L’eremita (Seconda parte) (Scena unica – parte cinquantottesima)


Caro Carlo, cosa augurarti per questo Santo Natale? Cosa chiedere  a Gesù per te? Cosa farti trovare metaforicamente sotto l’albero? Oggi sono andata in cerca di un pescatore con la rete in terracotta, una di quelle statuine da mettere nel Presepe, ma non ne ho trovato neppure uno. Nessun pescatore…tanti pastori, agnelli, donne, angeli, ma del pescatore non ne è rimasta traccia. E così, desolata, mi ritrovo a scrivere queste righe per un simbolico dono che non potrò purtroppo concretizzare! Dopo la lettura dell’ultima pagina dell’Eremita, mi è venuta voglia di regalarti un pescatore, perchè tu potessi avere sempre dinanzi agli occhi l’immagine emblematica di chi veglia, di chi sa sperare, di chi si affida al mare, di chi affida al mare le sue preghiere perchè domani sulla tavola ci sia un pesce da mangiare tutti quanti insieme, moglie e figli…Il pescatore è esperto del mare, sa riparare la sua rete, sa quando verrà la burrasca, ma è soprattutto un umile, uno degli ultimi…a Lourdes ho fatto il bagno, mi sono spogliata e mi hanno immersa in quella vasca con l’acqua gelida nella quale ho ringraziato Maria di poter stare lì, nuda, tra le Sue braccia e affidare a Lei tutte le preghiere dei miei cari..per diventare samaritano bisogna farsi piccoli piccoli come quell’uomo che sta lì per terra, preso a calci, umiliato, denudato, senza un mantello…bisogna finire per terra, toccare l’humus, farsi umili quindi…solo quando si tocca il fondo si comprende quanto sia fredda la terra, come sia triste starsene nudi a specchiarsi nelle proprie miserie riflesse nell’acqua…il pescatore ha toccato il fondo:un giorno è tornato a casa e la barca era squassata dalla tempesta, la rete vuota, la rete rotta, ma il giorno dopo lo stesso pescatore cavalcava speranzoso il mare, non superbo per aver riparato tutti i danni, ma con la fede che Dio avrebbe sorriso alla sua perseveranza. La rete non si ripara con metodo…la rete si ripara con amore. A nulla serve il metodo per trattenere dentro le maglie il Paradiso…il Paradiso è come l’acqua:tocca la rete e esce dai buchi, va a visitare le reti di altri pescatori. Rimane di esso un segno nel cuore del pescatore…la fede di riuscire in mare l’indomani. Un segno invisibile ed indelebile come l’hai descritto nella tua lirica. Questo segno è come una cicatrice sull’anima…una cicatrice propria di  chi tanto ha amato, perchè ha riparato tante reti, permettendo ogni giorno al Paradiso di entrare e di uscire per il bene degli altri. Ecco Carlo, questo Natale il mio augurio per te e per tutti gli amici del blog è di essere pescatori. Pescatori di uomini, di Paradiso, pescatori di tenerezza perchè ce n’è tanto bisogno e ne siamo tutti affamati. Non c’è un metodo per pescare tutto ciò o per far sì che la nostra rete sia ben riparata per la pesca:solo l’amore che portiamo nel cuore per il nostro prossimo, solo la perseveranza nella preghiera, la fede nell’abbandono…sembra tutto così retorico, Dio mio, perdonami…ma io faccio così tanta fatica a gettare le mie reti…così tanta fatica nel constatare che non ho pescato nulla…così tanta fatica a ricominciare… a vegliare…nell’attesa della Sua venuta! Ti auguro di imparare il ritmo, il ritmo di vita del pescatore, che non sa quando il mare gli permetterà di uscire con la sua barca, nè a che ora rientrerà…non sa se pescherà molto o il suo bottino sarà ben scarno ed allora sulla tavola ci sarà solo una pagnotta e un bicchiere di vino…e la rete da riparare, e i bimbi da mettere a letto e una moglie da abbracciare e rincuorare…ti auguro di essere un pescatore! Che a sera guarda sereno al sole che tramonta perchè sa che Dio, comunque sia il tempo, farà sorgere a breve una nuova alba! Con immenso affetto. Giulia

rete

L’eremita

Ma se sono qui con te…non basta? In fondo è come se parlassi con Dio…attraverso te Lo amo, Lo cerco… anche se poi fuggo per non farmi prendere come se ci fosse un posto che Dio non può raggiungere…

Abelardo
Hai mai riparato una rete da pesca?

L’eremita
No di certo…soffro pure il mal di mare…non potrei mai andare a pescare con la rete…

Abelardo
Se avessi riparato una rete sapresti che ci vuole un’infinita pazienza… che il più piccolo danno rimasto può vanificare l’intera pésca… se avessi riparato una rete sapresti pure che il tempo utile al pescatore è soltanto quello della luce…nel buio bisogna essere pronti a calare una rete senza falle…se avessi riparato una rete sapresti che il pescatore non riposa mai e che anche quando ti sembra sonnecchiare sulla spiaggia in realtà osserva le condizioni della sua barca e quelle del mare…

L’eremita
Mi  vuoi dire che il nostro impegno in questa vita deve essere totalizzante?

Abelardo
Ti voglio dire che non sei un pescatore…non perché soffri il mal di mare, ma perché non hai pazienza…vedi, per confessare i propri peccati ci vuole sì una certa dose di umiltà, ma per inginocchiarsi ci vuole anche la perseveranza…se vuoi ottenere i doni dello Spirito non puoi semplicemente pensare di denudarti con tutta la teatralità di cui l’uomo è purtroppo capace… Dio ti conosce già meglio, decisamente meglio di quanto possa riuscire a conoscerti tu…  campassi anche mille anni… devi riparare la rete amico mio… la rete è fatta di fori per definizione eppure trattiene i pesci, se le maglie sono ben salde…tu sei peccatore, ma puoi pescare lo Spirito se il tuo cuore è puro…e per puro intendo da tutta una vita in ricerca del bene…gli slanci una tantum servono soltanto ai gabbiani…ma a loro è dato soltanto di girare intorno al peschereccio… a te invece è richiesto di sfamare la terra.
Puoi sempre guardare gli altri faticare se vuoi…proprio perché Dio provvede anche ai gabbiani…ma senza la perseveranza non avrai mai la sensazione di essergLi gradito…di essere uomo a Sua immagine in definitiva.
La confessione amico mio non è un luogo dove si prende solamente qualcosa… se così fosse basterebbe forse parlare direttamente con Dio, anche mio tramite… la confessione è il luogo dove si offrono i propri faticosi ed infaticabili progressi di vita e di morte…la rete si lacera ogni giorno, perché la rete come la vita è un’arma di morte per la nostra coscienza…Dio ha permesso che lo fosse…che i pesci e che gli uomini si dibattessero disperatamente in una trappola invisibile… ma attraverso la morte dei pesci, di noi stessi e di Cristo ritroviamo ogni giorno la vita… proprio riparando la rete…riparando quello stesso strumento che ci metterà in difficoltà… solo i pescatori sanno che la morte è necessaria per la vita… e che ogni giorno dovranno riparare la croce su cui verranno inchiodati… senza chiodi non c’è progresso, né resurrezione.

L’eremita
Mi pare che tu esprima concetti un po’ troppo duri per me…e non mi sento nemmeno d’accordo…non è possibile che Dio abbia voluto che facessimo ogni giorno preparazione della morte nostra ed altrui…e che fossimo perseveranti in un gioco senza scopo. Non ci vedo nessun progresso per questa umanità…se davvero siamo intrappolati in una rete invisibile… e non solo, se dobbiamo contribuire a renderla ancora più salda…non capisco davvero il senso del vivere…con quale gioia potrei costruire un’arma di morte?

Abelardo
Ti chiedo perdono se non mi sono spiegato…ma è tanto difficile sai…anche per me, spiegarti che la rete di questo mondo è soltanto una prova delle tante che dovrai affrontare per riunirti a Dio…è così complicato colmare una distanza che non esiste e che richiede soltanto la nostra disponibilità…i pescatori imparano ad essere disponibili… per riparare la rete non si chiedono se il mare li chiamerà …lo guardano semplicemente perché ci sperano, perché si sentono pronti…a ciò serve la fatica del giorno…non rimandare a domani la nostalgia di Dio…perché Lui ne ha di te, di ogni tua offerta…Dio ti vuole paziente…vuole che attendi la notte con la rete ben salda perché ci possa entrare dentro il Paradiso.

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

65 pensieri riguardo “L’eremita (Seconda parte) (Scena unica – parte cinquantottesima)”

  1. Vegliare è a parer mio la capacità di saper prendere il tempo necessario per aver cura della qualità della vita. Il tempo (come si diceva nello scorso post) per imparare a riconoscere il significato delle nostre emozioni, impulsi, tensioni per non rimuoverle troppo in fretta impedendo l’esperienza di vita e di amore in cui esse potrebbero introdurci…credo sia importante interrogarci su questo punto, anche in relazione al fatto che abbiamo una rete e non una gabbia con cui fare i conti.

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  2. Dio ci dona mezzi molto concreti per insegnarci ad essere pronti, ci dona una moglie, un marito, dei figli, ci dona la possibilitá di amare da vicino, ed é questo amore che ci insegna ad essere pronti, pronti perché quando si ama si veglia di continuo, se si sonnecchia basta un gemito, un sospiro per svegliarci pronti al conforto…e attraverso il respiro delle persone che amiamo impariamo a riconoscere il respiro di Dio, a riconoscerlo tra mille, come riconosciamo quello dei nostri figli e dei nostri sposi. Dio ci chiede solo di amare, amare, amare…é difficile superare tale richiesta! Alberta

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  3. Rimanere a vegliare in attesa della Sua venuta:credo sia questo il messaggio profondo di questo post, venuta che è volontà, veglia che è fatta di preghiera e speranza…mi avete fatto un dono molto grande. Vi ringrazio con stima, affetto e tanta gratitudine. Renato

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  4. A me piace molto l’immagine del pescatore che veglia, che vigila, che sta all’erta, che bada con amore a chi ha intorno…la vigilanza, la veglia implica un impegno, un’attenzione, un essere svegli per comprendere ciò che accade…il pescatore è preparato a fronteggiare l’emergenza. intuisce la direzione degli eventi…Enrica F.

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  5. “Bisogna pregare sempre senza mai stancarsi” (Lc 18,1); Vegliate e pregate per non entrare in tentazione (Mt 26,41); Siate assidui nella preghiera:che essa vi mantenga vigilanti nel rendimento di grazie (Col 4,2). Filippo

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  6. chi prega costantemente ed intensamente impara che cos’è la vigilanza e anche nella prova vede nascere in lui la speranza che non delude. a tal proposito confrontate Rm 5,2-5. Filippo

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  7. questa bellissima risonanza non è che espressione di ciò che Giulia e Carlo stanno cercando a modo loro di trasmettere:la preghiera è l’espressione prima della vigilanza e della speranza cristiana. Perchè questi sono a parer mio i cardini entro i quali si muovono questi due splendidi testi, così diversi stilisticamente e così in sintonia tra di loro.

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  8. che io possa essere costante e perseverante nei miei slanci d’amore…non una tantum, ma secondo il ritmo che ci stanno insegnando Carlo e Giulia. Con tanto affetto. Patrizia

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  9. che io sia grata della vita quanto della morte, del poter dire qualcosa quanto del tacere, di sentirmi un fallimento quanto di riuscire a farmi tramite, che tutto possa scorrere sempre. Alberta

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  10. come è necessario spogliarmi così come si fa prima di immergersi nell’acqua, così è necessario morire per imparare a vivere:solo quando si tocca il fondo si capisce che significa humus e da lì si può partire per fare un cammino di redenzione e di progresso! Bellissimo post! Complimenti vivissimi. Furio

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  11. In particolare io vorrei augurare a tutti di essere pescatore con una rete e non una gabbia…a volte ho visto l’eremita intrappolato in una gabbia, nei suoi schemi umani ancorati a fragilità terrene. Ecco che la rete sia piena di buchi per farci passare dentro l’amore, per farlo uscire e sia una rete morbida, malleabile, che si piega al tatto, che cambia forma, che si bagna di sudore e si asciuga al sole della carità. Filippo

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  12. mi pare una bellissima idea in particolar modo visto che è l’ultimo giovedì di Avvento ed ormai il Natale è alle porte…credo sarà gradito a Dio ma soprattutto a noi tutti perchè questa coralità ci farà senza dubbio sentire molto uniti. Filippo

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  13. lancio un’idea per questo post…perchè non proviamo a fare come si fa con i Salmi, a fare una piccola risonanza su questi brani così carichi di significato? Ad essi seguirà il silenzio e sarà come offrire a Dio la nostra preghiera, il nostro “evento” di questo giorno!

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  14. il commento più bello, più vero, più sentito, più esegetico a questa pagina dell’Eremita è la lettera di Giulia. Qualunque cosa noi ora dicessimo è comunque un ripetere i concetti da lei così bene espressi perchè vissuti…Abelardo parla, tenta filosoficamente di dialogare con l’eremita…Giulia non ha pretese filosofiche, teologiche, dottrinali…semplicemente sente. Sente la fatica che fa il pescatore perchè è la sua fatica. sente la perseveranza e la veglia perchè è lei a perseverare e a vegliare, sente la difficoltà dello spogliarsi perchè tenta di metter da parte tutto ciò che è superfluo…io so, lo sento, che i suoi auguri per noi tutti sono quanto di più sincero questo Natale potremmo sperare! grazie di cuore! nicola P

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  15. Che regalo!!, e non mi riferisco solo a questa ultima pagina ma al fatto che tutto si riccolega in una sinfonia splendida partendo dalla prima volta che ho iniziato questo percorso insieme a tutti voi e senza accorgermene sono rimasta intrappolata a questa rete invisibile da cui dipendo giorno dopo giorno e alla quale cerco in qualche modo di partecipare proprio come se volessi rendermi utile ad aggiustarne un pezzettino, o solo a capire come i fili si uniscano tra loro per formare ció che agli occhi é invisibile. La costanza e la pazienza che poniamo nel riparare la tela non é per sicurezza ma per amore e abbandono, per poter dire, una volta finita, nell’oggi, “Sia fatta la Tua volontá, non la mia!”. Quello che é racchiuso in questa frase cosí semplice é talmente infinito e talmente difficile da spiegare che persino Abelardo si scusa con tutti noi. Io credo di essere stata aiutata dal fatto di essere diventata madre senza avere la mia famiglia accanto..se da una parte é stato difficile, la stessa difficoltá mi ha fatto cambiare l’ottica con cui guardavo alle cose, mi sono dovuta abbandonare completamente all’essere mamma imparando a non contare sul domani, al non fare progetti ma allo sperare semplicemente, in momenti brutti, che il domani sará migliore. Quando si hanno dei bambini piccoli non si possono fare progetti sul domani, si vive l’attimo, neppure la giornata, e piú ci si intestardisce perché tutto sembra sfuggire di mano, piú si entra in un vortice cieco dal quale é difficile uscire. Mi sono abbandonata pazientemente alle mie bimbe cosí come il pescatore si abbandona al mare. Ora devo imparare ad abbandonarmi come l’albero, come il pescatore, al ritmo della Natura, al ritmo che Dio ha creato per noi prima ancora di pensare a noi e con l’aiuto di questo blog, di tutti voi, credo proprio che la tela riuscirá sempre ad essere riparata, prima che tramonti il sole, poco importa se la useremo domani, l’amore che abbiamo tessuto sará sempre acceso, domani, il giorno dopo e quello dopo ancora. Vi ringrazio e vi dono il mio rammendo. Alberta

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  16. e rimango incantata, dinanzi a quelle reti, davanti a tali parole che scuotono la coscienza e nello stesso tempo mi fanno sentire parte di un tutto armonico…siete davvero grandi ragazzi!

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  17. questa circolarità, questa brezza che circola tra le vostre parole, così netta, così percepibile mi ha profondamente commossa. noi commentiamo tutti i giorni ciò che viene pubblicato, ma oggi credo che abbiate date esempio di come un commento possa essere rielaborazione feconda di un passo…l’epistola iniziale è una sorta di esegesi del testo filosofico, dalla filosofia allo spirito, alla quotidianità…è una lezione su come si possa vivere l’Eremita nel quotidiano…io credo che regalo più bello Carlo non potesse riceverlo per questo Natale e la cosa straordinaria è che tale dono viene regalato anche a noi…siamo tutti destinatari delle parole di Abelardo e del cuore grande grande di Giulia. Grazie infinite…stamperò la foto e la metterò nello studio in modo da ricordarmi quanto più spesso possibile che nelle mie reti devo permettere al Paradiso di entrare per poi uscire! Alessandra

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  18. non è l’impegno a essere totalizzante è l’affidarsi a essere tale:Giulia lo spiega bene nel passo in cui parla del bagno a Lourdes e del Samaritano…non avevo mai messo in relazione questi due concetti che sono in realtà molto uniti tra loro:lo spogliarsi, il farsi un nulla nelle mani del Signore per essere avvolto dal Suo mantello e con questo calore nel cuore andare incontro ai fratelli…c’è uno slancio verso i fratelli che parte da una fonte d’Amore che Dio alimenta nel cuore di ciascuno di noi…mi avete fatto uno splendido regalo di Natale! Grazie infinite! enrica

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  19. vive seguendo le fasi della luna, le alte e le basse maree, il corso dei venti e delle stagioni…non può programmare molto e si ritrova a fare i conti con una natura che a volte è matrigna a volte è madre amorevole: si affida a tale natura, si affida davvero al mare, certo che la sua pazienza, la sua perseveranza sarà alla fine comunque premiata. Corrado Fadda

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  20. noi infatti detestiamo gli imprevisti, ci arrabbiamo per gli ingorghi nel traffico, per la lettera che giunge in ritardo, per il negozio che troviamo chiuso…noi programmiamo tutto e guai a chi smonta i nostri programmi…ma non siamo che padroni di nulla…è questo che Carlo e Giulia ci vogliono dire. Non siamo che padroni della nostra anima e dobbiamo sfamare dapprincipio quest’anima, nutrirla…ma non correndo, non programmando, non pensando di essere padroni assoluti del tutto, del sistema. Il pescatore vive seguendo il ritmo della natura…vive in armonia con essa…

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  21. in un certo senso sì, è come il rhusmòs di archiloco, in quanto il pescatore, così come viene descritto dai nostri due amici, è essenzialmente un uomo che ha compreso che oggi può essere un giorno di fortuna e domani chissà…potrebbe andar male! Qui in Sardegna ci sono tanti pescatori. Vivono di ciò che il mare dona loro…sanno che non c’è un’ora precisa per uscire o rientrare, che il mare oggi non permetterà la pesca, ma domani potrebbe essere abbondante…e tutto ciò non provoca sconforto, neppure rassegnazione, ma accettazione di un determinato ritmo di vita, che va oltre la programmazione umana

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  22. è una pagina che unisce cuore e mente, che sottolinea come ogni cosa perde di senso se non la si fa accompagnando passionalità a perseveranza. Sono moltissime le cose da dire su questa videata che mi riporta ad un villaggio di pescatori, ad un ritmo di vita che non è più quello che vorrei condurre…

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  23. in effetti non si sa da dove iniziare…vorrei saper scrivere lettere come Giulia e imparare a voler bene come sa fare lei! Grazie! Cercherò di fare tesoro del tuo augurio e di essere anche io pescatrice! Maria

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  24. pensiamo sempre a fare regali costosi, quando invece un piccolo simbolo può essere segno indelebile di una lezione di vita! Abelardo qui è molto preciso…mi pare una pagina di grande spessore teologico…Federico

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  25. si può a Natale regalare un frammento di Cielo?Sì può! Ora so che è possibile! Si può scrivere con il cuore in mano e scavare nella propria esperienza di vita, ci si può affidare ad una Voce che detta parole di Amore…questo capolavoro è la dimostrazione che il Natale è un qualcosa che viene da dentro, che si vive in intimità.

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  26. è bellissima l’idea del pescatore…potrei fare questo regalo insieme a questa pagina dell’eremita! E se non trovo la statuina stampo la foto!! Carlotta

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  27. da dove cominciare? è un post così ricco di spunti riflessivi che quasi ci si perde. Mi pare che ci sia un fortissimo legame tra i due testi e di certo Giulia deve amare moltissimo questo dialogo filosofico. Le parole di Abelardo sono severe a tratti, rigorose…Dio ti vuole paziente…e pazienti spesso non siamo. E’ molto poetica e vera l’icona del pescatore così come entrambi la descrivete…dovremmo veramente avere una statuina come quella sulla scrivania per ricordare certe cose in cui diciamo di credere! Riccardo

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