L’eremita (Seconda parte) (Scena unica-parte trentaquattresima)


Cielo


L’eremita
Non dovrebbe essere difficile per me…il mondo mi considera già come un filo d’erba essiccato ed amaro che nemmeno le bestie si avvicinano…e mi chiedo da tempo ormai che senso abbia la mia decomposizione… che posso aggiungere alla terra…nemmeno un fantasma di clorofilla io sono…

Abelardo
Nei prati di Dio non c’è l’erba ma solo colore ed il verde unito al giallo dà sempre il blu… non te lo dimenticare…puoi diventare cielo con un solo raggio…quello stesso raggio che ti ha seccato…anche se il tuo colore è solo un ricordo sbiadito… come la follia, la miseria in cielo fa cantare gli angeli ed ogni malato che giunge in paradiso mette Dio di buon umore… ma a parte ciò di per sé non conta quel che il mondo ha pensato di te, il disprezzo del  mondo non ti salva se non sei riuscito a farlo diventare un premio… il premio a cui più ambisci…non devi solo accettare la croce ma essere persuaso che sei una croce…che se stendi le mani tu sei una croce di incommensurabile bellezza…. perché tu cammini tra gli uomini e puoi essere simulacro vivente del sacrificio di Cristo.

L’eremita
Magari riuscissi a stendere le braccia… magari potessi… io sono inchiodato all’indietro…non posso amare nessuno, nemmeno me stesso…vado contro alla vita come un cuneo spuntato… come un ariete stanco che scuote la testa e non capisce perché qualcuno continui a sbattergliela contro il muro… tanto il muro non si rompe…tanto non ci sono varchi, né porte da abbattere…solo la calce strisciata che brucia

Abelardo
E quando avessi trovato il varco che faresti? Una volta entrato nella vita che vorresti pensi che potresti rimanerci a lungo o che sia più duraturo rimanerne fuori nella ricerca del passaggio?
E magari accorgerti che la direzione giusta era un’altra… che forse quel che hai sempre cercato ce lo hai sempre avuto dietro alle spalle…
Tu non sai che vuol dire stare all’aperto sapendo di avere un cielo ed una foresta… ed è un peccato perché quelli… quelli davvero non può toglierteli nessuno, nemmeno l’eternità che deve pur regnare su qualche cosa, deve avere uno spazio…è lo spazio ciò che conta…quel luogo da cui vuoi disperatamente allontanarti…ed invano! Per fortuna invano… per te dico…che puoi sempre vivere del segreto delle piante, del mistero che regge la natura in silenzio, con maestoso silenzio e luce…tieni in mano la luce… amico mio… la luce degli spazi aperti… di quelli che fanno più paura perché sono rassicuranti, perché ti attendono con affetto e devozione celeste… lo senti il vento che dice di sì…anche quando urla nel gelo…eppure non ha una meta, non ha uno scopo se non quello di spirare finché ci sono le nuvole…fa’ come il vento, rispondi al motore che ti muove senza paura e senza obiezioni, le obiezioni non esistono…esisti tu e Chi ti ha voluto, il resto è fatto di particolari, di insignificanti particolari che non riusciranno mai a fermare la vita.

Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

18 pensieri riguardo “L’eremita (Seconda parte) (Scena unica-parte trentaquattresima)”

  1. mi chiamo Filippo e sto facendo la tesi in storia delle religioni del mondo classico…il mio relatore mi ha consigliato di leggere le pagine di questo dialogo filosofico e vorrei complimentarmi con l’autore perchè trovo quest’opera splendida e ricchissima di spunti etici e teologici, davvero una lettura speciale, piacevolissima e costruttiva. Grazie per l’opportuntà offertatami. Filippo

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  2. A me le parole di Abelardo ricordano un po’ la figura del peregrinus delineata da Sant Agostino nel De civitate Dei, un uomo che viva dentro al mondo ma allo stesso tempo sia distaccato dal mondo. Carlotta

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  3. Il fatto è che l’uomo occidentale non accetta il dolore come parte di questa vita e proprio per questo non è in grado di cavarne fuori delle forze positive. Corrado

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  4. gli spazi aperti non mi fanno paura … ma fanno solo sentire piccolo e parte di un qualcosa di incommensurabile tanto esso è bello e perfetto. Federico

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  5. vedere la croce con gli occhi di un bimbo, vederla come un premio…è il paradosso della nostra religione, ma forse anche il suo aspetto più bello profondo…ci porta al trascendente attraverso il contingente, alla gioia attraverso il dolore….Sono parole sempre molto toccanti! Salvatore

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  6. la ricerca del passaggio non è che ricerca di noi stessi e ci vuole una vita intera per comprendere ciò:ognuno ha i suoi tempi, l’importante è andare incontro a questa scoperta con una gran fiducia dentro, senza paure di brutte sorprese, certi e fiduciosi che siamo comunque parte di un tutto, siamo un particolare di un Tutto!

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  7. Credo che l’affermare l’insignificanza del particolare sia intesa come liberazione dal particolare…spesso siamo cosí testardi nel minuzioso che il pericolo é di perdere l’insieme. Bisogna cogliere le sensazioni globali per poter arrivare al particolare, altrimenti si perde l’armonia del tutto.

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  8. Mi viene in mente una bellissima predica a cui ho assistito qualche domenica fa, parlava di un ragazzo, forte e speranzoso che tutte le notti e tutti i giorni pregava Dio di poter cambiare il mondo…divenuto adulto, tutte le notti e tutti i giorni pregava Dio di poter cambiare almeno le persone che gli stavano accanto…divenuto anziano inizió a pregare Dio di poter riuscire a cambiare se stesso e si rese conto che se ci fosse arrivato prima non avrebbe sprecato una vita intera.
    A mio parere il conoscere se stessi é prima di tutto conoscere i propri limiti e accettare cosí ció che si scopre di noi stessi giorno per giorno. Non credo che si possa dare una numerazione allo scoprire ció che siamo,all’accettare ció che siamo e all’amare noi e il prossimo, credo che il tutto debba avvenire in un fluire sferico perché dall’uno dipende l’altro e viceversa…(come ci insegna Madre natura)altrimenti la nostra unica speranza sarebbe quella di poter vivere, quante, cento vite?? Sarebbero sufficienti??, buona Domenica a tutti

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  9. imparare a stare all’aperto, appagati di un cielo e una foresta, santuario di Dio…è ciò che ci avete insegnato negli ultimi post! e ora ne leggo il senso profondo…tutto torna, il cerchio si chiude! Costanza

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  10. il segreto della felicità credo sia nelle semplici cose, nei gesti semplici, nell’amare non a parole ma con i fatti, fatti che solo in apparenza sembrano banali, ma fatti, concreti: anche l’ascolto è concreto, la preghiera è concreta, l’elemosina è concreta, il servizio in casa così verso terzi…gesti, fatti gratuiti, per la sola gioia di compierli per ricevere in cambio la serenità, fosse anche solo per un istante, della persona a cui abbiamo dedicato tempo e di cui ci siamo presi cura! Qui sta il senso del tutto.

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  11. è esattamente ciò che mi avete detto nel commento…c’è un sottile filo che regge le voci di tutti noi! Ed è bello tutto ciò! più che nella croce la felicità sta nella consapevolezza delle resurrezione…ve lo dice uno che di croci se ne intende!!!Era una battuta, sarcastica, ma solo per allontanare il tema del dolore che allontana anche Abelardo prospettando una felicità nel domani…beati gli ultimi perchè saranno i primi! Una buona domenica a tutti

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  12. essere simulacro vivente del sacrificio di Cristo…amare tale simulacro quando si è capiti che si è così e non è solo moira!!!Questo è il problema o almeno per me la difficoltà:capacitarmi che nel dolore sono simulacro di Lui…ci provo ma non è facile anche se forse la felicità e l’equilibrio interiore sta tutto in tale atteggiamento. Una buona domenica

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  13. ogni volta che leggo questo testo mi scende nel cuore una pace infinita…leggo delle certezze! poco per volta gutta cavat lapidem e sicuramente anche dentro di me scaveranno un solco d’amore facendomi vivere meglio alla luce della Parola. Grazie, grazie davvero.

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  14. se ne parlava oggi , no? se spalanchi le braccia se le allarghi o le stendi per accogliere, per accogliere la vita, per accogliere l’altro, allora sì che sei persuaso di essere croce! E’ un gesto semplice, così banale…i bimbi lo fanno spesso..io a 20 anni faccio già fatica così condizionata dall’esterno come sono. Piùfacile tenere le braccia conserte…o in tasca…ma così sono solo un tronco, un pezzo di legno, buono neppure per ardere perchè ancora verde…Dio quanta strada ancora ho davanti!!! Notte!!Marta

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  15. esisti tu e Chi ti ha voluto..Chi ti ha voluto proprio così. Il problema, caro Abelardo, sta nel capire chi siamo, sta nel capire il progetto che questo Chi ha su di noi. Se non lo capiamo e finchè non lo comprendiamo non sarà possibile amare noi stessi, ma nell’esatto momento in cui ci appare chiaro il Suo progetto su di noi, nel momento in cui possiamo dire “LUI MI AMA COSì COME SONO, COME UNA MADRE CHE AMA I SUOI FIGLI” allora è fatta:possiamo metterci al servizio degli altri, abbiamo capito che significa essere croce e la nostra vita ha un senso, lo stesso senso che ha il vento e l’erba:sono creature di Dio e in quanto tali hanno il loro ruolo ed il loro senso. Penserete che sia un discorso da rinunciatari, da codardo…non è così. Conoscere il progetto che Dio ha su di noi significa 1) conoscere se stessi; 2) amare noi stessi; 3) forti di questa conoscenza e di questo amore andare incontro al prossimo. Non c’è scampo: per me queste sono tappe obbligate per raggiungere la felicità, quella platonica così come quella cristiana…ed il paradosso è che il tutto è di una semplicità disarmante …ma siamo così codardi che ne facciamo un’impresa erculea…ciò che conta spesso è alle spalle, è dentro di noi:fosse pur anche una segreta voglia di piangere per essere grati alla vita solo per il fatto di sentire dentro al cuore la nostra anima che trema. Buona notte. Paolo

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