Sinite parvulos/Non omnis moriar


Amici carissimi sono a dir poco mortificato… Sono tornato a casa pregustando i Vostri commenti e non ho più ritrovato il post.

Non posso che ripubblicare quello che avevo salvato per la poetessa, insieme agli ultimi commenti che ho potuto leggere prima delle ore15.

Spero tanto che gli altri amici possano ricommentare…

domenica, 02 aprile 2006

Simone, Debby, Nicoletta,  Stefano e Costanza…
La nostra piccola comunità continua ad alimentarsi di nuovi amici e di contributi preziosi.
Ringrazio Dio per questo.
Sono tre notti che sogno una frase del Vangelo che si trova dipinta sopra alla porta della caserma dei Carabinieri davanti a Castel Santangelo.
Fateci caso se andate in Vaticano…
Dopo tanta rimuginazione sono fuoriuscite queste parole a cui la poetessa ha replicato in modo mirabile…

Checco e Tina
Da me…

 

Sinite parvulos…


Non abbiate rancore
perché sono vostro padre
io non vi volevo
e non vi ho voluto
e non vi voglio
ora
perché non siete miei
ma  siete in me
ed io in voi
fino alla fine
dei tempi

 


Dalla poetessa…

 


Non omnis moriar

Vai per lattee
trasparenze
con passi senza eco
nel nulla opalino.
Come un raggio
mi proietti
per la Tua
immortalità
ed è per questo che
Ti amo
mia ombra
su cui inciampo
come l’anima
tra i piedi

la prima è splendida. forse da me te lo aspetti: è la migliore che hai scritto negli ultimi tempi.
heathen

#2     03 Aprile 2006 – 09:56
ma vi volli! la seconda risponde in modo meraviglioso se si pensa alla realtà dei fatti!un Dio creatore per la sua immortalità è quanto di più vicino all’uomo si possa immaginare
feboapollo

#3     03 Aprile 2006 – 10:00
Orazio che risponde all’evangelista Marco! Quasi un ysteron proteron! Paternità mancata, forse rifiutata(la noluntas impazza!)ma comunque indelebile…un dio epicureo quello della seconda lirica, lontano e distaccato come il padre della prima poesia, ma entrambi i testi, alla fine, si chiudono nell’ineluttabilità dell’amore eterno. Molto sentite e particolari! Renato
utente anonimo

#4     03 Aprile 2006 – 10:05
non capisco tutti quei non voglio, non volevo, non ho voluto…come si fa a non provar rancore? ..meglio pensare ad un dio che è ombra su cui si inciampa. Cris
utente anonimo

#5     03 Aprile 2006 – 10:07
è ben buffo un dio creatore che non vuole creature ma che si proietta su di loro per raggiungere l’immortalità! sembra uno sporco egoista, sia esso uomo o dio…ma poi c’è qualcosa, qualcosa alla fine che mi fa riflettere sul fatto che in entrambe le liriche la verità sta altrove. daniele
utente anonimo


#6     03 Aprile 2006 – 10:13
alla fine ciò che conta, per noi e per gli altri, è che siamo per i figli un’ombra su cui volenti o nolenti essi inciampano…ma anche noi inciampiamo nei figli che non vogliamo…non c’è scampo dinanzi a tali verità
emilioconte


#7     03 Aprile 2006 – 10:24
Tutti cerchiamo l’immortalità, l’ha cercata Dio, la cerchiamo noi…per forza:siamo a sua immagine e somiglianza! Questo Dio che crea per la sua immortalità mi ricorda le pagine dell’eremita. Inizialmente appare algido e immerso negli intermundia…ma è un pescatore che si prende cura dei suoi pesci nella rete, è un pastore che come ombra segue le sue pecore…ed è incredibile come vi rincorriate…sempre, verso dopo verso…Nicola P.
utente anonimo

#8     03 Aprile 2006 – 10:27
la seconda è bellissima…è un’interpretazione della creazione assolutamente sublime. Alberto
utente anonimo

#9     03 Aprile 2006 – 10:34
Bentornati!!!Era ora…molto complessa oggi la faccenda: il rancore di un figlio nei confronti di un padre che li ha rifiutati non è cosa da poco…andrebbe poi presa in considerazione anche la figura della madre…è un ginepraio, dal quale possiamo scappare solo deviando l’interpretazione come Giulia fa magistralmente spostando l’attenzione ad una sfera più elevata e ci porta in cielo, là dove il Creatore pascola incurante del suo gregge….tutte pecore che donano al dio immortalità, sono un suo riflesso, il figlio un riflesso del padre, il padre un’ombra che per il figlio non si può non amARE…a parer mio la grandezza della seconda sta nella sensibilità con cui ha risposto al poeta.
alessandrarisso

#10     03 Aprile 2006 – 10:52
Dio è l’ombra, la nostra ombra sulla quale inevitabilmente inciampiamo….è straordinaria questa immagine, è delicatissima e possente nello stesso tempo, tormentatissima e serena, ossimorica nel suo intimo….Rossana
utente anonimo

#11     03 Aprile 2006 – 11:39
I FIGLI SONO NEL PADRE, COSì COME IL PADRE è NEI FIGLI…NULLA PUò EVITARE CHE QUEL SOTTILISSIMO FILO,QUELL’OMBRA SVANISCA…SARANNO LEGATI PER SEMPRE, COME L’OMBRA AL CORPO E COME UN’OMBRA SOLO A QUEL CORPO ESSI APPARTENGONO PER SEMPRE. cOSTANZA
utente anonimo

#12     03 Aprile 2006 – 14:35
forse il rancore lo si prova quando ci si sente abbandonati, quando in tante situazioni ci si domanda “Ma dove sei?” constatando che è solo il male a prevalere…queste due liriche sono in fondo un conforto per noi, uomini e figli, tutti allo stesso modo, tutti dello stesso Padre che ci segue ogni giorno, ogni ora, ogni minuto come la nostra ombra, con l’amore e l’appartenza di un’ombra
salvabar

#13     03 Aprile 2006 – 14:42
Ciò che conta è che siamo in Lui e Lui in noi, come un’ombra sulla quale inciampiamo anche (bella questa immagine!),ma che non si separa mai da noi. Grazie di essere tornati! Marta
utente anonimo

#14     03 Aprile 2006 – 14:50
vorrei soffermarmi sulla seconda lirica, su come viene descritta la dimora celeste, così lontana, fredda, sembra che sia un dio disinteressato quello che ci osserva da lassù, una sorta di Zeus egoista e antropomorfizzato che gode nel creare mortali a sua immagine proprio perchè da ciò ne ricava quasi sadicamente immortalità…è questo dio a recitare il verso di Orazio, quasi sottolineando che ha bisogno degli uomini per vivere, che ha necessità di creare per confermare a se stesso che lui stesso è vivo! E’ un’interpretazione straordinaria questa! Carlo
utente anonimo

#15     03 Aprile 2006 – 14:56
…ma ciò che è significativo è che questo sadismo è solo apparente: proprio per quest’atto creativo l’uomo ama Dio e si riconosce il Lui come si riconosce nella sua ombra, l’unica cosa che gli appartiene veramente…la similitudine è estremamente incisiva…queste due liriche vanno lette con attenzione perchè celano significati profondi…anche la prima sembra il trionfo della noluntas ma in realtà suggella un legame, tanto per riprendere Orazio (Giulia ne sarà felice) aere perennius!
feboapollo

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Autore: tieniinmanolaluce

Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef. Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico. Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna. Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare. Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo: Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016. La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017 La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017 Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma. Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.

1 commento su “Sinite parvulos/Non omnis moriar”

  1. Carlo, questa poesia é straordinaria , é quella semplicitá disarmante che dice piú di qualsiasi parola, é il rapporto cosí umano tra padre/madre e figlio che in un istante si trasforma in Divino…é la Madre che rincuora il figlio con la semplicitá dell’amore assoluto…non aver rancore,non aver paura perché il tuo nome era scritto nel cielo prima ancora che le stelle lo illuminassero. Il nostro essere é al di lá del semplice volere.
    Siete fantastici e mi dispiace essere costretta a leggervi con la solita fretta, tra pannolini e pentole!
    Alberta

    "Mi piace"

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