Tempio/Neve


“Ce li immaginiamo così i Greci, bruni, con la carnagione olivastra, filosofi, adoratori di divinità ubriache d’ambrosia lassù sull’Olimpo, dove essi ce la mettevano tutta a raggiungerli col fumo ed il profumo delle carni sacrificali. Ma probabilmente sbagliamo: i Greci forse non adoravano che la legge, l’amore, la guerra, la sapienza, la politica e queste ed altre cose innalzarono al rango di divinità, diedero ad esse un nome, un aspetto umano che celebrarono con statue e templi imponenti, segni concreti dei loro ideali e delle loro certezze che hanno sfidato secoli ed intemperie…nè Hermes, nè Atena, ma idee, pensieri che avevano nel cuore e nella mente e che ancora oggi ci raccontano la loro immortalità”. Giulia

Tempio

 

Si erge
il tuo corpo
marmoreo
io mi arrampico
tra scanalature
erose dalla
passione
oltre al capo
oltre alla fronte
solo cielo
sei la sede
del Cielo
custode di nubi
passeggere
e dei raggi
di Helios

 

colonne 

Neve

 

Per sognarmi
neve
ed unirmi
alla terra
nacqui.
Mi condannò
per sempre
lo scalpello
ad essere
amato
verso
il Cielo.

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

15 pensieri riguardo “Tempio/Neve”

  1. ho dato a mio cugino Renato “asilo politico” perchè non riusciva a pubblicare!!! Spero non vi dispiaccia, ma ci teneva a lasciare una traccia su questo post che qui da noi ha riscosso grande successo, perchè noi tutta questa discendenza coi Greci in realtà la sentiamo molto e sentiamo molto il fatto che quei segni visibili che essi ci hanno lasciato sono un patrimonio che ci accomuna e ci appartiene, un patrimonio culturale, filosofico, scientifico da cui non si può prescindere e grazie al quale oggi siamo qui tutti insieme a parlare di Helios piuttosto che di capitelli corinzi. Un saluto da tutti noi. Rossana (gli altri oggi non riescono per motivi di lavoro ad intervenire!)

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  2. splinder dà i numeri: io trovo il dialogo molto sensuale, sensuale e struggente, sensuale la prima lirica e struggente la seconda perchè in realtà raccontano di un uomo e di una donna che si rincorrono senza potersi raggiungere: il mito di Orfeo e Arianna! Renato Screpis

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  3. siamo andati in Grecia in gita scolastica e francamente l’espressione pecorari abbruttiti ci lascia un po’ perplessi….non saranno come li descrive Omero ma sono gente simpatica, magari povera, non certo gli idoli che ci fanno studiare a scuola, ma ciò non toglie che ci hanno lasciato un’eredità incommensurabile e per questo gli dobbiamo comunque rispetto: la loro storia non gli ha probabilmente permesso di vivere da latifondisti o di fare i negrieri. Siamo venuti a vedere i risultati degli scritti e non potevamo non salutarvi: le colonne viste dal basso ci mettono un po’ soggezione:ci fanno sentire piccoli, ma nello stesso tempo sono segno delle potenzialità enormi che l’uomo possiede. Un abbraccio a Carlo e a Giulia da Federico, Carlotta, Maria e Alberto

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  4. volevo soffermarmi sulla sincresia tra aspetto cristiano ed aspetto pagano, quel Cielo da una parte ed Helios dall’altra: la religione altro non è che il nostro desiderio di tendere al divino, di avvicinarci alla perfezione del Demiurgo, di trovare risposte a insondabili questioni (l’eterna querelle tra fede e scienza!) e questo è presente in ogni forma di religiosità, dove l’aspetto più importante rimane comunque il vivo desiderio di spiritualità.

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  5. io credo che reggere per l’eternità sia davvero una condanna terribile:la colonna regge il tempio e la terra a sua volta regge la colonna, ma se si capisce lo sforzo finalizzato allora anche la fatica può aver un suo aspetto positivo e la si accetta per ciò che essa è. E’ uno dei dialoghi più sofferti che avete scritto.

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  6. Io credo che la materia della colonna stia cercando di esorcizzare l’idea della morte. Colonna e terra sono la stessa cosa, nel senso che il marmo faceva parte della terra stessa, una pura casualitá chimica l’ha reso capace di innalzarsi verso il Cielo, di ergersi imponente su tutto…ma ora sa che é solo una questione di tempo, la corrosione sta facendo il suo corso e quello che rimane di tale grandezza non puó far altro che pensare a quando sognava d’esser neve cosí che lo sciogliersi nel tempo faccia meno male…tutto torna alla terra perché il ciclo é incurante persino dello scalpello.

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  7. bellissima introduzione che aiuta molto a comprendere il senso profondo del dialogo molto “romantico” in quanto vedo forte la presenza d vittimismo e titanismo, vittimismo in quel mi codannò” a cui s contrappone il titanico “mi arrampico”. Lo scalpello ha creato, ha creato un’ascesi al cielo, ma il marmo forse avrebbe preferito l’umile condizione di chi si sbriciola a terra, una erra che vuol invee innalzarsi..non siamo mai appagati di ciò che abbiamo!

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  8. è antropomorfizzata questa colonna, con quel capo (capitello) quella fronte (frontone) domina con il suo corpo la terra, accende di desiderio la terra ma nello stesso tempo fa sorgere in lei la tensione al cielo: quanto è importante l’uomo per la donna e quanto la donna per l’uomo: la terra è la base della colonna, rappresenta le radici della colonna, ciò su cui poggia l’intero tempio! Uomo e donna, la famiglia, in piccolo la casa, il tempio di Dio.

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  9. e se la terra senza colonna non può raggiungere il cielo è pur vero che la colonna senza terra non potrebbe essere innalzata al Cielo: hanno bisogno comunque l’una dell’altra per esserci! Daniele

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  10. ma è pur vero però che la colonna e la sede di Dio, l’uomo è il tempio di Dio! e questa è un’immagine comunque rasserenente e che dona tanta fiducia. Riccardo

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  11. …quindi una unica grande metafora: la terra è la donna e la colonna rappresenta l’uomo, ma in un’unione impossibile, quasi come se si volesse sottolineare che per l’uomo in generale è davvero difficile raggiungere Dio e solo in pochi arrivano a quel cielo con consapevolezza e senza rimorsi (condanna) Cris

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  12. ed ora passiamo alle liriche che questa sera offrono anch’esse una originale prospettiva. Due sono gli interlocutori: la terra e la colonna. La terra al di là delle colonne vede solo il cielo, il Cielo. Aspira a quel cielo, come l’uomo aspira a Dio, ma è un Dio che gli è negato, mentre ciò non accade per la colonna che è innalzata costantemente verso nubi e sole, tende costantemente al cielo ed è per essa una condanna perchè vorrebbe invece essere neve piuttosto che parte di un tempio ed unirsi così alla terra in un armonico ciclo naturale. La terra si arrampica, sembra un trapezista che si esibisca tra scanalature di pathos e brama quel cielo irragiungibile che si avvicina solo grazie alla presenza della colonna. Si avvicina ma è comunque irragiungibile. La colonna dal canto suo è ugualmente inappagata, perchè vorrebbe quasi polverizzarsi e farsi un tutt’uno col suolo, un suolo irragiungibile. E’ un dialogo struggente. Tu, lettore vedi la foto, ti inebri di archeologia e perdi di vista cos’è quel tempio: celebra l’altro, l’irragiungibile, rende onore all’altra metà della platonica mela. Il tempio è simbolo della continua ricerca della eudaimonìa, ma anche della completezza che due anime raggiungono (terra e colonna) quando vogliono tendere allo stesso fine (il cielo), anche il dramma che spesso è vissuto da chi in piena consapevolezza comprende che l’uomo è comunque condannato a vivere inappagato se non trova in sè l’equilibrio geometrico che lo salva. Una buona serata a tutti. Paolo

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  13. Suscita in me forti emozioni questo post: mi immagino tanti turisti, coinvolti dalla bellezza dei resti archeologici, paradossalmente ciechi dinanzi al senso di ciò che tali rovine potessero significare per i popoli antichi. Me li immagino con le loro macchine fotografiche e penso poi a quei segni visibili ed erosi dal tempo, a quei segni che sono il simbolo del pensare e del sentire di un popolo, certezze che sono state rese come punti visibili sulla terra in una geografia di idee che i Greci soprattutto hanno saputo concretizzare in templi. E parole. Non a caso il pensiero occidentale nasce là, con loro.

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  14. Davanti a questa bellissima prospettiva non penso a quello o quell’altro imperatore, non penso a quello o quell’altro Dio, penso al tempo che ha reso giustizia, ha sciolto la magnificenza, la potenza e nell’erosione ha lasciato una straordinaria cornice per il cielo che si ama e contempla per onorare tutte quelle anime che hanno dato sudore, sacrificio, la propria vita, per innalzare un pezzo di marmo verso il blu, é e sará sempre la traccia del loro scalpello.

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