stessa, ma dello stesso Abelardo che ci ha accompagnati dalla creazione di questo blog. Tutto ció é straordinario, é per me la prova ultima di due voci in perfetta armonia. Ormai é da tanto tempo che siete due voci e penso che per nessuno di noi sia immaginabile pensare domani di leggerne solo una, non importa chi. Quello che avete in comune tu e Carlo é un qualche cosa di davvero speciale se non unico ed entrambi ve lo meritate dal piú profondo del cuore…in questo momento se potessimo collegarci tutti con delle telecamere mi verrebbe proprio voglia di fare un brindisi ad entrambi…lo faccio virtualmente e penso che tutti quanti si uniranno…che Dio vi benedica entrambi e protegga SEMPRE! La vostra Alberta

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  9. Voi non immaginate con quanto timore e delicatezza io abbia proposto da leggere questo “dettato” a Carlo…Abelardo parlava, parlava e dovevo metter giù queste poche righe…non potevo fingere di non sentirlo. Così è nata questa pagina: intorno all’immagine di Dio. Ecco, vorrei condividere con voi un pensiero a proposito del termine “imago” come spirito. Io credo che se c’è stato nella vita di Carlo un momento in cui all’improvviso ha sentito riaffiorare in sé la presenza dello Spirito, è stato quando ha scoperto la capacità di scrivere e comunicare. E questo è accaduto soprattutto con L’eremita, piuttosto che con le liriche. Chissà, forse avrà anche pensato: “Perché proprio a me? Che cosa avrò mai da dire agli altri?” e intanto serpeggiava nel suo cuore la certezza che la strada da percorrere fosse proprio questa. Perché ad un certo punto della vita una persona scopre di aver dentro qualcosa che lo rende diverso dagli altri? Cos’è quel qualcosa? Che senso deve avere nello sviluppo della vita? Io credo che Carlo si sia posto tali domande ed ancora oggi cerca una risposta..ma qualcosa ha compreso. Ha capito che il talento artistico se vissuto per quello che è, e cioè un dono che racchiude in sé il mistero della gratuità, può portare chi lo possiede a compiere un cammino di grande ricchezza spirituale e di straordinaria condivisione con gli altri. Se invece esso viene vissuto come un merito personale, qualcosa che ti rende superiore agli altri, allora la strada di chi lo percorre si avvolgerà su se stessa in una soffocante spirale. Credo anche che la strada per rendere esplicito tale dono sia spesso lunga e faticosa, colma di sofferenze e richieda una totale fiducia nei carismi dello Spirito Santo: intelletto, scienza, consiglio, timor di Dio, fortezza, pietà e sapienza.
    Ora capite perché ero così timorosa:questi sono meriti di Carlo che io non potrò mai emulare. Questo è il carisma che lo Spirito ha affidato a Carlo…ed è solo grazie a lui se abbiamo la possibilità virtuale di confrontarci e pregare insieme.
    Giulia

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  10. A modo suo Abelardo ha ancora una volta a parer mio posto l’eremita dinanzi ai valori della vita. I valori…cosa sono? Ne abbiamo a migliaia dinanzi agli occhi, tutti proposti dalla pubblicità…Ma non è di quei valori che noi parliamo. Ci sono valori che resistono nel tempo, al di là delle mode…stanno tutti dentro un cesto ed ogni giorno si tirano fuori e si rimettono dentro. Non si trasmette un valore una volta per tutte e così ci ha insegnato Abelardo. Quello che in questi mesi, anni ci ha detto è un esempio. l’esempio forse della sua vita, delproprio agire che ogni volta dinanzi alle affermazione dell’eremita lui rinnova. Un po’ come credere. Un po’ come la fede. Non si ha fede una volta per tutte. Chi ha fede è uno che si interroga di continuo, che non smette di porsi domande…è una continua riceca interiore. E’ questo che sta facendo l’eremita. Lui crede ed ogni volta rinnova la sua fede, anche oggi che pareva così privo di certezze e conoscenze. Stanotte, prima di dormire l’eremita metterà tutto dentro il cesto dei valori e domai ricomincerà daccapo a tirar tutto fuori. E Abelardo farà la stessa cosa. Anche noi faremo così. Il sonno ci ristora, ci svuota, all’alba avremo il nosro cesto da riempire di valori..Grazie di cuore a tutti.

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  11. vorrei poi dire a Carlo che anche se questa pagina non è sua e non la sente sua essa è comunque qualcosa che c’è proprio in virtù del fatto che c’è il suo eremita ed il suo Abelardo. Non credo che Giulia volesse invadere il campo…semplicemente il Signore, quando vede che uno è un po’ giù, tira su l’altro e si fa cemento, cementp tra due anime. Avete dato un ottimo esempio di amicizia e fratellanza anche oggi, in questo singolare modo!

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  12. carissimi, leggo solo ora questa pagina di lirismo e spunti teologici…sorprendente davvero che Abelardo “anticipi” san Francesco…e chissà che Francesco non abbia a modo suo, forse, sentito un qualche influsso del filosofo. Io credo davvero che questa volta abbia parlato a Giulia, perchè il messaggio che ci ha lasciato è comunque in linea con quanto detto precedentemente, anche se lo stile ed il lessico possono essere diversi. Ciò che conta è la profondità della parola e come sia riuscito a scuotere le nostre anime con una pagina piena zeppa di spunti di riflessione non solo teologica ma soprattutto rapportabile alla nostra quotidianità. Grazie per questo vostro ennesimo dono. Forse Abelardo è frutto di immaginazione…se prima lo pensavo, dopo aver letto questa pagina sono sicuro che è un’immaginazione che si materializza e che prende voce attraverso due bocche, attraverso le bocche di voi tutti che avete lasciato davvero dei segni cari al Signore su questa pagina di vita. Grazie dal profondo del cuore. Corrado Fadda

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  13. ringrazio i nostri due amici per l’opportunità che mi hanno offerto di trarre serenità da molti vostri commenti. Questo forse è il senso più vero di un blog.

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  14. ed è proprio questo il senso della regola francescana…brava!Quello spirito che sentiamo dentro esce da noi, e contagia di gioia chi ci sta vicino. Si fa spirito anche nel cuore di chi ci ascolta. E’ cos’ bello parlare con voi ragazzi. Grazie per i vostri preziosi interventi che danno una speranza a questo nostro mondo.

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  15. io percepisco questo spirito quando sono in pace con me stessa e col mondo, quando riesco a godere con umiltà della gioia che posso trasmettere a chi la chiede, quando con gli occhi aperti so donare una conferma a chi mi sta accanto che Dio esiste! Carlotta

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  16. ed è bello ciò che dici, federico, ed è pertinente con quanto Francesco steso annuncia nella sua regola. E’ dalle piccole cose che si parte ed alle piccole cose si ritorna. Cristo ci raggiunge attraverso piccoli segni, Lui che è nato in una mangiatoia, figlio di un falegname…

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  17. personalmente sì, lo percepisco, ma mi rendo anche conto che questa percezione è molto forte quando mi avvicino alle piccole e semplici cose. Federico

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  18. Lo spirito stesso di Dio che hai nel cuore…ma ragazzi, lo sentite? Lo percepite? percepite in voi qualcosa di divino, qualcosa che tende all’assoluto?

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  19. nessuno ha gambe, ragazzi…anche Abelardo in vita sua ha zoppicato, è caduto…nessuno nasce imparato!! Lasciatevi pervadere dalla poesia di questa pagina, da quell’immago che avete nel cuore. Coltivatela…anche e soprattutto nella sofferenza, quando Dio ci sembra lontano da noi.

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  20. Io sono come l’eremita:non comprendo. Dio mi pare lontano, impotente e indifferente. Sono proprio come l’eremita. Abelardo vola troppo alto, è un maestro da seguire…ma non ho ancora gambe per questa impresa. Alice

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  21. che parli a uno o all’altra a questo punto non ha importanza…il risultato è che qui giovani ed adulti si siano confrontati ed abbiano ancora una volta parlato di sè e di Dio, di quanto di Dio c’è in sè. Marta

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  22. A me ha colpito particolarmente la responsabilità che ognuno di noi ha nell’essere fedele a quell’immagine, a quella somiglianza. Tante volte durante il giorno me ne allontano e come Pietro rinnego un’immagine che ho nel cuore. Federico

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  23. questa è stata per me una pagina piena di vita. Mi ha colpito soprattutto il fatto che il Dio cristiano può e deve essere il Dio della festa e della gioia:abbiamo il compito di far passare questo messaggio attraverso il nostro volto, i nostri occhi e le nostre azioni. La gioia, la festa! Lo stare insieme bene…Carlotta

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  24. vorrei tornare su un commento di Carlo, a proposito del fatto che con Giulia Abelardo abbia invitato l’eremita a sedersi. In realtà con Carlo questo non è mai accaduto e mai avverrà per il semplice fatto che l’eremita e Abelardo parlano in un confessionale. Qui l’ottica della confessione cambia, in modo se vogliamo più moderno. Il dialogo non viene fatto in ginocchio, ma camminando, forse sedendosi. In tal modo probabilmente è più facile mantenere un certo contatto con la natura circostante. E’ una confessione più “moderna”, dove sacerdote e peccatore si guardano negli occhi, dove l’esperienza passa attraverso lo sguardo…wuesto non significa che sia più o meno bella, lungi da me questo tipo di considerazione. Questa è solo la spia che se Abelardo ha parlato, l’ha fatto con un tipo di approccio diverso dal consueto. Non so dire il perchè, come non esiste apparentemente un perchè neppure del fatto che abbia scelto Giulia come tramite.
    So solo che Dio ha ancora una volta trasmesso a tutti noi la Sua lezione…probabilmente Egli si manifesta sfruttando i talenti di ciascuno, secondo il modo espressivo di ciascuno. Certo è che l’eremita in entrambi i casi è sempre uguale a se stesso. Non lo trovo diverso dalle altre pagine. Non mi pare un altro eremita. Ed Abelardo non mi pare un altro Abelardo. Anche se Carlo dice che lo stile non è il suo, credo che gli appartenga l’incisività del messaggio, le similitudini sempre presenti, il monito e l’invito a perseguire una certa strada. Questi sono elementi che permangono e che mi fanno veramente pensare che sia un messaggio autentico, trascritto da una penna femminile invece che maschile. Anche in questo possiamo notare la bella differenza e la grande complementarietà che caratterizza l’uomo e la donna. Ed è stato un piacere per me come ci si possa completare a vicenda anche epistolarmente.

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  25. Il dolore è sicuramente un’esperienza formativa nella vita umana, e Cristo non sarebbe stato incarnato se non avesse provato ciò che tutti noi abbiamo sperimentato. Abelardo qui sottolinea come l’uomo debba accogliere questa sofferenza come un’occasione di crescita, come un’occasione formativa, soprattutto a livello di fede, e come questa accoglienza sia alla luce del Vangelo. Chi passa dalla vita al Vangelo e dal Vangelo alla vita non può che reagire così dinanzi alla sofferenza, pur vacillando nella prova…siamo umani.

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  26. tutti pensieri leciti…non sapete quante volte noi preti ci sentiamo rinfacciare questa “cattiveria indifferente”divina. E ci chiedono “Perchè non fa qualcosa? Perchè non interviene? Se è Dio perchè non interviene?”
    Ma il nostro Dio non è il deus ex machina greco, non appare sulla scena per creare una lùsys, è un Dio “umano” che ha offerto Suo figlio in carne ed ossa per la salvezza degli uomini. E’ veramente il Dio della sofferenza, perchè il primo a soffrire è stato Lui. Il cristianesimo è la religione della gioia, della festa. Il cristiano non è mai triste. Il cristiano annuncia il Vangelo (buona novella, dal greco) col sorriso. sopporta col sorriso, sostenuto dalla certezza che Dio compatisce insieme a Lui, che Dio è presente, sempre, in ogni momento. Ma non risolve situazioni.Talvolta accade, talvolta Egli invia segni, angeli, che ci pone accanto per rendere la sofferenza sopportabile, per essere noi stessi segni e testimoni del Suo amore.
    In questi anni ho trovato teologicamente questa chiave di lettura. La sofferenza va accettata, amata, perchè l’immagine che ci portiamo di Dio nel cuore è anche un’imago di sofferenza…la croce lo esprime molto bene. Ma dopo la “morte” c’è sempre una resurrezione. Mai dobbiamo perdere la speranza di questo privilegio che a tutti è concesso. a tutti. Anche a coloro che cristiani non sono.

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  27. è ben difficile nella prova pensare che Dio mi stia parlando in modo diverso…è più facile pensare che si stia accanendo senza senso contro di me…Laura

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  28. io non riesco neppure ad accettare il fatto che Dio se ne stia seduto su una nuvola a vedere stragi di bambini e guerre senza senso…mi chiedo perchè non faccia qualcosa per dare un segno di speranza a noi uomini…Paola

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  29. io rifiuto la sofferenza. Ma del resto non c’è nessuno che sceglierebbe il dolore al posto del piacere. Siamo nati per godere! Alla mia età è inconcepibile. Capisco che sia inevitabile il dolore ma non posso accettarlo. Fabio

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  30. Io non comprendo la mia sofferenza, la sofferenza di mio figlio. Non comprendo il perchè della sofferenza. A che cosa possa servire….ci sono momenti in cui sono più forte, momenti in cui la tensione crolla ed allora rimango come un tronco privo di radici…e non riesco a comprendere il Suo silenzio come un compatire…mi pare solo divina indifferenza montaliana. E pecco. Pensando questo commetto un grosso peccato. Che Dio abbia misericordia di me e mi aiuti a guardare nel mio cuore e a scorgere il Suo profilo come quello di un papà amorevole. Alberto

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  31. io la provo assai bene questa cosa…credetemi che vedere Giacomo in un lettino d’ospedale, malato e senza troppe cure per la sua malattia ti fa perdere la speranza. La fede anche. “Ma perchè non fai qualcosa?2 “Perchè non lo guarisci?” Quante volte l’ho chiesto, amici miei, quante volte la risposta è stata solo il silenzio della Sua sofferenza. Ora capisco. La sofferenza di Dio è l’ancora, il sapere che non siamo soli a soffrire, ma che Lui ci accompagna, ci sostiene in questa prova. E’ l’unico pensiero che io posso offrire oggi a voi tutti. Il mio Dio non è un Dio che fa miracoli:è il Dio che mi sta accanto, che sempre mi dà il segno della sua presenza. Vorrei dire a Carlo che la delusione elettorale non deve frustrarlo…non è solo in questa sconfitta…e Dio gli sta vicino con questa pagina. Si è “materializzato” attraverso la penna di Giulia e l’ha fatto in modo sorprendentemente contagioso, perchè ha donato una lacrima, una sua lacrima di sofferenza che si è trasformata in speranza. Oggi ci siamo alzati tutti e insieme faremo della fatica una speranza. questo ci deve aiutare. Molto. Tiziana

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  32. bisogna partire dalla sofferenza per giungere alla speranza. Forse è questo il cammino che ci sta suggerendo Abelardo. Non c’è speranza se essa non è stata alimentata dalla sofferenza, proprio perchè nella prova Dio ci è accanto in modo speciale. Pensate quale sofferenza deve essere per un Padre assistere alla sofferenza di un figlio. Ma – direte voi – Dio è onnipotente:perchè non fa qualcosa? Per lo stesso motivo per cui Gesù è morto sulla croce. Il padre soffre con, compatisce…non ha evitato la morte di Cristo, non ha evitato la sofferenza e le tentazioni. Ma sempre, in questi momenti, Gli è stato accanto. E Cristo ha vacillato…Padre perchè mi hai abbandonato? Quante volte l’abbiamo pensato, lo penseremo…siamo senza speranza.

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  33. cara Alberta, non è di sensi di colpa che parla Abelardo e neppure ne parla Francesco…i sensi di colpa ci servono per ricominciare, ma si ricomincia solo e sempre dall’Amore. Francesco ha tanto amato Dio, Abelardo non so, probabilmente anche lui lo ha amato molto, pur non essendo diventato santo, perchè di miracoli non ne ha fatti. Certo è che oggi Abelardo incarna la parola di Francesco e anche quella di Giovanni Paolo II e del nostro attuale Papa: “Non c’è nulla di più bello che lasciarsi raggiungere da Cristo: L’ha detto Papa Woitila e l’ha ribadito poco tempo fa Benedetto XVI. E’ un messaggio molto attuale quello di questa pagina. Lasciarsi raggiungere da Cristo. Abbandonarsi fino a che non ci raggiunge. Sceglie poi Lui le strade per raggiungerci:sono le più impensabili, a volte le più atroci, ma sono strade, strade strette, come diceva qualcuno, in salita, ripide, strade che sembrano non avere una meta se non la vita stessa e come viatico? Il solo Vangelo. Ecco:è questa la lezione di oggi. Nessun senso di colpa dinanzi ai nostri limiti, ma solo la gioia, la festa di una nuova rinascita che dobbiamo sentire viva nella coscienza. Buonanotte a tutti. Filippo

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  34. Io credo che la povertá faccia paura quando é inflitta, colui che vive il Vangelo lo fa per scelta, mendica per scelta, dona ció che possiede per scelta…questa é la grandezza di chi davvero vive il Vangelo e non credo che loro abbiano paura…sono io ad aver paura, perché se ho due mantelli me li tengo entrambi, potrebbero sempre servire, devo averne tre per disfarmi di uno e probabilmente si tratta di quello che per vari motivi so che non useró mai. Cerchiamo sempre un’alternativa, un modo per sentirci buoni senza ferirci troppo…quello che piú mi sconsola é che il Santo diviene sempre di piú un qualche cosa di irraggiungibile, di non tangibile, i nomi diventano quasi astratti. Amo Francesco, lo amo quanto amo Gesú, forse ancora di piú perché lo sento ancora piú uomo e spesso penso a quanto sarebbe bello se fosse vivo adesso, nel 2007, a quanto sarebbe bello se la Chiesa per prima decidesse di riformarsi completamente seguendo il suo esempio, se tutti noi diventassimo suoi discepoli…sono sogni, solo sogni, ma la realtá sono io e quel resto di vita che Dio ha deciso di donarmi. Resta a me vedere quanto di Francesco esiste davvero fuori e dentro di me, resta a me far si che le mie bambine siano sempre grate di essere al mondo, perché lo rispettano e ne rispettano tutto ció che é vivo, quello che mangiano, l’acqua che bevono, i vestiti che indossano, grate di essere ció che sono. A volte mi sento persa, ho bisogno di un punto di riferimento, ma non posso pretendere che un Cristo muoia in ogni generazione…Cristo muore ogni giorno nelle violenze, nei suprusi, nello sfruttamento, nelle ingiustizie e nel mio andare avati facendo finta che siano tutte cose che non fanno parte di me, che succedono altrove a poveri infortunati. Non so che cosa voglia dire vivere il Vangelo, me lo sono chiesto e sinceramente non ho la risposta, quello che so é che questa risposta é dentro di me, non fuori, non in quello che fanno gli altri, in me, in quello che non ho fatto e in quello che potrei fare.
    Scusate lo sfogo, spero di non aver farneticato troppo, il fatto é che dinnanzi al Vangelo, al vivere il Vangelo, non posso che avere un terribile senso di colpa proprio perché so che Dio mi ama infinitamente e ancora di piú. Alberta

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  35. …fino a confondere il vangelo con la vita, fino a non trovare più distinzione tra l’uno e l’altra…io vivo il vangelo, il vangelo vive attraverso le mie azioni…ma il peccato è sempre in agguato, l’uomo imperfetto è ambizioso e non si accontenta di parlare con gli animali…altri e più alti sono i suoi obiettivi…la povertà fa paura e non piace a nessuno…il Vangelo è scomodo. Molto somodo. Va vissuto facendo una massicciata in salita, stretta e impervia, ricca di ostacoli…quanto c’è da riflettere su questa pagina! Quanto mi mette in discussione…l’intento paideutico è forte, fortissimo. Un seme è stato gettato. Ora sta a me fare il resto del lavoro. E’ già una buona cosa che oggi il mio cuore sia stato accarezzato e la mia coscienza scossa. Grazie.

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  36. questa testimonianza quotidiana implica di certo una grande coerenza di vita, di stile di vita, cosa che personalmente mi mette molto in discussione. Solo un santo come Francesco poteva vivere secondo questa Regola e non a caso è divenuto santo, ma è pur vero che dovremmo tutti tendere al suo modus vivendi, per quanto arduo e difficile sia…

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  37. scusate se ancora intervengo, ma vorrei fare una precisazione su quella frase: Dal Vangelo alla vita, dalla vita al Vangelo. Questa è un’affermazione di San Francesco, è tratta da un passo della Regola francescana, la summa praticamente dell’ideale di vita per il nostro Patrono. Vivere il Vangelo, testimoniarlo, esserne un esempio. Dalla teoria alla pratica, dal Vangelo alla vita. Dalla quotidianità alla Parola:essere noi cristiani un exemplum di evangelizzazione, evangelizzare sempre, in casa, sul posto di lavoro, tra gli amici, tra la gente, essere Parola viva…è bellissimo il messaggio di Francesco, anche se è una Regola molto severa…incredibile come Abelardo l’abbia ripresa…ecco, io mi chiedo come abbia fatto a suggerire una cosa del genere, usando proprio la formula francescana.

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  38. Mi sembra molto importante l’intervento di renato, perfettamente in sintonia con ciò che il filosofo afferma nell’ultima parte. Noi uomini abbiamo una grossa responsabilità: da cristiani dobbiamo mostrare il volto di Cristo. Noi siamo il volto del Padre. Se ci guardiamo allo specchio noi vediamo riflesso in quella lastra la nostra anima, la purezza di quanto pensiamo, la genuità di quel che proviamo. I nostri sentimenti sono il pensiero, il ricordo, il sogno e lo spirito di Dio. Provate a pensare a questa cosa, provate a riflettere sulle parole chiarissime di Abelardo e ad interrogarvi: oggi, io, ho pensato al fatto che sono specchio di Dio? Le mie azioni hanno rispecchiato l’amore oblativo che il Padre nutre per me? qUESTA è UNA COSA A CUI PENSIAMO IN CONFESSIONE, DIFFICILMENTE DURANTE IL GIORNO CI VIENE IN MENTE…siamo presi da noi stessi, senza pensare che non nutriamo noi stessi…paradossale, ma vero.

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  39. Vorrei soffermarmi allora sul termine IMAGO. Dice bene Abelardo, quando spiega che il termine indica tutte quelle cose. L’immagine di Dio non è solo la forma fisica che la nostra fantasia può attribuirGli, ma è il sogno di Dio che è in noi, il pensiero di Dio che si manifesta attraverso le nostre azioni, il ricordo di Dio da cui proveniamo, perchè proveniamo da lì, lo spirito di Dio che noi manifestiamo ogni giorno, passo dopo passo.

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  40. non è però una novità che Abelardo si soffermi sull’etimologia delle parole. Oggi si sofferma su IMAGO e COMPATIRE e neppure a farlo apposta questi due termini latini sono l’argomento su cui ha scatenato tutta la nostra conversazione. Vorrei dire ad Alberto che quella sensazione che ogni tanto prova appartiene anche a me, quel senso di abbandono da parte del Padre l’ho conosciuto anche io…a me dà l’idea atroce del naufragio ed allora quando mi avvicino allo scoglio della disperazione Egli mi tende sempre un appiglio che mi salva dai flutti. E’ sempre accaduto così ed anche per te è la medesima cosa. Non so se questo metterci di continuo alla prova ci renda più saldi nella fede…forse è modo che ci offre per chiamarLo, per urlare a Lui la nosra rabbia. Credo sia anche questo un modo che a noi uomini è dato per andarLo a cercare.

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  41. mi soffermo su un particolare nuovo che non è proprio di Carlo, il fatto che Abelardo dica all’eremita di mettersi a sedere. Non è mai accaduto e mai accadrà nuovamente quando la penna ripasserà nelle mani di Carlo. Qui c’è proprio l’idea del dialogo platonico, di quel peripato, quell’andare discorrendo camminando e poi sedendosi che così tanto piaceva a Socrate e anche a Platone. Ora mettiti a sedere:come a dire “Ora ascoltami, dammi un po’ del tuo tempo e rispondi a questa domanda, fermati un istante, non pensare a dove metti i piedi ma guarda le tue mani e dimmi che cosa hanno da offrire a Dio. Non guardare dove andare, ma fermati, siediti, rifletti non sulla meta ma sull’oggi, sul nunc, sul presente. Dove sei? Non dove stai andando…dove sei? Come stai qui dove ti trovi? La senti la Sua presenza oppure no?
    Mi spaventano queste domande sottese alla sola domanda formulata e nello spavento rabbrividisco al pensiero che non è tanto la strada che devo ancora percorrere, quanto l’imporare ad assaporare il dono grande che ho tra le mani.

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  42. quante volte non sono in grado di dare contorni miei alla realtà e mi sento avulso da tutto e da tutti, lontano da ogni cosa e lo stesso Dio in questi momenti di sconforto è un’entità lontana a cui non riesco a dare un profilo. Mi sento proprio come un’eremita…e non è così che si reagisce alla sofferenza. Devo farmi pittore di Dio. Pittore di Dio. Mi porterò nel cuore questa bella immagine. Grazie di Tutto. Alberto

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  43. il pensiero, l’immaginazione. Il pensiero di Dio è qualche cosa di dolce. solo qualcosa di dolce che oggi mi pervade nel constatare quanto di buono c’è qui su questa terra tra di noi, fratelli. E’ questo il miracolo di questa pagina. Questo calore divino che siete stati in grado di esternare, che si è incarnato nelle parole di ciascuno e che scorre dalla fotografia sino all’ultimo commento. Ora so che Abelardo ha una voce, una voce anche per me:che il Signore parla a Carlo, a Giulia, A Emilio, a rossana ad Alberto…è sempre e solo Lui a parlare, sempre e solo Lui a minifestarsi grazie ad anime che sceglie…che possa anche io essere strumento un giorno del Suo immenso Amore. Salvatore

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  44. Grazie infinite, leggo e faccio silenzio, mi lascio trasportare da questa vostra corale, é parola, musica e immagine…non una, infinite. Sono senza parole, in questo momento sto pensando a tutte le volte che ho sentito Dio, dico sentito perché per me é una sensazione molto simile a quel brivido che mi scorre dentro quando ascolto un determinato brano musicale…é un qualche cosa che mi entra dentro per esplodere in ogni particella di sangue…é gioia. Quando penso al dolore vedo la Croce, vedo tutte quelle Crocefissioni che ho studiato e amato durante la storia delll’arte, vedo l’Uomo, vedo la Pietá…e nella Pietá subentra un senso di pace, di compiutezza. Quando penso a Dio penso decisamente alla natura e a tutte le volte che mi ha reso partecipe dei suoi miracoli, qui in Irlanda ci sono cosí tanti Arcobaleni, vorrei che poteste vederli anche voi, non sono come tutti gli altri, e ogni volta é come fosse la prima. Penso al mare, penso al cielo stellato, penso alla luna, penso a quando ho saputo di portare una vita in grembo, penso a quello che ho provato quando i miei cari amici mi hanno spedito la fotografia della bimba che stanno per adottare, penso a tutte le volte che avrei potuto farmi del male o anche morire e non é successo, penso a tutto quello che Dio mi ha donato e piango di gioia domandandomi il perché. Grazie, grazie per avermi fatto pensare a tutto ció, qui insieme a voi…perché nel rendere qualcuno partecipe il pensiero diventa ancora piú reale. Alberta

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  45. torno dopo tanto tempo e trovo una grande sorpresa, una gioia grande che trasuda dal mio monitor…forse è l’immagine mutevole e cangiante di quel Dio così caro ad Abelardo, di quel Dio che oggi è venuto a farci visita in un modo speciale, interrogando ciascuno di noi sull’immagine che abbiamo di Lui e mettendo così in discussione la nostra fede…ma anche rinsaldandola. Donando a noi tutti una risposta che è di grande speranza, come quell’arcobaleno:i colori sono sempre presenti nel cielo, anche se non li vediamo…c’è bisogno della pioggia, c’è bisogno della sofferenza per accorgersi della Sua presenza. Rossana

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  46. da quel cielo oggi non scendono lacrime di sofferenza, ma lacrime di commozione…perchè Dio ha visto come questi Suoi figli Lo amano. E’ una cosa grande quella che avete fatto, ragazzi. ringrazio Patrizia per il suo impegno ed i nostri autori perchè ancora una volta hanno saputo farci parlare di Dio. Torno più tardi a lasciare un commento più teologico. Perdonate la mia fretta. Filippo

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  47. ed è il silenzio della Sua sofferenza.

    Grazie per aver accolto la mia proposta. Credo che le vostre risonanza possano oggi scendere per noi tutti dal cielo come una lacrima che dona vita, un’acqua di vita che ristora e che possa far nascere nel cuore di ognuno un filo d’erba, da quel seme che con così tanto amore è stato gettato.

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  48. prima di commentare da addetto ai lavori vorrei chiedere ai ragazzi, se sono ancora on line, uno spazio breve di risonanza, perchè credo che questo possa dare maggior valore al significato delle parole e la coralità della preghiera possa dare contorni di Dio più netti all’idea che ciascuno ne ha nel cuore.

    E’ il silenzio della Sua sofferenza

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  49. guardate ragazzi quanti mezzi espressivi l’arte ha a sua disposizione, come un pensiero, un concetto si possa esprimere con parole, con immagini, con suoni, con forme…e come il sublime si raggiunga quando queste idee, queste nostre umane immaginazioni abbiamo contorni e profili definiti e – permettetemelo – divini. Nicola P.

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  50. Scusate…non ho detto della fotografia. Per me rappresenta non solo l’immagine di queste nubi che si mescolano e riempiono il cielo, che quasi vengono addosso a me che guardo l’icona e sposto lo sguardo sull’arcobaleno, ma è la forma, il profilo di ciò che Abelardo spiega alla fine:come diceva Carlo immagine e sofferenza sono le due tematiche che vengono trattate dal filosofo e mi pare che la fotografia le riassuma molto bene.

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  51. Sono sinceramente senza parole:questa pagina si collega in modo perfetto alla precedente, è vero, ma non posso credere che tra due anime ci sia un’affinità di pensiero così elevata. E’ come se Abelardo avesse avuto il desiderio di parlare e Carlo non riuscisse ad ascoltarlo…allora, disperato, forse si è rivolto a Giulia, per lanciare un seme e far discorrere noi tutti, i ragazzi – bravissimi per primi – su quest’immagine che abbiamo di Dio. La cosa è a dir poco miracolosa. Perchè il miracolo è qualcosa che arriva inaspettato, qualcosa che all’uomo non è dato attuare…e sono certa che Abelardo abbia scelto per questa volta un’altra voce, una voce femminile, per sollevare Carlo probabilmente dalle sue fatiche elettorali…quante strade segna il Signore per il bene dei suoi figli. Voglio leggerla così…perchè mi consola e mi dona tanta serenità nell’anima.

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  52. “cerca di vedere che la sofferenza è il momento in cui Dio ti parla in modo diverso”…com’è difficile! Ci vorrà una vita intera per imparare a vedere ciò. Fabio

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  53. mi ha colpito molto la fotografia, questo cielo, queste nuvole, questo arcobaleno…l’arcobeleno è forse la speranza, la speranza che ogni uomo ha nel cuore di avere accanto a lui un padre che lo ama…ma è difficile percepire tutto ciò quando le cose vanno storte…dovete aiutarci voi adulti con l’esempio, con le parole…grazie per questa bella pagina. Donatella

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  54. Credo che spesso se ne stia su una nuvoletta a contemplare le cose di quaggiù e provi quasi un certo schifo per come va il mondo…ed allora non posso che immaginarlo imbronciato, deluso, impotente dinanzi a quel nostro libero arbitrio che ci allontana sovente da lui. Marta

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  55. invece io penso che errare humanum est e che il nostro chiedere perdono ci salvi, perchè nel mio cuore Dio è giusto, ma anche e sempre misericordioso. Laura

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  56. io penso che sia un Dio che castiga, perchè c’è da castigare, perchè la giustizia ha come effetto la punizione…se sei ingiusto Dio ti punisce. Giorgio

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  57. Ma c’è questo amore oppure è solo e davvero il frutto della nostra immaginazione? Che Dio sia come una nuvola e si mescola nella nostra mente, nel nostro cuore? Elisa

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  58. A volte penso che Dio se ne stia su una nuvola a contemplare il mondo, stufo di far sentire la sua voce, stanco di stendere la sua mano…stanco forse anche lui di immaginare qualcosa di bello e buono per i suoi figli…talvolta davvero non capisco, non comprendo, non giustifico certe cose che avvengono…dove sta l’amore? Il Suo amore per i suoi figli? Carlo

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  59. Ne ho un’idea mutevole:quando tutto va bene Dio mi appare come un padre benevolo, quando tutto va male e non trovo vie di scampo allora mi sembra ingiusto e cattivo…e capisco quanto ancora lunga sia la strada per poter raddrizzare questo mio errato pensiero. Alberto

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  60. io mi porto nel cuore l’immagine di un Dio che è una presenza. Sempre. La preghiera mi ha dato grande conforto e per me Dio è espressione di una grande e corale preghiera. Paola

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  61. mi porto dentro l’immagine di un essere onnipotente che mi spaventa…difficilmente mi consolo, piuttosto mi giudica…e per questo mi spaventa. Gaia

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  62. l’immagine che mi porto nel cuore è quella di un Papà ma tante volte però lo sento lontano, lontano e irraggiungibile, tante volte mi chiedo perchè accadano cose assurde:bimbi che muoiono, catastrofi naturali, accidenti di ogni sorta, sofferenze senza spiegazione…almeno ai miei occhi…mi sento molto vacillante nella fede su questo punto. Elisabetta

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  63. io mi sento un idiota perchè ho risposto alla prof nello stesso modo in cui ha risposto l’eremita:un vecchio austero, canuto e dall’occhio severo e benevolo insieme…e non ho capito cosa c’era sotto alla domanda di Abelardo…quale immagine di Dio ti porti dentro, non l’immagine fisica…eppure ne ho fatto di anni di latino…sono una capra! Fabio

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  64. pagina sorprendente per la sua genesi! Ma altresì pagina pregna di spunti di riflessione. Prima di lasciare la parola ai miei alunni che già sentono il profumo di vacanze voglio però esprimere a Giulia tutta la mia riconoscenza e gratitudine per l’immagine che ha dato di Dio ai ragazzi attraverso le parole di Abelardo…oppure esprimerla ad Abelardo per come si è servita delle parole di Giulia per dare forma a questa verità che spesso noi cristiani nei momenti di maggior dolore e fatica dimentichiamo. Grazie per il messaggio altamente edificante che quest’oggi proponete alla mia classe. Patrizia

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  65. Guardate che a parer mio questa pagina ha il grande pregio di esser stata scritta in modo assai chiaro, senza dar adito a diverse interpretazioni, chè solo una è l’interpretazione possibile e teologica:l’immagine di Dio e la sofferenza che tocca l’uomo ma anche il nostro stesso Dio. Qui ci si infila in un discorso difficilissimo…Abelardo dà una risposta, oserei dire La risposta – ma bisogna sentire che dice Filippo a tal proposito – e questo dogma è quanto di più consolatorio l’uomo possa immaginare.

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  66. questa è una pagina molto profonda e suggestiva, non solo per la splendida fotografia che davvero dà forma alla nostra immaginazione, ma per la tematica sottesa:l’immagine di Dio, l’immagine teologica che qui de ne offre. Forse è uno dei passi più limpidi, nei quali Il filosofo è più teologo e meno “umano”, anche se consola l’eremita con l’attenzione e la presenza di un padre. Nicola P.

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  67. Davvero una sorpresa…è curioso e bellissimo allo stesso tempo pensare che Abelardo, nei momenti in cui Carlo è troppo assorbito da altre cose, si possa rivolgere a Giulia per donare ancora una volta parole di conforto. Io spero che possa accadere ciò a ognuno di noi…sarebbe a dir poco un miracolo! La cosa singolare è che si lega perfettamente all’ultima pagina che avete pubblicato dell’Eremita, come se davvero ci fosse un filo da continuare a tessere. Non penso che Giulia si sia fatta suggestionare, quanto che abbia solo aperto il cuore allo stesso Abelardo, che ha parlato a lei come parla a Carlo e che da donna ha accolto la sua parola. Torno più tardi a commentare..il lavoro mi chiama con urgenza!

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  68. Abelardo questa volta ha parlato con Giulia… è una cosa che ci ha stupito, che direi ci ha fatto quasi paura, ma in realtà il messaggio è sempre lo stesso, direi colmo di speranza.
    Per una volta non vesto quindi i panni dell’eremita, anche se mi ritrovo certamente a pensare le stesse cose… è difficile immaginare un mondo diverso in questi momenti di così grande confusione. Ma l’immaginazione, cari amici, è certamente un bene che nessuno ci può togliere: coltiviamola e ci recherà sempre una grande consolazione.
    Carlo

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