L’eremita (Seconda parte) (Scena unica – cinquantunesima parte)


Tramonto su Genova

L’eremita
Ma che cosa si intende per anima universale? Io faccio una gran fatica ad immaginare come potrebbe essere la mia anima…non riesco proprio a concepire un’entità universale… mi sembra solo un concetto astratto.

Abelardo
Se io fossi in grado di spiegarti di che cosa si tratta saremmo giunti alla fine del viaggio…ma come ti ho detto non ci si arriva mai, come non si arriva mai a definire una cosa tangibile…lasciando stare i concetti…è già tanto se qualcuno ha avuto un’intuizione e ne ha concepito il nome…è davvero una conquista, te lo assicuro, anche se lo ha permesso Dio…diversamente nemmeno una piccola luce avrebbe rischiarato il nostro orizzonte…noi ci illudiano di fare grandi scoperte…ma è solo la natura che a poco a poco si lascia rivelare quando è arrivato il momento…quando ci può davvero essere utile…la natura è ancora a servizio dell’uomo se l’uomo ne rispetta la sacralità…ma ogni piccolo o grande passo è solo una nostra opinione…non esiste una scoperta più importante di un’altra, perché comunque sempre sfugge il senso profondo…si vive nell’immediato che sembra grandioso come grandiosa sembra all’uomo la sua piccola vita quando viene visitato dalla Verità…diverrà anche immensa…ma solo in tappe infinite…in tappe di infinita ricerca.
Ora noi siamo di fronte a due concetti ignoti ed è già miracoloso che ce li rappresentiamo più o meno favolosamente…ma pensa alla sostanza di quei concetti…quando si lasciano i puri nomi si brancola davvero nel buio…anche se, per un qualche motivo, si pensa comunque… ed è una grande consolazione… a qualcosa di bello e luminoso.

L’eremita
Ma se è tutto così complicato perché tu sei così sicuro che io possa comprendere il valore dell’anima universale?

Abelardo
Comprendere il valore di una cosa non significa né averne il concetto, né percepirne la sostanza, ma solo gli effetti.
Lo stesso vale, se ci rifletti, in merito alle persone; noi diamo sempre risalto al valore, perché non siamo in grado di conoscere l’essenza di un essere umano, né ci soccorre il suo nome se non come riferimento spaziale e temporale, il nome ha sempre un contesto in cui viene collocato, noi non siamo in grado di pensare ad una persona in senso assoluto; il tempo e lo spazio, la fisionomia in un certo luogo ed in un dato spazio, le parole ed i gesti legati sempre ad una circostanza precisa ci fanno costruire un giudizio…ci fanno “comprendere il valore” di una persona…appunto in base ad i parametri che siamo in grado di utilizzare e a cui non possiamo sfuggire…non a caso qualcuno ha detto che la cosa più importante per un uomo è quella di conoscere se stesso… è l’unico punto di partenza e di arrivo, noi infatti siamo in grado di pensarci quasi in senso assoluto… dico quasi perché basta una piccola variabile interna a mutare il quadro…la nostra mente è legata su di noi non tanto ai ricordi… se non quando ci immaginiamo un qualsivoglia legame… ma al presente, a quel che facciamo che è spurio dallo spazio e dal tempo… voglio dire che in quel momento noi non potremmo che fare quello, che essere quello che siamo chiamati ad essere ed il collegamento si crea solo con il futuro al limite… quando diviene presente, ma il tempo non ci definisce, né lo spazio…perlomeno non davanti a noi stessi…potrà variare il giudizio, il valore, ma noi sappiamo sempre, in ogni momento, ciò che siamo, quale sostanza viene colorata dal nostro nome…questo processo invece non può essere rivolto verso un altro essere…si può soltanto fare una proiezione, se ci si è attentamente conosciuti…a meno che l’amore che nutriamo non sia così intenso che chiami a testimone Dio su un’essenza che ci rappresentiamo immutabile nel tempo e nello spazio…non ce la rappresentiamo per quel che è veramente, ma ne percepiamo gli effetti sino alla radice dei capelli, sin nel palmo delle mani…è la parte di noi che più abbiamo amato ed apprezzato, così la possiamo pensare come se fosse nostra… perché nostra è.
Così sarà per l’anima universale…le anime individuali comprenderanno il valore dell’anima universale perché l’ameranno per quello che hanno trovato di bello e di puro nel loro proprio cammino di purificazione, proietteranno su di un’essenza che potremmo definire ancora in formazione quella parte di Dio a cui si sono stretti invocando la salvezza, quella parte di Dio che sta uscendo dal cammino sempre più luminosa, perché le radici si stanno liberando dal terreno…sempre di più, sempre di più… ed ora non hanno più necessità di restare nascoste, non hanno più bisogno del nutrimento terreno in un vaso angusto, ma solo di quello celeste che sta in ogni particella, se così la possiamo chiamare, del Paradiso.
Più crescerà l’Amore e più le proiezioni di ogni componente dell’Universo si amalgameranno tra di loro, fino all’inscindibilità in un’unica anima la cui energia e sostanza possiamo solo avvicinare come una preghiera…con l’unica certezza della direzione.

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

16 pensieri riguardo “L’eremita (Seconda parte) (Scena unica – cinquantunesima parte)”

  1. Il bisogno di conoscenza che caratterizza l’uomo é poi fondamentalmente un bisogno di spiegare il mondo per poter conoscere un pó di piú di noi stessi nel tentativo di avvicinarsi sempre di piú alla percezione della “scintilla”.
    Cosí La chiamava il mio professore di anatomia, un uomo che non sembrava neanche poi cosí religioso, ma quando parlava del corpo umano…il suo volto si trasformava dello stupore di un bambino. Il piú piccolo e “insignicante” ossicino del corpo umano lo affascinava perché materializzazione di un prodigio, prodigio che la scienza spiega. Ma la scintilla, quella non puó essere spiegata. Si conosce la meccanica della procreazione, lo spermatozoo che si fa strada per entrare nell’uovo, uno su un milione; ma una volta che é dentro é la scintilla che inizia la trasformazione e che fa si che nulla sia per caso.
    Vi ricordate gli occhi dei vostri figli nei primi giorni di vita? Avevano un colore ed una luce che non fanno parte di questo mondo, come se fossero ancora su una linea, penso alla linea dell’orizzonte, tra l’essere e il non essere, ossia tra l’essere forma, forma umana e l’essere entitá celeste. Gli stessi occhi li rivedró nei miei genitori e in me stessa nell’avvicinarmi sempre di piú a quella linea d’orizzonte, a quella stessa scintilla che ci porterá nel ventre di Dio per farci rinascere in un’anima universale.
    Quando si ama davvero si diventa strumento della scintilla non solo nella procreazione ma nel prendere atto del fatto che proveniamo poi tutti da un’unica vena, che il sangue universale va al di lá della genetica, che siamo tutti fratelli, che é la voce dell’altro a chiamare il nostro nome, a svelare un pó piú di noi stessi a noi stessi.
    Questa pappardella che non dice poi nulla che non sia giá stato detto non vuole essere un commento alla pagina, non mi basterebbe leggerlo cento volte per arrivare a dire qualcosa, sono pensieri che mi sono venuti nel momento in cui per la prima volta ho pensato ad un’anima universale…non ci avevo mai pensato prima, suppongo che per me era solo un attributo per descrivere Dio, l’energia che é vita.
    Sono sicura che al momento giusto sará Dio stesso a svelarmi il significato piú puro di me stessa, di me stessa in funzione e come parte inscindibile dell’assoluto. Alberta

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  2. ragazzi, io mi dissocio da questa chiacchierata filosofica cui non saprei tener testa e mi fossilizzo sulla foto e sul testo…l’anima universale probabilmente sta là, in quella natura che sempre ci stupisce per la sua perfezione e bellezza e che ci parla per forza di Dio, perchè solo da una mente e da un’anima divina (chiamatela come volete) può nascere un tramonto come quello del quale io, rossana, sono chiamata a godere! Ecco…Lui chiama per nome ciascuno di noi, ci connota, segna il nostro cammino proprio col nome, ci identifica tra le sue pecorelle…così leggo l’eremita oggi! Rossana

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  3. non solo una poesia ma anche un significato preciso…col battesimo abbiamo dato un nome a nostro figlio, quel nome e non un altro e con quel nome egli rappresenterà per qualcuno una parte dell’anima universale. Tiziana

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  4. Platone affermava che il filosofo era colui che aveva il bello in sè ed era capace di contemplare sia questa sua bellezza sia tutte le cose che ne partecipano. In tal modo voleva dire che l’IDEA è una sola, ma si manifesta in una molteplicità di cose sensibili. Per il cristiano la Bellezza è una ma essa si manifesta in molteplici modi. La persona che amiamo di un puro amore è di certo una di queste molteplicità e Abelardo dice che noi facciamo esperienza dell’Amore proprio grazie all’amore terreno, facciamo esperienza dell’anima universale grazie alla nostra anima e a quella che ha riflesso il nostro volto che ha fatto eco al nostro nome…è bello l’esempio del nome ed ha in sè una sua poesia

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  5. Il termine UNIVERSALE come problema filosofico nasce con le domande socratiche, le quali chiedendo cos’è x,y,z mirano a definire la natura comune di tutte le cose simili. Abelardo parlando di anima universale vuol far comprendere che l’anima umana ha in realtà la stessa natura di quella divina universale, perchè tutto è compreso ed è stato concepito dall’universale natura divina. Nicola P.

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  6. Per Platone l’anima era una sostanza immateriale, che insieme al corpo costituisce la natura umana e che al corpo preesiste e sopravvive in quanto immortale. In essa si distinguono tre parti: razionale, irascibile e appetitiva. Per Aristotele invece l’anima è ciò che fa sì che un corpo vivo in potenza diventi vivo in atto. In quanto sostanza o forma del corpo l’anima non esiste separata da esso e se ne possono distinguere tre tipi: vegetativa, sensitiva e intellettiva.

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  7. La sacralità della vita coniugale sta in questa catarsi di cui parlate:è un cammino di purificazione, e di proposito non dico “espiazione”, come se la nostra anima fosse macchiata oppure velata dal peccato ed allora il nostro coniuge si fa tramite per scostare il velo affinchè possiamo vederne tutta la bellezza e possiamo in essa intravvedere l’anima universale. Perchè è così, amici miei. Quell’anima con la quale si condivide un’intera vita ci porta dolcemente a prendere coscienza di noi stessi attraverso la conoscenza della sua essenza nella quale noi ci riflettiamo per renderci conto alla fine che proveniamo tutti dalla stessa anima universale: l’anima universale è l’essenza divina e l’uomo, la donna che amiamo (guardate che ce n’è uno, non molti!!! Su questo prestate tutti molta attenzione!) ne sono un riflesso proprio perchè riescono a condurci all’anima del Padre. C’è una purezza, una bontà, una autenticità di sentimenti che noi sperimentiamo quando amiamo chi attua la catarsi e che ci porta al Padre…ed è la morte della “ignoranza”, la morte dell'”incoscienza” affinche sia la Vita a trionfare in modo prepotente e fecondo. Trovo le vostre considerazioni davvero preziosissime! Filippo

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  8. Ha ragione Paolo:io vedo in questa bella e toccante pagine il tentativo di voler definire chi amiamo, pur sentendone tutti i limiti che l’uomo ha per poter portare a compimento tale impresa. Il fatto è che l’esperienza d’amore coinvolge tutta la nostra vita e la nostra anima:noi siamo nati da un atto d’amore, quello dei nostri genitori (ma Abelardo di questo ha già parlato tempo fa) e dall’Amore del Padre. Nasciamo però con un peccato originale sulle spalle e per tutta la vita cerchiamo di scrollarcelo di dosso, non tanto per una questione di coscienza, quando per vedere in faccia la nostra anima. Che colore ha essa? E’ colorata o trasparente? Ha forse l’aspetto di un arcobaleno? La vita coniugale ci aiuta moltissimo in questa catarsi!

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  9. mi pare assai importante quest’ultima affermazione di Carlo:la mia esperienza umana di fatto ha permesso che la mia anima si colorasse grazie proprio al riflesso che ne vedevo in un’altra…platonicamente credo che sia solo una al modo la nostra metà, l’anima che maggiormente riflette il nostro percorso, che ci mostra la nostra origine e ci indica la nostra meta. Una sorta di Magna Mater! Per gli antichi questo era fondamentale, perchè la Magna Mater era l’origine del tutto ma pure il ritorno al tutto. Un’entità femminile e primigenia da cui discendiamo e che rappresenta la purezza del nostro essere uomini. Sia ben inteso:anche per le donne è così. Loro in più hanno il dono della maternità che le completa e che in un certo senso le rende più avanti degli uomini…loro sono in grado di percepire meglio certi concetti astratti, mentre noi uomini abbiamo necessità di concretezza. Ma mi pare che qui Abelardo stia dicendo qualcosa di fondamentale circa la coniugalità.

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  10. sì, penso di sì. Si parte da noi per ritornare a noi, ma solo apparentemente:questo non deve sembrare puro egocentrismo. Ne abbiamo parlato giorni fa a proprosito del cammino umano e del nostos così come della teshuvà: la conoscenza di noi stessi serve a entrare in relazione con altre anime per poi ricondurci al Padre, quindi in realtà questo ritorno non è altro che un ritorno al punto di partenza. E’ come se fossimo partiti dal ventre di nostra madre e ci servisse una vita intera per farvi metaforicamente ritorno.

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  11. Ma cosa significa? Che dobbiamo partire dalla conoscenza della nostra anima e da quella di chi amiamo per poter giungere all’esperienza dell’anima universale? Marta

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  12. Mi pare chiaro che qui si proceda dal particolare all’universale! Abelardo, come sempre, cerca di spiegare un concetto filosofico attaccandosi alla quotidianità, facendo riferimento all’esperienza dell’eremita…e questo è l’unico metodo per chiarire ciò che di fatto è astratto. In quanto hanno tentato di spiegare l’anima!! Ce l’abbiamo un’anima? Oppure abbiamo solo una coscienza? Credo che anima e coscienza siano due concetti diversificati, la coscienza è più legata al senso del dovere, del peccato, l’anima è invece connessa alla conoscenza ed a ciò che l’uomo è in grado di percepire della natura che lo circonda nella sua totalità. Conoscere la nostra anima significa scavarsi dentro, guardare dritto alla purezza che i nostri occhi possono sostenere e sono convinto che il tempo a nostra disposizione non sia mai sufficiente a darci una conoscenza globale della nostra persona, per il semplice fatto che siamo in continua evoluzione (per fortuna) e la nostra anima si arricchisce e cresce di continuo. Così è per l’anima altrui…è assai difficile entrare nei pensieri di una persona, scelare ai nostri occhi i suoi segreti, gli aspetti che neppure lei conosce, ma il cammino che si fa insieme ha proprio questo fine:la conoscenza dell’anima. Ed allora vedete che poco per volta si delineano con più chiarezza le parole di Abelardo.

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  13. E’ una pagina difficile, ma allo stesso tempo commovente. Mi soffermo sul concetto di anima che etimologicamente viene da psyke che significa “soffio”. In quanto tale i Greci avevano ben compreso che non era di facile definizione come concetto, ma la filosofia ha avuto per secoli il compito ultimo di connotarla almeno come elemento essenziale e connonaturato alla gnome, alla “conoscenza”. Forse è grazie all’anima che conosciamo, perchè facciamo esperienza del mondo tramite “mente” e “cuore” e non credo che il cuore giochi un ruolo secondario!

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