Carissimi oggi mi siete mancati tanto e non ho potuto pubblicare nulla perché il pc era morto: l’hard disk mi ha lasciato…
Ma ora sono di nuovo qui e vi svelo la soluzione per bocca e commento della stessa amata poetessa che mi ha mandato la seguente mail.
Inter ubera mea commorabitur è tratto dal Cantico dei Cantici, primo libro, versetto 13. Nel duetto dell’incontro la donna dice: <<Il mio amato è per me un sacchetto di mirra che riposa tra i miei seni>>. Le donne usavano portare un sacchetto di mirra tra i seni in modo da avvolgere tutto il corpo col suo profumo penetrante. Mi piaceva rispondere a quel volo a croce con l’immagine più tenera di un uomo abbandonato sul corpo della donna, inebriato di profumi e stretto in un abbraccio proprio come un sacchetto di mirra. In ebraico il linguaggio ed il lessico è ancora più efficace e si dice che l’uomo addirittura pernotta tra i seni dell’amata, rifugio dolcissimo in cui si placa ogni affanno cullati dal respiro che abbraccia e avvolge.
Tutto qua. Solo per spiegare la genesi di un titolo così bislacco che potesse far da replica al tuo capolavoro.
Approfitto per salutare i vecchi ed i nuovi amici: questa esperienza grazie a voi sta diventando davvero stupenda
Origene!!! E chi mai ci sarebbe arrivato! Siete proprio dei burloni…son diventato matto col vostro “latinorum”…però…che bel titolo come risposta alla croce! La risposta sta proprio in quel versetto. Mi avete ancora una volta stupito…ora leggerei volentieri un po’ del suo dramma…e non prendetemi in giro perchè ho pensato a Virgilio!! Lo sapete che gioco con i numeri tutto il dì. Salvatore
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Gentile avvocato, leggo L’eremita con grande interesse come ho già detto e mi riservo un commento “decente” più avanti, per gustare meglio la lettura del suo dramma-dialogo filosofico. Ero certo che l’arcano non sarebbe stato svelato facilmente…davvero originali siete nel rispondervi a vicenda. Una buona serata e … il Cantico è davvero un libro di straordinaria bellezza.
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