Di fronte ai Vostri commenti non so più che dire… se non che vorrei raggiungere tutti voi.
Ci può essere qualcosa di più bello nella vita di un uomo che trovare degli amici che pensano a lui costantemente?
Io credo proprio di no.
Grazie dal più profondo del cuore.
Dalla poetessa…
Indifferenza
Calpesti la terra
Solcando un cuore amaro
E non t’accorgi
Di quanto duro sia
Il mio sopravvivere,
germoglio stroncato
da un’orma troppo grande
da sopportare
E da me…
Giro le ruote
Giro
le ruote
ormai
e le mani
rimangono
sotto.
Forse ti confondi
col mio dolore.
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Autore: tieniinmanolaluce
Sono attualmente avvocato, mediatore civile e commerciale, formatore di mediatori e mediatore familiare socio Aimef.
Per undici anni sono stato docente di letteratura italiana e storia antica al liceo classico.
Sono accademico dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna.
Scrivo da sempre senza privilegiare un genere in particolare.
Ho pubblicato diversi libri anche in materie tecniche. Tra quelli letterari ricordo da ultimo:
Un giardino perfetto, Poesie 2012-2016, Carta e Penna Editore, novembre 2016.
La condizione degli Ebrei dai Cesari ai Savoia, Carta e Penna Editore, aprile 2017
La confessione, Dramma in quattro atti, Carta e Penna Editore, aprile 2017
Ho iniziato questo blog nel febbraio del 2006 e mi ha dato grandi soddisfazioni. Spero continuino anche su questa piattaforma.
Tutto ciò dipende fondamentalmente dalla interazione con tutti voi, cari lettori.
Leggi tutti gli articoli di tieniinmanolaluce
la malattia è un’orama troppo grande da sopportare, ma c’è sempre chi è disposto a prenderci in braccio!Bellissimi versi. Daniele
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la prima è spettacolare…senza parole…per come viene descritto questo disagio, sembra che la poetesa l’abbia toccato con mano! La malattia è un tunnel buio che andrebbe attraversato con le mani strette nelle mani di qualcuno che ci ama…parlo per esperienza personale. Cris
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Anni fa feci un viaggio a Lourdes…dinanzi alla prima lirica rimango senza parole:descrive a perfezione l’aria che si respira tra quelle carrozzelle, il senso di rabbia, di abbandono alla terra, terra calpestata da sguardi indifferenti:c’è un dolore assurdo quasi da sopportare in questi versi. La seconda le va dietro con l’immagine di un paralitico che è più cinico per certi versi, è come se volesse dire all’altro “Ehi, io sto peggio di te, non ho neppure più la forza per spingere avanti la carrozzella” …ma potrebbe anche essere una spia di speranza quel “forse”, una umile condivisione del dolore dell’altro. Ora ho capito il Prader Willi!
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Ho dimenticato di firmarmi: Nicola P….ma ormai riconoscete il bacchettone!!
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Come sempre la poetessa dimostra un affinato studium…non si scrive di getto, non s’improvvisa nulla, nulla è lasciato al caso, neppure la tematica del nosos, della malattia, dell’impotenza umana dinanzi ad essa e della crudeltà umana che fugge per evitare il contagio del solo dolore. La prima lirica è tutta giocata su icone, sono queste che rimandano all’idea del dolore insopportabile…la seconda si affianca presentando l’immagine di un uomo in carrozzella, solo, assolutamente solo, nessuno spinge le sue gambe di ferro, deve fare tutto in solitudine e anche le mani ormai non ce la fanno più a spingere…questa è più ripiegata su se stessa, metafora di un dolore personale che il poeta spera di condividere con qualcuno. Molto molto bravi
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Le mani non riescono più a far girare la carrozzella e ci si ritrova ad essere un germoglio stroncato…via quel FORSE…deve vincere la certezza che c’è sempre qualcuno accanto a noi disposto ad accogliere e ad amare anche le nostre imperfezioni
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NON TI ACCORGI:eccola qua l’indifferenza dinanzi all’impotenza e alla sofferenza. Splendida l’idea di toccare questa tematica scomoda. Si calpesta la terra solcando un cuore amaro dal dolore, un cuore di fiele arrabbiato con la vita…io la trovo potentissima, mentre l’altra appare più fiduciosa nell’aiuto del prossimo, in qualcuno disposto a condividere tale dolore. Una buona giornata
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già…l’orma troppo grande è quella della malattia, magari inguaribile, dinanzi alla quale spesso si scappa per timore di dover soffrire pure noi.E si rimane stroncati senza speranza di sbocciare. Nella seconda qualche speranza in più in quel forse che indica condivisione
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Perché non pensare a una raccolta poetica a due voci? A un vero e proprio dialogo lirico tra una voce femminile e una maschile? Ma forse ci avete già pensato. A presto!
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quel dannatissimo “forse”… è anche mio.
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Senza parole per la tua, Abelardo. Poche righe per dire tutto. Buon fine settimana.
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