Al limite/Il sognatore/Oltre ogni limite


Al limite

Per lasciare spazio
al vuoto che ho dentro
in una scatola
mi rannicchio
e sbatterò le ali
a tratti per ferirle
ancora.

 

 Il sognatore

Leggero librarmi nell’aere
planare sui tetti in stallo
guardarmi vivere da fuori:
dall’alto palpito d’ali
s’aprono nuove prospettive
di vita.

  

Oltre il limite

Raccolgo la paura
e riempio di calore
tutti i tuoi silenzi
finchè il canto
del cielo
soltanto sentirai.
Poi  un battito
d’ali
di ciglia
non so
e del tuo volo
il mio cuore vibrerà.


Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

47 pensieri riguardo “Al limite/Il sognatore/Oltre ogni limite”

  1. con la speranza che oggi l’uccellino abbia volato senza ferirsi vi ringrazio per questa bella pagina ricca di affetto e sincerità…l’amore va veramente oltre al dolore. Una buona serata a tutti. Alessandra

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  2. e che le vostre mani possano, come quelle di Francesco, essere un riparo e una “casa”, un “luogo” dove sostare per poi spiccare il volo, un “nido” dove poter ritornare.
    Tenete sempre gli occhi aperti, perchè in qualunque momento qualcuno potrebbe avere bisogno del calore delle vostre mani…e Colui che esse accoglieranno prima o poi si rivelerà. La migliore giornata a voi tutti. Filippo

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  3. il mio augurio per voi tutti oggi è di poter volare in alto, di far sentire a chi vi è accanto il vostro canto:annunciate la gioia che vi portate nel cuore, voi ragazzi e noi adulti…da adulti abbiamo spazio soprattutto per grattacapi e preoccupazioni…è questo che rende vuoto l’animo! Quando non riusciamo ad ottenere qualcosa ci sentiamo spesso falliti, un nulla ed allora la gioia lascia il posto alla disperazione, la spenzieratezza non ha più ragione d’essere e ci feriamo senza senso. Voi, ragazzi, fate tesoro della durezza di questa vita, ma guardate sempre al futuro con gli occhi limpidi e le mani accoglienti del fanciullino di Pascoli.

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  4. un battito d’ali, di ciglia: dura un frammento di tempo, un istante soltante lo stupore per il cambiamento, per la rinascita…basta ferite! Si è guariti, si può volare! Fabio

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  5. l’io ed il tu si alternano nella prima parte della lirica:dall’io si passa al tu, si dà spazio al tuo, quasi per infondere fiducia, per incoraggiare, per incitare quello sbattere d’ali con la finalità sola del volo. Ugo

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  6. il canto del cielo:metafora per indicare ciò per cui l’uccellino è stato creato. Ancora una volta si insiste sul ruolo, sulla vocazione per la quale si è chiamati a vivere. Paola

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  7. Sono d’accordo con filippo, a proposito della maternità che leggeva in questa lirica:l’atteggiamento è quello della protezione…le parole si fanno nido, proprio nel senso pascoliano. Laura

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  8. paura, calore, silenzi,canto…a copie questi termini dicotomici si inseguono…i primi lasciano spazio ai secondi nel tentativo di creare quiete nell’anima. Camilla

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  9. gli studenti torneranno solo domani, ma non resisto e devo puntualizzare una cosa. So assai bene che questo non è un post sul quale fae analisi del testo, chè della struttura delle liriche non ci interessa, oggi, ma è il contenuto a dare una svolta alla giornta. bbene, permettetemi però di fare il mio mestiere, perchè quando leggo qualcosa che mi emoziona mi faccio davvero una violenza a tacere e oggi non voglio, perchè è giusto approfittare della libertà, di questo si parla, di parola che abbiamo. Vorrei farvi riflettere solo per poco sul secondo testo, sul sognatore. Non è a caso che alla prima lirica si risponda con l’immagie di un uomo che sogna, perchè il sogno aiuta a dare una dimensione precisa alla nostra realtà, soprattutto quando questa realtà sembra non avere i contorni accettabili del vivibile. Si sogna dunque per dare un colore a quella scatola, per colorarla..avete presente Novecento? Mi fa venire in mente la poesia che trasmettevano le immagini di quel film, la poesia del racconto di quell’uomo che nel suo immaginario aveva visitato luoghi mai visti. Racconta una storia, Il sognatore, racconta l’immaginario contrapposto alle pareti troppo vicine, troppo strette per spiccare il volo. Ci provo, ci provo a sbattere le ali, ma la scatola è angusta e mi ferisco ancora. Ancora. Spaventoso il dolore che emerge da quell’unico verso…ma ascoltate:leggero librarmi nell’aere. Dieci sillabe…allitterazione…ascoltate bene..è il fruscio delle ali che spiccano il volo, leggere, si librano in quell’arcaico mica per caso) aere…quelle “R” sono onomatopeiche.
    Planare sui tetti in stallo. Chi è in stallo? Io? i tetti? posso immaginarlo…ma questa è la magia..io sono in stallo, i tetti sono in stallo…ad un tratto tutto si ferma:magia! Osservo…non mi libro. Osservo. In stallo forse sonoio che mi guardo vivere da fuori….eccola qui la contrapposizione a quella scatola, a quel rannicchiarmi…mi guardo là, dentro la scatola, mi vedo rannicchiato…quanto della lirica novecentesca e della prosa, anche, c’è in questo verso! Ma qui non c’è inettitudine, no, nulla di svevo, ma dimensione onirica…mi guardo dall’alto mi osservo per cercare di reagire, mi raccolgo sulle mie forze. Dall’alto palpito d’ali:otto sillabe, altro volo, AL e T si inseguono mimando il suono di questo palpito, ali che non sbattono che sono battito, pulsano di vita, come il cuore. S’aprono nuove prospettive:non più la scatola, altre vie di fuga, altre pareti, colorate, finalmente, pareti di cielo, di vita.
    Quando i suoni esprimono immagini! Grazie.
    Nicola P.

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  10. Il dolore è un tema delicato e faticoso e tutti entriamo in crisi quando il dolore ci colpisce. Vorremmo spesso delle risposte, anche se non è di quelle che andiamo in cerca…in realtà noi vogliamo solo smettere di soffrire. E Dio tace. Tace perchè la vita ha una sua logica ed una sua libertà. Qui si parla di dolore e di libertà…non a caso i due poeti sono andati a caccia di queste parole. Non a caso…perchè questa pagina non è uno sfoggio di erudizione o uno specchio del poetare alessandrino:questa è una sorprendente pagina di Vita! Molti passano la vita a carteggiare e a piallare la propria croce sttribuendone la responsabilità al Signore. Non è il nostro caso! Dio ci lascia liberi, ci vuole figli e non suditi, non è venuto per essere servito ma per servire…non serve forse una madre suo figlio? Dio non è lontano, Egli interviene sempre, chiedendo spesso a qualcuno di agire in nome Suo. Dio non guarda indifferente a quelle ali che si feriscono, ma chiede a noi di renderlo presente accanto a chi soffre. Siamo noi il sorriso di Dio, il balsamo che Dio dona all’umanità per superare ogni dolore e crescere in una più vera umanità. La vita è un’opportunità da cogliere per scoprire in primis chi è Dio e chi siamo noi. Ogni vita è un soffio breve che siamo chiamati a vivere con intensità e gioia.

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  11. un battito d’ali, di ciglia, non so….perdonate la punteggiatura, ma questa è la risposta! L’attesa! Di chi si racoglie in preghiera, chi tiene una vita tra le mani e attende, un battito solo, un moto di vita! L’attesa…è un movimento breve, quasi impercettibile, come quello del tuo cuore, delle tue ciglia…non so. Impercettibile…ma quando tu lo percepirai non potrai fare a meno di librarti libero nell’aere ed insieme alle tue ali anche il mio cuore vibrerà.

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  12. è un dialogo profondo e pascoliano, dove si passa dalla sfera anirica alla realtà, dal sogno alla crudeltà della vita, da una ferita all’essere balsamo per la ferita stessa. Si può, si può dare un senso all’esistenza altrui, si può prendere qualcuno per mano, nelle proprie mani, e renderlo capace di guardare la ricchezza e non più il vuoto che ha dentro sè:questa è per me la lezione più di valore:il mettere in luce – con questo post – che è possibile donare un conforto, sanare una ferita. Tante volte il dolore ci spaventa, ci allontana, ci rendiamo quasi indifferenti al dolore per non esserne contagiati! Questo non è l’atteggiamento giusto! E’ altrove, è oltre l’insegnamento di Cristo…quello sbattere le ali può diventare palpito…deve diventarlo!

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  13. è vero Alberta…ma forse la nostra giovane amica ha dato spazio a quel “er ferirle”…è una finale, indica uno scopo…non si sbattono le ali per ferirle, si sbattono per provare a volare. Ma è bello – a parer mio – che si possa intendere la lirica in due modi, un vittimismo e un titanismo. Questo fa onore alla lirica stessa, poichè trasmette due diverse ed opposte sensazioni. Del resto le repliche però non fanno pensare a un titanismo…in quel mi rannicchio c’è molto della rinuncia, in quel “in una scatola” c’è tanta chiusura…il poeta vuole lasciare spazio al vuoto…forse potrà volere in questo vuoto, ma non è il cielo! forse però in questo vuoto potrà sognare…ed allore la replica del sognatore assume una colorazione ancora più bella!

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  14. se non ci fosse tenacia, lotta per la vita, non si sbatterebbero le ali, si rimarrebbe raggomitolati in un angolino, in attesa della morte. Alberta

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  15. il sognatore è una canzone dolce che invita a uscire – a mo’ di flauto magico – da quella scatola di dolore, da quel vuoto che non permette volo e dunque vita. Rossana

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  16. e a quell’ancora corrisponde la vita:due finali così diversi…io non vedo la tenacia nel lottare nella prima lirica, ma solo una dolorosa constatazione di uno stato di prostrazione che non vede vie di uscita. Laura

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  17. nella prima lirica allo spazio, al vuoto non corrisponde un sogno, un volo, ma una ferita. Quell’ancora,isolato a fine verso, prolunga all’infinito una ferita senza senso. Alberto

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  18. Non più “Al limite”, ma “Oltre il limite”:questo oltre indica l’uscita, il tentativo, il conato, quasi, di andare oltre i nostri stessi limiti, di abbandonarci al sogno, perchè è nel sogno che possiamo trovare le risorse per volare…ed allora il sogno diventa realtà. Ma qual è il sogno che vogliamo realizzare…di quali ali necessitiamo per poter affrontare il volo? E poi: forse abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni a volare? a sognare?

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  19. il vuoto viene riempito col calore. C’è solo un antidoto al vuoto, un solo pharmacon – sostenevano i Greci – Il vero vuoto è quello affettivo. Tu puoi essere ricco e famoso, ma non per questo avere il cuore colmo di riconoscenza nei confronti del Padre. Senza il calore dell’uomo, l’uomo non è in grado di risondere alle domande poste da Filippo:non più homo homini lupus allora!

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  20. la lezione è quella che ci hanno trasmesso i Greci, quella della sympatheia e della philantropia. La lezione è quella della Parola:ama il prossimo tuo come te stesso! Sono queste le lezioni che trasudano dal post. Il dolore è necessario all’apprendimento, come affermava già esiodo e Giobbe ha fatto scuola in questo…ma per chi sta al di fuori qual è l’atteggiamento da tenere? Che fare quando un uccellino plana in giardino o dentro casa? Lo si restituisce al cielo, pronto per il volo, pronto per il canto del cielo….siamo strumenti del Signore in primis…ognuno di noi può fare molto per ogni uccellino caduto dal nido…gli antichi ci insegnano tanto a proposito! grazie per aver ricordato il vecchio mondo letterario ancora una volta legandolo all’attualità feroce della condizione umana, che da una parte è terribile, dall’altra può trovare uno scopo nel bene altrui!

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  21. Molto interessante la paternità e la maternità che Filippo argutamente ha letto nelle due repliche:in effetti corrispondono alla perfezione alla realtà di questi due ruoli…a questo esserino senza nido è la famiglia a rispondere e da una parte trovo la replica geniale e originale, dall’altra non posso che sottolinearne la delicatezza e vi percepisco un affetto che davvero non ha limiti! Grande lezione di vita!

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  22. cara Alberta, credo che in questo risieda il senso profondo delle due risposte. L’atteggiamento della mamma corrisponde alle repliche. In pieno!
    Io credo che a monte ci sia una domanda: per che cosa siamo stati creati? qual è il nostro scopo, il nostro fine? Che cosa siamo chiamati a fare qui sulla terra? qual è la nostra vera vocazione? Quali sono i nostri talenti? Dove è riposto il senso della nostra vita? Ecco:mi pare che nella prima lirica non ci sia una risposta. solo il vuoto, la paura ed il silenzio riecheggiano nella scatola. Chi ci ama però non può rimanere a guardare. Non se ne sta con le mani in mano (grazie a Dio!!!) Ed allora la risposta si fa duplice:una è più maschile e l’altra più femminile. Una risposta è più paterna (la prima) l’altra più materna (la seconda).

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  23. All’improvviso mi sono ricordata di un episodio, alquanto singolare ,avvenuto quando avevo piú o meno dieci anni. Era un pomeriggio bellissimo e le finestre della sala erano semi aperte, all’improvviso, un botto, uno squarcio e le finestre si sono spalancate, e lí in mezzo alla stanza c’era una civetta o gufo, tutto bianco. Eravamo io, mio fratello e mia madre. Il mio pensiero istantaneo che quel bellissimo animale potesse diventare mio si é frantumato nell’attimo. Dopo pochi secondi di smarrimento tale creatura ha iniziato a sbattere le ali all’impazzata schiantandosi nelle pareti. E’ stato terribile. Non era masochismo…sapeva bene che la finestra era li ma era talmente disorientato da non distinguere dove.
    Sarebbe morto nel tentativo di raggiungere la libertá se non fosse per mia madre che buttandogli una coperta addosso é riuscita a prenderlo per liberarlo poi sulla terrazza. Dopo quei momenti di pura agonia é stato cosí bello vederlo volare via, seguirlo con lo sguardo come per continuare a proteggerlo, pregare per lui perché ritrovasse la via da dove era venuto. Grazie per avermi fatto ricordare questo episodio. Con affetto Alberta

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  24. Proprio la realizzazione di noi come uomini, come persone è importante. Come l’eremita ha bisogno di Abelardo della roccia e del girasole per riempire il vuoto, così l’uomo necessita, come l’uccellino, del calore, dell’affetto per prendere coscienza di ciò che è….si impara ciò che si è soprattutto passando per il calore dell’amore.

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  25. In quelle ali che sbatteró per ferirle, vedo si la frustrazione del limite ma allo stesso tempo la lotta contro tale vuoto per sentirsi vivi, perché il sogno esiste e talvolta deve passare attraverso il dolore, perché al di lá di quel limite ci sono delle mani pronte a colmarci e a gioire di ció che siamo. Alberta

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  26. Le fotografie esprimono molta tenerezza…come se dall’essere indifesi si potesse passare ad essere protetti. Quelle mani si chiudono per scaldare ed amare, si aprono in seguito per insegnare la libertà:è ciò che facciamo coi nostri figli! Tiziana

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  27. Immagino il dolore della prima lirica, così tangibile, e l’impotenza che si deve provare nel replicare, nel dialogare. Immagino il vuoto che ferisce ed il vuoto che si vorrebbe colmare. Immagino quelle ali ferite e poi dalle ali passo alle mani di un bimbo. Pascoli è ancora presente, non solo col nido, ma con il suo Fanciullino. C’è un’anima candida che raccoglie paure e silenzio, vuoto. L’anima è calda e si fanido, nido che dapprima accoglie e scalda, colma e riempie, poi si apre, come le ali, e lascia spazio al volo, non più al vuoto, bemsì al sogno che si vuol realizzare.

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  28. si ponga anche l’attenzione a come il sogno e il volo corrispondano: fate caso al lessico della seconda lirica, a come i suoni, la fonetica cerchi di creare l’immagine del volo che corrisponde al sogno.
    Bellissimo post. Nicola P.

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  29. La realtà è espressa dal modo indicativo:s’aprono. All’nfinito del sogno corrisponde per me l’indicativo della realtà:nel sogno ci si guarda vivere, nella realtà si cerca di attuare quanto sognato…un atteggiamento titanico preciso, contrapposto al vittimismo della prima lirica. Camilla

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  30. L’infinito riprende anche le finali della prima lirica, ma qui non indica un fine, indica uno stato d’animo, una realtà che paradossalmente è contrapposta al sogno. Alberto

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  31. Con il modo infinito: librarmi, planare, guardare….l’infinito indica il sogno che spazia oltre i limiti dell’immaginazione, della realtà. Carlo

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  32. Il nido per Pascoli rappresentava il nucleo familiare, il luogo dove trovare protezione dal male che viene dal di fuori:qui la situazione è ribaltata! Elisabetta

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  33. mi è venuta in mente l’idea del nido, del nido pascoliano, questo “covo” simbolico che però qui non ha nulla di protettivo, solo un dolore che si prolunga provoca nel poeta. Fabio

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  34. molto introspettiva la prima lirica, molto oppressiva, soffocante, claustrofobica:il dramma si celebra all’interno, in sè, in quel rannicchiarsi ferendosi. Un capolavoro dell’espressione del male di vivere. Le due risposte sono un capolavoro della libertà, della scelta di vivere, rappresentano la sfida e l’accoglienza allo steso tempo, proiettano il lettore all’esterno..non ci si rannicchia, ci si guarda vivere dal di fuori, si aprono (fate attenzione ai verbi , ragazzi, dico soprattutto a voi perchè qui c’è pane per i vostri denti!) le prospettive e dall’uno si passa al due:sempre qui la grandezza. Mai da soli…mai! Da soli ci si rannicchia e si sbattono le ali per ferirle…in due si può sentir vibrae il proprio cuore per la gioia del volo di chi amiamo. Si apre questa mia settimana all’insegna della speranza, del volo e della libertà….la libertà di essere chi sono, di volermi bene per quel che sono! Questo è un punto fondamentale per la nostra formazione di uomini e donne libere. Grazie per gli spunti di riflessione che con passione e delicatezza avete donato anche oggi.

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  35. a questo punto la risposta può essere:chiamo il 118! oppure: devo riportare al centro, non più al limite, al centro della vita…oppure no, portare chi soffre oltre il limite della morte, superare il confine segnato dalle Parche donando una speranza…

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  36. neppure Leopardi, che pure sapeva che cosa fosse la sofferenza aveva raggiunto tratti da masochismo:qui ci si vuol far del male per punirsi di ciò che non si è, del vuoto che si è. Ma a che pro? Siamo al limite del vivibile…come se intorno ci fosse la morte soltanto e si volesse anticiparla quanto prima possibile.

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  37. ed allora se si sta male si deve in ogni modo cercare di portare aiuto…io sono rimasto colpito da come si può fare ciò:sono psichiatra e di gente che sta male ne vedo tanta…vedo pochi, invece, capaci di tendere una mano … senza costoro saranno sempre di più coloro che continueranno a credere di avere le ali tarpate…incapaci di sognare, di volae:il sogno coincide col volo. Talvolta abbiamo bisogno di chi ci aiuti a volare e a sognare…quando si sta così male non ci si rende conto della Bellezza che si ha attorno:ci si concentra solo sul vuoto che si sente dentro ferendosi di più e ferendo chi si ha accanto…che ognuno di noi possa oggi essere come Francesco, tenere tra le mani un dolore, una paura e dargli la forma del sogno, del volo. Furio

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  38. Bel post! Intenso e delicato.
    Sono rimasto colpito da “sbatterò le ali a tratti per ferirle ancora”.
    E’ lo stato d’animo di chi sta molto male.

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