Il lavoro/Artigiani del nulla


Il lavoro

Tra le mani
trucioli di tempo
frustoli di sudore
per imprigionare
nella paglia
briciole d’amore
intrecciato di vita.
E al legno
manca la parola
soltanto
per cantare
come hai lavorato
per Dio.

sedia
Artigiani del nulla

Mentre
il dolore
si specchia
sereno
nel tramonto
con fatica
intrecciamo
la paura
di non avere
più mani.
Non siamo che
artigiani
del nulla.

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

102 pensieri riguardo “Il lavoro/Artigiani del nulla”

  1. ed allora, al tramonto, mentre il mio dolore si specchio sereno, apro le mani e faccio cadere per terra quei trucioli di tempo, quei frustoli di sudore, tutte quelle briciole di amore e le offro a Dio, come dono della mia giornata…credo sia questo il senso di questa nostra bella chiacchierata! Rodolfo

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  2. l’augurio che posso fare a tutti i giovani e che svolgano il loro lavoro con professionalità e tanta tanta passione. La passione non va d’accordo con i soldi! Per passione si scalano montagne, si fanno straordinari in corsia per accompagnare alla morte i malati…è la passione ciò che ci renderà uomini di Dio sul lavoro!

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  3. soprattutto nella pubblica amministrazione c’è chi scalda una sedia tutte le mattine..ed è aberrante. E’ davvero umilinte veder “lavorare” in tal modo, vedere persone che non fanno altro che guardare l’orologio e aspettare il 28 del mese per portare lo stipendio a casa…ma queste sono realtà! E neppure tanto strane da incontrare!

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  4. certo…ma non dimentichiamo che lavoriamo per poter mantenere dei figli! La gratuità sta nel comprendere a parer mio che al di là del lavoro, qualunque esso sia, ciò che conta non è solo il portare uno stipendio a casa (necessario per vivere) ma come tale stipendio venga portato a casa! E’ una bella differenza.

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  5. e possiamo essere artigiani anche senza mani, possiamo essere artigiani con la parola, con l’ascolto, ma sempre con la consapevolezza che ciò che si crea è un atto di gratuità! Marta

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  6. chissà…forse Michelangelo avrebbe voluto davvero che Dio potesse sentire ciò che il marmo creato dalle sue mani potesse rivelare della fragilità umana…ma a suo modo Dio ha compreso tutto quanto l’artista aveva nell’animo e nel cuore di Michelangelo sicuramente deve essere scesa la pace.

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  7. e se lavoriamo solo per portare a casa uno stipendio, se riteniamo che il lavoro non sia che un mezzo per procacciare sussistenza, allora sì che siamo artigiani del nulla, perchè il denaro è un nulla, un nulla dinanzi a ciò che è l’umo, un nulla dinanzi a ciò che Dio ci chiama a fare attraverso il lavoro.

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  8. se poi guardo quel sedile impagliato penso al lavoro come a un intreccio di relazioni, a un intreccio di saperi, a u intreccio di tessuti di vita, di storie personali, di drammi che si condividono. E mi pare che quelle quattro parole chiave, tempo, sudore, amore e vita diano del lavoro la definizione più realistica.

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  9. Vorrei tornare solo un attimo sulle liriche, per sottolineare come le parole sdrucciole possano dare ritmo e cadenzare la lettura come se si volesse dare un ritmo al lavoro stesso, lo stesso ritmo che scandisce il giorno e la notte, con quel tramonto che significa riposo, serenità dopo tanta fatica e dolore, perchè il lavoro implica dolore ma se fatto per Dio diventa fonte di estrema gioia e immensa gratificazione. Nicola P.

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  10. io credo moltissimo negli aspetti relazionali, nella consapevolezza che ciascuno di noi deve tener conto che i contenuti delle discipline non possono mai essere ritenuti fini a se stessi ma debbano rientrare in quella rete che ha come scopo ultimo lo sviluppo della persona. Ed ognuno di noi, sul campo di lavoro, è chiamato a fare ciò.

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  11. che dire, Paolo? Una bella provocazione che ci mette molto in discussione! Per chi lavora nel campo dell’istruzione (e qui ce ne sono parecchi) è senz’altro uno stimolo a far riflettere come ogni sapere, in quanto vivo, è un tessuto di saperi collegato ad altri saperi, in una sorta di rete. E su questo blog mi pare che i ragazzi lo sperimentimo sovente! Se i saperi circolano, si trasformano e trasformano le persone e le loro relazioni reciproche. Corrado Fadda

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  12. Mi è capitato di leggere questa lettera che un preside americano, sopravvissuto a un campo di concentramento nazista, inviava ad ogni inizio anno ai suoi insegnanti. Mi pare possa essere emblematica per quanti facciano del loro lavoro soprattutto un servizio per Dio.
    “I miei occhi hanno visto ciò che nessun uomo dovrebbe vedere. Camere a gas costruiti da INGEGNERI ISTRUITI. Bambini avvelenati da MEDICI BEN FORMATI. Neonati uccisi da INFERMIERE BEN ADDESTRATE. Donne e bambini giustiziati e bruciati da DIPLOMATI DA SCUOLE E LAUREATI DA UNIVERSITA’. Io diffido perciò dell’educazione. La mia richiesta è la seguente:aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani. I vostri sforzi non devono mai produre mostri ben istruiti, psicopatici qualificati, Eichmann istruiti. La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono più importanti se non perchè servono a rendere i nostri ragazzi più umani.”

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  13. Dice la bella preghiera:” Il dono di nozze da parte di Dio:io sarò sempre con voi e farò di voi gli strumenti del mio amore e della mia tenerezza, continuerò ad amarvi attraverso i vostri gesti d’amore”…che il posto di lavoro sia davvero una palestra per tutto ciò. Servono gesti d’amore e dobbiamo guadagnarci il risultato dei nostri progetti, delle nostre idee e delle nostre parole. Filippo

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  14. essere artigiani per Dio, tanto per riprendere due espressioni delle due liriche, significa, alla luce di quanto abbiamo detto,riconciliarci con la speranza. E se la nostra speranza si fonda in Dio, allora dobbiamo riconciliarci in primis con Lui, dal momento che è la sola fonte, l’unica causa della nostra speranza. E questo è un messaggio che bisognerebbe trasmettere spesso sul posto di lavoro!

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  15. nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità parrocchiali, nei luoghi di lavoro e di servizio dove siamo chiamati a operare siamo ormai diventati “testimoni” del perbenismo, della moderazione, della prudenza terrena. Paola

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  16. dinanzi alla fatica che si fa nel testimoniare una certa scelta di vita nel mondo del lavoro mi viene da pensare all’esortazione di Pietro: Siate pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”

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  17. Riguardo alla nostra professione, il continuo aggiornamento, la presa in carico delle responsabilità che questa “missione” richiede, la situazione di precarietà in cui vivono molti alunni, fanno sì che la nostra attività (che la maggior parte delle persone pensa tranquilla, serena e di poco impegno) sia un’esperienza totalizzante, stancante, che necessita di continuo studio ed approfondimento.

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  18. una sola è l’etica ed uno solo è il messaggio del Vangelo…ma mi rendo bene conto che in certi ambienti la testimonianza è veramente più difficile che in altri. Eppure ho conosciuto professionisti seri che non si sono mai arresi e dinanzi alle situazioni più assurde hanno testimoniato che la fede può avere un posto di primaria importanza nella professionalità e nell’esercitare tale professionalità. Filippo

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  19. è dura, eccome, ma alla fine il solo fatto di crederci porta a concreti risultati. Io spero di avercela fatta, finora, a tenere dignitosamente e validamente il mio posto, con l’aiuto di Dio e degli uomini che ci vogliono bene, nella convinzione che non ci sono due etiche, una per la vita di famiglia e l’altra per la vita lavorativa!

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  20. è così: occorre tenere separati il piano della fede e quello della conoscenza scientifica, pur tentandone una sintesi sul piano dell’esistenza e resistere di attribuire al dato scientifico una valenza etica che non gli appartiene. Salvatore

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  21. e d’altro canto è necessario dare un’impronta etica alla nostra ricerca scientifica, nei metodi, negli obiettivi e nell’interpretazione dei risultati. Rossana

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  22. non immaginate poi le fatiche di essere credenti nel mondo prevalentemente agnostico della ricerca scientifica. In questo ambiente può essere assai difficile vivere la fede perchè è necessario evitare di sbandierarla, ma occorre piuttosto cercare di viverla concretamente. Rossana

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  23. Cara Alberta, lei ha davvero ragione da vendere, ma mi creda che ugualmente difficile è la condizione di chi, donna sposata, ha dovuto anche far fronte a pregiudizi interni all’ambiente di lavoro, per cui, si sa, “farà figli e se ne starà a casa il più possibile”! Quando poi vai a lavorare non appena termina il permesso obbligatorio!

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  24. vorrei raccontarvi un po’ di noi, della mia famiglia, condividere con voi l’esperienza del lavoro. Io e mia moglie ne abbiamo cambiati due prima di trovare un po’ di stabilità, ma nonostante il contesto “incasinato” e problematico per tanti aspetti ci siamo sempre impegnati a testimoniare sui vari posti di lavoro la possibilità che ha il singolo di fare del bene, con professionalità e rigore, ma anche con umanità ed attenzione ai rapporti con le persone…a prescindere dai riconoscimenti della nostra carriera.

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  25. Anche io mi sento pienamente realizzata, vorrei tornare, anche solo in un angolino di ritaglio a dipingere, piú che altro perché mi chiedo se sia un dono che é giusto che io porti avanti, credo che Dio me lo fará capire, per ora penso solo alle mie bimbe, ogni parte della giornata é lavoro, ogni azione é lavoro e davvero non capisco come mai la societá d’oggi voglia farci sentire inferiori, voglia in qualche modo che pensiamo a noi come donne perfette, con carriere perfette, figli perfetti, casa perfetta e per finire un sorriso perfetto che tutto sa tranne che di vero. Non mi fraintendete vi prego, il mio non é un giudizio per quelle donne che lavorano, le ammiro dal piú profondo, la mia é una polemica contro la societá e tutto ció che ne consegue, buona serata Alberta

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  26. Fosse pure il lavoro più monotono nella scala di valutazione comune, al centro deve rimanere sempre l’uomo. Ed è in questa direzione che andrebbe orientato l’impegno di tutti. Furio

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  27. Indipendentemete dal suo contenuto oggettivo, il lavoro dev’essere orientato verso il soggetto che lo compie, perchè lo scopo del lavoro rimane sempre e solo l’uomo e di riflesso, dunque, Dio. Rodolfo

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  28. il lavoro non solo procede dalla persona, ma è anche essenzialmente ordinato e finalizzato ad esso. Questo è quanto oggi mi avete insegnato tutti! Lucia

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  29. quest’ultima precisazione mi pare assai importante! Spesso le donne vivono in modo frustrante il loro fare solo la mamma! Ed invece è un dono immenso quello che esse fanno alla famiglia

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  30. ed è importante, soprattutto per le donne, riconoscere che il lavoro non è solo quello remunerato, ma è lavoro ogni attività che contribuisca a realizzare delle persone e allo sviluppo sociale.

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  31. per non parlare poi dei luoghi comuni, come “Devi imparare a venderti” a far emerge ciò che vali! Si mette in vendita il proprio talento, la propria professionalità ed i rapporti personali diventano rapporti d’affari. Si sacrificano amici e famiglia.

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  32. Chi invece svolge un lavoro di routine sa che il suo lavoro prima o poi potrà essere svolto da una macchina o in paesi dove il costo del lavoro è più basso e così la sua retribuzione si abbassa.

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  33. inoltre chi è innovativo è fortemente richiesto e deve mantenersi sempre ad alto livello…può guadagnare sempre di più, ma riuscirà a mantenere il ritmo?

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  34. tutti poi sentiamo che non vi è cetezza sul futuro:continuerò ad avere un lavoro o lo perderò? alla mia età potrò trovarne un altro? Bisogna guadagnare al massimo finchè c’è la possibilità di lavorare.

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  35. Caro Theo, quale é mai la vita che io considero la migliore? Indubbiamente é una vita fatta di lunghi anni di comunione con la natura in campagna, e con Qualcosa di Alto, inconcepibile, “orrendamente innominabile”, perché non é possibile dare un nome a quanto é piú alto della natura. Sii un contadino – sii – se fosse possibile al giorno d’oggi, un curato o un maestro di villaggio – sii- e a parer mio dovrebbe esser questo il pensiero primo, dati i tempi che corrono- sii pittore, e come essere umano, dopo anni di vita in campagna e di lavoro manuale, giá essere umano nel corso di questi anni, alla fine sarei divenuto qualcosa di migliore e di piú profondo…Bisognerebbe iniziare nella convinzione che in quella strada non c’é via d’errore e che sará un cammino in linea retta…:se andasse tutto liscio, come nel caso di chi vive di rendita, servirebbe a ben poco; é proprio il fatto dei molti giorni duri , dei molti aneliti di anime perdute” a rendere migliore un uomo.
    …Ho cercato di sottolineare come questa gente che mangia patate al lume della lampada, ha zappato la terra con le stesse mani che ora protende nel piatto, e quindi parlo di lavoro manuale e di come essi si siano onestamente guadagnati il cibo… Vincent
    Scusate, sará quella foto, quella sedia, ma é da stamattina che penso a Van Gogh, alla sua devozione nel descrivere Dio.Bellissime poesie e bellissimi commenti. Alberta

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  36. l’ho pensato tante volte e torno ad affermarlo qui con prepatenza:il lavoro ci permette di guadagnare da vivere, ma in primis dobbiamo GUADAGNARE UNA VITA! Abbiamo tutti delle priorità, spesso sbagliate. Dobbiamo interrogarci su queste!

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  37. Io sono convinto che le utopie si possano in parte realizzare se ci crediamo! E sono convinto che il lavoro in molti casi possa unire, pur sperimentando nella realtà dei fatti che esso è spesso causa di fratture. Filippo

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  38. il lavoro, raggiunto come tutte le realtà dalla redenzione operata da Gesù, diviene occasione di comunione tra persone, superando così il rischio di carrierismo e competitività che invece provocano divisioni. Furio

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  39. io sono convinto che coppia e famiglia sono la prima palestra dove ci si esercita nella relazione e proprio perchè primo luogo di relazione esse danno forma alla vita sociale. Rodolfo

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  40. quando diciaMO “NON HO TEMPO”, “hO TROPPO DA FARE” siamo dinanzi alla spia indicatrice che si sta percorrendo la strada che porta all’isolamento anzichè alla relazione. Mario

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  41. quante volte il troppo lavoro sottrae ai genitori l’opportunità di stare con i propri figli, priva gli anziani dell’affetto dei familiari, mortificati magari da visite frettolose e di routine.

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  42. e così da veicolo di relazione questa espressione che rende l’uomo e la donna simili a Dio nel governare il mondo, rischia di diventare ostacolo alla medesima e non di rado ostacolo anche insormontabile.

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  43. il lavoro può anche arrivare a minare le relazioni..quante persone conosco che proprio a causa del lavoro sono impedite a realizzarsi pienamente nella loro relazione! Luciano

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  44. In effetti è una cosa che rinfaccio spesso ai miei genitori…molto bello questo blog. Sono Fabio e vi sono giunto per motivi scolastici, ma vedo che su queste pagine scorre molto più che “roba” di scuola. a presto. Fabio

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  45. quante volte il lavoro diventa fonte di tensione per la stessa coppia:quanti figli vengono “parcheggiati” per i troppi impegni;quanto tempo sottraiamo alla famiglia perche “si ha da fare” e quante volte il lavoro è un alibi per rientrare tardi a casa e non sobbarcarsi l’onere dell’ascolto dell’altro. Paola

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  46. credo che il lavoro che dovrebbe essere l’espressione più alta della collaborazione dell’uomo all’opera di Dio, non poche volte, oggi, rischia di diventare l’idolo a cui tutto viene sacrificato, non ultimo il diaogo di coppia, in famiglia e nel mondo ad esse circostante.

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  47. mi ha molto colpito l’intervento di Filippo e a tal proposito vorrei dire che dalla lettura attenta delle due liriche affora spontaneo il richiamo alla prima pagina della Bibbia in cui Dio associa a sè l’uomo nell’opera di custodia del creato:”Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perchè lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2,15) senza dimenticare poi il drammatico dialogo segiuto alla caduta del peccato: “con il sudore del tuo volto mangerai il pane”

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  48. poichè il lavoro desse i suoi frutti e ripagasse il pastore o l’agricoltore delle sue fatiche era indispensabile un vasto bagaglio di conoscenze specifiche…Esiodo sapeva bene quanto costasse la lotta quotidiana per la sopravvivenza!

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  49. non c’è quindi sterile competitività, ma un dinamismo che si coglie nell’età di esiodo come vera e propria gara tra ceramisti, artigiani, aedi…è un dinamismo che implica come forza operante il lavoro, quel lavoro imposto da Zeus agli uomini, che una società in movimento di tipo non più aristocratico riconosce come un merito ed un valore etico di primaria grandezza. Enrica

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  50. Ed ancora sottolinerei come l’onesta emulazione è salutare per gli uomini:per Esiodo colui che vede il campo del vicino più verde non muore di invidia, ma è spronato a fare del suo campo altrettanto.

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  51. questo perchè l’eccesso di ricchezza porta fatalmente alla prevaricazione, rompendo così un equilibrio universale di cui Zeus è principio e difensore. Carlotta

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  52. ma ciò che conta è che l’uomo si attenga sempre a criteri di giustizia e di misura, senza ofendere Zeus nè Giustizia:se lo facesse tutto ciò che ha accumulato andrebbe in breve tempo distrutto.

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  53. in secondo luogo viene il commercio che però è anche esso strettamente legato all’agricoltura e consiste per lo più nello smercio di prodotti dei campi.

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  54. tutti questi oggetti anche se preziosi non rappresentavano tanto un valore materiale quanto un ambito segno di prestigio sociale. Invece in Esiodo la ricchezza si ottiene e si mantiene soprattutto con il lavoro e tra tutte le attività è l’agricoltura la prima portatrice di benessere

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  55. i beni del re guerriero si accrescevano con il bottino, con i riscatti dei prigionieri, con il guadagno della loro vendita come schiavi, con il saccheggio e la pirateria. Annalisa

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  56. nel mondo omerico la ricchezza del signore era rappresentata dalla proprietà terriera e dall’allevamento, di cui egli si limitava a godere i proventi, frutto delle fatiche altrui. Alberto

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  57. altrettanto non si può dire dell’ottica cristiana e Abelardo potrebbe fare un lungo discorso sulla tematica del lavoro …il lavoro è solo uno strumento che l’uomo ha tra le mani per glorificare Dio e di riflesso i suoi simili. Spettacolare è vedere tutti questi ragazzi così impegnati nella discussione…un vero forum! Complimenti a tutti! Salvatore Salvatore

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  58. Nella religione greca gli dei non mancano di dimostrarsi benevoli a coloro che sono giusti e pii e gli permettono anche di accumulare un’onesta ricchezza.

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  59. carissimi, arrivo solo ora e mi unisco solo per un istante a voi con la promessa di ritornare con maggior calma. Trovo assai interessante ed importante la tematica affrontata sia in relazione alle Scritture che ai testi antichi che all’attualità . Lavoro e ricchezza sono assai collegati. Mi permetterei solo di osservare che per Carlo e Giulia il messaggio è questo:non si lavora per la ricchezza, chè questa è un nulla! Si lavora per Dio, che è l’unica vera fonte di ricchezza. Perdonatemi, ma mi pareva importante sottolinearlo al fine di dare maggior spazio alle vostre riflessioni proprio in virtù delle due liriche (magistrali come sempre, la prima in particolar modo per il messaggio forte sotteso) di cui oggi Carlo e Giulia ci hanno fatto dono. A presto …lavoro permettendo!

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  60. “il lavoro non è vergogna;vergogna è l’inerzia;se lavorerai, ben presto il pigro invidierà la tua ricchezza; e alla ricchezza si accompagna valore e fama” (Opere 311-313) Enrica

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  61. mi pare importante sottolineare che nell’ottica della società in cui Esiodo è vissuto l’uomo valente(estlhos) è colui che sa procurarsi la ricchezza non solo con i ricchi doni di un bottino di guerra, ma con il proprio lavoro conquistandosi fama con onestà…grazie Carlo e Giulia per il dono grande di questo post!

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  62. e non se la passava poi così bene tutto il giorno appoggiato alla lancia, a correre dietro al suo scudo che era costretto pure ad abbandonare dietro un cespuglio, a mangiare una sorta di focaccia azzima…che vitaccia la sua. Alice

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  63. Se la pigrizia dell’uomo suscita lo sdegno degli dei, essa non manca di suscitare anche il giusto risentimento di coloro per i quali il lavoro è una forma di vita morale, una aretè che si contrappone a quella del guerriero.

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  64. “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” recita un passo della Genesi, ma ci torniamo su più tardi..la digressione letteraria è assai interessante. Complimenti a tutti per ciò che ne sta venendo fuori!

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  65. Esiodo più volte afferma che il lavoro non arreca vergogna e che l’unica cosa vergognosa è lo stare in ozio:da questo appare chiaro come il poeta voglia sottolineare la profonda eticità data al lavoro:non lavorare significa dare spazio all’inerzia (aerghìe) che genera tracotanza (Hùbris) e discordia (Eris) e distrugge la giustizia (dike) perchè in tal modo viene meno al disegno di Zeus che ha voluto che gli uomini ricavassero sostentamento dal lavoro duro e costante.

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  66. Proprio Esiodo e in modo abbastanza differente dal mondo omerico, poichè quest’ultima chiusa in un suo classismo ha il suo vertice nell’aristocrazia che determina ed esprime anche i valori etici dominanti; e in questa classe l’idea del lavoro è generalmente associata a quella dell’appartenenza ad una condizione umile o addirittura servile. Nicola P.

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  67. ma l’esempio più significativo ci viene da uno dei più fantasiosi racconti di con cui Odisseo nasconde la sua vera identità: in esso (XIV 222-226) il lavoro si configura come abituale attività e scopo di vita, in alternativa al mestiere delle armi di cui è invece impregnata l’intera Iliade

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  68. carissimi, inizierei a esaminare il lavoro in Omero, in particolar modo nell’Odisssea dove esso ha il suo posto ed è considerato con rispetto e simpatia…vediamo se ne ricordate qualche esempio…

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  69. “Non è forse egli il figlio del carpentiere?” (Mt 13,55) I Vangeli sono parchi di notizie circa l’infanzia di Gesù:un periodo avvolto dal silenzio e dalla discrezione. Mi piacerebbe prendere spunto d queste due significativissime liriche per spendere insieme a voi una riflessione sulle “relazioni” che la coppia o la famiglia intessono nell’ambiente in cui vivono esaminandole dall’angolatura del lavoro. Perchè una riflessione su ciò? Ma perchè semplicemente il lavoro è la quotidiana esperienza che fAVORISCE L’INCONTRO TRA LE PERSONE. Filippo

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  70. mi ha colpito il fatto che le mani siano in entrambe le liriche legate al lavoro, come se attraverso il “fare” attraverso le mani, attraverso il lavoro Dio compissse in noi certi “miracoli”..e di fatto credo proprio che avvenga così…le nostre mani sono uno strumento per trasformare il legno in qualcosa che possa essere segno visibile di Dio:stiamo parlando ovviamente per metafore!

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  71. Ha ragione Alessandra…forse quel nulla scritto Nulla avrebbe dato più armonia al tutto…così in effetti le due liriche sono fortemente contrapposte! Furio

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  72. Pensavo che potrebbe essere bello parlare un po’ con i ragazzi della tematica del lavoro nei testi antichi. Ritorno più tardi su questa assai bella e interessante pagina che credo ci regalerà moltissime emozioni! Bravissimi! Per la scelta di una tematica così attuale e alla quale siamo tutti esortati a confrontarci. Enrica F.

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  73. complimenti! Idea geniale quella del lavoro e altrettanto geniale l’averla posta così su due piani antitetici. L’immagine poi richiama giustamente a qualcosa che si intreccia, al tramonto stesso che porta il riposo, alla fatica di avere tra le mani trucioli da spartire con chi divide con noi il pane…davvero i miei più sentiti complimenti!

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  74. ritengo che questa tematica scatenerà bellissime riflessioni tra giovani ed adulti. E trascorrerò molto tempo della mia giornata a leggere il capolavoro che ne verrà fuori. Tecnicamente permettetemi di fare alcune riflessioni sulle liriche, incisive e assai diverse tra loro. La prima è un vero e proprio canto, una lode di ringraziamento per la fortuna di avere tra le mani un lavoro, un lavoro che non porta denaro, ma che nella fatica e nel sudore realizza opere di Dio. Mi pare che si dia al lavoro un significato altissimo! La seconda è più biblica, nel senso che si rifà molto al versetto della Genesi, più pessimista con quel nulla fortemente opposto al Dio della precedente lirica. Nicola P.

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  75. siamo artigiani del Nulla! Allora sì che il lavoro ha senso, allora sì che il sudore ha un senso…se dovessimo lavorare per i soldi e basta sarebbe davvero una disperazione…non pensate?

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  76. io vorrei capire come fate a trovare immagini così emblematiche…tiporta molto a Giuseppe, alla sua bottega, questa foto, al lavoro del falegname:è una sedia, che paradossalmente indica un “riposo”:ci si siede per fermarsi, per staccare, per riposare le membra..eppure qualcuno ha lavorato per intrecciare, per levigare il legno, per offrire per l’appunto riposo a qualcun altro. Non siamo mai artigiani del nulla, siamo artigiani come lo è stato Dio con ciascuno di noi…siamo a Sua immagine! Furio

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  77. mi pare di fondamentale importanza vivere il lavoro come un qualcosa che si fa per Dio…come se ognuno di noi fosse chiamato attraverso la professione ad essere costruttore di pace! Rodolfo

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ADR a 360 gradi Conciliazione, mediazione , arbitrato, valutazione neutrale, medarb e chi ne ha più ne metta