Tema


moira

Arenzano -30 maggio 1972

Calcagno Carlo      

Tema

Nel nostro piccolo mondo c’era una volta….

Saggio

Nel nostro piccolo mondo c’era un bambino che si chiamava Carlo.
Aveva il desiderio di ridere sempre.
Una fatina sentì il desiderio di Carlo e disse:<<Carlo sarai condannato a ridere sempre>>.
Quel bambino non capiva più niente e rideva, sbagliava i problemi e rideva, prendeva cinque di condotta e rideva, ma non era colpa sua se rideva.
Era condannato a ridere!
La maestra pensava:<<Povero bambino che cosa ne sarà di lui?>>
La fatina ascoltò i lamenti della maestra e disse:<<Togliamo questo dispiacere. Abra Cadabra  zumpa bubù rivelati tu>>.
E da quel momento Carlo capì che non si deve ridere  per cose da poco*

*Lo ha aggiunto la maestra (ma la fatina credo non fosse molto d’accordo).

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Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

33 pensieri riguardo “Tema”

  1. siamo noi in parte artefici del nostro destino…ma il destino c’è? oppure è un disegno, un progetto divino che invece di guardare con occhi pagani va amato proprio in virtù del fatto che è voluto da Dio solo per il nostro bene?

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  2. come insegnante non nascondo quanta responsabilità mi sento addosso per il ruolo formativo ed educatvo insito nella mia professine. Per me è il lavoro più ello e gratificante che si possa fare, una vocaione più che una professione, un prendere per mano gli alunni e condurli verso una meta, un sapere…qualunque sia il loro destino, che nessuno può prevedere…nè noi insegnanti, nè l’alunno stesso. La vita è spesso un impatto col dolore, ma nel sapere si può trovare tanta consolazione, spesso tante risposte che ci spingono a non rassegnarci ma a guardare con fiducia al domani.

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  3. I ricordi più belli che ho della cuola sono anche per me legati alla maestra delle elementari, seera ma materna, comprensiva .. ricordo che mi voleva bene! Annalisa

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  4. in effetti è una reponsabilità enorme quella degli insegnanti:hanno a che fare con materiale umano, sono degli educatori, dei formatori…spesso una parola, un gesto, può segnare a vita un alunno, può demolirlo o essere per lui un incoraggiamento che può durare l’intera vita.

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  5. Io ricordo l’insegnante di lettere delle medie come un uomo eccezionale, ci voleva un bene esagerato e aveva fiducia in noi, in tutta la classe..ha saputo tirar fuori da ognuno di noi il meglio che come persone potevamo dare! Alice

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  6. nella mia vita ho incontrato professori ottimi, che mi hanno spronato e invogliato allo studio e insegnanti pessimi che mi hanno allontanato dalle loro materie… Federico

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  7. Io credo che, se fossi stata la maestra, avrei usato come finale quella stessa parolina che ha usato il bambino “sempre”, perché poi é su quella parolina che il bambino ha elaborato i suoi pensieri…nulla é per sempre poiché la stessa affermazione costituisce la condanna. Non si tratta di un bambino che vuole ridere, (il che sarebbe in sé decisamente triste) ma di un bambino che vuole capire fino a che punto puó ridere e come ogni bambino spinge la sua richiesta fino al limite, rispondendosi a ció che giá sa. Nulla é per sempre, puó essere visto sotto una luce positiva o negativa…il bambino lo elabora, l’adulto nel bambino lo sa… neppure il vincolo del matrimonio é per sempre ma …finch’é morte non ci separi. Alberta

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  8. sarebbe bello con i ragazzi confrontarsi sul ruolo che ha avuto per loro il maestro o la maestra delle elementari…
    Vorrei aggiungere ancora una cosa…che il testo e la lirica di commento sono molto circolari, un tutt’uno in cui bambino ed adulto si fondono, sono la stessa persona:la poesia è la continuazione in versi e in età adulta di un dialogo con se stesso iniziato molti anni fa!

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  9. bisogna chiedersi il perchè…se lo chiede il bimbo e se lo chiede l’adulto. da bimbo egli trova risposta nella fatina, da adulto le trova nella feede…e mi pare un’ottima lezione di vita.
    Mi piace molto questo post!

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  10. chissà perchè il desiderio deve tramutarsi in condanna, come se il bambino volesse autopunirsi per aver desiderato qualcosa che per lui di fatto è scontata:ridere! Se un bimbo desidera ridere è perchè non ha possibilità di farlo! Ed allora bisogna chiedersi il

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  11. da bambino capisce che cosa deve fare, si dà delle risposte. Da adulto non sa più qual è la risposta ai suoi perchè, alla sua condanna…la spiegazione sta solo nel cuore di Dio e all’uomo di oggi non resta che cercare l’incantesimo nel proprio cuore con la consapevolezza che il dolore è comunque gradito a Dio.

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  12. che ne sarà di quel bimbo? Credo che nella lirica ci sia la risposta: la risposta che aveva trovato il bimbo di ieri non appaga più l’uomo di oggi, il quale ride per mascherare il dolore, prega in un sorriso, in un po’ di pace per il suo cuore stanco…in quell’uomo c’è davvero tanto dell’eremita anche secondo me!

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  13. Il bimbo cresce e diventa un uomo, sotto un certo aspetto ancora un bimbo, un uomo condannato a soffrire. Parla con il FATO, non s ase questo sia buono o cattivo…ciò che sa è che vorrebbe allontanaredasè quel calice amaro e trovare un po’ di pace. Non intercede per lui alcuna maestra: chiede aiuto al buon dio. Così è perl’eremita: dasempre egli parla cobn Abelardo per trovarerisposte….a volte lo vediamo vacillare e allora ci chiediamo anche noi:invano?

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  14. nel tema vedo un bimbo, un bimbo già adulto sotto un certo aspetto, un bimbo condannato a non ridere perchè troppo ha desiderato ridere…un uomo che è condannato a non amare perchè troppo ha desiderato l’amore…ma è solo un bimbo, là, in quel foglio, la scrittura è quella di bimbo, sono i pensieri di un bimbo e basta. Questo è quel che ha letto

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  15. è un bellissimo tema, racconta molto anche dell’eremita, anche se l’eremita è un uomo maturo, un uomo sposato…qui il testo è stato scritto da un Carlo bambino, che però evidentemente in tanti anni è andato maturando le sue riflessioni…che sanno di amaro..che cattiva quella fatina…molto meglio aver incontrato Abelardo.
    La moira poi è la TYKE, quella madaglia a due facce, quella VOX MEDIA, la FORTUNA che può essere positiva o negativa, fata o strega…Da bambino eri per me una fata o forse una strega…ora non esisti più, non sogno più…prego solo un po’ di quiete…forse! Questa lirica racconta tanto, tanto della storia di un bimbo che diventa uomo.

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  16. aggiungo poi alcune considerazioni sulla lirica di Giulia che a parer mio è un bellissimo commento ricco di spunti di riflessioni. Io credoche se gli antichi credevano nella moira, nel destino CIECO, per noi cristiani non sia affatto così:per noi c’è un progetto, un disegno, c’è la volontà di un Padre che può solo agire per il bene dei suoi figli…certe cose sono inconcepibili per Edipo, ad esempio, come lo sono e lo rimangono per noi, ma c’è un abisso tra la mentalità pagana e quella cristiana. E quel “da sempre io prego” fa di Carlo un cristaino, almeno, così io lo leggo e così mi piace leggerlo…consapevole del dolore della vita ma anche uomo di fede!Uomo di fede…e Giulia l’ha capito.

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  17. vorrei soffermarmi sulla maestra, sul suo ruolo, sul ruolo di tutti i docenti:qui ce ne sono parecchi e Giulia è una di questi…bene, educare viene dal latino E-DUCERE, condurre fuori da, da uno stato di ignoranza, ma anche da uno stato di infelicità, di insicurezza…credo che tutti voi insegnanti abbiate un ruolo di fondamentale importanza per la nostra società, non solo per le materie che insegnate, ma per come le insegnate, per come sapete “TIRAR FUORI DA” il bimbo, l’adolescente che c’è in ognuno dei vostri alunni.

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  18. Ho sempre pensato a quanto poco siamo cambiati da quando ci chiamavamo bambini, le paure e le insicurezze sono le stesse, anzi, in un certo senso si sono fatte ancora piú reali ma, per il fatto di chiamarci adulti dobbiamo in qualche modo indossare una maschera di sicurezza. Allora c’era la fatina, c’era la mamma e il babbo e in qualche modo, anche se momentaneamente si poteva stare meglio, ora c’é Dio, per chi Lo ha cercato e trovato, e il parlare con Lui in effetti non é molto diverso dal parlare con la fatina e se ci affidiamo a Lui come il bambino si affida alla fata si puó davvero stare meglio e non solo momentaneamente.
    Quel tema di Carlo lo ricordo molto bene, l’ho letto cosí tante volte, spesso quando ero triste ed é sempre riuscito a farmi sorridere, basta una magia’Abra Cadabra zumpa bubú rivelati tu’ e tutto si aggiusta. Alberta

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  19. sulla lirica di Giulia ci sarebbero tante cose da dire:innanzitutto l’incipit e la chiusa con un punto di domanda…chi sei? si chiede il bimbo…sei buona o sei cattiva, mi vuoi del male o del bene? Come sei, o vita? Sei prodiga di bene o avara? che faccia hai, moira? quella dlle parche? Del fato ineluttabile dinanzi al quale nessuno può nulla, neanche Zeus…ma io non ci sto:io credo! e spero, prego che ci sia una luce in fondo anche per me…ci deve essere..è vero?

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  20. che responsabilità abbiamo noi insegnanti! Possiamo fare miracoli come danni irreparabili, donare una speranza come castrare per sempre…spero che Carlo abbia un bel ricordo della sua maestra che forse è rimasta alquanto disarmata dinanzi al suo saggio. Si trattava pur sempre di un bimbo! Un bimbo non può capire che non bisogna ridere…ridere è come giocare:è il lavoro dei bambini!

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  21. purtroppo il male di vivere si avverte troppo presto…e diventa difficile allora trovare un varco…ci vuole solo la fortun, nella vita, di incontrare qualcuno che ci prenda per mano, che ci accolga con la nostra storia e che sia in grado di farci tornare a sorridere come da bimbi non siamo mai stati capaci di fare.
    La lirica di Giulia è molto “umile” ed apprezzo molto il suo “angolino” dal quale non offre a Carlo risposte, chè Carlo si è già risposto da solo a nove anni, ma apre l’orizzonte a delle domande…quasi per incitarlo a leggere “oltre”, a tentare di trovare altrove delle risposte più positive…
    Toccante. Come sempre!

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  22. che buffo…mi porta a fae tante riflessioni…il riso ed il pianto sono così connessi ed è bella quell’atmosfera da fiaba che circola su tutta la pagina…credo che maestra abbia voluto sdrammatizzare!
    Non è vero che non si deve ridere…si lascia sempre aperta una possibilità, uno scampo, una maglia rotta nella rete, una domanda in attesa di risposta…ed in quel “io prego” forse c’è la risposta della fede…Costanza

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