Notturno
Il firmamento
è una corona
di astri
che sgrano
pensando
al nostro domani
Mondi insignificanti
Non conoscono
le stelle
i palpiti
dei fiori
che amano
le api,
il mistero
di mondi
insignificanti
che ci salva.
Notturno
Il firmamento
è una corona
di astri
che sgrano
pensando
al nostro domani
Mondi insignificanti
Non conoscono
le stelle
i palpiti
dei fiori
che amano
le api,
il mistero
di mondi
insignificanti
che ci salva.
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Che c0s’è il domani? Come ci possiamo porre dinanzi al domani? Non consultando i calcoli babilonesi – come ammoniva di non fare Orazio – ma affidandoci a Chi ha già progettato il meglio per noi. Ma la cosa difficile, il mistero insondabile, è comprendere questo meglio per noi. Corrado Fadda
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Il nostro mondo, quello terreno, mi appare in questi versi pieno di fascino, abitato da una misteriosa Bellezza, dinanzi alla quale ci sentiamo spesso disarmati quando forse Essa ci protegge soltanto. Enrica F.
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E’ la preghiera a salvarci, così come ci salvano le piccole cose che con la loro umiltà ci insegnano ad apprezzare e a comprendere le grandi…e così dai fiori si passa alle stelle, in un’unica corolla, come in un rosario. Forza Italia!!! MArio
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cosa ci salva? forse il nostro domani, durante il quale possiamo riscattarci, forse la stessa attesa del domani…tanto per mettere in versi Abelardo! L’attesa in preghiera. Rossana
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le stelle da lassù contemplano con indifferenza la nostra vita, guardano con indifferenza il mistero della vita che però dona un senso alla Terra. Paola
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dinanzi almistero delle stelle nasce spontaneo solo il desiderio di concretizzare il nostro grazie a Dio con una preghiera che simboleggia l’affidarsi al Demiurgo rimettendo nelle Sue manin il nostro domani che non possiamo in alcun modo conoscere. Salvatore
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il domani posso affidarlo solo a Dio, il nostro domani, non il mio…in questo nosro c’è titanismo, c’è smarrimento dinanzi al firmamento, estasi, forse anche contemplazione della grandezzza dell’universo dinanzi al quale l’uomo sempre si interroga, ma poi il discorso diventa personale, diventa NOSTRO e alla conoscenza del mistero si sovrappone la fede in un Dio che ci proteggerà. Costanza
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ciò che mi colpisce delle due liriche è il NOI (nostro/ci) sotteso ai versi, in atteggiamento titanico, come se dinanzi al mistero, dinanzi a qualcosa che non è conoscibile in tutto e per tutto, il fatto di non essere da soli è comunque una consolazione e la preghiera recitata con qualcuno è un’esperienza corale di fede.
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vorrei ricordae a tal proposito, nel dibattito tra fede e ragione, la posizione di Sant’Agostino. Egli tendeva ad un sapere unitario in cui potessero convergere fede e ragione come in un organismo vivente, pur considerandoli come due valori distinti. In lui vince il cammino di un intellectus quaerens fidem, intelligo ut credam, ed egli parte dalla fede e su questa base adopera le forze della raione: il dialogo poetico di oggi mi sembra ruoti su questa posizione agostiniana. La prima lirica si base sulla fede che prende piede nella seconda sulla conoscenza del mistero:la conoscenza del mistero può avvenire solo attraverso la fede. Buon lavoro. Nicola P
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Data la natura ordinariamente misteriosa del contenuto e del rapporto religioso, è logico che la fede trovi posto più frequentemente nel fatto relligioso. Il dialogo di oggi mi pare , come ha detto Paolo, proprio imperniato su questo concetto: la prima lirica affida l’anima in contemplazione del firmamento alla preghiera, la seconda lirica sottolinea che solo la preghiera è il mezzo attraverso cui potersi salvare…nel mistero della fede di cui accennavo all’inizio. Un abbraccio e buona partita a tutti…mi aimmergo nelle sudate carte fino alle cinque! Emilio
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il termine fede viene dal greco pistis e significa generalmente adesione, consenso e assenso in tutte le sue accezioni. La fede è legaa al “credere” come fidarsi, affidarsi, aderire. In Platone il termine era utilizzato sul piano del conoscere per indicare la conoscenza della realtà mutevole del sensibile che si caratterizza come opiniione, doxa. Per Platone la pistis è inferiore all’episteme, al vero sapere che riguarda l’intellegibile. Nella filosofia posteriore il termine ha sempre significato di conoscenza non razionalmente giustificabile, mentre nelle fonti bibliche essa assume valore assoluto, in quanto assume significato religioso, nel Vecchio ed ancor più nel Nuovo Testamento: la fede in tali fonti indica adesione al valore supremo (Dio) che è superiore a qualsiasi fondamento. Ma in tali fonti si deve comunque rilevare che la fede è presentata come adesione del credente, ma insieme esse insistono pure sulla fede come dono di Dio che salva: ecco, la sintesi delle due liriche mi pre appunto questa, detta non più con versi, ma facendo riferimento a fonti antiche. Perdonate il pistolotto! Buon lavoro a tutti e Forza Italia. Paolo
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sono le piccole cose spesso che ci illuminano sui grandi misteri, dalla laboriosità dell’ape si arriva alla vastità del firmamento, così come dal contingente si giunge al trascendente
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ciò che è insignificante per uno non può esserlo per l’altro, il significato è qualcosa che spesso è oggettivo, ma talvolta soggettivo, anche il contemplare le stelle può per qualcuno non aver un significato preciso o proficuo, mentre per altri il perdersi dinanzi alla vastità della natura o dinanzi alle piccole perfezioni naturali dona un significato all’esistenza intera.
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dove l’uomo non arriva con la conoscenza arriva con la preghiera. Daniele
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nulla è insignificante se creato da Dio. Cris
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Vedo la fede e la sapienza che camminano tenendosi per mano, da una parte c’é il rosario, che si sgrana in una ninna nanna solenne che porta consiglio, dall’altra il sapere se stessi nella dinamica di un fiore cosí che i palpiti si uniscano nella celebrazione di un unico Creatore. Buona Domenica a tutti
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