Abat-jour/Nell’assenza


Abat-jour

 

Accanto al mio

mille fantasmi

dormono solitari.

Stantio si spande

l’odore  donato e

ricevuto dell’assenza

in questa notte

silente e muta

che assidera

i baci dimenticati.

Non so davvero

perché mani dissociate

accarezzino sagome

immaginarie che non cerco

prigioni del futuro

che non saranno.

Il sonno solo

mi fu compagno

e questo lume

che non conosce

il tremolio del vento.

 

 

 Rami scheletriti e luna

 

Nell’assenza

 

All’oscuro di te

aggiungo olio

alla lucerna e

illumino il cuscino

su cui dimori

tra i tuoi sogni.

Dell’oggi

i ricordi si perdono

nel grembo

della notte.

La speranza

del domani

è già paura,

angoscia perpetua

come la vita

(forse  la morte)

di addormentarmi

ancora

senza te.

 

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

40 pensieri riguardo “Abat-jour/Nell’assenza”

  1. è vero…Dio non aveva bisogno dell’uomo, ma probabilmente l’ha voluto creare perchè voleva rendere partecipe qualcuno della Sua Bellezza, della pienezza del Suo cuore…chissà…non so se provi nostalgia, se ha paura di essere abbandonato dall’uomo..forse paura no, forse ha le spalle grandi, Dio, e ci ha fatto ormai l’abitudine…ma di sicuro so che veglia attento su ognuno di noi! E allontani tutti i fantasmi inutili…

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  2. chissà se anche Dio sente nostalgia dell’uomo, Lui che non aveva certo bisogno di creare l’uomo per essere felice…eppure lo ha creato e sempbra che non sia mai sazio di amarlo…peccato che noi non ce ne rendiamo spesso conto…e lo lasciamo così, nella paura..Lui che mette olio ogni notte nella nostra lampada…
    Vi salutaimo per un po’ di giorni perchè andiamo in Francia a far visitare Giacomo…un abbraccio a voi tutti.
    Alberto, Tiziana e Giacomo

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  3. Mi pare quasi che si vada alla ricerca di una vita diversa, che si vorrebbe vivere accanto a qualcuno che ci viene negato…la vita è così crudele e la lontananza spesso spaventa perchè sappiamo che non c’è per essa una soluzione. Patrizia

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  4. La seconda lirica sembra voler donare una consolazione, un conforto, come se volesse essa stessa essere una SPERANZA, pur negando i suoi versi la speranza, poichè questa può tramutarsi in timore…e la paura di notte non fa dormire!

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  5. La luce nel buio ha un altissimo potere simbolico, é la mollica di pane lasciata sul sentiero perché la luna la illumini e indichi cosí la strada di ritorno, é il faro del porto che trasuda della gioia di chi sta tornando a casa, é il conforto che lasciamo ai nostri figli quando il buio é trappo opprimente, é la luce che teniamo accesa cosí che il nostro sposo sappia che abbiamo atteso il suo ritorno, sappia che il suo posto é lí con noi al tepore di quella luce, é la luce che teniamo accesa per noi stessi nella nostra solitudine ed é musica che riscalda i nostri animi, che ci rende padroni per un poco del buio per poi lasciarsi andare e abbandonarsi allo stesso. Alberta

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  6. Io credo che nell’atto di aggiungere l’olio sia intrinseco l’atto di vegliare!
    Come ci suggerisce la parabola delle dieci vergine, la prudenza genera la capacità dell’attesa sino all’ultimo, prevedendo e preparando l’occorrente in anticipo senza presumere di se stessi, per essere pronti all’incontro con lo sposo. La prudenza quindi comporta la conoscenza di se stessi e dei segni dei tempi e diviene sobria vigilanza e mai sospetto e rassegnazione, ecco perché è necessaria la Luce di Cristo che libera dal dubbio e dalla paura e trasforma il cammino della vita da un procedere senza meta ad un avanzare passo dopo passo, nella semplicità di un incontro che si arricchisce sempre di più.

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  7. A questa definitiva esclusione dalla gioia della relazione col Signore, nostra luce, si arriva per la trascuratezza da parte nostra dell’olio nella lucerna: un olio che sono le opere che scaturiscono dalla fede e dall’amore.

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  8. tutti si rimane colpiti dalla mancanza di “carità” delle sagge ma se ragioniamo ci renderemo conto del contesto escatologico in cui si ambienta l’insegnamento:nessuno può sostituirsi a noi quando siamo chiamati dal signore. Il Signore mi chiama a far luce ed io vado, io alimento la lampada, metto, aggiungo olio, veglio nell’attesa del domani…quella lirica è bellissima! Sembra così banale, così quasi dissonante rispetto alla prima, ma in realtà ha un messaggio intrinseco molto preciso

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  9. 5 di queste vergini erano stolte e 5 sagge. Ma la differenza tra di loro non è data dalle lampade, non dal comportamento ma dall’olio, che è molto significativo. Chi non ha olio non ha luce, chi non ha luce non può illuminare il prossimo.

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  10. Questa tematica dell’olio nella lampada mi fa venire in mente quel brano del Vangelo (Mt.25,1) in cui le vergini si addormentano senza alimentare le loro lucerne e non attendono deste l’arrivo dello sposo.
    L’assenza dello sposo, il tema della luce…il sonno delle vergini…si attende una rivelazione! Nella seconda lirica soprattutto si attende una rivelazione…ecco, la mia lettura è sempre un po’ in chiave “mistica”, ma permettetemelo!

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  11. a me piave moltissimo quella fotografia…mi trasmette l’idea di una apparente solitudine, di un’apparente privazione:quella luna tutti i rami illumina e li rende vivi! Corrado Fadda

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  12. quelle mani dissociate sono terribili…davvero mi danno l’idea di una prigione…il sonno è quasi una forma di libertà, la libertà di poter sognare, la libertà di essere autentici almeno nel sonno…chissà, forse solo in certi sogni possiamo aggiungere olio a certe lampade…riuscite sempre a toccare qualche angolo del cuore che credevo atrofizzato e a farlo nuovamente vibrare! Rossana

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  13. e quanta gioia in quel lume a cui viene aggiunto olio, in quella luce che illumina il cuscino…ci sono presenze che ci portiamo nel cuore che non ci abbandonano mai, neppure durante il sonno…vegliano su di noi anche quando i nostri occhi sono chiusi.
    Bellissima pagina! Grazie

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  14. c’è una grande differenza tra dire che i fantasmi, mille, dormono solitari e che i ricordi si perdono nel grembo della notte…l’assenza è inodore, è esettica…forse per questo fa meno male della speranza che è sinonimo di paura..ma almeno sento! Nella paura sento e quando sento son vivo! Furio

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  15. Quei rami mi fanno venire in mente non solo i fantasmi, ma anche la prigione…che strane queste due liriche, esprimono sensazioni, realtà così nettamente diverse, come se non ci fosse un vero dialogo, ma solo la descrizione di due diversi stati d’animo.
    La speranza è già paura:com’è vera questa frase, quanto di vero e profondo nasconde l’angoscia della solitudine…il titanismo serve a sopravvivere, ma sempre da solo rimani…e a che ti serve esser vivo da Titano? Getta la maschera, strappa quel lenzuolo da fantasma e fatti illuminare da un calore d’amore…riprenderai vita e il lume riprenderà a tremare in un grembo che sa di madre:la notte non farà più paura!

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  16. mi piace quell’All’oscuro, perchè si aggiunge olio in silenzio, solo si sente il battito del cuore, ci si avvicina e si nutre un’anima, senza volere nulla in cambio, con la gratuità di questa stessa vita che ci è stata donata. Patrizia

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  17. molto diverso è dire invece che all’oscuro di te aggiungo olio alla lucerna: tu non ci sei, non lo sai, ma la fiamma del tuo lume conosce il tremolio dell’amore, la vibrazione della passione, la presenza silenziosa, a volte nemmeno fisica, solo spirituale di chi ti sa accogliere per quello che sei e con lasua musica ti senti protetto:eccoli qui:luce e musica.
    Vedete, il dialogo continua ed ancora una volta leggo un sopito collegamento tra i post

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  18. La frase che piú mi é entrata dentro é “questo lume che non conosce il tremolio del vento”, é di una dolcezza sconfinata. In quel semplice lume c’é tutto, é cosí prezioso che per il poeta é un conforto sapere che é protetto, protetto dal mondo esterno, dove, anche il tremolio del vento potrebbe fargli del male. Allo stesso tempo sento quasi una malinconia, come se il poeta sappia che al lume potrebbe piacere il provare quel tremolio ma non puó che restare lí protetto ad illuminare la solitudine della notte. Bellissime poesie alle quali torneró domani. Buona serata a tutti Alberta

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  19. a me questo sonno fa venire in mente la morte, anche i fantasmi, quelli che i Greci chiamavano eidola e che rappresentavano l’uomo dopo la morte, mi pare un richiamo chiaro..e la morte non si accoglie mai a bracia aperte, specialmente quella dei nostri cari…si vuole sempre perpetuare quella corrispondenza foscoliana di amorosi sensi con chi è nell’aldilà…e forse ciò accade volente o nolente…sarà per via di quell’energia che attrae le anime animate da spirito divino

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  20. è bello non avere solo il sonno come compagno, ma un’anima, seppur lontana, con la quale anche nei sogni continuare il dialogo diurno…chissà…forse anche l’eremita e l’abelardo, durante il sonno, continuano mentalmente, telepaticamente a conversare…è quella parte dell’inconscio che mi ha sempre affascinato…sono certo che il nostro cervello è attivissimo anche nelle ore notturne

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  21. Anche io credo che tra le anime – come diceva ieri abelardo – ci sia una corrispondenza di sensi, si sia formata quella catena indissolubile di luce e musica per cui anche a distanza i cuori sono comunque in perpetua e perenne dialogo…i cuori, le anime…non i fantasmi! Ci si può sentire vicini vicini grazie al pensiero, alla preghiera…e questo è olio che alimenta la lampada di chi ci sta a cuore, di quanti ci sono cari. Carlotta

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  22. come i rami si accorgono della presenza della luna, così anche chi dorme sente che qualcuno lo sta sognando…o forse sta pregando per la sua serenità…Federico

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  23. è possibile che pur nell’assenza si possa essere presenti? è possibile far sentire la nostra presenza a distanza, aggiungere olio ad una lucerna senza che l’altro se ne accorga?

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  24. quantodiversa può essere la notte a seconda dello stato d’animo che abbiamo: può essere silenta, muta e può assiderare baci dimenticati…e tutto questo porta in sè morte, è freddo. Ma può avere un grembo, la notte, può allora accogliere come una madre…e tutto questo è simbolo di vita.
    Ma la vita, la vita..che cosè la vita? é forse angoscia perprtua? Allora è la morte! Nemmeno il poeta lo sa…la solitudine mi porta a non sapere più nulla:questo accade in entrambe le liriche (non so…forse la morte).
    E’ brutta la solitudine…anche nella prima lirica…quel titanismo è per me solo apparente!

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  25. lo spazio della notte è vissuto dai due poeti in modo assai diverso. La liricità nel primo brano è legata alla forza del poeta di sopravvivere titanicamente alla solitudine, mentre la seconda lirica è meno egocentrica:c’è un io e un tu, più dialogica

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  26. Nella prima lirica invece il tempo è una costante, c’è l’oggi e c’è il domani, la vita in un fluire di gioia e dolore, un’altalena tra la stessa vita e la morte, il sonno e la veglia, l’assenza e la presenza. Nicola P.

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  27. la tematica del tempo è più forte nella seconda lirica, nella prima non ci si preoccupa del tempo, c’è un futuro assieme a tanta negatività (vedi l’uso dei NON che è fortissimo):è come se di notte il poeta non fosse…oppure fosse finalmente chi è, nessuno! Nicola P.

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  28. finissima pagina, bellissime liriche che spaziano tra Novecento ed Ottocento, ed acuti commenti dei ragazzi. Il frammento citato di Saffo ha un illustre precedente in alcuni versi omerici, quelli in cui Penelope, parlando al mendicante nel quale non ha riconosciuto Odisseo, lamenta l’angoscia delle sue notti solitarie. (Odissea XIX, 515-517).

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  29. nella prima lirica c’è solo oggettività: il poeta non sta male nella solitudine, non capisce neppure il perchè di certi sogni, nulla rimpiange, di nulla ha bisogno. Se ne sta lì coi suoi sogni e con il lume finchè un nuovo giorno sarà.
    La seconda è più soggettiva, è dinamica, il poeta è attivo ed il tempo è scandito da presenza e assenza dell’amato. Laura

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  30. “…e io resto sola nel mio letto”. Saffo

    La solitudine e la mancanza d’amore diventano più amare se il tempo scandisce il suo inevitabile fluire. Fabio

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  31. Ho guardato a lunga la foto e poi ho pensato ai fantasmi spaventati e nudi come quei rami…e a quella luna che illumina come una lucerna un cuscino…quanti modi ci sono per intendere la notte, per percepirne l’essenza! un’altra bellissima pagina mi avete oggi regalato. Marta

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